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[#NerdReview] Call of Cthulhu: le prime impressioni sul gioco

Call of Cthulhu è stato finalmente rilasciato e qui di seguito ecco le prime impressioni.

Approcciandosi a Call of Cthulhu della Cyanide bisogna tenere ben presente un concetto fondamentale: si tratta di un’opera ispirata e motivata dal gioco di ruolo cartaceo omonimo, Il richiamo di Cthulhu della Chaosium, e non agli originali racconti di H. P. Lovecraft.

Come il precedente Call of Cthulhu: Dark Corners of Earth (2006), questo videogioco non intende trasporre sui nostri PC e sulle nostre console le atmosfere della narrativa dell’autore di Providence, bensì tutto ciò che da essa è stato derivato nella costruzione dei manuali dell’ormai celeberrimo GDR.

UN GIOCO LOVECRAFTIANO?

Questa nota, che potrebbe sembrare superflua, è in realtà basilare. Infatti sarebbe sbagliato valutare Call of Cthulhu immaginandolo quale tentativo di riproporre genuinamente le situazioni dei racconti di Lovecraft, poiché sin dall’inizio si configura come qualcosa di molto più pulp e legato alle atmosfere investigative e avventurose care ai giocatori di ruolo. I “puristi” non dovranno quindi farsi trarre in inganno: questo è un videogioco che vuole trattare atmosfere vagamente lovecraftiane, senza rinunciare a scazzottate, mostri tentacolari e sparatorie tra moli fumosi.

LA TRAMA

Appurato ciò, e con la mente sgombra da ogni pregiudizio, si può procedere a immergersi nelle ambientazioni del gioco e a seguire le peripezie di Pierce, un investigatore privato ingaggiato per indagare sulla morte dell’artista Sarah Hawkins e della sua famiglia, avvenuta sulla misteriosa isola di Darkwater. Da questo presupposto si calerà velocemente tra morbose relazioni familiari, oscuri culti nascosti e disperate manifestazioni di follia, in un crescendo che trascinerà il nostro investigatore da fradicie vie cittadine a grotte nascoste e manicomi malsani.

La storia scorre abbastanza velocemente, in circa sei o sette ore di gioco si dipana interamente conducendoci allo svelamento del mistero finale. Purtroppo però i vari colpi di scena si rivelano sin da subito abbastanza prevedibili, proprio a causa delle premesse stesse del gioco: è fin troppo facile immaginare che dietro la scomparsa della Hawkins si celino congreghe minacciose e poteri soprannaturali, così come è del tutto legittimo attendersi che il protagonista vada incontro a un processo di degradazione mentale sempre più repentino.

BUONE IDEE O CLICHÉ?

Call of Cthulhu, presentandosi come interpretazione videoludica del gioco di ruolo, mette subito in campo le carte senza neanche la pretesa di scoprirle pian piano: il gusto dell’esperienza dovrebbe risiedere proprio nel fatto che andiamo incontro a ciò che ci aspettiamo, gustando ciò che gli sviluppatori hanno messo a puntino per noi. Purtroppo però, a parte alcune buone idee*, i cliché si susseguono l’uno dopo l’altro, cedendo il passo non ad un’aspettativa appagata, ma piuttosto ad un senso di noia e di vuota riproposizione dei soliti scenari soprannaturali.

La trama in sé, poi, si fonda su due filoni principali, uno dei quali** si rivela in buona sostanza inutile, quasi fosse un filler per allungare una narrazione altrimenti troppo breve. È un peccato, perché il dipanarsi del disegno della trama è gestito abbastanza bene, concedendo al giocatore poche informazioni alla volta, perlopiù tramite allusioni durante i dialoghi o tramite descrizioni di oggetti rinvenuti nei vari scenari del gioco.

Questa narrazione così cauta è in qualche modo scombussolata dalle sezioni più oniriche: si avverte nettamente l’attrito tra l’andamento investigativo della vicenda principale e l’irruzione di vari sconvolgimenti*** che fanno cadere del tutto la sospensione dell’incredulità su cui titoli quali Call of Cthulhu si poggiano. Si può forse ritenere che lo stravolgimento delle posizioni dei personaggi possa essere lovecraftiano, ma squassare continuamente i punti fermi di una storia (senza peraltro riuscire a risolverli neanche nei vari finali alternativi) rischia di suscitare più confusione che orrore cosmico.

