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Giovanni Nicotera, patriota e uomo politico criticato. Orgoglio calabrese ed italiano.

Nasce a Sambiase nel 1828. Aderì alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini; combatté a Napoli il 15 maggio 1848 e quindi insieme a Garibaldi durante la Repubblica Romana nel 1849. Dopo la caduta di Roma si rifugiò in Piemonte, dove organizzò la fallita spedizione di Sapri con Carlo Pisacane nel 1857. Nicotera, gravemente ferito e arrestato, fu portato in catene a Salerno, dove venne processato e condannato a morte. La pena fu tramutata in ergastolo solo per l’intervento del governo inglese che guardava con crescente preoccupazione la furia repressiva di Ferdinando II. Prigioniero a Favignana, fu liberato nel 1860 per l’intervento di Garibaldi. Inviato per conto di questi in Toscana, formò un corpo di volontari per tentare di invadere lo Stato Pontificio, tuttavia esso fu costretto al disarmo e allo scioglimento da Ricasoli e Cavour. Nel 1862 fu al fianco di Garibaldi sull’Aspromonte e quindi, nel 1866, comandò il VI reggimento volontari nella Terza guerra d’indipendenza contro l’Austria. L’anno seguente entrò in territorio pontificio da sud ma la sconfitta di Garibaldi a Mentana pose fine all’operazione. Fin dal 1860 aveva anche intrapreso una attività politica, pubblicando articoli su un giornale, Il popolo d’Italia, al quale collaborava anche Aurelio Saffi; per un decennio fu su posizioni di estrema opposizione; dal 1870 iniziò tuttavia ad appoggiare le riforme militari di Ricotti-Magnani. Con l’arrivo al governo della Sinistra storica, nel 1876, divenne ministro dell’Interno nel primo governo Depretis, incarico che esercitò con particolare fermezza. Fu costretto alle dimissioni nel dicembre 1877; formò quindi la pentarchia. Tornò al governo, sempre come ministro dell’Interno, nel 1891, con il primo governo di Rudinì. Durante questo incarico reintrodusse la circoscrizione uninominale, si oppose alle agitazioni socialiste e propose invano l’adozione di severe misure repressive contro le banconote false stampate dalla Banca Romana. La sua permanenza al governo terminò con la caduta di Rudinì, nel maggio 1892. Morì a Vico Equense il 13 giugno 1894. Fu seppellito a Napoli.

CURIOSITÀ

• Nella storia della politica italiana, pentarchia fu il nome dato all’opposizione moderata di sinistra durante il cosiddetto trasformismo sotto i governi di Agostino Depretis. È così chiamata perché fu guidata da cinque capi: Francesco Crispi, Giuseppe Zanardelli, Alfredo Baccarini, Benedetto Cairoli e Giovanni Nicotera.

• La circoscrizione uninominale è riferita al sistema elettorale che prevede la presenza di un solo candidato per partito in ogni collegio e l’elezione di un solo rappresentante.

• Fu aspramente criticato dai suoi vecchi colleghi della sinistra per i tratti autoritari e repressivi della sua politica.

• Giovanni Nicotera fu il nome di un cacciatorpediniere della Regia Marina italiana, varato nel 1926 e ritirato nel 1940.

• A Sambiase gli venne innalzato un monumento in piazza Vittorio Emanuele. Sui quattro lati del piedistallo, è compendiata in magnifica sintesi tutta la vita del grande Italiano:

Calabria, Roma, Sapri,
Aspromonte, Tirolo, Mentana,
Il suo nome con orgoglio ricordano.
Di Carlo Pisacane compagno
All’eccidio provvidenzialmente
Scampò di Sanza
E continuò l’opera redentrice d’Italia.
Nelle battaglie patrie strenuo soldato
Del popolo amico e moderatore, ne propugnò
I diritti in tutte le Legislature.
Ministro dell’Interno, ridonò al Paese
Tranquillità e sicurezza
Alla Dinastia Sabauda
Più vivo l’affetto del popolo
Per provvide leggi.
In tanta gloria gl’invidi dispregiò
Con alterezza Calabra.

 

Alcmeone, filosofo e medico del VI secolo a.C. Colui che pose il cervello al di sopra di tutto.

