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[#NerdReview] Carmen Sandiego, il reboot di un mito

Molti della mia generazione, quella degli anni ‘80 per capirci, hanno avuto una fitta al cuore quando hanno sentito del reboot della serie di Carmen Sandiego.

Questo perché la moda della nostalgia ha già mietuto moltissime vittime sullo schermo e avevamo paura che questo poteva riproporsi con la femme rouge.

Ma… c’è stato un tradimento?

Prima di addentrarci nel mondo dei ladri, c’è da fare una premessa evidente: nella serie originale il punto di vista non era di Carmen. Il giocatore (un uomo nel mondo reale) doveva cercare questa fantomatica Carmen attraverso due degli agenti della ACME, Zack e Ivy, che le davano la caccia. Qui uno dei punti di grande differenza: questo reboot parla di lei, delle sue emozioni e di come, da bambina, è diventata la ladra più famosa del mondo. Tutto è più allineato, relativamente ha più senso e di sicuro non ha l’orribile stacco da mondo reale a mondo animato che tanto andava di moda negli anni ‘90.

COSA CAMBIA NEL REBOOT

Ritornano i personaggi della vecchia serie come “Player”, doppiato in questa versione da Finn Wolfhard (il giovane Mike in Stranger Things, in Italia doppiato da Luca De Ambrosis) insieme a Zack e Ivy. Questi, però, subiscono un mutamento dettato dalla rinnovata storia, più fresca e coinvolgente, ma senza perdere i topic educativi delle vecchie stagioni.

La serie “Dov’è finita Carmen Sandiego?” del 1994 nasce infatti da una serie di giochi educativi e Netflix nel suo reboot vuole rispettare questa connotazione ambientando ogni episodio in un luogo diverso così da spiegarne storia e avvenimenti importanti. Certo è che il focus è di sicuro sull’intrattenimento rispetto all’educazione, quindi troveremo personaggi con grande spessore emotivo e psicologico e soprattutto una Carmen più “umana” e meno fantomatica.

Gina Rodriguez ha interpretato bene la voce della protagonista (in Italia è doppiata da Lavinia Paladino, Yumeko in “Kakegurui“), ma qui ci sarebbe da fare un appunto sul doppiaggio: seppure i dialoghi siano fluidi e ben caratterizzati, molti dei giochi di parole e citazioni fatte nella lingua originale non passano attraverso la versione italiana. Vi consiglio quindi una successiva visione in lingua originale se masticate bene l’inglese.

COMPARTO GRAFICO

La rivoluzione, oltre che nella storia e nei personaggi, è avvenuta nel comparto grafico. Se la serie animata originale aveva lo stile tipico che ritroviamo nell’animazione americana del tempo, questa riproposizione Netflix utilizza tinte piatte e sfumature di colore dando al tutto un aspetto più leggero e minimale. Un occhio più attento noterà però nello studio fotografico dei fondali molto ben sviluppati e ricchi di sfumature di colore e dettagli.

COMMENTO

In definitiva, Carmen Sandiego è una serie che intrattiene e si lascia guardare piacevolmente nei suoi 9 episodi. Il finale aperto lascia l’aspettativa di una nuova stagione che non è stata, tuttavia, ancora confermata. Non la vedremo sicuramente quindi per la stagione primaverile ma possiamo sperare in quella estiva o autunnale.

Dal vostro Mr.Ink è tutto, commentate su facebook per dire la vostra riguardo la serie e seguite la nostra pagina per ulteriori novità!

 

Daniele “Ink” Ferullo

[#CiNerd] Aquaman, la recensione: punto di svolta per la DC?

Dopo un anno a tratti catastrofico, Aquaman sarà riuscito a risollevare le sorti dell’universo cinematografico DC?

Pubblica ammissione: la delusione provocata da Suicide Squad e da Justice League brucia ancora. Tuttavia, nonostante l’hype ridotto alla soglia dello zero, i grandi numeri registrati al botteghino mondiale dal cinefumetto di James Wan, mi hanno indotta a dare una possibilità al personaggio di Jason Momoa.

LA STORIA

La storia è quanto di più semplice ci si possa aspettare e narra le origini di Aquaman. Ora, alzi la mano chi non ha mai pensato che, nella Justice League, Aquaman sia il più sfigato tra gli eroi. Ecco, non vedo nessuna mano… e proprio in questo risiede il punto di forza di una pellicola in cui nessuno probabilmente avrebbe scommesso. Questo cinecomic non cerca di strafare col risultato di finire fuori tema o sovraccaricare lo spettatore di eventi che non gl’interessa conoscere: si limita a raccontare chi è Arthur Curry e com’è diventato il Protettore degli oceani.

Quanto alle vicende narrate, siamo lontani dalla profondità della trilogia di Nolan dedicata all’uomo pipistrello per tinte dark e spessore narrativo, ma Aquaman non cerca affatto di scimmiottarla. Non si traveste da cinecomic orrorifico per poi lanciare addosso al pubblico ignaro il colpo di grazia delle gag (sì, Suicide Squad, sto dicendo proprio a te). Fin dal trailer si è mostrato per quello che è: una pellicola d’intrattenimento che narra una storia delle origini. Troviamo una famiglia, botte, inseguimenti, battute che strizzano l’occhio all’action movie hollywoodiano, motivi come il coraggio e la necessità di scegliere, l’epopea di un uomo che va incontro al suo destino.

COMPARTO TECNICO

Aquaman racconta una storia semplice. Quindi sì, la sceneggiatura di David Leslie Johnson-McGoldrick e Will Beall non brilla certo per originalità o per la brillantezza dei plot twist: un po’ perché qualche fumetto l’abbiamo letto, un po’ perché insomma cinecomics ne abbiamo visti tanti. Non facciamo fatica a capire come la storia si evolverà né che alla fine il cattivo sarà sconfitto. Eppure, le due ore piene di film scorrono in velocità e nessuna noia s’impadronisce dello spettatore. Se c’è una parola che può descrivere la pellicola di James Wan, quella è SPETTACOLARITÀ.

