A Rossano reazioni alla strage di Parigi

I drammatici attentati di Parigi del 13 novembre hanno certamente avuto un effetto dirompente nella vita di tutti. Quattro dei ventuno terroristi islamici detenuti nel carcere di Rossano hanno esultato alla notizia degli attentati di Parigi, gridando “Viva la Francia libera”. Verranno per questo rafforzate le misure di sicurezza del carcere per scongiurare eventuali attacchi esterni, attraverso un rafforzamento del sistema di video sorveglianza ed un pattugliamento costante del perimetro della struttura. La notizia riguarda i terroristi di Al Qaeda detenuti nella sezione speciale denominata “Alta sicurezza 2”. “L’espresso” aveva definito a marzo di quest’anno la struttura detentiva come la “Guantanamo” italiana, oggetto di varie interrogazioni parlamentari a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie in cui vivono i reclusi. Qualche mese fa, nove dei terroristi avevano incontrato la deputata del Pd Vincenza Bruno Bossio e le avevano confermato che veniva quanto meno rispettato il loro diritto alla preghiera.Carcere-di-Rossano

Nelle stesse ore all’Università della Calabria numerosi studenti musulmani si sono ritrovati sul ponte Bucci per una manifestazione spontanea di cordoglio per le vittime francesi, che si è tradotta in una “marcia silenziosa”, proprio per mostrare la differenza fra Islam e terrorismo. Non solo, nella nostra regione il pregevole lavoro dell’amministrazione comunale di Riace ha mostrato come si possa convivere con gli immigrati, spesso di fedi diverse, pacificamente.

Eppure, non suscita particolare sorpresa che dei condannati per terrorismo internazionale, reato gravissimo, possano avere espresso anche in modo plateale, la loro soddisfazione per gli attentati di Parigi. Nel caso di Rossano i soggetti coinvolti sono stati tutti condannati per terrorismo, quindi è evidente che anche se il regime carcerario al quale sono sottoposti è maggiormente restrittivo, non è stato avviato un percorso di reinserimento e i quattro detenuti che inneggiano alla jihad non hanno cambiato opinione, né hanno colto la gravità delle loro affermazioni. Tra l’altro la stampa nel dare la notizia ha spesso confuso i termini jihadisti e musulmani che non sono la stessa cosa, anzi.

Gli attentati di Parigi hanno provocato una reazione anche nella nostra regione e sono il frutto della deviazione di una sparuta minoranza sunnita che sta provocando vittime in primo luogo nei territori degli stati mediorientali e africani. In Iraq, i reduci del regime di Saddam Houssein si sono autoproclamati Stato Islamico e stanno agendo per far crollare i cosiddetti broken state, letteralmente “stati rotti”, come la Libia che di fatto non esiste più, la Siria, dove da 4 anni è in corso una guerra civile e l’Iraq, dove di fatto è nato l’Isis in opposizione al governo di Bagdad instaurato dopo la fine della guerra dagli Usa e dai loro alleati.

ppph: Domenico tulino
ppph: Domenico tulino

I combattenti dello Stato Islamico sarebbero 70.000 (secondo i dati forniti da lettera43.it aggiornati al febbraio di quest’anno che cita come fonte un rapporto dell’Onu), fra i quali ci sono circa 16mila jihadisti stranieri, provenienti da 80 paesi. Di questi, una cinquantina sono italiani. Isis coinvolge solo lo 0,0046% dei musulmani nel mondo, però certamente potrebbe diffondersi se non si affronta il problema politico che riguarda il Medioriente.

La lotta a Isis sul terreno è condotta dai Curdi, popolo disseminato fra vari stati, dagli sciiti che sono il 35% della popolazione irachena e dai Siriani, sia l’esercito fedele a Hassad che i ribelli fra i quali c’è una guerra civile in corso. In questi paesi, e in quelli limitrofi, il prezzo in termini di vite umane a causa degli attacchi terroristici e della guerra è altissimo. L’Isis «ha risorse finanziarie, vende il petrolio a somme inferiori, poi si aggiungono i rapimenti, il traffico di droga e, nel caso libico, la tratta delle persone», questo quanto ha affermato Romano Prodi in una sua recente intervista. In questo momento Isis controlla un territorio popolato da 6 milioni di persone ed ha a disposizione l’oro nero dei pozzi petroliferi, vale a dire un bilancio annuale superiore al mezzo miliardo di dollari.

Gli attacchi al Museo Ebraico di Bruxelles del maggio 2014 (4 morti) e quello alla redazione del periodico satirico Charlie Hebdo (17 vittime), oltre a quello sventato dai passeggeri del treno Amsterdam-Parigi ad agosto, hanno confermato la minaccia costituita dai militanti dell’Isis europei rientrati nei paesi di origine dopo essere stati addestrati in Iraq e Siria. Le stragi del 13 novembre mostrano che l’obiettivo dello Stato Islamico è quello di portare la guerra nel cuore dell’Europa. Colpiti tre luoghi simbolo della gioia di vivere dei francesi: un teatro, alcuni ristoranti e bar, lo Stade de France che questa estate incoronerà i futuri campioni d’Europa. Questo attentato ha reso chiunque un bersaglio: anche una giovane dottoranda alla Sorbona impegnata nel sociale, come la nostra connazionale Valeria Solerin.

Il presidente francese Hollande ha dichiarato che la Francia colpirà duramente i terroristi. I raid su Raqqa, capitale dello Stato Islamico, sono iniziati già domenica notte. Riusciranno ad evitare i civili, già sotto il giogo dell’Isis, o la soluzione sarà peggiore del male che già li ha duramente colpiti? Il problema è che questo tipo di reazioni spesso non risolve il problema, ma peggiora la situazione, come accaduto dopo la sciagurata iniziativa presa dai francesi contro la Libia di Gheddafi. “Occorre una grande strategia politica” ha dichiarato ieri Matteo Renzi. Stamattina, tuttavia, senza ulteriori discussioni, è stato accordato l’appoggio militare alla Francia da parte dell’Unione Europea. Questa decisione coinvolgerà tutti gli italiani, anche i calabresi, perché si tratta di una guerra e sarà necessaria una grande presa di coscienza di tutti noi per capire se sia opportuno partecipare alla missione militare.

Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa ha detto che “utilizzare il nome di Dio per giustificare la violenza è una bestemmia”. Chiunque lo faccia. Antoine Leiris,francese, che ha perso sua moglie nella strage del Bataclan venerdì scorso ha scritto una bellissima lettera in cui dice“non vi farò il regalo di odiarvi, sarebbe come cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete”.

Roberta Parisi

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