Conosciuto come Alcmeone di Crotone, nacque nella suddetta città nel 560 a.C. In greco Ἀλκμαίων,è stato un medico e filosofo greco antico ed è considerato il padre fondatore della medicina antica dando origine al metodo della ricerca scientifica basato sull’analisi reale delle cose, operata con la selezione dei corpi umani, fondamentale per il suo studio sull’anatomia. Scoprì che il cervello è il centro motore delle attività umane, mentre fino ad allora si era creduto che l’organo fondamentale fosse il fegato o il cuore. Studiò attentamente i nervi e il sistema nervoso, intendendone le funzioni motorie, fu lui che probabilmente scoprì le trombe di Eustachio e il nervo ottico. Aveva una concezione democratica del sapere e non classista come Pitagora. Studiò attentamente il corpo umano e lo interpretò in analogia con il funzionamento della politica : per lui, infatti, malattia e salute corrispondevano a due situazioni politiche. La salute corrispondeva alla democrazia, la malattia alla monarchia. Come nel corpo si ha salute quando c’è equilibrio tra gli organi, così nella politica c’è democrazia quando tutte le parti sono in equilibrio. E dati recenti studi americani che affermano che la predisposizione politica derivi dal cervello, comprendiamo come Alcmeone avesse visto, già allora, molto lontano.

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Calendario Sila 2014: la sezione moda dell’ Istituto d’istruzione superiore ITGC-ISA ne realizza i costumi.

Il progetto del calendario Sila continua ad allargare il suo respiro. Il piano, che prevede un tocco molto fantasioso per le future dodici ragazze scelte durante i casting, ha goduto dell’appoggio della Sezione Moda, diretta dall’insegnante Caterina Urso, dell’ Istituto Statale d’Arte di San Giovanni in Fiore, nato nel 1970 e istituito dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione R. Misasi, con le sezioni Tessitura, soppressa nell’A.S. 2005-06, Lavorazione del Legno e dei Metalli. Tale scelta fu determinata dall’esigenza di continuare la ricca tradizione del territorio in tali ambiti culturali e artigianali che occorreva non disperdere ma incentivare e valorizzare. Insieme alle sezioni sopra citate fu istituita quella di Arte della Stampa, che ha aperto nuove possibilità alla comunità del paese e al suo comprensorio. Nel 1974 la sezione Arte del Legno fu trasformata in sezione Disegnatori di Architettura ed Arredamento. Nel 1988-89 è attivata la sezione Arte della Moda e del Costume, e nel 1989-90 la sottosezione Arte della Fotografia nell’intento di rispondere alle nuove esigenze poste dalla comunità locale. Attualmente sono attive le sezioni Disegnatori di Architettura ed Arredamento, Arte della Moda e del Costume, Arte della Stampa e della Grafica, Arte dei Metalli e dell’Oreficeria. È la sezione moda a dare sostegno e vita al disegno del progetto Calendario Sila, avallato dal preside Giovanni Tiano che, rimanendo sicuramente fedele agli scopi propri dell’istituto già citati, potrà far sentire gli alunni parte importante di un’intenzione dedita alla riscoperta, sponsorizzazione e valorizzazione di bellezze che solo la nostra bella Calabria possiede. Aspettando con trepidazione di vedere quali creazioni usciranno dell’Istituto sangiovannese, è giusto stuzzicare l’attenzione del lettore e la fantasia del “come potrebbe essere” con una delle 12 favole scelte per una delle future 12 modelle. 

 

 

Adele Cambria, figura centrale nella cultura pre e post ‘68. Femminista e icona del nostro tempo.

Nata a Reggio Calabria, 1931, è una giornalista, scrittrice e attrice italiana. Figura centrale nella cultura italiana pre e post-Sessantotto con Camilla Cederna ed Oriana Fallaci, vicina alla sinistra progressista e al Partito radicale di Marco Pannella è stata fin dagli albori una sostenitrice del movimento femminista. Ha collaborato e collabora a giornali e riviste ed ha pubblicato diversi libri. Si è laureata in giurisprudenza all’Università di Messina, avvicinandosi al giornalismo nel 1956 dopo essersi trasferita a Roma, dove risiede tuttora. Come giornalista ha esordito nel 1956 scrivendo sul quotidiano Il Giorno, quando era stato appena fondato da Gaetano Baldacci, ed ha collaborato a Il Mondo di Mario Pannunzio. Con Il Giorno è poi tornata a scrivere nuovamente fra il 1985 ed il 1997. Ulteriori collaborazioni giornalistiche dal 1963 con la RAI, realizzando fra il 2000 e il 2003 per Rai Sat trentanove trasmissioni sull’immagine televisiva della donna; è stata poi autrice di Trittico meridionale, tre trasmissioni sul meridione d’Italia dedicate rispettivamente a Ernesto De Martino La terra del rimorso, Maria Occhipinti La rivolta dei non-si-parte, Reggio Calabria Dalla rivolta al professore. Per Rai Sat album ha poi firmato nel 2003 il numero zero di una serie televisiva dedicata alla storia del gossip. È autrice anche di testi teatrali.

