‘ndrangheta, operazione “Alchemia” travolge politica e applati. Sono 40 gli arresti

REGGIO CALABRIA – Quaranta persone arrestate e beni per 40 milioni di euro sequestrati. E’ il bilancio dell’operazione “Alchemia”, condotta dalla Dia di Reggio Calabria e dalla Polizia e coordinata dalla locale direzione distrettuale antimafia che aveva chiesto anche l’arresto, negato dal Gip, di due parlamentari in carica: il deputato di Ala Giuseppe Galati e il senatore del Gal Antonio Caridi. Per il primo non sussiterebbero elementi sufficienti, per il secondo le accuse sarebbero già compendiate in una precedente richiesta di misura restrittiva avanzata dopo l’operazione “MammaSantissima” di venerdì scorso. Gli inquirenti ritengono di aver fatto luce sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella pubblica amministrazione al fine di aggiudicarsi i subappalti legati alla costruzione di infrastrutture ferroviarie come la “Terzo Valico dei Giovi”, attualmente in fase di costruzione con l’avvenuta cantierizzazione di siti afferenti al settore ligure/piemontese. Allo scopo di agevolare l’inizio dei lavori alcuni affiliati, come riferito dal Procuratore capo Federico Cafiero De Raho, avrebbero anche anche sostenuto il movimento “SI’ Tav”. Stamane , in Liguria, Calabria, Lazio, Piemonte ed in altre Regioni del nord Italia, sono state eseguite dalla Polizia di Stato e dalla Dia 42 misure cautelari (34 in carcere, 6 ai domiciliari e 2 interdittive dall’esercizio di un pubblico ufficio), emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, a carico di personaggi affiliati e contigui alla ‘ndrangheta delle cosche reggine “Raso-Gullace-Albanese” e “Parrello-Gagliostro”, indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. L’inchiesta si è sviluppata in due fasi: una, condotta dal centro operativo Dia di Genova, supportato dai Centri Operativi di Reggio Calabria e Roma, nei confronti di elementi affiliati alla cosca mafiosa “Raso-Gullace-Albanese” di Cittanova; l’altra, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, dalla Squadra Mobile di Genova e di Reggio Calabria nonché dalla Squadra Mobile di Savona, con riguardo a soggetti appartenenti alla stessa consorteria mafiosa ed a quella dei “Parrello-Gagliostro” di Palmi.
Le indagini avrebbero svelato l interesse della ‘ndrangheta per diversi settori “strategici”, come il movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on line, la lavorazione dei marmi; autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali, con l’individuazione di società intestate a prestanome. Affiliati alla cosca cittanovese operanti in Liguria avrebbero confermato il loro profilo di pericolosità e di solido collegamento con la “casa madre”, evidenziando ancora una volta il rilevante ruolo della Liguria nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta nel Nord Italia. Sarebbe stata anche documentata la partecipazione a diversi summit mafiosi da parte degli indagati, sancendo la loro appartenenza all’organizzazione criminale di matrice calabrese. Fra i particolari dell’attività delle cosche, il rito di affiliazione di figli di ‘ndranghetisti al momento del compimento della maggiore età. Sarebbero state comprovate, in questo contesto, le relazioni con esponenti della politica reggina, anche a livello nazionale, funzionali ad un reciproco scambio di favori. Altri rapporti intrattenuti con le stesse finalità sono stati riscontrati con funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria di Reggio Calabria. Particolarmente intensi sono stati i rapporti accertati tra le imprese della cosca “Raso-Gullace-Albanese” e gli amministratori di alcuni comuni liguri, il cui operato è stato oggetto di condizionamento, anche mediante la sollecitazione al pagamento indebito di somme di denaro, con specifico riferimento alla fornitura di servizi in materiale ambientale. Le imprese edili e di movimento terra riferibili alla cosca avrebbero acquisito anche appalti dalla Cooperativa “Coopsette”, attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell’approvazione di preventivi “gonfiati”. Questo per consentire un maggior guadagno alle imprese mafiose e assicurarsi il pagamento di un corrispettivo.
L’inchiesta avrebbe permesso di documentare gli stretti rapporti e la sussistenza di interessi economici comuni tra le due cosche coinvolte, i cui affiliati gestiscono numerose società, attive prevalentemente nel settore dei servizi di igiene ambientale con sedi in Lombardia, Emilia Romagna e Calabria, intestate a prestanome che, grazie a imprenditori e manager genovesi e romani, avevano acquisito, tra gli altri, il sub-appalto per i servizi di igiene civile e industriale di “Poste Italiane S.p.a.” e “Alleanza Assicurazioni S.p.a.” in provincia di Reggio Calabria. Gli inquirenti sottolineano la tendenza della ‘ndrangheta ad investire i capitali illeciti nel settore della produzione e commercializzazione di lampade a led. Documentati consistenti investimenti all’estero nel settore immobiliare mediante una serie di operazioni realizzate in costa Azzurra, nelle Canarie ed in Brasile, attraverso il riciclaggio di capitali di provenienza illecita e la contestuale acquisizione di disponibilità finanziarie in quei paesi in forza di rapporti instaurati con fiduciari locali. Il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari riguarda 21 società, la maggior parte delle quali con sedi in Liguria, Piemonte, Lombardia, Lazio e Calabria, riconducibili, secondo la Dda, alle consorterie mafiose.

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