Il regista malaysiano, forse memore del suo lavoro in Fast & Furious, ha pensato bene di dare vita a una pittoresca scena d’inseguimento e fin qui tutto normale… se non fosse che non ci sono quattro ruote che sfrecciano per le strada losangeline, ma mezzi atlantidei che a tutta velocità schizzano tra i flutti. A discapito delle premesse (tutti ricordiamo uno di quei primi poster del film che pareva malamente photoshoppato), la CGI è ben fatta oltre ogni aspettativa. Brenden Barry Brown, Hauk Olafsson e Tony Watt hanno dato il meglio negli effetti speciali e la visione del film è una gioia per gli occhi. Creature marine reali e fantastiche, la futuristica Atlantide, la molteplicità delle scene nelle viscere oceaniche, perfino un imponente kraken. L’impressione è spesso quella di essere immersi nella gigantesca vasca di un acquario, spettatori di un mondo sommerso che pullula di oscurità e vita intorno a noi.

IL COMMENTO

Aquaman può dirsi probabilmente il più riuscito tra i cinefumetti targati DC degli ultimi anni (la trilogia di Nolan non toccatela, però, quella è un mostro sacro). Non ha nulla da invidiare ad alcune delle pellicole Marvel (Thor: Ragnarok sentiti chiamato in causa). Il film è letteralmente straripante: di acqua, creature, rumori, personaggi, eppure il caos che regna sovrano non è mai così eccessivo da infastidire, anzi risucchia in un vortice che quasi invoglia a volerne di più. Cosa che, a giudicare dalla scena post crediti (e dagli incassi stellari) probabilmente accadrà, ma se questo è stato il primo capitolo molti saranno invogliati a vederne un secondo.

Nonostante i vistosi difetti di scrittura, dunque, Aquaman riesce nell’impresa titanica di non deludere (a meno che non siate andati al cinema aspettandovi un film d’autore), perché ogni personaggio, ogni azione sembrano essere al posto e al momento giusto. Pur con le movenze smisurate di un kolossal, la pellicola narra una modernissima vicenda di formazione. È la storia di una sorta di metallaro capellone tutto tatuaggi e scazzottate ma dal cuore buono, che non solo è re di un mondo a cui crede di non appartenere davvero, ma diventa un eroe. Jason Momoa, Amber Heard, Dolph Lundgren fanno un buon lavoro. Ma soprattutto Willem Dafoe si conferma un ottimo performer nel ruolo del consigliere e maestro atlantideo Vulko. Esiguo il minutaggio riservato a Nicole Kidman perché la sua performance possa essere degna di nota.

CONCLUSIONI

Aquaman è un film mastodontico che dona senza riserve tutto quel che ha da dare, non si finge quel che non è. Concede una spruzzata di freschezza all’Universo Esteso di una DC ormai martoriata, incapace di portare a galla la propria carcassa, inabbissata sul fondale di una sfida all’ultima imitazione. Certo, siamo ancora lontani dal capolavoro, ma forse il Tridente di Atlan è riuscito nell’impresa di rifocillare la speranza. Il mio consiglio, perciò, è di concedervi una visione senza pretese e immergervi nella meraviglia di Atlantide. Aquaman non è più l’eroe sfigato della Justice League.

Infine, complimentatevi con la sottoscritta che è riuscita ad arrivare alla fine di questa recensione senza menzionare nemmeno una volta il fascino incommensurabile di un Jason Momoa bagnato  e scompigliato.

 

Francesca Belsito

 

[#NerdAnime] Cavalieri dello Zodiaco, perchè Andromeda sarà donna nel remake

La serie animata de I Cavalieri dello Zodiaco sta per tornare.

La piattaforma di streaming Netflix ha pubblicato online il primo trailer del remake ufficiale di Saint Seiya realizzato dallo studio di animazione MEIRS.

La serie, intitolata Knights of the Zodiac – Saint Seiya, avrà una prima stagione di dodici episodi. Le vicende esploreranno la saga già nota fino alla comparsa dei Cavalieri d’Argento. Yoshiharu Ashino si occuperà della regia, mentre la sceneggiatura è stata affidata a Benjamin Townsend, Shannon Eric Denton, Thomas F. Zahler, Joelle Sellner, Travis Donnelly, Thomas Pugsley, Saundra Hall, Shaene Siders e Patrick Rieger. Il character design sarà di Terumi Nishi, mentre il design delle armature sarà di Takashi Okazaki.

LE POLEMICHE

Tuttavia, alla visione del trailer molti fan hanno storto il naso. Il motivo è semplice: il cambiamento drastico apportato al personaggio di Shun, il Bronze Saint di Andromeda. Infatti, la versione del personaggio proposta dal remake made in Netflix del lavoro del maestro Masami Kurumada non avrà solo una voce più femminile, ma sarà una donna, in tutto e per tutto.

A commentare la decisione è stata per prima la designer Terumi Nishi, che ha spiegato che la decisione di rendere Shun di Andromeda una donna sia stata presa prima che lei stessa accettasse l’incarico.  In ogni caso, l’artista si è detta certa che “la nuova Andromeda farà del suo meglio come Sacro Guerriero”.

LA RISPOSTA DELLO SCENEGGIATORE

A porre fine alla controversia legata al personaggio è stato Eugene Son, creatore della serie d’animazione Saint Seiya targata Netflix. Son, attraverso una lunga serie di tweet, ha risposte alle critiche dei fan, motivando la scelta di rendere femminile il personaggio.