 UNA COMPONENTE DA GDR

A tale proposito, l’immersione nell’avventura è attenuata anche dalla componente da GDR inserita dagli sviluppatori. Tralasciando la presenza di alcune caratteristiche del personaggio che si rivelano inutili o quasi nel corso dell’avventura (“Forza”, ad esempio, può essere usata pochissime volte), in generale la sensazione di personalizzazione di Pierce è davvero ridotta, anche a causa dell’impatto relativo (o nullo) che si ha sulla trama del gioco: ci vengono proposte molte varianti nei dialoghi, ma le varianti conducono quasi sempre agli stessi sviluppi e la sensazione lasciata nel giocatore è quella di essere un semplice spettatore cui viene chiesto di dare un contributo minimo, per essere poi ricondotto su binari prestabiliti.

In effetti l’intero gameplay si regge su questo assunto restrittivo. L’investigazione consiste perlopiù nel raggiungere i vari indizi, chiaramente evidenziati dall’interfaccia, e sentire cosa ha da dire Pierce su di essi. Gli enigmi presenti sarebbero anche piacevoli, ma sono facili e davvero troppo pochi per un’avventura che si presenta così legata al mistero e allo sforzo d’indagine. Le sezioni stealth, che così palesemente si rifanno ad Amnesia: The Dark Descent, non riescono a riproporre lo stesso senso di brivido di quel gioco e si rivelano in taluni casi frustranti****.

In questo clima, in cui l’attività di gioco vero e proprio è affrontata in modo superficiale, gli sviluppatori hanno voluto inserire delle sezioni finali più vicine a dinamiche da FPS che stonano totalmente e che per di più sono realizzate in modo grossolano (la pistola di Pierce è uno degli oggetti più lovecraftiani del gioco: non si capisce quante munizioni abbia, perché lui la tenga in modo così legnoso, che razza di rinculo abbia ecc.). Addirittura la meccanica della sanità mentale – che dovrebbe essere cara ai giocatori della controparte cartacea del gioco – risulta appena abbozzata, e la sua influenza sul gioco è minima a causa della limitatezza delle situazioni nelle quali è presente (davvero poche, e sempre risolvibili con un “pilotato” allontanarsi da certe zone o stranezze); anche qui siamo distanti da Amnesia, nel quale l’incombere della follia e del panico è una preoccupazione costante del giocatore.

LA GRAFICA

In effetti può sembrare che il gioco soffra di una realizzazione affrettata e approssimata, forse a causa di tagli di budget o di deadline accorciate. La grafica, che pure ha dei punti di forza come la bella gestione delle luci, è ad un livello certo inferiore alle media per questo tipo di titoli e non brilla neanche nel design. Indice di ciò è il continuo passaggio da cutscene con la grafica di gioco ad altre realizzate in CGI, con delle transizioni fastidiosissime da vedere e che contribuiscono anch’esse a distruggere l’immersività del titolo (poiché anticipano, seppure indirettamente, la fine o l’inizio di una sezione di gioco, comprese quelle stealth).

CONCLUSIONI

In definitiva Call of Cthulhu è un titolo realizzato per gli appassionati dell’omonimo GDR (ripetiamo: probabilmente ad un purista dei racconti di Lovecraft NON piacerebbe), e se lo si gioca da appassionati si può sorvolare sopra le evidenti pecche del titolo. Giungere alla fine dell’esperienza non sarà difficile né gravoso, e lascerà sicuramente la voglia di iniziare una nuova avventura sul GDR cartaceo o magari anche di riprendere qualche storia dell’autore di Providence. Difficile, invece, che possa venire voglia di rigiocare di nuovo lo stesso Call of Cthulhu: ciò che ha da offrire è troppo evidente e semplice, e nonostante il suo addentrarsi in cunicoli, templi dimenticati e cantine occulte, si può presentare solo come un dipinto piatto e già visto. Può affascinare per poco tempo, magari lasciare qualche ricordo piacevole, ma niente più di questo e forse alla Cyanide non avevano la pretesa di fare di più.

Resta però il senso di delusione per un gioco che poteva, con un po’ più di cura e di attenzione formale, rivelarsi un gioiellino; segno che purtroppo non basta la passione per produrre un’opera in grado di catturare e di lasciare il segno.

 

Francesco Corigliano

SPOILER ALERT:

*la storia della nave Scylla e della sua caccia “miracolosa”

**quello legato alla misteriosa creatura nel dipinto

***persone che ritornano in vita e che non ricordano cosa gli è successo, personaggi che si credevano morti da tempo e che in realtà non lo erano, decisioni quantomeno avventate da parte di personaggi secondari ecc.