OPERE LETTERARIE

* Maria Josè (Longanesi, biografia e diari inediti dell’ultima regina d’Italia, 1966)

* Dopo Didone (Cooperativa Prove 10, romanzo, 1974)

* Amore come rivoluzione – La risposta alle lettere dal carcere di Antonio Gramsci (Sugarco, contenente le lettere delle tre sorelle Schucht, la minore della quali, Giulia, fu moglie di Gramsci, 1976)

* In principio era Marx (Sugarco, 1978)

* Il Lenin delle donne (Mastrogiacomo, 1981)

* L’Italia segreta delle donne (Newton Compton, 1984)

* Nudo di donna con rovine (Pellicanolibri, romanzo, 1984)

* L’amore è cieco (Stampa Alternativa, racconti, 1995)

* Tu volevi un figlio carabiniere (Stampa Alternativa, scritto con il figlio Luciano Valli, 1997)

* Isabella. La triste storia di Isabella Morra (Osanna Venosa, 1997)

* Storia d’amore e schiavitù (Marsilio, 2000,)

* Nove dimissioni e mezzo (Donzelli editore, 2010)

TEATRO

* Nonostante Gramsci, rappresentato in prima nazionale al Teatro della Maddalena il 25 maggio 1975.

* In principio era Marx – La moglie e la fedele governante, prima italiana al Teatro Bellini di Napoli, 1980, Premio Fondi La Pastora 1979.

* La regina dei cartoni, 1985-2001, rappresentato all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles dal Collettivo teatrale “Isabella Morra”.

FILMOGRAFIA

* Comizi d’amore, di Pier Paolo Pasolini (1965)

* Accattone, di Pier Paolo Pasolini (1961)

* Teorema, di Pier Paolo Pasolini (1968)

* Teresa la ladra, di Carlo Di Palma (1973)

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Una volta c’erano i tre porcellini. Ora c’è Edilpaglia!

Bisognerà cambiare la favola! Chi l’ha detto che una casa di paglia è un azzardo del tutto rischioso? L’Associazione Italiana Edilizia in Paglia, diffusa sul tutto il territorio nazionale, sta dimostrando il contrario attraverso corsi di formazione, autocostruzione e ricerca. Edilpaglia è un’associazione di promozione sociale che diffonde tecniche di progettazione e costruzione con materiali naturali quali le balle di paglia e altri materiali poveri quali la calce aerea naturale e l’argilla. Perché la paglia? La paglia è una materia primario energeticamente efficiente e durevole, offre ottime prestazioni di isolamento termico ed acustico, resiste alle sollecitazioni sismiche, è un materiale semplice e a basso impatto, e molto altro. Perché costruire con la paglia? 9 sono alcuni dei principali e buoni motivi:

1. Ecosostenibilità;

2. Isolamento termico;

3. Salubrità;

4. Isolamento acustico;

5. Resistenza al fuoco,certificazione R30-R90,R30,R15;

6. Durabilità;

7. Resistenza al sisma;

8. Semplicità di costruzione;

9. Traspirabilità;

I costi? Realizzare edifici in balle di paglia comporta un abbattimento del costo delle murature di circa il 50% rispetto a edifici con murature ad alta efficienza energetica. Rischio roditori e parassiti? Le murature in balle di paglia sono compresse e protette da intonaci per cui i roditori non riescono ad entrare all’interno delle murature. Rischio allergie? La paglia non è fieno e non contiene pollini, quindi non provoca allergie. In essa non c’è presenza di foglie, fiori e semi che generano il tipico “raffreddore da fieno”. Una casa in paglia sarà sufficientemente solida? I muri di paglia sono molto solidi; le balle sono pressate e nella messa in opera le murature vengono ulteriormente compresse. Inoltre gli intonaci sono di spessore maggiore rispetto a quelli comunemente utilizzati nella muratura convenzionale.

 

Per maggiori informazioni

Edilpaglia- Associazione Italiana Edilizia In Paglia

Sede legale: Via delle Vigne, 12

51016 Montecatini Terme (PT)

http:www.edilpaglia.it

info@edilpaglia.it

 

Chissà come se la starà ridendo quel primo porcellino!!

 

Suor Elena Aiello, «‘a monaca santa», serva di Dio e del popolo.