«‘Perché cambiare Andromeda?’ Me ne assumo la responsabilità. Quando abbiamo cominciato a sviluppare questo remake della serie, volevamo cambiare il meno possibile. I concetti chiave di Saint Seiya, che ne fanno un prodotto così amato, sono fortissimi. La maggior parte di questi funziona anche a trent’anni di distanza [dalla nascita dell’opera]. L’unica cosa che mi preoccupava erano i Cavalieri di Bronzo: tutti uomini. La serie ha sempre avuto dei fantastici, forti e dinamici personaggi femminili, e questo si riflette nell’enorme numero di donne appassionate del manga e dell’anime di Seiya. Ma trent’anni fa, un gruppo di ragazzi in lotta per salvare il mondo senza neanche una ragazza nel team non erano un grosso problema. Era lo standard di allora. E forse trent’anni fa vedere delle donne prendersi a calci e pugni non era importante. Ma oggi? Non è la stessa cosa».

ANIME E DONNE

Dunque, cosa fare perchè la presenza di un gruppo di combattenti completamente al maschile non diventi una dichiarazione d’intenti?

«Ci abbiamo pensato parecchio. L’anime e il manga sono colmi di personaggi femminili. Marin e Shana sono entrambe incredibili. Ma sono dei personaggi già molto potenti – e nessuno vorrebbe vederle trasformate in Cavalieri di Bronzo. Prendiamo un personaggio esistente come Sienna (che prima era chiamata Saori), Shunrei o Miho, le diamo dei poteri e la trasformiamo nella nostra versione di Apri O’Neil? O creiamo o un nuovo personaggio femminile e lo facciamo entrare in squadra? Ma noi non volevamo creare un nuovo personaggio femminile che di certo avrebbe dato nell’occhio e sarebbe stato scontato. Poi abbiamo parlato di Andromeda. Eravamo tutti d’accordo sul fatto che fosse un personaggio fantastico. Così abbiamo considerato l’idea di reinterpretare “Andromeda Shun” come la nostra “Andromeda Shaun”. Più ne parlavamo, e più ne vedevamo il potenziale. Un gran personaggio con un grande look.

ANDROMEDA SARÀ DIVERSA?

«Le caratteristiche chiave di Andromeda non sono cambiate – ha continuato a spiegare Eugene Son -. Usa le sue catene per difendere sé stessa e i suoi amici – come le ha insegnato il suo protettivo fratello. I fan più intransigenti di Saint Seiya sanno cosa succede ad Andromeda durante la storia. Come sarebbe se Andromeda fosse una donna? Ho ritenuto che sarebbe stato interessante scoprirlo. Ma sapevo che sarebbe stato controverso. Non la vedo come un’alterazione del personaggio. L’Andromeda originale è ancora un gran personaggio. Ma questa è una nuova interpretazione. Una versione diversa [del personaggio]. Se pensate che sia una cosa strana e non vi piace, lo capisco. Anche all’interno di Toei c’erano un sacco di persone che mi hanno chiesto se ne ero sicuro. Un sacco di fan di Shun amano il personaggio. Ma io spero che sarete disposti a conoscerla quando [la serie] uscirà e a valutarla di conseguenza».

Pertanto, non resta che aspettare l’estate del 2019, quando Saint Seiya debutterà ufficialmente su Netflix.

 

 

[#CiNerd] Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald, la recensione

Animali Fantastici è tornato al cinema con il secondo capitolo della saga dopo due anni di attesa.

Noi di NERD30, da Potterhead nostalgici, non ci siamo lasciati sfuggire la possibilità di visionare la pellicola in anteprima e qui trovate le nostre impressioni, rigorosamente spoiler free: non lanceremo un Engorgio sulle vostre aspettative, siamo buoni.

LA STORIA

Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald riprende esattamente là dove si era interrotto al termine del primo capitolo. Ritroviamo i personaggi che avevamo imparato ad apprezzare, ma in una location differente. Come JK Rowling aveva annunciato, ciascuna delle pellicole della saga sarà ambientata in un paese diverso. Questa volta i protagonisti si muovono tra Londra e Parigi, alla fine degli anni Venti. Grindelwald, il potente mago oscuro interpretato da Johnny Depp, è stato catturato ed è prigioniero nella sede del MACUSA, il Ministero della Magia americano.

Nel frattempo, dopo aver giusto distrutto un terzo della città di New York liberando il Tuono Alato, Newt Scamander ha ricevuto il veto sui viaggi internazionali dal Ministero della Magia britannico. Tuttavia, Grindelwald non intende mandare a monte il suo piano. Con abilità e notevole capacità di persuasione  riesce a radunare un manipolo di maghi e streghe a lui fedeli. E proprio a questo punto entra in scena Albus Silente in tutta la sua fascinosa autorevolezza. È necessario fermare Grindelwald, ma lui non può farlo ed è per questo che affida il compito a un coraggioso Newt.

I PERSONAGGI

Ritroviamo i personaggi principali del primo film: il magizoologo Newt Scamander, Tina Goldstein, la biondissima sorella Queenie e, soprattutto, Jakob Kowalski. A questi si aggiungono nuove conoscenze: il giovane Albus Silente, interpretato da Jude Law, Theseus Scamander, fratello di Newt e Leta Lestrange. E proprio quest’ultima, interpretata da Zoë Kravitz, è uno dei personaggi intorno al quale ruotano la storia e il mistero di questa seconda pellicola. Inoltre, scopriamo qualcosa in più su Credence Barebone, l’Obscurus sopravvissuto, e su un particolare tipo di maledizione magica, quella del Maledictus: così si presenta sulla scena Nagini, una giovane donna costretta a trasformarsi in serpente. Certo che sì, è proprio quella Nagini che abbiamo imparato a conoscere così bene nella saga madre di Harry Potter.