****specialmente quella col suddetto mostro del quadro

 

 

 

 

 

E’ morto Stan Lee, il mondo del fumetto piange il suo supereroe

E’ di pochissimi minuti fa la notizia della morte di Stan Lee, padre dei supereroi di casa Marvel.

A renderlo noto la rivista TMZ, che ha ricevuto la notizia direttamente dalla figlia di Lee. Scrittore, editor e produttore televisivo, negli ultimi tempi aveva accusato numerosi problemi di salute. Stan Lee si è spento all’età di 95 anni.

Miriam Caruso

Lucca Comics and Games 2018, la fiera dei Record e del #MadeinItaly

Da pochissimi giorni si è conclusa la 52esima edizione del Lucca Comics and Games, la fiera più grande d’Europa che quest’anno ha aperto le sue porte al #MadeinItaly.

Con 251 mila biglietti venduti, superando il dato di vendita del 2017, e una percentuale di visite di non paganti che ne fa lievitare il numero, la fiera del fumetto lucchese non lascia spazio a dubbi, confermando la grandissima attrattiva che esercita su curiosi e appassionati, offrendo un’esperienza a 360° nel mondo della cultura pop. Un’edizione da record in tutti i sensi, con la vittoria del Guinnes World Record di Claudio Sciarrone, che ha disegnato la striscia a fumetti più lunga del mondo, omaggiando i 90 anni di Topolino: 60 chili in 297,50 metri di storia concepita in tre giorni di lavoro in solitaria.

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2000 eventi, 700 espositori e 102 location, i numeri sono quelli che hanno portato la nostra redazione a correre più in fretta possibile per la città, incontrando ospiti e aree tematiche suggestive, con la cortesia che ogni anno riserva lo staff a migliaia di visitatori.

Il primo giorno, si sono tenuti due eventi speciali a nostro avviso, rafforzati dall’adrenalina di inizio fiera: è stata presentata la pubblicazione La rosa d’argento, che raccoglie 10 puntate del Commisario Mascherpa, avventure contenute all’interno del mensile della Polizia di Stato Poliziamoderna. All’evento, oltre agli autori Luca Scornaienchi e Luca Raimondo, è intervenuto anche Nicola Gratteri, che ha sottolineato l’importanza di incentivare la cultura sulla Legalità.

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Altro evento che ci ha interessato è stato assistere alla nascita di Nothing to Say, Niente da Dire, il nuovo portale culturale presentato da Daniele Daccò (Il Rinoceronte), Alessandra Zanetti (Furibionda), Simone Ruffolo e Monica Fumagalli (Onigiri Calibro 38). Daniele Daccò ha, inoltre, presentato le sue nuove pubblicazioni in anteprima a Lucca: Il barbaro grigio (libro game) e Nerd senza macchia (opera dedicata a un pubblico più giovane).

Tra gli stand abbiamo incontrato i volti che hanno dato voci alle nostre interviste ed eventi, come Lorenza Di Sepio col suo nuovo albo Procrastination. Per questa edizione, l’autrice è stata presente in fiera con uno stand dedicato e tantissimi fan ad attenderla.

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Poi ancora Dick and Cok, il duo composto da Carlo Cid Lauro e Roberto Megna, che non ci hanno deluso con la loro nuova uscita Space Mess. 

Continuando il nostro giro, abbiamo incontrato Zerocalcare, Leo Ortolani (autore di Ratman e il nuovo albo Cinzia), Simona Simone (autrice di Madre), Sio, Roberto Recchioni (fumettista e curatore di Dylan Dog per Sergio Bonelli Editore), Daniel Cuello, gli amici di Noise Press, Paul Izzo (Francesco Polizzo, autore di Ernest Egg) e tantissimi altri.

La lista è davvero infinita.

Per quanto riguarda il mondo del videogames, gli appassionati del settore hanno avuto la loro dose di novità e grandi incontri, con la presenza di Shinji Hashimoto, produttore esecutivo di Kingdom Hearts III, le aree dedicate a Nintendo e le novità Pokémon e il padiglione dedicato agli eSports.

Poi ancora, le aree dedicate a Narcos con gli ospiti della nuova serie Mexico, Game of Thrones, l’anteprima del nuovo film di JJ Abrams Overlord (da oggi nelle sale) e la partecipazione di Nicholas Brendon, per creare un po’ di nostalgia negli amanti della serie anni ’90 Buffy.

