Ros-carabinieri

Cupola di Reggio, i retroscena venuti a galla con le intercettazioni

«La nuova ‘ndrangheta nasce dalla commistione tra la vecchia struttura criminale di tipo mafioso e la massoneria. In questa nuova organizzazione, la parte identificabile con la vecchia ‘ndrangheta è incaricata di gestire i rituali e di svolgere una funzione di parafulmine rispetto alla componente più importante e riservata, che attraverso i rapporti con ulteriori apparati massonici gestisce un enorme potere anche in campo politico ed economico». A parlare in questi termini è Nino Lo Giudice, boss divenuto collaboratore di giustizia, poi fuggito dalla località segreta dove era nascosto e tornato a collaborare con i magistrati della Dda di Reggio Calabria dopo essere stato riarrestato. Dichiarazioni recenti quelle di Lo Giudice, interrogato il 21 giugno scorso dal pm Giuseppe Lombardo e chiamato a confermare un memoriale del 2013 in cui descriveva il contesto masso-mafioso al quale era stato avvicinato dal boss Pasquale Condello, detto il “supremo”, arrestato nel 2008 dopo una latitanza durata 18 anni che lo stesso Lo Giudice aveva agevolato. Nel memoriale, confermato nell’interrogatorio del giugno scorso, Lo giudice fa i nomi di politici, imprenditori, avvocati, boss e colletti bianchi che sarebbero legati alla massoneria. «Preciso – ha aggiunto il collaboratore – che vi sono ancora molti nomi da inserire in tale società segreta: al fine di non disperdere le mie conoscenze ho iniziato a scrivere un nuovo memoriale che ho intenzione di consegnarle appena sarò riuscito a completarlo. Voglio chiarire – ha detto Lo Giudice – che una parte di tale struttura massonica è particolarmente riservata: ovviamente è questa la parte che gestisce il potere reale. Gli appartenenti alla parte meno importante in realtà sono solo figure di facciata che si occupano di rituali senza avere grande peso decisionale». A “confermare” le dichiarazioni di Lo Giudice, quelle di un altro collaboratore Cosimo Virgiglio, uomo di fiducia di Rocco Molè, reggente la cosca fino al suo omicidio, avvenuto il primo febbraio 2008, per il quale cura gli interessi nel porto di Gioia Tauro. Cosca Molè che era federata con i Piromalli. Di Vigiglio, Lo Giudice aveva scritto nel suo memoriale: «confidò che faceva parte a una società segreta chiamata massoneria e che era costituita da tre tronconi: una legalizzata – di cui facevano parte professionisti di alto livello come giudici – servizi segreti deviati – uomini dello stato. La seconda da politici – avvocati – commercialisti. La terza da criminali con poteri decisionali e uomini invisibili che rappresentavano il tribunale supremo che giudicavano la vita e la morte di ogni affiliato, tutti uniti in unica potenza incontrastata». Una versione confermata da Virgiglio in un interrogatorio dell’aprile 2015. Interrogato il 14 giugno scorso Virgiglio ha confermato gran parte dei nomi fatti da Lo Giudice e che lui aveva già fatto in precedenza. E già in precedenza, nel 2011, un altro boss, Pantaleone Mancuso, capo dell’omonima cosca attiva nel vibonese, intercettato, disse: «La ‘ndrangheta non esiste più! La ‘ndrangheta fa parte della massoneria! e’ sotto della massoneria, pero’ hanno le stesse regole e le stesse cose. Ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla ‘ndrangheta! Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte cose! Oggi la chiamiamo ‘massoneria’. Domani la chiamiamo P4, P6, P9».

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