Tuttavia, la coralità, che avrebbe potuto essere uno dei pregi di questo film, ne diviene invece un vistoso difetto. A differenza di quanto accade in Animali Fantastici e dove trovarli, quasi nessun personaggio riesce a conquistarsi la propria nicchia sulla scena. Lo spettatore, anche il Potterhead più accanito, fa fatica a immedesimarsi in quanto vede, sebbene i presupposti della storia permettano uno scavo psicologico nei vari personaggi. Lo stesso Newt, protagonista della pellicola e designato da Silente per contrastare il piano di Grindelwald, rimane sullo sfondo delle vicende mostrate. Newt, così timido eppure coraggioso, un perfetto Tassorosso, non esita a mettersi in pericolo per una buona causa. La performance di Eddie Redmayne resta, ancora una volta, brillante ed esemplifica a pieno l’iconica battuta pronuciata da Leta: “Non c’è mostro che tu non riesca a non amare”, ma a rubare la scena è un altro.

Johnny Depp nei panni di Gellert Grindelwald è sublime. Da tempo l’attore non portava sulla scena un personaggio così complesso con tale enfasi, mettendo a tacere tutte le critiche sulla sua partecipazione al progetto. Grindelwad, personaggio marginale nella saga di Harry Potter, acquista in questo secondo capitolo di Animali Fantastici, il ruolo di protagonista. Rispetto alla platealità di Voldemort, il personaggio di Grindelwald, nonostante poco si sappia di lui, sembra reggersi quasi soltanto sulla presenza scenica di Johnny Depp. Ciò che colpisce non è l’aspetto teatrale. Grindelwald non ha bisogno di Marchi Neri alla Coppa del Mondo di Quidditch, a inquietare basta quella aura di grave calma che lo circonda, come presagio di qualcosa di terribile che sta per accadere.

Il mago è simbolo dell’outsider che si riscatta, del diverso che lotta – e non importa come: il fine giustifica il mezzo – perchè il mondo magico non debba vivere nell’ombra. D’altra parte, non era forse questo il bene superiore che tanto ha avvicinato lui e il giovane amico Albus? Se Grindelwad si fa emblema di ciò che non vuole restare nascosto, al contrario Silente, nella sua fiera tempra, è già quell’uomo profondo ma ombroso, indomito custode di conoscenze e segreti che nasconde dietro l’accenno di un veloce sorriso. E Jude Law riesce a mettere a segno una brillante interpretazione di un Silente giovane, proprio come le rivelazioni contenute nei Doni della morte l’avevano fatto immaginare.

Una menzione particolare va ad Ezra Miller. Il suo Credence Barebone, che instaura un legame con Nagini, ha poche scene a disposizione, ma bastano a gettare le basi per la costruzione di un personaggio di spessore: la sua sarà una presenza chiave all’interno della pentalogia.

COMPARTO TECNICO

Veniamo alla nota dolente del film. Regia, montaggio e sceneggiatura rendono Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald un film riuscito a metà, al di là del plot twist, inaspettato e sconvolgente. Le inquadrature in molti momenti sono tremolanti. I passaggi da una sequenza all’altra sono confusionari: il montaggio è, purtroppo, pessimo. I tagli operati rendono lacunosa una sceneggiatura che aveva comunque ottime potenzialità. Quasi certamente avremo un’edizione home video con contenuti extra e scene tagliate, dunque perchè non fare un lavoro migliore già in fase di montaggio?

I dialoghi sono curati, in linea con lo stile della Rowling, presente nelle vesti di sceneggiatrice, e non mancano i momenti divertenti che, per fortuna, non risultano mai note stonate. D’altronde, conosciamo la finezza e l’eleganza della penna di JK.

Altro difetto, la regia. David Yates si era parzialmente riscattato con Animali Fantastici e dove trovarli, dopo aver fatto un pessimo lavoro con gli adattamenti di Harry Potter ma, in questo caso, ha compiuto passi indietro. È evidente la sua difficoltà di gestione degli attori, soprattutto nelle numerose scene corali, col risultato di complicare ulteriormente una storia che di per sè non è semplice seguire.

Un ottimo lavoro, invece, quello compiuto da Tim Burke e Christian Manz agli effetti speciali. Le creature di Newt sono un piacere per gli occhi, così vivide, maestose e colorate. Ritornano l’Asticello e gli Snasi, conosciamo l’Augurey già citato in Harry Potter, poi il Firedrake, il demone acquatico Kelpie, il gigantesco felino cinese Zouwu e ritroviamo anche i Thestral. Visivamente accattivanti le rese degli incantesimi, che di per sè varrebbero quasi la visione del film.

COMMENTO

Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald non ha sfruttato la sua grande potenzialità. I difetti tecnici non possono essere ignorati, pur trattandosi di una pellicola godibile. D’altra parte, il plot twist che la caratterizza arriva imprevedibile e gela lo spettatore come una doccia fredda, nonostante i molti interrogativi che lascia. Interrogativi che nascono anche dalla difficoltà di seguire lo sviluppo della pellicola, poco lineare. JK Rowling porta su schermo la sua capacità narrativa fondata sul disseminare indizi e distribuire misteri, ma i limiti materiali nella realizzazione rendono il suo lavoro riuscito solo in parte.

La pellicola non è da stroncare nè è noiosa: più che il predecessore, è questo il vero avvio dell’universo cinematografico espanso del Wizarding World. Per chiunque sia cresciuto con Harry Potter sarà un’emozione tornare a Hogwarts anche solo per qualche minuto e ritrovare un rifugio sicuro, cullati dalle note dell’Hedwig’s Theme.

Se una certezza c’è è che l’autrice ha in serbo grosse sorprese provenienti dal suo universo magico. La Rowling non ha perso la sua capacità di rendere la magia una metafora perfetta del nostro mondo. Diversità, coraggio, paura, frustrazione, consenso, persuasione. Ancora una volta, questo mondo magico lascia indietro la sicurezza dell’infanzia e così si fa proiezione dei mali non di un solo adulto, ma di tutta una società.

