La criminologa cosentina Monica Capizzano in Commissione cultura

COSENZA – Monica Capizzano aveva appena undici anni il 23 maggio 1992, l’anno della strage di Capaci, in cui persero la vita Giuseppe Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli uomini della sua scorta. E aveva ancora undici anni quando circa due mesi dopo, il 19 luglio del ’92, la mafia continuò ad alzare il tiro uccidendo in via D’Amelio Paolo Borsellino e ancora una volta la sua scorta.
Immagini terribili, rimaste così impresse nella memoria di Monica Capizzano da segnare la strada del suo futuro impegno professionale.
Oggi la cosentina Monica Capizzano  di anni ne ha 33 ed è una brillante criminologa con una laurea in Scienze Politiche e relazioni internazionali conseguita all’Università della Calabria, ma in procinto di conseguire la sua seconda laurea in giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli che le spianerà la strada verso la carriera di magistrato che, per sua stessa ammissione, resta la sua prima aspirazione.
Le sue molteplici esperienze di studio, l’attività di criminologa, una vera e propria passione la sua, ed anche quella di scrittrice (la Capizzano è al suo secondo libro, mentre un terzo sarà presentato a breve) hanno suscitato l’interesse e l’attenzione della Commissione Cultura di Palazzo dei Bruzi che ha ospitato Monica Capizzano in una delle sue sedute dedicata alla valorizzazione delle professionalità e dei talenti locali.
Ad introdurre l’ospite, dopo la breve presentazione del Presidente Claudio Nigro, la Vice Presidente della Commissione cultura Maria Lucente che ha tracciato il profilo di Monica Capizzano. “Una personalità molto variegata prima ancora che una studiosa – ha detto la Lucente. Una ragazza iperattiva nel suo lavoro nel quale si ritrova un intreccio trasversale della sua ricca competenza.”
E in effetti il curriculum della Capizzano ne fa una studiosa a 360 gradi, con un bagaglio di esperienze non da poco: si è occupata, quando era a Vicenza, della delicatissima materia dell’utilizzo dei bambini nel terrorismo e nella guerra; quando c’è una perizia da redigere sulla scena del crimine viene spesso chiamata come CTU, consulente tecnico di parte. La sua competenza, sommata alla sua passione, l’ha fatta entrare nel team di studiosi dell’Unieui, l’Università Internazionale di Vicenza, centro di eccellenza con tanto di partenariato Onu, che attualmente è diretta dalla Capizzano e che si è occupata del caso dei marò italiani trattenuti in India, perché accusati di aver ucciso due pescatori indiani durante un’attività antipirateria al largo dell’Oceano Indiano, nel febbraio 2012.
Una vicenda nella quale la criminologa cosentina ha lavorato a stretto contatto di gomito con il prof.Ashish Kumar, uno dei massimi esperti di pirateria e diritto marittimo internazionale.
Il resto dell’attività professionale di Monica Capizzano parla dell’esperienza maturata come professore affiliato di criminologia applicata all’UNISED di Milano e del perfezionamento biennale in scienze criminologiche ed investigative. Esperta in criminal profiling (disciplina che permette di delineare il profilo dei criminali ritenuto fondamentale nelle attività di investigazione) e studiosa del fenomeno dello stalking, questa giovane Miss Marple cosentina ha maturato una particolare specializzazione anche nel repertamento delle tracce sulla scena del crimine. Nel breve filmato di montaggio, riproposto in Commissione cultura, accanto alle immagini di Cogne e del delitto di Erba e delle relative fasi processuali, tornano le immagini di Falcone e Borsellino, quasi che Monica Capizzano li avesse eletti a suoi numi tutelari.
All’attività di criminologa la Capizzano affianca anche quella di scrittrice, senza discostarsi dalla materia che predilige. “Qàyin contro Hèvel – 10 luglio 1941 a.C.”, il primo libro, pubblicato dal gruppo Albatros “Il Filo” di Roma, nel 2011, cui è seguita qualche mese fa la pubblicazione della sua seconda fatica editoriale, “Cervello e comportamento criminale, uscito per i tipi della Arduino Sacco editore.
In quest’ultimo libro la Capizzano tenta di dimostrare l’assunto lombrosiano secondo il quale “criminali si nasce, ma si può anche non diventarlo”. Di Lombroso si professa seguace ad oltranza per aver sposato le teorie del padre dell’antropologia criminale. Ma quando le si chiede se fa parte di quel gruppo di criminologi divenuti presenza fissa delle trasmissioni televisive, confessa candidamente che preferisce starsene un po’ defilata, dietro le quinte, lontana dai riflettori dei talk show televisivi dai quali si lasciano sedurre altri suoi colleghi più illustri.  E intanto si prepara all’uscita del suo terzo libro, sulla negoziazione degli ostaggi, che sarà presentato nei primi mesi del 2014 e scritto addirittura con il capo della Polizia scozzese.
Bella soddisfazione! Con i complimenti della Commissione cultura che, in chiusura di seduta, le attribuisce il riconoscimento riservato alle giovani eccellenze cosentine.

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