In cima alle mura, i larper e i cosplayer hanno trovato il loro regno, con padiglioni ricchi di merchandising specializzato e raduni, tra cui la passeggiata delle lanterne tenutasi sabato 3 e organizzata da Victorian Steampunk Lombardia e Steampunk Nord-Est: tantissimi steampunkers con lanterne luminose, ingranaggi e cilindri hanno reso suggestivo il panorama del Lucca Comics e Games 2018.

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Infine, una menzione anche alla bellissima area dedicata al Sol Levante, Japan Town, con eventi e oggettistica originale, che porta quel profumo di esotico che tanto adoriamo.

Un’edizione che si conferma come stella polare per i nerd italiani. La direzione da seguire e celebrare ogni anno, tra cosplayer e appassionati di questa cultura, in un unico e magico luogo, cinto da alte mura. Il Lucca Comics and Games. 

Arrivederci alla prossima edizione 2019!

 

Miriam Caruso

 

[#NerdNews] In lavorazione il film di Breaking Bad

Breaking Bad… in arrivo il film!

La serie tv targata AMC si è conclusa ormai cinque anni fa. Nonostante le gesta di Walter White in BREAKING BAD avessero avuto una giusta fine, i fan non hanno mai smesso di sperare.

La notizia è di appena qualche ora fa. The Hollywood Reporter ha rivelato che Vince Gilligan sta ufficialmente lavorando alla trasposizione cinematografica della serie cult. Al momento non si sa ancora quale sarà il canale di diffusione della pellicola, ma potrebbe trattarsi di un film per la tv trasmesso sul canale AMC. Tuttavia, la speranza è di poter vedere al cinema nuove vicende dell’universo di Breaking Bad.

PREQUEL O SEQUEL?

Le notizie trapelate non rivelano in che tempo sarà ambientata la storia. Potrebbe trattarsi di un prequel come Better Call Saul oppure il film potrebbe riprendere quanto accaduto alla fine della quinta stagione. Gli unici dettagli riguardano le riprese del lungometraggio, che si svolgeranno ad Albuquerque in New Mexico sotto il nome di produzione Greenbrier. La prima bozza della trama, secondo la fonte, sarebbe la seguente:

La fuga di un ragazzo rapito e la sua lotta per la libertà“.

TORNERANNO WALTER E JESS?

Poche righe che non dicono molto su quello che vedremo. Eppure, non pensereste tutti a Jesse Pinkman e alla sua fuga dopo quell’urlo liberatorio? Bryan Cranston e Aaron Paul potrebbero quindi tornare a vestire i panni dei loro iconici personaggi. Al momento, però, la loro presenza non è stata confermata. D’altra parte, il series finale era terminato con la (a questo punto presunta) morte di Walter White. Che si tratti di un prequel o meno, quel che è certo è che il creatore del franchise di Breaking Bad avrebbe raggiunto con Sony Tv un accordo pari a circa 50 milioni di dollari per la realizzazione della pellicola.

 

Sarà lo stesso creatore Vince Gilligan a occuparsi della sceneggiatura. Tra i produttori esecutivi, oltre allo stesso, figurano Mark Johnson e Melissa Bernstein (già coinvolti nelle due serie dell’universo di Breaking Bad).

In attesa di ulteriori sviluppi sul fim, non resta che iniziare un rewatch della serie.

[#NerdNews] Ewan McGregor sarà Black Mask in Birds of Prey

Birds of Prey: Ewan McGregor si unisce al cast.

L’attore e regista scozzese Ewan McGregor sarà tra i protagonisti della nuova pellicola targata DC e interpreterà Black Mask, uno dei villain dell’uomo pipistrello. Che i grandi nomi di Birds of Prey possano rilanciare il futuro cinematografico della casa di produzione dopo gli ultimi flop?

A dare la notizia è Variety, che aveva già riportato rumors secondo i quali la Warner Bros. da tempo corteggiava l’attore di Trainspotting perchè portasse sugli schermi il ruolo. Nessuna certezza nell’aria a quel tempo, nè c’erano stati incontri, ma solo il desiderio degli studios di lavorare ancora con un professionista del suo calibro. McGregor infatti sarà il protagonista dell’atteso sequel di Shining, Doctor Sleep, in cui interpreterà un Danny Torrance un po’ più avanti negli anni.

CHI è BLACK MASK?