 

Francesca Belsito

 

[#NerdReview] Call of Cthulhu: le prime impressioni sul gioco

Call of Cthulhu è stato finalmente rilasciato e qui di seguito ecco le prime impressioni.

Approcciandosi a Call of Cthulhu della Cyanide bisogna tenere ben presente un concetto fondamentale: si tratta di un’opera ispirata e motivata dal gioco di ruolo cartaceo omonimo, Il richiamo di Cthulhu della Chaosium, e non agli originali racconti di H. P. Lovecraft.

Come il precedente Call of Cthulhu: Dark Corners of Earth (2006), questo videogioco non intende trasporre sui nostri PC e sulle nostre console le atmosfere della narrativa dell’autore di Providence, bensì tutto ciò che da essa è stato derivato nella costruzione dei manuali dell’ormai celeberrimo GDR.

UN GIOCO LOVECRAFTIANO?

Questa nota, che potrebbe sembrare superflua, è in realtà basilare. Infatti sarebbe sbagliato valutare Call of Cthulhu immaginandolo quale tentativo di riproporre genuinamente le situazioni dei racconti di Lovecraft, poiché sin dall’inizio si configura come qualcosa di molto più pulp e legato alle atmosfere investigative e avventurose care ai giocatori di ruolo. I “puristi” non dovranno quindi farsi trarre in inganno: questo è un videogioco che vuole trattare atmosfere vagamente lovecraftiane, senza rinunciare a scazzottate, mostri tentacolari e sparatorie tra moli fumosi.

LA TRAMA

Appurato ciò, e con la mente sgombra da ogni pregiudizio, si può procedere a immergersi nelle ambientazioni del gioco e a seguire le peripezie di Pierce, un investigatore privato ingaggiato per indagare sulla morte dell’artista Sarah Hawkins e della sua famiglia, avvenuta sulla misteriosa isola di Darkwater. Da questo presupposto si calerà velocemente tra morbose relazioni familiari, oscuri culti nascosti e disperate manifestazioni di follia, in un crescendo che trascinerà il nostro investigatore da fradicie vie cittadine a grotte nascoste e manicomi malsani.

La storia scorre abbastanza velocemente, in circa sei o sette ore di gioco si dipana interamente conducendoci allo svelamento del mistero finale. Purtroppo però i vari colpi di scena si rivelano sin da subito abbastanza prevedibili, proprio a causa delle premesse stesse del gioco: è fin troppo facile immaginare che dietro la scomparsa della Hawkins si celino congreghe minacciose e poteri soprannaturali, così come è del tutto legittimo attendersi che il protagonista vada incontro a un processo di degradazione mentale sempre più repentino.

BUONE IDEE O CLICHÉ?

Call of Cthulhu, presentandosi come interpretazione videoludica del gioco di ruolo, mette subito in campo le carte senza neanche la pretesa di scoprirle pian piano: il gusto dell’esperienza dovrebbe risiedere proprio nel fatto che andiamo incontro a ciò che ci aspettiamo, gustando ciò che gli sviluppatori hanno messo a puntino per noi. Purtroppo però, a parte alcune buone idee*, i cliché si susseguono l’uno dopo l’altro, cedendo il passo non ad un’aspettativa appagata, ma piuttosto ad un senso di noia e di vuota riproposizione dei soliti scenari soprannaturali.

La trama in sé, poi, si fonda su due filoni principali, uno dei quali** si rivela in buona sostanza inutile, quasi fosse un filler per allungare una narrazione altrimenti troppo breve. È un peccato, perché il dipanarsi del disegno della trama è gestito abbastanza bene, concedendo al giocatore poche informazioni alla volta, perlopiù tramite allusioni durante i dialoghi o tramite descrizioni di oggetti rinvenuti nei vari scenari del gioco.

Questa narrazione così cauta è in qualche modo scombussolata dalle sezioni più oniriche: si avverte nettamente l’attrito tra l’andamento investigativo della vicenda principale e l’irruzione di vari sconvolgimenti*** che fanno cadere del tutto la sospensione dell’incredulità su cui titoli quali Call of Cthulhu si poggiano. Si può forse ritenere che lo stravolgimento delle posizioni dei personaggi possa essere lovecraftiano, ma squassare continuamente i punti fermi di una storia (senza peraltro riuscire a risolverli neanche nei vari finali alternativi) rischia di suscitare più confusione che orrore cosmico.

 UNA COMPONENTE DA GDR

A tale proposito, l’immersione nell’avventura è attenuata anche dalla componente da GDR inserita dagli sviluppatori. Tralasciando la presenza di alcune caratteristiche del personaggio che si rivelano inutili o quasi nel corso dell’avventura (“Forza”, ad esempio, può essere usata pochissime volte), in generale la sensazione di personalizzazione di Pierce è davvero ridotta, anche a causa dell’impatto relativo (o nullo) che si ha sulla trama del gioco: ci vengono proposte molte varianti nei dialoghi, ma le varianti conducono quasi sempre agli stessi sviluppi e la sensazione lasciata nel giocatore è quella di essere un semplice spettatore cui viene chiesto di dare un contributo minimo, per essere poi ricondotto su binari prestabiliti.

In effetti l’intero gameplay si regge su questo assunto restrittivo. L’investigazione consiste perlopiù nel raggiungere i vari indizi, chiaramente evidenziati dall’interfaccia, e sentire cosa ha da dire Pierce su di essi. Gli enigmi presenti sarebbero anche piacevoli, ma sono facili e davvero troppo pochi per un’avventura che si presenta così legata al mistero e allo sforzo d’indagine. Le sezioni stealth, che così palesemente si rifanno ad Amnesia: The Dark Descent, non riescono a riproporre lo stesso senso di brivido di quel gioco e si rivelano in taluni casi frustranti****.

