Falso Movimento: CROCEVIA PER L’INFERNO di John McNaughton/a cura di F.F.Guzzi

Il nono appuntamento de ‘La Versione’, in programma domenica 17 febbraio alle ore 20.30, pone all’attenzione del pubblico di ‘Falso movimento’, una pellicola poco conosciuta, del regista John McNaughton(che più ricorderanno per la regia di “Henry, pioggia di sangue” in cui indagava, in modo davvero sorprendente e sconvolgente, il tema della violenza).
Con “Crocevia per l’inferno” (“Normal life” nel titolo originale), McNaugthon indaga invece la follia; quella vera e autentica, della instabile Pam, e quella indiretta e riflessa di Chris, poliziotto dai sani principi che affascinato dalla bellezza unica e travolgente di Pam, se ne innamora fino a sposarla.
Il film si sviluppa in due tronconi, in due fasi ben distinte e separate. Nella prima (breve, di trenta minuti), viene descritto l’incontro dei due, l’innamoramento (di Chris), il progetto di vita, il matrimonio. Nella seconda c’è la virata verso il tema che interessa al regista, ovvero la discesa negli inferi della follia, la quale tutto trascina e travolge dietro di sé, secondo uno schema/archetipo in cui il ‘più forte’ è sempre il folle. L’instabilità di Pam, infatti – a cui si associano la dipendenza dall’alcol e dalla droga – farà vacillare tutte le certezze del marito Chris, il quale, pur di tenere stretta a sé l’amata, rimetterà in discussione i suoi principi, precipitando in un’odissea di amore/disperazione, rapine, omicidi, in una parola: l’inferno.
La tematica non è nuova. Penso a Natural born killer (di Oliver Stone), a Una vita al massimo (di Tony Scott), ma soprattutto al capolavoro di Terrence Malick, La rabbia giovane; tutte pellicole in cui viene trattata la follia omicida vissuta in coppia. Crocevia per l’inferno, rispetto ai titoli citati, è però più asciutto ed essenziale; non c’è la spettacolarizzazione della violenza e della follia, non c’è un sovraccarico narrativo; e sta proprio in queste (mancate) componenti, la sua intrinseca forza. Senza fronzoli e capriole stilistiche, McNaughton consegna allo spettatore un quadro crudo, spietato, desolante e terribilmente vero, di una giovane e bella coppia, all’interno della quale l’elemento instabile e analogico spariglia le carte (la nevrosi scaccia la virtù), facendo tabula rasa dell’amore, della gioia, delle emozioni vere a cui aspira l’altro, il cui amore profondo – quando non riesce ad accettare la perdita o l’impossibilità di avere la persona amata – diventa un’avventura nella pervicace follia (anche Orfeo, il genio che commuoveva la natura con la bellezza del suo canto cercò di salvare Euridice dall’inferno, ma fallì per una debolezza finale; e la sua vita di predestinato all’ammirazione di tutti, proseguì verso una nuova caduta agli inferi: dopo la morte di Euridice prese ad odiare le donne ed il matrimonio e venne ucciso da donne Tracie che vollero punirlo per l’offesa).
Il film proposto prosegue nel percorso de ‘La Versione’ che dà spazio alla provincia americana (v. Lupo solitario) – Normal life è appunto un magnifico esempio di spaccato della provincia americana – alla follia (Drive, The Hurt Locker, Two lovers, e ancora, Lupo Solitario), alla alienazione (v. The Brown Bunny, Shame) e, più in generale, ad un approccio stilistico sempre essenziale, crudo, radicale e inesorabilmente (e, forse) fin troppo vero.
Crocevia per l’Inferno sembra un film minore, sconosciuto e poco acclamato, eppure è di una infinita potenza nel descrivere la lotta tra uomo e donna, bene e male, apollineo e dionisiaco, sogni di una vita migliore, fallimento e caduta in un mondo che è senza redenzione nè vincitori.

Federico Francesco Guzzi

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