Niccolò Fabi a Vibo Valentia

VIBO VALENTIA – Alle 21:00 dello scorso sabato, al palazzo Gagliardi di Vibo Valentia, si è tenuto un concerto del cantautore italiano Niccolò Fabi, ennesimo evento organizzato in occasione del Tropea Festival leggere & Scrivere 2013.
Inserito nella sezione “Carta Canta” – una delle tre in cui è suddiviso il festival – l’evento è stato presentato da Ezio Guaitamacchi, già scrittore e giornalista nonché autore per la RAI e per Mediaset. Per circa un’ora e mezza, il numeroso pubblico è stato allietato dall’esecuzione di brani dello stesso Fabi, inframmezzati da interventi e commenti di Guaitamacchi che ha instaurato col cantautore un dialogo piacevole e interessante.
Tra gli altri temi, si è parlato della complessità della situazione contemporanea, che porta il musicista alla necessità di farsi conoscere soprattutto attraverso il contatto diretto col pubblico e non più semplicemente attraverso i dischi. Ormai inserita nel contesto di commercializzazione culturale, la musica non si diffonde più attraverso la mera distribuzione ma deve essere connessa ai nuovi mezzi telematici. “Badando bene, però,” ha detto Fabi, “a non prestare più attenzione al mezzo che alla sostanza”, puntando troppo sulla questione di marketing e troppo poco sulla qualità della proposta artistica.
Dopo aver concluso il concerto con l’esecuzione di “Lontano da me” e “Offeso”, il cantautore si è poi trattenuto nelle sale del palazzo Gagliardi per parlare con i presenti e per rispondere a domande e curiosità.
Interrogato sul suo rapporto col pubblico e con la situazione culturale calabrese, Fabi ci ha risposto che “ogni parte dell’Italia ha le sue particolarità – il che è un bene, perché la diversità è ricchezza – e il Sud si caratterizza senz’altro per la sua maggiore confidenza sentimentale”. Un “valore aggiunto”, sul quale Fabi – cui abbiamo chiesto se il rapporto col sentimento debba essere un punto di forza per gli emergenti meridionali – sostiene che si dovrebbe puntare, ma con moderazione; si devono riconoscere le proprie qualità, ma anche saperle applicare, perché “l’integrazione possa servire per migliorare, e non per diffondere difetti”.

Francesco Corigliano

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