Elena Aiello nasce a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, il 10 aprile 1895 da Pasquale Aiello, sarto rinomato, uomo probo e retto, e Teresa Paglilla, casalinga, moglie e madre esemplare. Elena cresce terza di dieci figli in una famiglia profondamente religiosa. Sin dall’infanzia mostra particolare trasporto per la preghiera e manifesta subito una viva intelligenza. A sei anni, nel 1901, viene mandata dalle Suore del Preziosissimo Sangue per frequentare le scuole elementari. All’età di otto anni, vedendo la sua preparazione nella conoscenza del catechismo,le suore dell’istituto la portano con loro affidandole il compito di insegnare ai più piccoli la dottrina cristiana. Nel 1905 perde precocemente la madre. Durante la Prima Guerra Mondiale intensi sono gli sforzi di Elena nell’aiutare i sofferenti: passa le sue giornate assistendo le vittime dell’epidemia di Spagnola. Il 18 agosto 1920 fa il suo ingresso nell’Istituto delle Suore del Preziosissimo Sangue ma, a causa di precarie condizioni fisiche, la durata della sua permanenza in tale Istituto è brevissima: non pochi anni dopo, infatti, all’Ospedale Civile di Cosenza, le viene diagnosticato un cancro allo stomaco. Da tale male Elena guarisce completamente rivolgendo una fervida preghiera a Santa Rita, il 21 ottobre del 1921. Il 2 marzo 1923 si manifestano per la prima volta le stigmate: nel pomeriggio di quel giorno, le appare il Signore vestito di bianco con la corona di spine che la invita a partecipare alle sue sofferenze. Elena acconsente e il Signore si toglie la corona di spine e la pone sul capo di lei. Tale contatto le procura un’abbondante effusione di sangue e dopo tre ore di alterno sanguinamento il fenomeno scompare. Il secondo venerdì di marzo, esattamente alla stessa ora, si ripresenta lo stesso fenomeno mentre nell’ultimo venerdì di marzo Elena soffre le piaghe della Crocifissione. Per tutti questi fenomeni Elena è conosciuta dal popolo come «’a monaca santa». Nel 1928, all’età di 33 anni, fonda l’ordine delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il 3 ottobre 1949, all’età di 54 anni, riceve i voti da Monsignor Aniello Calcara, Arcivescovo di Cosenza. Nell’istituto da lei fondato, suor Elena si occupa dell’educazione dei figli del popolo e dedicando la sua vita all’accoglienza, in particolare dei bambini abbandonati a causa di guerre e qualsiasi altra circostanza. La fama di santità della «monaca santa» è tale da interessare vivamente e attivamente anche Benito Mussolini e famiglia. Suor Elena Aiello muore il 19 giugno del 1961 nell’ospedale San Giovanni in Roma.

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Leonida Repaci, poeta, pittore e letterato calabrese dall’animo ribelle e bellicoso. Ideatore di premi e vincitore di onorificenze.

Nato a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, il 5 aprile 1898, ultimo di dieci figli e presto orfano del padre, Leonida Repaci trascorse un’umile infanzia nella sua città fino al catastrofico sisma del 28 dicembre 1908 che devastò Messina, Reggio e le zone limitrofe. Il sisma distrusse anche l’abitazione della sua famiglia e Leonida fu allora mandato a Torino dal fratello Francesco, avvocato. Nel capoluogo piemontese il giovane Leonida poté proseguire per quattro anni gli studi interrotti ed iscriversi all’Università in giurisprudenza. Scoppiato il primo conflitto mondiale partì per il fronte divenendo ufficiale degli alpini. Per il coraggio e l’ardimento dimostrati sul Monte Grappa si conquistò una medaglia d’argento al valore militare. Entrato nei reparti d’assalto