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Far west a Lamezia, una vittima e un bambino ferito

LAMEZIA TERME – Grave episodio di cronaca a Lamezia Terme, nel quartiere Sambiase. Un uomo, Francesco Berlingieri, è stato ucciso in Piazza Fiorentino, a colpi di pistola. Nella dinamica dei fatti è rimasto ferito anche un bambino di otto anni, nipote della vittima, raggiunto da un proiettile ad una gamba. Le sue condizioni per fortuna non sono gravi. Il piccolo è stato soccorso dal personale del 118 e trasportato in ospedale. Berlingieri,  di etnia rom residente da tempo a Lamezia Terme, si trovava davanti al suo negozio di frutta quando è stato investito da una raffica di colpi d’arma da fuoco. Per lui non c’è stato nulla da fare . Sul posto sono intervenuti polizia e carabinieri che hanno avviato le indagini.

Venticinque anni di appalti truccati dalle cosche

COSENZA – Dal cosentino al reggino, gli appalti pubblici finivano regolarmente nelle mani di un “cartello” di imprenditori sostenuti dalle cosche della ‘ndrangheta. Un meccanismo “perfetto”, come l’hanno definito gli inquirenti, ma che è stato ugualmente smantellato grazie alle indagini del Gico del Nucleo di polizia tributaria di Reggio Calabria e dal Nucleo di polizia tributaria di Cosenza della Guardia di finanza ed al coordinamento delle Procure antimafia di Reggio e Catanzaro. Si è giunti così al fermo di 35 persone, tra cui 27 imprenditori – alcuni molto noti nel panorama imprenditoriale calabrese – di un funzionario dell’Anas e di due tecnici del Comune di Gioia Tauro, con accuse pesantissime: associazione mafiosa, concorso esterno, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico. Contestualmente i finanzieri hanno eseguito, tra Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana, il sequestro di 54 imprese. Nel reggino, l’operazione “Cumbertazione” – termine dialettale utilizzato per indicare un’associazione “chiusa” – avrebbe evidenziato il diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà, che, secondo l’accusa, ha costituito e consolidato nel settore degli appalti pubblici una posizione di assoluto predominio sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli e riuscendo a turbare almeno 27 gare per 90 milioni. Il modus operandi – posto in essere anche grazie a funzionari di stazioni appaltanti corrotti ed a professionisti collusi – avrebbe consentito di alterare il regolare svolgimento delle gare, con la costituzione di un cartello di oltre 60 società che, presentando offerte concordate in precedenza, è stato in grado di fare aggiudicare gli appalti all’impresa prescelta. Accanto al nucleo della famiglia Bagalà si sono collocate poi una serie di ditte compiacenti con sede in Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito ad una di esse l’aggiudicazione. L’accordo prevedeva anche che le stesse imprese si prestassero a partecipare fittiziamente alle gare per conto dell’organizzazione, ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo. Un sistema, come ha detto, intercettato, uno dei Bagalà, «per cui tutti sono contenti». E per non creare problemi, alle cosche “competenti” per territorio andava la tradizionale “tassa ambientale” del 3%. Nel cosentino, invece, una fitta rete di rapporti finanziari ed economici avrebbe legato il gruppo imprenditoriale Barbieri con i boss del clan “Muto” operante sulla costa dell’alto Tirreno, di quello cosentino Lanzino-Ruà-Patitucci e dei Piromalli. Grazie a questi intrecci, 10 aziende riconducibili allo stesso imprenditore sarebbero riuscite ad aggiudicarsi i più importanti appalti nella provincia di Cosenza nel triennio 2013/2015 per un valore di 100 milioni derivanti non solo dalla costruzione, ma anche dalla gestione venticinquennale (da qui il nome dell’operazione “cinque lustri”) dei servizi. Tra queste la riqualificazione di piazza Bilotti a Cosenza – inaugurata nelle scorse settimane – con un parcheggio interrato e gestione per 28 anni del parcheggio multipiano; una sciovia a Lorica e la riqualificazione dell’aviosuperficie di Scalea.