In questo clima, in cui l’attività di gioco vero e proprio è affrontata in modo superficiale, gli sviluppatori hanno voluto inserire delle sezioni finali più vicine a dinamiche da FPS che stonano totalmente e che per di più sono realizzate in modo grossolano (la pistola di Pierce è uno degli oggetti più lovecraftiani del gioco: non si capisce quante munizioni abbia, perché lui la tenga in modo così legnoso, che razza di rinculo abbia ecc.). Addirittura la meccanica della sanità mentale – che dovrebbe essere cara ai giocatori della controparte cartacea del gioco – risulta appena abbozzata, e la sua influenza sul gioco è minima a causa della limitatezza delle situazioni nelle quali è presente (davvero poche, e sempre risolvibili con un “pilotato” allontanarsi da certe zone o stranezze); anche qui siamo distanti da Amnesia, nel quale l’incombere della follia e del panico è una preoccupazione costante del giocatore.

LA GRAFICA

In effetti può sembrare che il gioco soffra di una realizzazione affrettata e approssimata, forse a causa di tagli di budget o di deadline accorciate. La grafica, che pure ha dei punti di forza come la bella gestione delle luci, è ad un livello certo inferiore alle media per questo tipo di titoli e non brilla neanche nel design. Indice di ciò è il continuo passaggio da cutscene con la grafica di gioco ad altre realizzate in CGI, con delle transizioni fastidiosissime da vedere e che contribuiscono anch’esse a distruggere l’immersività del titolo (poiché anticipano, seppure indirettamente, la fine o l’inizio di una sezione di gioco, comprese quelle stealth).

CONCLUSIONI

In definitiva Call of Cthulhu è un titolo realizzato per gli appassionati dell’omonimo GDR (ripetiamo: probabilmente ad un purista dei racconti di Lovecraft NON piacerebbe), e se lo si gioca da appassionati si può sorvolare sopra le evidenti pecche del titolo. Giungere alla fine dell’esperienza non sarà difficile né gravoso, e lascerà sicuramente la voglia di iniziare una nuova avventura sul GDR cartaceo o magari anche di riprendere qualche storia dell’autore di Providence. Difficile, invece, che possa venire voglia di rigiocare di nuovo lo stesso Call of Cthulhu: ciò che ha da offrire è troppo evidente e semplice, e nonostante il suo addentrarsi in cunicoli, templi dimenticati e cantine occulte, si può presentare solo come un dipinto piatto e già visto. Può affascinare per poco tempo, magari lasciare qualche ricordo piacevole, ma niente più di questo e forse alla Cyanide non avevano la pretesa di fare di più.

Resta però il senso di delusione per un gioco che poteva, con un po’ più di cura e di attenzione formale, rivelarsi un gioiellino; segno che purtroppo non basta la passione per produrre un’opera in grado di catturare e di lasciare il segno.

 

Francesco Corigliano

SPOILER ALERT:

*la storia della nave Scylla e della sua caccia “miracolosa”

**quello legato alla misteriosa creatura nel dipinto

***persone che ritornano in vita e che non ricordano cosa gli è successo, personaggi che si credevano morti da tempo e che in realtà non lo erano, decisioni quantomeno avventate da parte di personaggi secondari ecc.

****specialmente quella col suddetto mostro del quadro

 

 

 

 

 

[#NerdNews] In lavorazione il film di Breaking Bad

Breaking Bad… in arrivo il film!

La serie tv targata AMC si è conclusa ormai cinque anni fa. Nonostante le gesta di Walter White in BREAKING BAD avessero avuto una giusta fine, i fan non hanno mai smesso di sperare.

La notizia è di appena qualche ora fa. The Hollywood Reporter ha rivelato che Vince Gilligan sta ufficialmente lavorando alla trasposizione cinematografica della serie cult. Al momento non si sa ancora quale sarà il canale di diffusione della pellicola, ma potrebbe trattarsi di un film per la tv trasmesso sul canale AMC. Tuttavia, la speranza è di poter vedere al cinema nuove vicende dell’universo di Breaking Bad.

PREQUEL O SEQUEL?

Le notizie trapelate non rivelano in che tempo sarà ambientata la storia. Potrebbe trattarsi di un prequel come Better Call Saul oppure il film potrebbe riprendere quanto accaduto alla fine della quinta stagione. Gli unici dettagli riguardano le riprese del lungometraggio, che si svolgeranno ad Albuquerque in New Mexico sotto il nome di produzione Greenbrier. La prima bozza della trama, secondo la fonte, sarebbe la seguente:

La fuga di un ragazzo rapito e la sua lotta per la libertà“.

TORNERANNO WALTER E JESS?

Poche righe che non dicono molto su quello che vedremo. Eppure, non pensereste tutti a Jesse Pinkman e alla sua fuga dopo quell’urlo liberatorio? Bryan Cranston e Aaron Paul potrebbero quindi tornare a vestire i panni dei loro iconici personaggi. Al momento, però, la loro presenza non è stata confermata. D’altra parte, il series finale era terminato con la (a questo punto presunta) morte di Walter White. Che si tratti di un prequel o meno, quel che è certo è che il creatore del franchise di Breaking Bad avrebbe raggiunto con Sony Tv un accordo pari a circa 50 milioni di dollari per la realizzazione della pellicola.

 

Sarà lo stesso creatore Vince Gilligan a occuparsi della sceneggiatura. Tra i produttori esecutivi, oltre allo stesso, figurano Mark Johnson e Melissa Bernstein (già coinvolti nelle due serie dell’universo di Breaking Bad).

In attesa di ulteriori sviluppi sul fim, non resta che iniziare un rewatch della serie.

[#NerdNews] Ewan McGregor sarà Black Mask in Birds of Prey

Birds of Prey: Ewan McGregor si unisce al cast.

L’attore e regista scozzese Ewan McGregor sarà tra i protagonisti della nuova pellicola targata DC e interpreterà Black Mask, uno dei villain dell’uomo pipistrello. Che i grandi nomi di Birds of Prey possano rilanciare il futuro cinematografico della casa di produzione dopo gli ultimi flop?