lanciafiamme a Malga Pez venne ferito. Nel dicembre 1918 con l’influenza “spagnola” perdette una giovane sorella e due fratelli, il primo capitano d’aviazione pluridecorato e il secondo importante esponente politico. Tornato a Palmi con la divisa di capitano, nel 1919 ripartì per Torino dove conseguì la laurea in Legge e l’anno seguente l’abilitazione alla professione che esercitò per un biennio. L’amore per la narrativa e la poesia lo portarono ancora ventenne a scrivere, trascurando così le discipline giuridiche. Repaci s’interessò contemporaneamente di politica e si iscrisse a Torino nel partito socialista partecipando al “Movimento Operaio” e collaborando ad “Ordine Nuovo” con Gramsci che in persona lo volle collaboratore e giornalista. Dopo la marcia su Roma si trasferisce a Milano e si schiera apertamente contro il regime fascista: nel 1924 è nella prima redazione de “L’Unità” dove tradusse il romanzo fantapolitico “Il tallone di ferro” di Jack London. Nell’agosto del 1925 Repaci viene arrestato a Palmi, durante la festa religiosa della Varia, insieme ad un gruppo di socialisti come presunto assassino di un personaggio fascista. Il processo servì al regime per scardinare la roccaforte rossa e abbattere uno degli scogli socialisti più forti in Calabria. Inaspettatamente Repaci venne assolto ma l’accaduto avvelenerà per sempre di diffidenze e sospetti i rapporti con i suoi concittadini essendo diffusa la voce riguardante influenze del partito fascista sulla sua assoluzione. I testimoni falsi di quel processo alla fine o confessarono o si suicidarono e Leonida venne assolto dopo sei mesi di carcere. In quello stesso anno, dopo aver portato in teatro il racconto “La madre incatenata”, inizia la prima parte de “La storia dei Rupe” che nel 1933 gli farà vincere il Premio Bagutta e, tra varie versioni, lo accompagnerà fino agli anni settanta. Nel 1927 perdette la madre. Nel 1929 inventa insieme a Carlo Salsa e Alberto Colantuoni il Premio Vareggio, di cui sarà presidente fino agli ultimi anni della sua vita. In tale circostanza conobbe e sposò pure Albertina Antonelli alla quale rimase fedele fino alla morte di lei avvenuta nel 1984. Il dopoguerra è per Repaci un periodo di infaticabile lavoro: collaborò alla “Gazzetta del popolo” e a “La Stampa”. Dopo il secondo conflitto mondiale divenne partigiano a Roma dove fondò con Renato Angiolillo “Il Tempo” dirigendolo per nove mesi prima di passare alla direzione del quotidiano “L’Epoca”, durato soltanto 14 mesi, inventa il Premio Fila delle Tre Arti e il Premio Sila e porta avanti con grande successo il Viareggio ancora oggi uno dei premi letterari più ambiti d’Italia. Organizzò infine con Mario Socrate e Franco Antonicelli il memorabile convegno Cultura e Resistenza, a Venezia. Nel 1948, dietro insistenza degli amici, Repaci decise di candidarsi senza venire eletto al Collegio Senatoriale di Palmi nella lista del Fronte Democratico Popolare. Nel 1950 fu membro del Consiglio mondiale della Pace. Nel 1956 vince il Premio Crotone con “Un riccone torna alla terra” e due anni dopo il Premio Villa San Giovanni con “La Storia dei fratelli Rupe”. A poco a poco si allontana dall’attività giornalistica per dedicarsi alla stesura definitiva della trilogia “Storia dei Rupe”, e il secondo volume, “Tra guerra e rivoluzione”, vince nel 1970 il Premio Sila. In quel periodo la sua naturale irrequietezza lo porta a darsi alla pittura con discreto successo sia di critica sia di pubblico, allestendo personali a Milano e a Roma. La morte lo coglie a Pietrasanta, Lucca, il 19 luglio 1985.

