Il “Cacciatore di Meduse” arriva a Cosenza

Copertina Il cacciatore di meduseCOSENZA – Domani sera, giovedì 16 luglio, alle 21, la vicenda del piccolo Tajil, raccontata ne “Il cacciatore di meduse” (Falco editore), ultimo libro di Ruggero Pegna, verrà condivisa con il pubblico nella che si svolge ogni estate all’ombra della città vecchia di Cosenza. Dal Mediterraneo il bambino africano, che sta emozionando i lettori con la sua struggente storia, approda al Lungofiume Bouleveard. Una notte speciale, contro il razzismo e i pregiudizi, laddove la presentazione del volume va a precedere il concerto di Sandro Joyeux e della sua band multietnica, che inizierà alle 21,30. Dopo i saluti dell’editore Michele Falco e dell’assessore comunale Rosaria Succurro, Ruggero Pegna racconterà le sfumature, i contorni, i tratti profondi della vicenda narrata. A moderare la conversazione sarà l’addetto stampa della casa editrice Carlo Minervini.
«Ognuno ha un motivo per scappare e mille altri per sperare», scrive Ruggero Pegna che, dopo il successo di “Miracolo d’amore”, storia della sua leucemia, decide di addentrarsi in un mondo affascinante e misterioso che si perde talora nelle derive del razzismo, del concetto errato di emigrazione, di tolleranza e solidarietà, di speranza. “Il cacciatore di meduse” emoziona. Come la musica del pianista che ascolta Tajil è poesia, dolcezza, sensazioni e suoni di tasti, non a caso bianchi e neri. È un messaggio fortissimo di elevato spessore etico, che scuote le coscienze dall’indifferenza e dal torpore di un’omologazione nei giudizi espressi sugli altri, sovente appannaggio di diversa cultura e civiltà.
La struggente storia di Tajil ci apre ai sentimenti, al rispetto degli altri e delle loro infinite diversità, ci apre alla bontà: «Io sono un bambino nero. Non so perché il mio colore è questo, ma sono contento lo stesso perché somiglioSandro Joyeux a mamma, al nonno e a tutti quelli di Chisimaio. Se ero bianco, mi sarei vergognato sicuramente di stare là. Ora che sono grande e sono qui, non mi importa nulla se qualcuno mi chiama negro. Sono vivo e felice. E questo è bellissimo…». Effetto inevitabile del testo letterario di Ruggero Pegna, è quello, infine, di un’autentica sferzata verso il superamento di pregiudizi e di steccati culturali, che mal si accordano con la temperie della convivenza civile e comunitaria a ogni latitudine. «La Terra è di tutti, diceva mio nonno e, per questo, sto bene anche qui, in mezzo a gente con la pelle diversa dalla mia. […] Penso che il nonno avesse ragione quando diceva che la bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore. »

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