A dare la notizia è Variety, che aveva già riportato rumors secondo i quali la Warner Bros. da tempo corteggiava l’attore di Trainspotting perchè portasse sugli schermi il ruolo. Nessuna certezza nell’aria a quel tempo, nè c’erano stati incontri, ma solo il desiderio degli studios di lavorare ancora con un professionista del suo calibro. McGregor infatti sarà il protagonista dell’atteso sequel di Shining, Doctor Sleep, in cui interpreterà un Danny Torrance un po’ più avanti negli anni.

CHI è BLACK MASK?

Secondo i pochi dettagli trapelati, Ewan McGregor interpreterà il villain della pellicola e il suo sarà un ruolo piuttosto centrale. BLACK MASK (o qui in Italia anche Maschera Nera), creato da Doug Moench e Tom Mandrake, è il più potente boss malavitoso di Gotham City. Acerrimo nemico di Batman, tanto da essere considerato per un periodo la sua nemesi, fece la sua comparsa nel 1985, sul numero 386 del fumetto dedicato a Bruce Wayne. Due i volti di Black Mask. Il primo Roman Sionis, odiatore della famiglia Wayne e amante delle maschere tanto da crearne una nera con l’ebano della bara del padre. Il secondo è Jeremiah Arkham, direttore del manicomio criminale Arkham Asylum, che prende il posto di Sionis quando questi è ucciso da Catwoman.

POSSIBILE SINOSSI

Il lungometraggio è il primo cinecomic al quale McGregor prenda parte. Ma non è la prima volta che l’attore presta il suo volto a un grande franchise. Ricordiamo tutti con affetto il suo Obi-Wan Kenobi nella trilogia prequel di Star Wars. Non si sa ancora molto riguardo la trama della pellicola, ma pare che la sinossi possa essere a grandi linee la seguente:

Dopo aver rotto con il Joker, Harley Quinn e altre tre eroine – Black Canary, Huntress e Renee Montoya – si uniscono per salvare la vita di una bambina (Cassandra Cain) da un malvagio signore del crimine.

UN CAST AL FEMMINILE

 

Tra gli altri nomi dello spin-off al femminile di Suicide Squad diretto da Cathy Yan, ricordiamo Margot Robbie, che tornerà a vestire i panni di Harley Quinn, Jurnee Smollet-Bell che sarà Black Canary, Mary Elizabeth Winstead come Huntress/Cacciatrice e Rosie Perez che interpreterà Renee Montoya.

UNA DC FINALMENTE DARK

A dirigere la pellicola sarà la regista Cathy Yan che ha dichiarato a Deadline:

[La sceneggiatura] Aveva così tanto umorismo nero come i miei precedenti lavori, e ci sono temi come l’emancipazione femminile che sono così forti e in cui è facile identificarsi. Quindi sono entrata nel progetto, non con confidenza, ma almeno con una sensazione che io meritassi di essere in quella stanza.”

Come ufficialmente confermato, Birds of Prey uscirà nelle sale statunitensi con il rating r. Si tratta del divieto di visione ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti. Ciò lascia pensare che la pellicola raggiungerà picchi di violenza e tinte oscure che nei recenti cinefumetti targati DC sono stati abbandonati in favore di un umorismo alla Marvel.

Il film è atteso nelle sale per il febbraio del 2020. Basterà un grande nome come quello di Ewan McGregor a riscattare l’Universo Cinematografico DC?

 

 

[#NerdNews] Penny Dreadful: City of Angels, cosa sappiamo sullo spin-off

Lo spin-off di Penny Dreadful si farà.

L’emittente televisiva americana Showtime ha confermato le voci che si rincorrevano da alcuni giorni. L’amata serie tv horror è stata rinnovata per un’altra stagione. La storia e l’ambientazione, però, saranno del tutto nuove.

Penny Dreadful è uno show ispirato al fumetto di Alan Moore, La lega degli Straordinari Gentlemen, che intreccia le origini di famosi personaggi della letteratura horror, alienati nella gotica Londra vittoriana. Sono passati ormai due anni da quando l’iconico show è stato cancellato, con immenso disappunto dei fan da tutto il mondo. Finalmente, però, le richieste per un’altra stagione sono state accontentate. L’emittente Showtime ha infatti avviato la produzione di altri episodi, che assumono le vesti di spin-off e sequel. Il titolo annunciato è quello di PENNY DREADFUL: CITY OF ANGELS. Come facilmente intuibile, la nuova ambientazione sarà la città di Los Angeles. Le nuove dinamiche saranno calate in un arco temporale successivo a quello della serie madre. Ci troveremo infatti negli anni Trenta, precisamente il 1938.

 

CITY OF ANGELS: COSA SAPPIAMO

Dettagli circa Penny Dreadful: City of Angels non sono ancora stati rivelati, ma un’idea su quello che vedremo è possibile. I canali ufficiali della serie hanno infatti diffuso il primissimo teaser poster. L’immagine richiama alla mente l’immaginario legato alla divinità messicana della Santa Muerte. Scommettiamo che non sarà un caso che l’annuncio sia arrivato proprio a ridosso dei dias de los muertos. Dunque,  il nuovo capitolo sarà ambientanto in un periodo fortemente condizionato da tensioni sociali e dall’emergere di elementi del folklore messicano. Secondo le prime ipotesi, le dinamiche riguarderanno personaggi e fatti reali e componenti soprannaturali, dando vita a una nuova mitologia orrorifica. Centrale e causa di dilemmi morali il conflitto tra personaggi legati alla divinità della Santa Muerte e altri alleati col demonio.

CONTINUITY CON LA SERIE MADRE?