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Calendario Sila 2014, il resoconto del primo appuntamento.

Grande successo il primo appuntamento casting per il nuovo Calendario Sila 2014. Dieci le ragazze che hanno affrontato con grande spirito di prova ed, in diversi casi, ingenua inconsapevolezza questa avventura. Costanza Federico, Naomi Rizzo, Paola La Bollita, Lilia Palamar, Mariangela Pulice, Silvia Pulice, Angela Fragale, Federica Lanzone, Maria Lucia Provenzano e Francesca Tallarico. Questi i nomi delle partecipanti a questo primo casting, un appuntamento che proseguirà durante il periodo pasquale alla ricerca dei 12 nuovi volti che daranno prova non solo della loro bellezza ma sostegno a quella che è la nobile iniziativa di dare sempre più spazio e lustro al fascino del nostro paesaggio silano. Biagio Oliverio, colui che ha tenuto le redini di questo primo appuntamento svoltosi presso la Duchessa della Sila sabato 19 gennaio, a San Giovanni in Fiore, porta avanti il progetto di «Non creare il solito calendario.» ma renderlo frizzante attraverso un’idea inattesa e fantasiosa che vedrà principali protagoniste due incantevoli bellezze; quella delle future 12 ragazze e delle altrettante location del nostro circondario. Le ragazze sono state chiamate a dar prova non solo della loro evidente piacevolezza di fronte all’obiettivo fotografico ma anche della loro personalità in una breve intervista in cui è stato chiesto loro delle loro esperienze, del loro vivere la competizione, delle loro passioni e dei loro sogni. Tra loro ci sono aspiranti modelle, insegnanti, medici, artisti che, nonostante una giusta dose di paura ed incertezza, cercano, benché ancora molto giovani, di creare e seguire un percorso che possa portarle a dire «Ce l’ho fatta!». Timide ed impaurite di fronte la telecamera le dieci ci hanno stupiti con il loro lasciarsi andare, con i loro occhi che a detta di chi le ha intervistate «Parlavano ed esprimevano grande sincerità ed emozione.» C’è chi si è lasciata andare a confidenze personali, chi con grande autoironia ci ha fatto sorridere, chi ha dato mostra di conoscenze culturali, chi ha dato campo libero a paure ed esperienze poco piacevoli il tutto contornato da un’atmosfera che non è da studio televisivo ma da chiacchierata tra amiche sul divano di casa. Un’atmosfera allegra e fluida che ha cercato di far dimostrare alle dirette interessate quanto dei giudizi a priori non possano solo far male ma essere completamente errati. Molto bello aver compreso quanto i genitori siano vicini alle loro figlie spronandole in questo campo che molti detrattori troppo in fretta giudicherebbero frivolo e irraggiungibile. In attesa del prossimo appuntamento rinnoviamo l’augurio di concretizzazione dei propri sogni a queste dieci amiche e nel frattempo ci auguriamo di invogliarne tantissime altre a provare l’esperienza non di sentirsi in gara ma di sentirsi partecipi di un progetto che ha come colonna portante una delle bellezze della nostra Calabria, la Sila.

