Intervista/ Ron: individuare una voce di pace comunque. Il cantante ha chiusto la Festa a Pentone

Chi si rallegra, chi si commuove. Chi prega, chi ascolta. Chi ritorna, chi riparte. Chi resta. Storie accomunate, a Pentone (CZ), dalla Festa della Madonna di Termine. Dalla prima alla seconda domenica di settembre, una settimana di celebrazioni ed eventi, il lunedì seguente la Festa dell’Emigrante. Quest’anno, nella giornata dedicata al fanciullo, i più piccoli hanno avuto la possibilità di esprimere il loro talento e la loro spontaneità con canti, balli, sfilate e teatro. Domenica la processione per i colli che, nei giorni precedenti, sono stati illuminati dalle ‘Luminere’. Il giorno clou è stato chiuso da Ron, in tournee con ‘Way out’. Lo abbiamo sentito prima del concerto.  

 

‘Way out’ [ultimo album e tournee, ndr] arriva dopo quattro anni di silenzio discografico in un momento di crisi globale. Perché questo silenzio e perché proprio questo momento per un nuovo progetto?

Veramente sono stati quattro anni di fermo perché non volevo fare un disco inutile, un disco giusto di passaggio, giusto per farne uno insomma, per cui ho fatto questo perché mi piaceva entrare nella dimensione di altri paesi, di ragazzi che scrivono ancora canzoni loro, giovani, e sentire la loro – ero molto curioso – come feci con Jackson Browne, insomma.

 

Ha scritto una canzone sull’emergenza acqua [‘Canzone dell’acqua’, ndr], un’altra sulla violenza sui minori [‘Il gigante e la bambina’, ndr]: la musica può avere ancora una voce in capitolo?

Direi di sì, dipende sempre da come scrivi le cose, c’è un modo di essere beceri e dare la sensazione di sfruttare l’argomento, per esempio. No? Una canzone come ‘il gigante e la bambina’ ha un linguaggio così poetico che è difficile pensare che sia stata scritta per sfruttarne la storia.

 

Musicista, produttore, interprete, esperienze cinematografiche, cantautore: una carriera variegata…

Devo dire la verità, sono tanti anni che faccio questo lavoro, sono molto contento di quello che faccio, di quello che ho fatto. Però mi è piaciuto, in qualche modo, spostarmi anche, in binari diversi. Ho avuto delle occasioni, le ho anche sfruttate. Il cinema, ho fatto un paio di cose importanti, belle, una con Magni, l’altra con Giuliano Montaldo, e altre cose. Poi ho fatto anche teatro, nel senso che mi è piaciuto portare in teatro me stesso … uno spettacolo che si chiamava l’altra parte di Ron, per cui era un monologo con me stesso e i personaggi che io facevo. E poi la musica rimane, comunque, perché poi è la cosa che mi viene più naturale.

 

Andiamo agli esordi: qual era la sua paura più grande?

La mia paura più grande? Uhm … nessuna paura. In effetti forse la mia forza era proprio quella di non aver paura a salir su un palco, anzi, più salivo sul palco e più si scatenava la mia energia

 

Ha fatto un album, Le voci del mondo, ispirato all’omonimo libro di Robert Schneider. Quali sono, oggi, le voci del mondo che dovremmo ascoltare?

Ognuno ascolta le voci che vuole ascoltare, purtroppo. A volte si ascoltano voci negative, per cui i messaggi negativi ci sono, come ci sono quelli positivi. Le voci sono tante, l’importante è individuare una voce di pace comunque, fraterna, ecco, non voci di disaccordo e di distanza.

 

La musica è anche un modo per vivere la fede?

Credo di sì, credo che la musica è un modo per agganciarsi veramente a qualcosa di spirituale. Insomma la musica è questa cosa magica, un dono invisibile, per cui quando uno crede in qualche cosa sicuramente si aggancia a quel credo anche con la musica e diventa tutto più spirituale, più bello.

 

Il suo spettacolo, questa sera, chiude una festa religiosa dedicata alla Madonna. Come vive il portare una tournee in un contesto del genere?

Sono molto devoto alla Madonna, per cui per me cantare in ogni occasione così è importante, mi sento sempre molto onorato, per cui sono felice di questo.

 

 

Rita Paonessa

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