A produrre e sceneggiare Peny Dreadful: City of Angels tornerà John Logan, già creatore della serie madre. Questi lavorerà al nuovo progetto assieme a Michael Aguilar, produttore esecutivo di Constantine. Lo stesso Logan ha rilasciato un comunicato, riportato la TvLine in cui afferma:

Penny Dreadful: City of Angels avrà una coscienza sociale e una consapevolezza storica che abbiamo scelto di non esplorare nelle trame londinesi di Penny Dreadful. Saremo alle prese con specifiche questioni politiche, religiose, sociali e razziali del mondo storico e reale. Nel 1938 Los Angeles si stava ponendo alcune domande difficili sul suo futuro e sulla sua anima. I nostri personaggi dovranno fare lo stesso. Non ci sono risposte semplici. Ci sono solo domande potenti e arresti di sfide morali. Come sempre nel mondo di Penny Dreadful, non ci sono eroi o criminali, solo protagonisti e antagonisti, personaggi complicati e conflittuali che vivono sul fulcro della scelta morale.

IL CAST

I personaggi saranno nuovi e non ci sono ancora notizie riguardo a possibili membri del cast. Così come non è escluso che attori della serie originale possano tornare e prestare il loro volto ad altri protagonisti, un po’ come accade in American Horror Story.

Per quanto riguarda la messa in onda non esistono ancora notizie certe, la stessa produzione non è ancora stata avviata. Però, pare quasi certo che basterà aspettare solo fino al 2019.

 

 

[#MarvelNews] Disney Play, in arrivo la serie tv su Soldato d’Inverno e Falcon

Sorprese in casa Marvel: in lavorazione una serie tv su Soldato d’Inverno e Falcon.

Marvel in fermento: Variety ha rivelato in esclusiva in queste ore che la Disney avrebbe avviato la lavorazione di una serie live action dedicata a Soldato d’Inverno e Falcon. La serie tv è destinata alla nuova piattaforma streaming della casa di produzione di Topolino, il cui debutto è previsto per il prossimo anno.

IL RITORNO DEGLI ATTORI ORIGINALI

La vera chicca è che i protagonisti saranno interpretati dagli attori originali, Sebastian Stan e Anthony Mackie che indosseranno nuovamente i panni di Bucky Barnes e Sam Wilson. Lo show entra a far parte del Marvel Cinematic Universe: la produzione è infatti targata Marvel Studios e non Marvel Tv. Gli episodi previsti sono otto e pare che la sceneggiatura sia stata affidata a Malcom Spellman, già sceneggiatore di Empire.

CONTINUITY CON LE PELLICOLE?

Sicuramente è una notizia che farà felici molti fan di questi supereroi, ma resta da capire dove, come e quando si svolgeranno le storie e in che modo saranno legate alle vicende delle pellicole, soprattutto in attesa di scoprire cosa succederà dopo Infinity War. Quel che è quasi certo, però, è che Kevin Feige, produttore e presidente dei Marvel Studios, sarà direttamente coinvolto nella realizzazione del progetto.

 

SERIE TV ANCHE PER LOKI E SCARLET WITCH

La serie live action su Soldato d’Inverno e Falcon, si aggiunge alle miniserie televisive dedicate a Loki e Scarlet Witch, entrambe interpretate dagli attori originali. Gli show con protagonisti Tom Hiddleston ed Elizabeth Olsen dovrebbero essere in continuity con i film. Non sono previste partecipazioni di altri membri degli Avengers in queste prime produzioni. È assodato che l’intenzione della Disney sia quella di realizzare in futuro nuove miniserie incentrate su altri personaggi secondari del Marvel Cinematic Universe.

In attesa di ulteriori notizie e di poter vedere queste serie sulla nuova piattaforma Disney, non resta che iniziare una mega maratona Marvel prima dell’uscita nei cinema del nuovo film sugli Avengers.

Importante riconoscimento per il giovane compositore calabrese Tommaso Greco

È Tommaso Greco, giovane compositore calabrese, il vincitore dell’importante concorso indetto dalla fondazione I Pomeriggi musicali.

Nato a Cosenza e formatosi artisticamente presso il Conservatorio di Musica Stanislao Giacomantonio della città bruzia, Tommaso Greco ha conseguito, lo scorso anno, la laurea in composizione, con il massimo dei voti, sotto la guida del Maestro Vincenzo Palermo, suo mentore.

Attualmente impegnato nel perfezionamento dei suoi studi, Tommaso Greco, più volte edito dall’etichetta Preludio music, ha già all’attivo la produzione di opere da camera. È infatti co-autore del dramma lirico in un atto Molly degli aviatori e autore di La Rosa e l’Apprendista. Inoltre, ha all’attivo svariati riconoscimenti: il Concorso giovani musicisti città di Paola – Premio S. Francesco e il Premio Mnemosyne 2016. Numerose le sue esecuzioni, tra cui quelle al Festival Utricanti di Bari, lo stage internazionale del sassofono di Fermo e al Festival delle Serre di Cerisano.

Degne di nota, inoltre, le collaborazioni con l’Orchestra italiana di arpe del M° Albarosa Di Lieto, la Sax Orchestra diretta dal Maestro P. Trampetti e con il pianista e compositore Rodolfo Saraco. Collaborazioni, queste, che hanno permesso alla musica di Tommaso Greco di valicare anche i confini nazionali.

fonte: Classica Viva

A conferma del suo valore, giunge adesso l’ambito primo premio del concorso nazionale di composizione indetto dalla celebre fondazione I Pomeriggi musicali. La giuria, composta da importanti nomi della musica contemporanea, ha così giudicato l’opera del calabrese come la migliore fra le diverse composizioni per orchestra prevenute e ispirate al tema “Leonardo da Vinci e il Rinascimento italiano”. In palio, l’esecuzione del brano nella Stagione Sinfonica 2018-2019 della storica orchestra milanese I Pomeriggi Musicali. Il concerto, all’interno della splendida cornice del Teatro Dal Verme di Milano, sarà trasmesso su Rai Radio 3.