Secondo i pochi dettagli trapelati, Ewan McGregor interpreterà il villain della pellicola e il suo sarà un ruolo piuttosto centrale. BLACK MASK (o qui in Italia anche Maschera Nera), creato da Doug Moench e Tom Mandrake, è il più potente boss malavitoso di Gotham City. Acerrimo nemico di Batman, tanto da essere considerato per un periodo la sua nemesi, fece la sua comparsa nel 1985, sul numero 386 del fumetto dedicato a Bruce Wayne. Due i volti di Black Mask. Il primo Roman Sionis, odiatore della famiglia Wayne e amante delle maschere tanto da crearne una nera con l’ebano della bara del padre. Il secondo è Jeremiah Arkham, direttore del manicomio criminale Arkham Asylum, che prende il posto di Sionis quando questi è ucciso da Catwoman.

POSSIBILE SINOSSI

Il lungometraggio è il primo cinecomic al quale McGregor prenda parte. Ma non è la prima volta che l’attore presta il suo volto a un grande franchise. Ricordiamo tutti con affetto il suo Obi-Wan Kenobi nella trilogia prequel di Star Wars. Non si sa ancora molto riguardo la trama della pellicola, ma pare che la sinossi possa essere a grandi linee la seguente:

Dopo aver rotto con il Joker, Harley Quinn e altre tre eroine – Black Canary, Huntress e Renee Montoya – si uniscono per salvare la vita di una bambina (Cassandra Cain) da un malvagio signore del crimine.

UN CAST AL FEMMINILE

 

Tra gli altri nomi dello spin-off al femminile di Suicide Squad diretto da Cathy Yan, ricordiamo Margot Robbie, che tornerà a vestire i panni di Harley Quinn, Jurnee Smollet-Bell che sarà Black Canary, Mary Elizabeth Winstead come Huntress/Cacciatrice e Rosie Perez che interpreterà Renee Montoya.

UNA DC FINALMENTE DARK

A dirigere la pellicola sarà la regista Cathy Yan che ha dichiarato a Deadline:

[La sceneggiatura] Aveva così tanto umorismo nero come i miei precedenti lavori, e ci sono temi come l’emancipazione femminile che sono così forti e in cui è facile identificarsi. Quindi sono entrata nel progetto, non con confidenza, ma almeno con una sensazione che io meritassi di essere in quella stanza.”

Come ufficialmente confermato, Birds of Prey uscirà nelle sale statunitensi con il rating r. Si tratta del divieto di visione ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti. Ciò lascia pensare che la pellicola raggiungerà picchi di violenza e tinte oscure che nei recenti cinefumetti targati DC sono stati abbandonati in favore di un umorismo alla Marvel.

Il film è atteso nelle sale per il febbraio del 2020. Basterà un grande nome come quello di Ewan McGregor a riscattare l’Universo Cinematografico DC?

 

 

[#NerdNews] Penny Dreadful: City of Angels, cosa sappiamo sullo spin-off

Lo spin-off di Penny Dreadful si farà.

L’emittente televisiva americana Showtime ha confermato le voci che si rincorrevano da alcuni giorni. L’amata serie tv horror è stata rinnovata per un’altra stagione. La storia e l’ambientazione, però, saranno del tutto nuove.

Penny Dreadful è uno show ispirato al fumetto di Alan Moore, La lega degli Straordinari Gentlemen, che intreccia le origini di famosi personaggi della letteratura horror, alienati nella gotica Londra vittoriana. Sono passati ormai due anni da quando l’iconico show è stato cancellato, con immenso disappunto dei fan da tutto il mondo. Finalmente, però, le richieste per un’altra stagione sono state accontentate. L’emittente Showtime ha infatti avviato la produzione di altri episodi, che assumono le vesti di spin-off e sequel. Il titolo annunciato è quello di PENNY DREADFUL: CITY OF ANGELS. Come facilmente intuibile, la nuova ambientazione sarà la città di Los Angeles. Le nuove dinamiche saranno calate in un arco temporale successivo a quello della serie madre. Ci troveremo infatti negli anni Trenta, precisamente il 1938.

 

CITY OF ANGELS: COSA SAPPIAMO

Dettagli circa Penny Dreadful: City of Angels non sono ancora stati rivelati, ma un’idea su quello che vedremo è possibile. I canali ufficiali della serie hanno infatti diffuso il primissimo teaser poster. L’immagine richiama alla mente l’immaginario legato alla divinità messicana della Santa Muerte. Scommettiamo che non sarà un caso che l’annuncio sia arrivato proprio a ridosso dei dias de los muertos. Dunque,  il nuovo capitolo sarà ambientanto in un periodo fortemente condizionato da tensioni sociali e dall’emergere di elementi del folklore messicano. Secondo le prime ipotesi, le dinamiche riguarderanno personaggi e fatti reali e componenti soprannaturali, dando vita a una nuova mitologia orrorifica. Centrale e causa di dilemmi morali il conflitto tra personaggi legati alla divinità della Santa Muerte e altri alleati col demonio.