‘ndrangheta, pm Dda: «Meccanismo per escludere concorrenza»

REGGIO CALABRIA – «Un perfetto meccanismo teso ad escludere ogni altra impresa fuori dagli “accordi” falsando così ogni regola di mercato»: così i magistrati di Reggio Calabria e Catanzaro hanno definito il sistema emerso dalle inchieste condotte dalla Guardia di finanza di Reggio e Cosenza nelle operazioni “Cumbertazione” e “Cinque lustri”, confluite stamani nel provvedimento di fermo a carico di 25 persone tra le quali personaggi anche molto noti nel mondo dell’imprenditoria, che avevano istituito un “cartello” invincibile per acquisire, secondo l’accusa, appalti e commesse pubbliche in Calabria e anche su altre zone del Paese. A illustrare i particolari dell’operazione sono stati i capi delle due Procure, Federico Cafiero de Raho e Nicola Gratteri, coadiuvati dagli aggiunti Gaetano Paci e Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri. «E’ il risultato – ha detto Cafiero de Raho – di una forte sinergie tra le Procure di Reggio e Catanzaro, che ha permesso, sul versante reggino, di individuare le responsabilità del gruppo Bagalà, appoggiato dal clan Piromalli, presente come impresa ad ogni gara d’appalto, come dimostrato in numerosi lavori programmati dal comune di Gioia Tauro, tant’è che due dei fermi riguardano proprio due tecnici di quel comune. Oltre alle offerte di gara concordate abbiamo riscontrato evidenti episodi di frode nelle pubbliche forniture e nel’esecuzione dei lavori». Per Nicola Gratteri, «le inchieste sono certificate da attente valutazioni e fonti di prova caratterizzate da una forte azione comune con la Procura di Reggio Calabria. Tutto ciò è stato possibile grazie alla tenacia della Guardia di finanza e del suo comandante regionale, che in Calabria ha messo a disposizione della magistratura autentiche elite di intelligence». Tra le opere al centro delle indagini dalla Dda di Catanzaro, anche la realizzazione di Piazza Bilotti a Cosenza ed il relativo parcheggio, l’aviosuperficie di Scalea ed una sciovia a Lorica, realizzate dall’impresa Barbieri. «Opere – ha sottolineato Gratteri – costruite da una medesima impresa legata apertamente e protetta dal clan Muto di Cetraro». Secondo quanto riferito dagli inquirenti in conferenza stampa, la realizzazione e l’esercizio per i successivi 25 anni del parcheggio di Piazza Bilotti avrebbe fruttato alle cosche quasi 80 milioni di euro di proventi. Tra le imprese sottoposte a decreto preventivo, figura anche la St Glo’bal, con sede legale in piazza Euclide a Roma e sede operativa a Varapodio.

Processo Aemilia, inammissibili porte chiuse

BOLOGNA – Il tribunale di Reggio Emilia ha respinto, dichiarandola inammissibile, l’istanza di un gruppo di detenuti imputati del processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’ per far celebrare il dibattimento a porte chiuse. Nella richiesta, letta nella precedente udienza da Sergio Bolognino, ritenuto dalla Dda di Bologna uno dei capi dell’associazione a delinquere di tipo mafioso contestata, si faceva riferimento a un «linciaggio mediatico” e a una “distorsione dei fatti processuali da parte dei media». Il collegio, presieduto da Francesco Caruso, ha motivato il rigetto con sette pagine di ordinanza, ricca di riferimenti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Vibo Valentia, intimidazioni al segretario di Fratelli d’Italia

