Corruzione, Bindi: «Arma privilegiata dalle mafie»

rosy-bindi1RENDE (CS) – «Le mafie sparano meno, ma corrompono di più. La corruzione è l’arma privilegiata della ‘ndrangheta e delle nuove mafie, che per altro viene praticata senza ricorrere a metodi intimidatori o violenti, quindi combattere la corruzione significa combattere anche la criminalità organizzata».

A lanciare questo allarme è stata la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, che ha partecipato all’Unical di Rende, alla conferenza sul tema “Corruzione e criminalità organizzata: una sfida europea”, per l’inaugurazione dell’anno accademico della facoltà di scienze politiche. Una presa di posizione netta che arriva all’indomani delle tante operazioni anti-corruzione portate a termine in questi mesi da forze dell’ordine e magistratura. Una sorta di nuova frontiera che il crimine organizzato, soprattutto quello della famigerata zone grigia, ha reinterpretato estendendone il controllo soprattutto in quei Paesi che ancora non si sono dati di una legislazione specifica.

«La guerra non è vinta – ha aggiunto – ma il nemico è stato ridimensionato grazie alle leggi e al lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine. L’Italia si è attrezzata con una legislazione rigorosa, l’Europa meno di noi e per questo le mafie migrano. Siamo stati di recente come Commissione in Canada e Toronto è un’altra capitale della ‘ndrangheta. Lì si fanno affari ma non ci sono leggi per perseguirli, abbiamo addirittura problemi per assicurarci i latitanti. Quindi, se non ci sono strumenti globali come la mafia se li è dati, sarà sempre più complicato combatterli».

rosy-bindi2Dalla lotta alle mafie alla violenza legata ai territori di mafia. «Saremo a Melito Porto Salvo con la Commissione antimafia, e poi ci sposteremo a Reggio Calabria perché vogliamo approfondire con i magistrati il tema dei minori e delle donne, tema per noi importante, perché sono un’emergenza vera. La violenza perpetrata su questa ragazza minorenne ci richiama al grande tema della violenza sulle donne, ma non possiamo ignorare il contesto nel quale questa è avvenuta – ha aggiunto la Bindi – In quella banda c’era anche il figlio di un noto capo ‘ndranghetista, e quindi di certo il clima di omertà non è legato solo al problema della violenza sulle donne, ma anche alla paura e, perché no, anche al consenso di un comportamento che in qualche modo accetta la convivenza con la ‘ndrangheta».

Un accenno anche alla questione legata al Ponte sullo Stretto. «Il ponte è una scelta che va valutata sull’opportunità e la fattibilità in rapporto alle altre urgenze del Paese e per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose è evidente che serve una forte vigilanza, ma non bisogna fermarsi per paura delle infiltrazioni».

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