CONTINUITY CON LA SERIE MADRE?

A produrre e sceneggiare Peny Dreadful: City of Angels tornerà John Logan, già creatore della serie madre. Questi lavorerà al nuovo progetto assieme a Michael Aguilar, produttore esecutivo di Constantine. Lo stesso Logan ha rilasciato un comunicato, riportato la TvLine in cui afferma:

Penny Dreadful: City of Angels avrà una coscienza sociale e una consapevolezza storica che abbiamo scelto di non esplorare nelle trame londinesi di Penny Dreadful. Saremo alle prese con specifiche questioni politiche, religiose, sociali e razziali del mondo storico e reale. Nel 1938 Los Angeles si stava ponendo alcune domande difficili sul suo futuro e sulla sua anima. I nostri personaggi dovranno fare lo stesso. Non ci sono risposte semplici. Ci sono solo domande potenti e arresti di sfide morali. Come sempre nel mondo di Penny Dreadful, non ci sono eroi o criminali, solo protagonisti e antagonisti, personaggi complicati e conflittuali che vivono sul fulcro della scelta morale.

IL CAST

I personaggi saranno nuovi e non ci sono ancora notizie riguardo a possibili membri del cast. Così come non è escluso che attori della serie originale possano tornare e prestare il loro volto ad altri protagonisti, un po’ come accade in American Horror Story.

Per quanto riguarda la messa in onda non esistono ancora notizie certe, la stessa produzione non è ancora stata avviata. Però, pare quasi certo che basterà aspettare solo fino al 2019.

 

 

[#MarvelNews] Disney Play, in arrivo la serie tv su Soldato d’Inverno e Falcon

Sorprese in casa Marvel: in lavorazione una serie tv su Soldato d’Inverno e Falcon.

Marvel in fermento: Variety ha rivelato in esclusiva in queste ore che la Disney avrebbe avviato la lavorazione di una serie live action dedicata a Soldato d’Inverno e Falcon. La serie tv è destinata alla nuova piattaforma streaming della casa di produzione di Topolino, il cui debutto è previsto per il prossimo anno.

IL RITORNO DEGLI ATTORI ORIGINALI

La vera chicca è che i protagonisti saranno interpretati dagli attori originali, Sebastian Stan e Anthony Mackie che indosseranno nuovamente i panni di Bucky Barnes e Sam Wilson. Lo show entra a far parte del Marvel Cinematic Universe: la produzione è infatti targata Marvel Studios e non Marvel Tv. Gli episodi previsti sono otto e pare che la sceneggiatura sia stata affidata a Malcom Spellman, già sceneggiatore di Empire.

CONTINUITY CON LE PELLICOLE?

Sicuramente è una notizia che farà felici molti fan di questi supereroi, ma resta da capire dove, come e quando si svolgeranno le storie e in che modo saranno legate alle vicende delle pellicole, soprattutto in attesa di scoprire cosa succederà dopo Infinity War. Quel che è quasi certo, però, è che Kevin Feige, produttore e presidente dei Marvel Studios, sarà direttamente coinvolto nella realizzazione del progetto.

 

SERIE TV ANCHE PER LOKI E SCARLET WITCH

La serie live action su Soldato d’Inverno e Falcon, si aggiunge alle miniserie televisive dedicate a Loki e Scarlet Witch, entrambe interpretate dagli attori originali. Gli show con protagonisti Tom Hiddleston ed Elizabeth Olsen dovrebbero essere in continuity con i film. Non sono previste partecipazioni di altri membri degli Avengers in queste prime produzioni. È assodato che l’intenzione della Disney sia quella di realizzare in futuro nuove miniserie incentrate su altri personaggi secondari del Marvel Cinematic Universe.

In attesa di ulteriori notizie e di poter vedere queste serie sulla nuova piattaforma Disney, non resta che iniziare una mega maratona Marvel prima dell’uscita nei cinema del nuovo film sugli Avengers.

[#Anime] “Mirai” di Mamoru Hosoda, la recensione

Ritornano le recensioni anime di Nerd30 con un film uscito recentemente al cinema per soli 3 giorni, distribuito da Dynit e Nexo Digital.