Francesco Cilea, compositore e talento musicale precoce.

Nacque a Palmi (Reggio Calabria) il 23 luglio 1866 da Giuseppe, apprezzato civilista e dilettante di musica, e da Felicita Grillo. A soli sette anni fu inviato a Napoli per compiervi la sua educazione ed entrò in un convitto privato dove avrebbe dovuto essere poi avviato agli studi di diritto. Fu tuttavia attratto dalla musica e non tardò a rivelare una innata musicalità oltre che straordinarie doti di improvvisazione tanto che, dopo essere stato presentato per un giudizio a Francesco Florimo, allora bibliotecario del conservatorio di S. Pietro a Maiella, fu da questo esortato a dedicarsi interamente alla musica. Superata l’iniziale opposizione dei genitori che avrebbero preferito tenerlo lontano da una carriera giudicata troppo lontana dalle tradizioni della famiglia, nel novembre 1878 entrò come convittore a pagamento nel conservatorio napoletano avendo quali maestri Beniamino Cesi e Paolo Serrao. Condiscepolo di Umberto Giordano, si distinse immediatamente tra gli allievi più dotati e diligenti e nel termine di pochi anni, grazie ai progressi compiuti, si guadagnò la stima degli insegnanti tanto da essere nominato “maestrino” della classe di contrappunto, incarico che gli consentì di mettere in luce quelle qualità organizzative e didattiche che lo avrebbero in seguito condotto alla direzione del conservatorio napoletano. Diplomatosi nel 1889, presentando per il saggio finale un’opera in tre atti su libretto di E. Golisciani dal titolo Gina, diede chiara prova del suo talento drammatico rivelando certi tratti stilistici ricorrenti nella parabola evolutiva della sua produzione teatrale. Il lavoro, da lui stesso diretto e concertato il 9 febbraio 1889 nel teatrino del conservatorio, fu accolto favorevolmente dal pubblico e riportò un lusinghiero successo da parte della critica rappresentata per l’occasione da Roberto Bracco che in un suo articolo sul Corriere di Napoli del 13-14 febbraio preconizzò per il giovane compositore un brillante avvenire. Conseguito il diploma nel conservatorio in cui, attraverso un decennale e severo tirocinio, aveva maturato la sua personalità musicale, vi fu immediatamente chiamato con l’incarico di professore straordinario. L’impegno assunto presso la gloriosa istituzione, ove rimase fino al 1892, non gli impedì di dedicarsi alla composizione e di dare libero sfogo alla sua vocazione teatrale. Volle cimentarsi in una nuova opera e l’occasione si offrì allorché, presentato all’editore Edoardo Sonzogno da Paolo Serrao, gli venne affidato un libretto da musicare, La Tilda, di Angelo Zanardini. La vicenda, ricca di situazioni drammatiche di ambientazione tipicamente verista poco si adattava alle aspirazioni romantico-decadenti del giovane compositore che tuttavia, preparandosi al lavoro e stimolato anche dalla fiducia in lui riposta dal celebre editore, lo portò a termine in breve tempo. L’opera, diretta da Rodolfo Ferrari, andò in scena il 7 aprile 1892 al teatro Pagliano di Firenze e in altre città fra le quali Palmi e al Teatro dell’Esposizione di Vienna riportando un ottimo successo di pubblico e critica. Tuttavia, nonostante il successo di pubblico e i riconoscimenti della critica, un profondo senso di auto critica e la consapevolezza di aver affrontato un genere di teatro musicale troppo lontano dalla propria sensibilità, indussero Cilea a ritirare lo spartito contro il parere dello stesso editore che tuttavia continuò a sostenerlo e a credere nelle sue possibilità creative. Lasciato l’insegnamento nel conservatorio napoletano per dedicarsi completamente alla composizione trovò nell’Arlesiana di A. Daudet il soggetto che andava cercando. Affidata la stesura in versi a Leopoldo Aiwenco si accinse alla composizione dell’opera che, iniziata nel 1896 e portata a termine nel 1897, fu rappresentata al Lirico di Milano il 27 novembre dello stesso anno. Accolta con esito lusinghiero l’opera subì poi vari rimaneggiamenti  e Cilea fu costretto suo malgrado ad impegnarsi in una nuova stesura dell’opera che, rinnovata in tre atti, fu rappresentata con miglior fortuna, ma senza il previsto successo, ancora al Lirico di Milano il 22 ottobre 1898. In una nuova versione con varie aggiunte l’opera fu poi ripresentata con esito favorevole il 28 marzo 1912 al teatro S. Carlo di Napoli e approdò infine alla Scala di Milano ove l’11 aprile 1936 riportò un vero trionfo grazie anche alla partecipazione di interpreti di altissimo livello come M. Carosio, G. Pederzini, T. Schipa e M. Basiola. Frattanto nel 1896, quale vincitore della cattedra di armonia nell’istituto musicale di Firenze, Cilea aveva ripreso l’insegnamento senza tuttavia trascurare la composizione cui, dopo le amarezze seguite alle disavventure dell’Arlesiana, destinata ad essere per molto tempo incompresa, tornò a dedicarsi con rinnovato entusiasmo. L’occasione gli fu ancora una volta offerta dal Sonzogno che gli propose di musicare l’Adriana Lecouvreur un’opera in quattro atti su libretto di Arturo Colautti ambientata nel Settecento francese e basata su una pièce di Eugène Scribe. L’opera, diretta da C. Campanini, fu rappresentata con grande successo al Lirico di Milano il 6 novembre 1902 con una eccezionale compagnia di canto formata da E. Caruso, A. Pandolfini, G. De Luca, E. Ghibaudo, iniziando da quel momento il suo trionfale cammino nei maggiori teatri del mondo e rivelandosi indiscutibilmente come il suo lavoro teatrale più riuscito dopo una prima clamorosa affermazione internazionale sulle scene del teatro dell’Opera di Buenos Aires. L’opera tra il 1903 e il 1906 apparve tra l’altro al Covent Garden di Londra, al teatro Imperiale di Odessa, al teatro dell’Opera dì San Francisco, al teatro Sarah Bernhardt di Parigi, a Pietroburgo e poi nel 1935, in una edizione in lingua francese, fu presentata al Grand Théâtre di Bordeaux. L’ultima opera di Cilea, rappresentata al Teatro alla Scala di Milano la sera del 15 aprile 1907 sotto la direzione di Arturo Toscanini, è la tragedia in tre atti Gloria, ancora su libretto di Colautti, basata su una pièce di Victorien Sardou. Quest’opera mostra il notevole aggiornamento compositivo di Cilea rispetto ai suoi contemporanei ma fu proprio questo lato di per sé interessante e notevole a rendere l’opera difficile per il pubblico. Nonostante il suo grande valore e una buona serie di successi nel complesso il risultato totale poté definirsi un insuccesso. L’insuccesso di quest’opera fu tale da spingerlo ad abbandonare definitivamente il teatro d’opera. Il compositore calabrese continuò invece a comporre musica da camera, vocale e strumentale e musica sinfonica. Al 1913 risale un poema sinfonico in onore di Giuseppe Verdi su versi di Sem Benelli, eseguito al Teatro Carlo Felice di Genova. Cilea morì il 20 novembre 1950 a Varazze, comune ligure che gli offrì cittadinanza onoraria e nella quale trascorse gli ultimi anni della sua vita.

