ASP Catanzaro, il Direttore Sanitario Dell’Isola risponde sugli incarichi di direzione

Catanzaro ( Cz) – Il Direttore Sanitario dell’ASP di Catanzaro, dott. Carmine Dell’Isola, interviene per replicare a quanto divulgato a mezzo stampa, in merito agli incarichi di direzione di struttura complessa dell’ASP di Catanzaro: “Con clamore mediatico le Aziende Sanitarie della Regione Calabria, tra queste I’ASP di Catanzaro, sono state attinte da ipotesi di danno erariale eventuale e/o altro, per avere le stesse assicurato, almeno per quanto ci riguarda, l’organizzazione e la gestione delle proprie risorse nell’interesse esclusivo dell’Azienda per fini istituzionali e quindi e dunque nell’esclusivo interesse pubblico. Cosi, mentre con sincera amarezza leggo quanto avrebbe affermato l’Ing. Scura, mi auguro (ma vorrei dire sono sicuro) che le stesse siano state fraintese, o malamente trascritte, nel corpo dell’articolo. Epperò nella mia qualità di Direttore Sanitario dell’Azienda Sanitaria di Catanzaro e promotore degli atti in questione, per la gravità delle ipotesi avanzate, ritengo di dover rispondere direttamente all’opinione pubblica per contrastare quanto sarebbe stato detto, facendo chiarezza su alcuni aspetti fondamentali del problema”. Questo quanto dichiarato da Dell’Isola.
“Nell’articolo apparso il 21 marzo sulla Gazzetta del Sud – prosegue- si è sostenuto che l’Azienda Sanitaria di Catanzaro, attribuisce incarichi dirigenziali di Unità Operative Complesse, incarichi che invece sono inconferibili, in quanto le stesse unità operative, a seguito della pubblicazione del DCA n. 9 del 2015, dovevano essere eliminate. Ma allora viene da chiedersi quali avrebbero dovuto essere i criteri da applicare e quali avrebbero dovuto essere le Unità Operative se il DCA n. 9 non ha poi avuto corrispondenza con il DCA n. 30 e se entrambi, poi, non trovano corrispondenza con il DCA n. 130 che definisce nuove tipologie di Unità operative che possono essere previste negli atti aziendali? (non a caso a fronte di tali incoerenze è stato adottato un provvedimento di rinvio dei termini per la presentazione dell’Atto Aziendale). D’altro canto, evidentemente per queste ragioni, sono state più volte annunciate variazioni al DCA n. 9 e, pertanto, una sua eventuale attuazione avrebbe solo prodotto un atto aziendale a struttura organizzativa variabile o “ondivaga”, che, intuibilmente il buon senso e la normativa non avrebbero in alcun modo consentito. In pratica quanto affermato nell’articolo, cioè di automatico adeguamento dell’Azienda alle Unità Operative previste in un DCA del Commissario ad acta non poteva essere effettuato perché:
1)    le Aziende Sanitarie non hanno alcuna facoltà di modificare la propria organizzazione se non a seguito di un preciso atto di diritto privato, che la legge definisce “Atto Aziendale”;
2)    per poter produrre tale Atto organizzativo è indispensabile e propedeutico riferirsi ad un atto regionale che definisca modello organizzativo e criteri, ossia alle Linee Guida regionali sugli Atti Aziendali;
3)    tali Linee Guida sono state prodotte dal Dipartimento e dalla Struttura Commissariale il 31.12.2015 con la conseguenza che solo entro il 30 marzo successivo le Aziende saranno tenute a formulare i propri atti di organizzazione che, comunque, possono produrre effetti solo dopo che gli stessi riceveranno approvazione da parte della stessa Struttura Commissariale, previa la dovuta istruttoria da parte del Dipartimento alla Salute.
Pertanto la mancanza dell’atto aziendale che vuole rappresentarsi come una “scusa” attribuibile alle Aziende, costituisce, al contrario, un dato incontrovertibile, addebitabile ad altri che nel tempo (le ultime linee guida sono datate 2006), non hanno emanato le Linee Guida indispensabili alla produzione dell’Atto aziendale stesso. Appare quindi del tutto chiaro e pacifico che la “colpa”, se di colpa si vuole parlare, deve riferirsi a quanti non hanno avviato nei termini gli atti propedeutici alla definizione degli Atti Aziendali sin dall’accorpamento delle aziende (2007) e non certamente delle Aziende che non avevano e non hanno alcuna facoltà di autonoma determinazione in merito. Nonostante comunque non avesse alcuna facoltà di produrre un atto aziendale e nell’assoluta condivisione dei principi del Piano di Rientro, l’Azienda ha tuttavia prodotto un atto di ridimensionamento delle proprie strutture (atto inviato al Dipartimento ed alla Struttura Commissariale) derivate dalle ex Aziende n. 6 e 7, da ben 324 Unità  Operative a 161, sulla base del principio dell’accorpamento delle funzioni omogenee, dell’eliminazione di strutture in assenza di titolari di incarichi dirigenziali, per le strutture che evidentemente erano ritenute non confermabili nel nuovo assetto organizzativo della rete ospedaliera provinciale. La riorganizzazione richiamata dimostra la volontà di riorganizzarsi, in ossequio per l’appunto, alle esigenze del Piano di Rientro, nonostante le legittime vibrate proteste della popolazione e dei dirigenti interessati, allontanando pertanto ogni ipotesi che le decisioni dell’Ente siano orientate alla distribuzione di “incarichi”, piuttosto che alla salute dei cittadini, cosa che da una serena e non faziosa lettura degli atti prodotti dall’attuale Direzione Strategica, risulta chiara, evidente e incontrovertibile. Infine, a proposito di danno erariale, è il caso di mettere in evidenza che fino al maggio 2015, data della riorganizzazione sopra richiamata, le costanti pronunce, giudiziali hanno segnato in materia condanne e spese processuali a danno dell’ Aziende Sanitaria ed in favore dei ricorrenti, per tutte le indennità previste nell’esercizio delle funzioni di fatto esercitate che, invece, con gli incarichi di sostituzione oggi contestati, sono retribuiti solo per l’indennità di sostituzione, indennità che trova capienza nei fondi contrattuali e non costituisce onere aggiuntivo per le aziende.”

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