Mirai è il nuovo lungometraggio diretto da Mamoru Hosoda, regista di film eccezionali come Summer Wars e La ragazza che saltava nel tempo, oltre che di un capolavoro come Wolf Children. Il film può vantare il bellissimo character design di Hiroyuki Aoyama, perfettamente in linea con quello di Yoshiyuki Sadamoto (character designer di Neon Genesis Evangelion), che aveva curato l’aspetto dei personaggi dei lungometraggi di Hosoda fino a Wolf Children.

LA TRAMA

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Kun-chan è un bambino viziato di 4 anni, che con la nascita della sorellina Mirai (futuro in giapponese) sente venir meno l’affetto dei suoi genitori, “rubato” dalla nuova arrivata.

Sopraffatto dalla gelosia, raggiunge un giardino magico dove incontra la versione adolescente di sua sorella neonata, insieme alla quale affronterà una serie di avventure grazie alla quali capirà cosa significa essere il fratello maggiore.  (Wikipedia)

IL COMMENTO

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Hosoda è un regista che fa sempre parlare molto di sé.

I suoi film hanno quasi sempre un giudizio positivo unanime, ma in questo caso, ancor di più che per The boy and the beast, ci troviamo di fronte ad una pellicola che ha spezzato i giudizi della critica. Diciamo subito che sono tra quelli che lo reputano un ottimo film, forse non ai livelli dei primi 3 di Hosoda, ma è un’opera che definire “brutta” è sbagliato, ma proprio a livello oggettivo.

Hosoda ha voluto sperimentare sia a livello narrativo che a livello tecnico e secondo me ci è riuscito abbastanza bene.

 

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Questo film utilizza un canovaccio abusatissimo nel cinema e nella letteratura, ovvero quello del fratellino geloso del nuovo arrivato, ma riesce comunque a inserire delle trovate interessanti ed originali. Una di quelle cose che hanno fatto storcere il naso alla critica è stata sicuramente la gestione episodica e “spezzettata” della trama, un qualcosa non proprio “alla Hosoda”, ma che a mio avviso è riuscita a dare il giusto spazio ai personaggi.

 

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Il piccolo Kun, attraverso il suo “giardino magico”, riesce ad entrare in contatto con altri mondi, posti nel passato, nel presente e nel futuro.

Non è chiaro se il tutto sia frutto dell’immaginazione del bambino, ma Kun riesce ad entrare in contatto con altre generazioni della propria famiglia, traendo un insegnamento da ognuna di esse. Devo ammettere che il personaggio che più mi ha colpito è senza dubbio il bisnonno di Kun, molto interessante la sua storia.

Attraverso i viaggi di Kun capiamo che Hosoda vuol comunicarci la sua visione della vita.

Ogni passo che facciamo è il primo passo verso il futuro e l’ultimo passo per il nostro passato. Per Hosoda nessuna azione è insignificante, perché nasce da un percorso durato generazioni e sarà un tassello importantissimo per la nostra vita e per quella delle generazioni future. Con il passare degli episodi il piccolo Kun si trasforma sempre di più in un fratellino per Mirai.
Hosoda riesce quindi a proseguire il suo discorso familiare in modo egregio, a mio avviso, mantenendo comunque un ritmo piacevole e senza particolari cali.

COMPARTO TECNICO 

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Come abbiamo già detto, la regia del film è decisamente più sperimentale rispetto ai precedenti di Hosoda.

Il regista utilizza delle lunghe sequenze (cut) in cui possiamo ammirare delle bellissime animazioni. La pellicola ha dunque un numero di cut decisamente inferiore rispetto alla media, oltre ad utilizzare molti movimenti di macchina, come delle panoramiche “a schiaffo” (inquadratura che si sposta velocemente da un soggetto all’altro senza stacchi) o rotazioni tridimensionali. Musiche molto belle e grande doppiaggio italiano.

IN CONCLUSIONE

Mirai è un film che conferma il talento di Hosoda nel costruire storie familiari di grande tenerezza e con degli ottimi insegnamenti. Aspettiamo con impazienza il suo prossimo film.

Antonio “SaiTony” Vaccaro

[#SerieTvNetflix] Hill House: Recensione di un orrore

Dopo i due film, un’alta percentuale di spettatori dell’horror avrà voltato le spalle a questo nuovo adattamento del romanzo di Shirley Jackson “L’incubo di Hill House”, ma non è forse il coraggio a sfidare l’oscurità ad accomunarci?