VIBO VALENTIA – Fausto De Angelis, segretario provinciale di Vibo Valentia di Fratelli d’Italia e titolare di una ditta di arredamenti è stato vittima di un atto intimidatorio. La notte scorsa il furgone di De Angelis è stato incendiato. L’uomo è già stato oggetto di atti intimidatori negli anni passati: due anni fa aveva ricevuto alcuni bossoli e lo scorso anno aveva trovato una testa di capretto sul cofano dell’auto insieme a delle cartucce. De Angelis è segretario di Fdi da poco più di un anno ed è stato candidato alle europee ed alle regionali. «Non so quale possa essere il movente – ha detto – ma escluderei quello politico. L’unica mia colpa è quella di voler dare una mano a questo territorio, creare posti di lavoro e aiutare le persone e far conoscere il vibonese sotto una veste positiva. Io e la mia famiglia abbiamo sempre avuto questo obiettivo, ma episodi come questo rischiano di farti passare la voglia di restare».

(immagine di repertorio)

Rocca di Neto, sequestrata cava abusiva

ROCCA DI NETO (KR) – I carabinieri forestali del Gruppo di Crotone, nel corso un servizio di controllo del territorio, hanno individuato e sequestrato una cava abusiva ai margini della statale 107, nel territorio del comune di Rocca di Neto. Il terreno sul quale era stata realizzata la cava si trova in prossimità del greto del fiume Neto e rientra nella Zona di protezione speciale “Alto Marchesato e fiume Neto”. L’area è stata sequestrata per impedire il proseguimento ulteriore dell’attività. Il presunto responsabile dell’attività illecita è stato identificato e denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Crotone. Si tratta di un imprenditore di Rocca di Neto già denunciato in passato, secondo quanto riferito dagli investigatori, per reati analoghi.

(immagine di repertorio)

Trovato in possesso di droga, ventenne arrestato

GERACE ( REGGIO CALABRIA) – I carabinieri di Bovalino hanno arrestato e posto ai domiciliari Alessandro Robortella, di 23 anni, di Gerace, già noto alle forze dell’ordine, colto in flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Il giovane, nel corso di una perquisizione veicolare e personale, è stato trovato in possesso di oltre 25 grammi di marijuana suddivisa in 7 involucri, un incarto contenente alcuni grammi di cocaina, un bilancino di precisione e 380 euro in banconote di vario taglio, tutte nascoste in un vano per l’alloggiamento dei fusibili posto sul lato guida della sua autovettura. Nel corso di una successiva perquisizione nella sua abitazione, i carabinieri hanno poi trovato altri 110 grammi di marijuana.

Truffe all’Unione Europea, 11 rinvii a giudizio

VIBO VALENTIA – Nel corso di un’attività di controllo, svolta dalla Sezione operativa navale dei finanzieri di Crotone, in merito ai finanziamenti europei, un’azienda e 11 imprenditori sono stati rinviati a giudizio per truffa: sequestrati beni per un valore di oltre 400 mila euro. L’indagine è partita nel 2015 su tutto il territorio regionale e riguarda la corretta percezione dei fondi pubblici provenienti dall’Unione Europea e dallo Stato per il rilancio e il sostentamento delle imprese. Dagli accertamenti è emerso che alcuni imprenditori presentavano alla Regione Calabria delle false fatture con il fine di ottenere dei rimborsi.

Prova la fuga dopo la condanna, arrestato

TORINO – Un uomo di 58 anni, condannato ad una pena di 9 anni e mezzo di carcere per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ha tentato la fuga per evitare l’ordine di carcerazione emesso dagli organi competetenti. Salvatore Trimboli è stato individuato dagli uomini della Polizia mentre, con un’autovettura, tentava la fuga: secondo le indagini, Trimboli è considerato un trafficante vicino agli ambienti della cosca calabrese Cua Rizieri.

A seguito di una lunga attività investigativa, gli agenti delle Squadre mobili di Alessandria e Torino sono riusciti a fermare il 58enne che si era allontanato dalla propria dimora dal 17 gennaio; lo stesso giorno in cui la Cassazione si era pronunciata sul ricorso contro la sentenza di condanna. Salvatore Trimboli è il fratello del collaboratore di giustizia Domenico Trimboli che ha avuto uno stretto rapporto con alcuni narcotrafficanti della Colombia.