 

CURIOSITÀ

• Dopo l’insucesso della tragedia Gloria e il successivo ritiro dalle scene teatrali, non mancano però notizie di alcuni progetti operistici successivi di cui sopravvivono parti o abbozzi di libretto come Il ritorno dell’amore di Renato Simoni, Malena di Ettore Moschino e La Rosa di Pompei ancora di Moschino (datato Napoli, 20 maggio 1924). Alcune fonti accennano anche ad un’opera del 1909, completata e mai rappresentata, intitolata Il Matrimonio Selvaggio della quale non esiste tuttavia alcun riscontro e di cui lo stesso Cilea non fa cenno nei suoi quaderni di “Ricordi”.

• Alla memoria di Francesco Cilea sono stati intitolati il conservatorio ed il teatro di Reggio Calabria, mentre il suo paese natale, Palmi, gli ha eretto un Mausoleo oltre ad una via del centro storico cittadino.

 

Umberto Boccioni, principale teorico ed esponente del movimento e dell’arte futurista in Italia.

Umberto Boccioni (1882-1916) è stato il maggior esponente del futurismo italiano. Nasce a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882, ma trascorre infanzia ed adolescenza in varie città perché  il padre, impiegato statale, è costretto a frequenti spostamenti. La famiglia, originaria di Forlì, si trasferisce a Genova, poi a Padova nel 1888 ed in seguito a Catania nel 1897, dove Umberto consegue il Diploma in un Istituto Tecnico. Nel 1899 Umberto Boccioni si trasferisce a Roma presso una zia, dove iniziò il suo apprendistato artistico prendendo lezioni di disegno e frequentando la Scuola libera del nudo. In questo periodo il giovane pittore, dallo stile molto realista, conosce l’altrettanto giovane Gino Severini e con lui frequenta lo studio di Giacomo Balla, che in quegli anni a Roma è maestro molto famoso, per approfondire la ricerca sulle tecniche divisioniste. Dal 1903 al 1906 Umberto Boccioni partecipa alle esposizioni annuali della Società Amatori e Cultori, ma nel 1905 in polemica con il conservatorismo delle giurie ufficiali, organizza con Severini, nel foyer del Teatro Costanzi, la “Mostra dei rifiutati”. Per sfuggire l’atmosfera provinciale italiana, nella primavera del 1906 Boccioni si reca a Parigi, dove rimane affascinato dalla modernità della metropoli. Da Parigi, dopo alcuni mesi, fa un viaggio in Russia, prima di tornare in Italia e stabilirsi a Padova per iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove si laurea. Tuttavia l’Italia del primo Novecento, però, ha una vita artistica ancora ancorata alle vecchie tradizioni. Solo Milano è diventata una città dinamica, ed è qui che Boccioni si stabilisce al ritorno dal suo ultimo viaggio in Europa per sperimentare, sotto l’influenza del divisionismo e del simbolismo, varie tecniche. In questa fase prefuturista la pittura di Boccioni si modella soprattutto sulla lezione di Balla: la pittura dal vero e la tecnica divisionista. I soggetti dei quadri di questo periodo, soprattutto nella scelta di periferie urbane in costruzione, anticipano i successivi sviluppi del futurismo. A Milano Boccioni ha anche modo di conoscere la pittura simbolista di Previati e della Secessione viennese e la pittura espressionista tedesca dello “Sturm und Drang”. L’incontro con queste tendenze lo porterà ad attenuare i suoi interessi per il naturalismo e a ricercare una pittura più intensa sul piano psicologico ed espressivo. Nacquero così alcune sue celebri tele, quali il famoso trittico degli «Stati d’animo». Il suo interesse per la psicologia, tuttavia, non ebbe mai i toni decadenti e raffinati della pittura simbolista, ma si concentrò sui temi della interiorità dell’uomo moderno, coniugando a ciò le suggestioni più intense del futurismo. Nel gennaio del 1910 conobbe Marinetti, e l’incontro risultò decisivo per i successivi sviluppi della sua pittura. La sua adesione alle idee futuriste di Marinetti fu immediata e dopo pochi mesi firmò il primo manifesto della pittura futurista. La svolta stilistica avviene con la redazione del quadro «La città che sale» realizzato sempre nel 1910. L’anno successivo fu il principale ispiratore del Manifesto tecnico della pittura futurista. In esso si definisce più chiaramente il parametro fondamentale del futurismo in pittura: la «sensazione dinamica». La scomposizione della luce e del colore si unisce alla scomposizione dei volumi e dello spazio, portando il futurismo ad esiti molto vicini al cubismo. In breve diviene il maggior artista italiano del periodo. Partecipa a numerose manifestazioni in Italia e all’estero. La sua attività si svolge anche sul piano teorico e nel 1914 pubblica due testi fondamentali per comprendere la sua visione artistica: «Pittura Scultura Futuriste» e «Dinamismo plastico». Dal 1911 si dedica alla scultura, nella quale giunge in breve tempo a risultati eccezionali. Nel 1912 redige il Manifesto tecnico della scultura futurista, ma, più che l’attività teorica, appaiono subito straordinari gli esiti a cui giunge con la sua opera. Con la scultura «Forme uniche nella continuità dello spazio» (1913), Boccioni realizza una delle sculture più famose in assoluto di questo secolo. Indaga la deformazione plastica di un corpo umano in movimento, giungendo ad una forma aerodinamica dove il corpo, stilizzato al limite della riconoscibilità, riesce tuttavia a trasmettere una grande sensazione di forza e di potenza. La statua diviene il simbolo stesso dell’uomo futuro, così come lo immaginavano i futuristi: novello Icaro, metà uomo e metà macchina, lanciato in corsa a percorrere il mondo con forza e velocità. Allo scoppio della prima guerra mondiale viene richiamato alle armi. Il 17 agosto del 1916, all’età di soli trentaquattro anni, muore per un banale incidente mentre era nelle retrovie dei campi di battaglia. La sua precoce morte ha privato l’arte moderna di uno degli esponenti più geniali del panorama europeo di quegli anni. La sua attività di pittore si è svolta per un arco di circa dieci anni. In questo periodo Boccioni riesce ad attraversare, e far proprie, le maggiori novità artistiche del periodo, dal divisionismo al futurismo, dall’espressionismo al cubismo. E lo fa con ispirazione tale da consentirgli di produrre opere di sempre elevata qualità. Passa attraverso i territori della psicologia (notevoli sono i suoi quadri intitolati Stati d’animo), pur senza essere un decadente, così come apprende dall’espressionismo la capacità di comunicare, pur senza giungere alle esasperazioni deformistiche di quella corrente.

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