THE HAUNTING OF HILL HOUSE (in Italia solo HILL HOUSE) prende il suo nome dall’omonimo romanzo e questo è uno dei pochissimi punti in comune con l’opera originale. Se quest’ultima parla di esperimenti sui poltergeist, cose già viste con i vari film e serie degli ultimi dieci anni, questo adattamento di Mike Flanagan ci mette di fronte a un dramma familiare che pone il seme nel passato e cresce negli anni fino a un presente in cui i suoi membri sono ormai logorati e stremati dalla sua morsa.

MA VENIAMO AL SODO!

La serie ci racconta della famiglia Crain, composta da 7 elementi: Hugh e Olivia sono i genitori (interpretati a regola d’arte da Timothy Hutton e Carla Gugino) e Shirley (Elizabeth Reaser), Eleanor (Victoria Pedretti), Theodora (Kate Siegel), Luke (Oliver Jackson-Cohen)  e Steven (Michiel Huisman) sono i cinque figli, che vedremo sia da bambini che da adulti. Questi sette elementi arrivano ad Hill House, una casa in cui aleggia la leggenda di terribili accadimenti ed eventi paranormali, per restaurarla e rivenderla nel tempo di un’estate. Man mano che i giorni e le notti passano, però, sempre più incidenti allontanano il traguardo finale trattenendo la famiglia nella casa.

PAURE SOPRANNATURALI O UMANI SENSI DI COLPA?

Se, però, nei film e nelle serie degli ultimi anni notiamo un riconoscimento celere dell’entità soprannaturale, nella serie Hill House tutto è nascosto in una bruma psicologica di sensi di colpa, rimpianti e malinconia tipici del gotico classico, parlando di allucinazioni e incubi. I personaggi non combattono il loro presente ma, per lo più, scappano rintanandosi dietro costrutti ed espedienti mentali che negano ciò che hanno vissuto. Troviamo un Luke tossicodipendente, uno Steven romanziere che maledice la follia nel proprio sangue. Però, anche gli altri personaggi principali fin da subito sono delineati e precisi nel loro carattere e spessore. Tra questi, Theo ed Eleanor, due citazioni al romanzo principale, come Shirley che prende il nome dall’autrice.

UNA REGIA OTTIMA PER UNA STORIA MAGISTRALE

Flanagan dirige con maestria questi 10 episodi, a partire da un’introduzione con excursus. Poi prosegue dedicando ogni singolo episodio (tra i 50 e i 70 minuti) ai protagonisti: ci mostra ciò che loro vedono, il loro apporto alla storia del passato e del presente e, soprattutto, il loro modo di affrontare la vita dopo i tragici eventi avvenuti a Hill House.

Una storia raccontata magistralmente con una struttura sinuosa che conduce lo spettatore per mano tra passato e presente delimitando il confine tramite i colori più caldi del passato e più freddi del presente. Una serie che si conclude al termine del decimo, frenetico episodio. Un episodio che non ha bisogno di un seguito, ma da cui possono essere estrapolate altre storie legate ai personaggi secondari, capaci, in poche scene, di regalare emozioni forti e sentimenti contrastanti.

La regia di Flanagan si è mostrata capace di remare contro la moda dello Jumpscare, tessendo un orrore sempre presente sotto i nostri occhi. Un orrore integrato in un ambiente notturno e gotico che ci porta a diventare “sensibili” e trovare ciò che un occhio poco attento non vedrerebbe. L’episodio 6, poi, è una perla registica con lunghi piani sequenza capaci di trasmettere l’ansia ma, soprattutto, le emozioni dei protagonisti nelle scene. A volte le metafore utilizzate vengono espresse con forza per lunghi minuti, rendendole quasi ovvie e ripetitive. Un modo che ho trovato personalmente fastidioso, ma dovuto a una trama complessa e ricca di informazioni che possono sfuggire.

IN CONCLUSIONE

Questa serie originale Netflix non è destinata ai ragazzi, seppure ci siano accenni a IT e soprattutto Shining, ma a un pubblico di mezzo. Lo stesso che può immedesimarsi nelle sette sfaccettature umane inscenate e vivere a pieno questa serie complessa e lineare allo stesso tempo.

Hill House non vuole essere un momento di svago orrorifico, ma far riflettere sull’animo umano, sulla paura, sulla logica razionale, sull’innocenza. Su cosa significa essere una famiglia al giorno d’oggi. Tuttavia, mantiene una trama ben delineata e mai confusa che costringe lo spettatore a guardarsi allo specchio e affrontare il proprio passato.

 

Daniele “Mr. Ink” Ferullo

https://youtu.be/gTZyG1mpz4k