La performance di Walter Carnì – così il MACA ha celebrato la “Giornata del Contemporaneo”

Acri (Cs) – Lo scorso 6 ottobre il MACA (Museo di Arte Contemporanea di Acri),
che per circa tre mesi ha ospitato la prestigiosa rassegna di pittura dal titolo “Richter, Dada fino all’ultimo respiro”, dedicata appunto al poliedrico artista, tra i massimi esponenti dell’avanguardia storica, ha celebrato – oltre al finissage della retrospettiva – la “Giornata del Contemporaneo”; e lo ha fatto in piena linea con lo spirito avanguardista custodito in questi giorni entro le sale del museo, con una performance dal vivo di un giovane artista calabrese.

Ad esibirsi, Walter Carnì, artista di origine reggina (Caulonia – Rc, ’79), giovane talento partecipante all’esposizione “Young at Art”, ospitata in questi giorni dal museo, insieme alle opere di Richter e finalista del premio Terna dedicato all’arte contemporanea.

“Le installazioni di Carnì trovano la loro origine nell’estrema attenzione che da sempre l’artista volge alla materia e alle sue infinite declinazioni. Dopo un iniziale approccio al gesso, al polistirolo e alla resina, indirizza successivamente la sua ricerca ai materiali di recupero, intesi non come opera in sé, ma come materia,appunto, capace anche di riscattare il lavoro manuale dell’artista”.

Il rapporto tra Stato/mafia/Chiesa cui Carnì sta dedicando un’intensa ricerca estetica è stato oggetto della performance in perfetto stile dada, cui lo stesso, assieme ad altri cinque performer, ha dato vita sotto gli occhi di un pubblico stupito e inevitabilmente rapito dall’esibizione.

Il Dada nasceva agli inizi del Novecento, come uno tra i più eversivi movimenti d’avanguardia, allo scopo di sovvertire le logiche tradizionali dell’arte stessa e dell’estetica, criticandone i canoni e i mezzi per giungere a una soluzione che “scuotesse” il senso critico del singolo stimolandolo alla libera e soggettiva interpretazione. Un’esaltazione dell’anticonvenzionale, che ora come oggi, ha il suo soggetto nella società.

La performance di Carnì, in perfetta linea con gli intenti appena descritti – ma lontana da facili anacronismi – ha rievocato quello che è delicato equilibrio e gioco di relazioni tra le tre “istituzioni” su cui oggi si regge la società italiana: lo Stato e la Chiesa, istituzioni canoniche e riconosciute, e la mafia che, seppur possa definirsi impropriamente un’istituzione a tutti gli effetti, per via della sua onnipresenza e pervasività, lo è in via informale.

Uno spago legato a un pezzo di legno a tracciare una circonferenza ideale – uno spazio chiuso entro il quale la performance potesse compiersi –, lungo la quale perfettamente allineati si posizionavano due piedistalli su cui erano esposte le due parti di un cranio di un cavallo tinto d’oro. Poi otto tuniche bianche, a evocare quelle usate dalle sette religiose (e non), accoppiate a otto corone di spine,intrecciate con l’asparago selvatico (nella tradizione popolare simulacro del dolore di Cristo); queste le componenti della performance, che ha preso vita nel momento in cui tra queste componenti si è insinuata la presenza degli artisti.

Indossate le tuniche e lambite le corone di spine, immobili e a piedi nudi, per qualche minuto i perfomer hanno intonato le orazioni ai santi, non a caso scelti tra i nomi che vengono invocati in occasione delle celebrazioni del battesimo “’ndranghetista”. «Santa Liberata – ora pro nobis», «San Pietro – ora pro nobis », «San Michele Arcangelo – ora pro nobis »… e così via fino al concludersi dell’esibizione in un fragoroso applauso che ha scosso i presenti dalla tensione emotiva da cui per qualche momento si erano lasciati rapire.

In questi casi, chiedere all’artista di dare un’interpretazione all’esibizione, oltre che essere inutile, è riduttivo, perché lo stesso, come è avvenuto nel caso di Carnì, è disposto a concedere giusto qualche nozione indicativa, invitando il fruitore alla libera interpretazione.

Compiendo una breve rassegna degli elementi utilizzati nella performance, salta subito all’occhio l’uso del cranio dell’animale, scomposto in due parti (mandibola superiore e inferiore), poste l’una di fronte all’altra. Questa ha voluto evocare la reliquia, da secoli prezioso (da qui si presume la ragione dell’uso dell’oro) oggetto di venerazione religiosa – che spinge alla personale riflessione sul misticismo insito nel culto religioso votato all’irragionevole fede, ma così legato al materialismo –; ma allo stesso tempo l’uso del cranio di un cavallo, che rimanda agli atti intimidatori di matrice mafiosa,che molto spesso in passato si sono scagliati contro gli animali domestici delle vittime.

L’oscillazione tra i sacro (la reliquia) e il profano (l’evocazione del cavallo decapitato), ritorna nell’invocazione ai santi, intonate dai performer cinti in ambigui abiti che evocavano al contempo pratiche al limite del lecito religioso. E infine la corona di spine, simbolo della passione di Cristo, ma qui anche evocazione della figura della regina – il potere istituzionale – : talvolta indossata, talvolta tenuta in mano con le braccia lungo i fianchi: corona che vuole essere citazione da uno dei film più celebri di Hans Richter, 8×8 (1957) – brillante gioco di variazioni sul tema degli scacchi – ove la regina uccide a colpi di arco e frecce proprio un cavallo.

Come accennato, la performance, si inquadra in un percorso di ricerca dell’artista, di cui fanno parte anche altre opere, tra cui ricordiamo: Ecce Homo, in concorso al premio “Terna” e 1920072012.

L’installazione di Carnì, fa parte delle sette opere vincitrici del premio Young at Art, indirizzato ai soli artisti Under 35 residenti e operanti nel territorio calabrese. A seguito di una prima mostra tenutasi tra i mesi di aprile e maggio all’interno delle sale del museo di Acri, le opere dei sette artisti vincitori – Walter Carnì (scultura, installazione, performance), Giuseppe Lo Schiavo (fotografia), Armando Sdao (pittura), Valentina Trifoglio (body-art, performance), Giuseppe Vecchio Barbieri (digital-art) e il duo {movimentomilc}, formato da Michele Tarzia e Vincenzo Vecchio (video-arte) – hanno poi preso parte alla rassegna Aspettando la Biennale, presso il Collegio Sant’Adriano di San Demetrio Corone (Cs). Questo l’iter, per poi ritornare il 15 settembre al MACA e “arricchire” la retrospettiva su Richter prima della partenza prevista nel mese di novembre alla volta di Torino, dove verranno esposte in due differenti spazi espositivi, in concomitanza con l’importante fiera d’arte contemporanea Artissima.

Grande la soddisfazione per il progetto, l’installazione ospitata dal museo espressa da uno degli organizzatori della mostra “Young at Art”, Massimo Garofalo e da Silvio Vigliaturo, il celebre artista di cui il MACA porta il nome, entrambi presenti alla performance.

 

Giovanna M. Russo

 

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