Vertigine d’inchiostro: parole esistenziali

“La scrittura ha bussato alla mia porta ed io ho aperto”così Luisa Pecora, lo scorso 8 aprile, ha presentato il suo libro d’esordio, Vertigine d’inchiostro, presso il Terrazzo di Pellegrini Editore. In una serata suggestiva, accompagnata dalla musica dei Tocatango, sono stati recitati i versi della scrittrice, moglie e madre, così come lei stessa ama definirsi. Alla presentazione anche Alberico Guarnieri ha offerto il proprio contributo: “In Italia ci sono molti aspiranti poeti ma in questo libro c’è qualcosa di più. Si avverte leggendo una partenza di carattere lirico senza fronzoli di natura retorica, un elogio della parola che attraverso la sinossi fa trasparire l’esigenza di rivelarsi agli altri senza filtri. Dall’introspezione spietata nasce la Poesia” così il critico letterario ne esalta l’importanza. Un percorso poetico incanalato in sei sezioni di un racconto universale che appare fin da subito come un itinerario esistenziale tra le parole e nelle parole. Protagonista dei componimenti poetici è proprio lei, la parola: nuda, essenziale,  asciutta, che arriva alla meta, ovvero all’anima del lettore inglobata in una vertigine d’inchiostro. Luisa è fatta di parole confuse, invadenti, inadeguate che si accalcano nella sua mente, provocandole un capogiro letterario. “Scriverei ovunque, sui fazzoletti di carta, tra le pieghe della pelle, annoterei parole tra i miei respiri. Scrivo – ancora l’autrice – perché affronto me stessa ogni giorno. E le parole buttate giù, come un getto violento, ci permettono di trovare rifugio, consolazione, pace. Si può abusare delle parole ma esse hanno comunque una potenza non solo semantica, persino riabilitativa, salvifica e catartica”. Luisa Pecora sottolinea variamente l’importanza dello scrivere in rapporto alla sensibilità personale: “Per me le parole costruiscono un ponte invisibile che collega testa, cuore e bocca; scrivere mi educa, mi calma”. La poesia di Luisa, ricca di metafore, è prima di tutto ricerca di sé, coraggio. L’autrice nella seconda sezione di “Percorsi invisibili”, tra le più toccanti del racconto poetico, dà un ritratto di sé e del suo tormento. “Il mio cuore è inquieto, mai a riposo, mai soddisfatto, mai deciso o sicuro. Si è sempre in lotta con sé stessi. Ho vagato tra le fitte boscaglie d’orgoglio immersa in fanghiglie putride… ho ricercato l’essenza di me nel mondo” si legge nella stessa sezione. Guarnieri, nel commentare la terza sezione “Cronache di un amore”, sottolinea come la poetessa scava nel profondo e con eccessiva severità. L’amore è celebrato senza enfasi. Non c’è sentimentalismo di maniera. Si ama fino all’eccesso, si fantastica, si maschera e si svela un sentimento, si scappa e si ritorna. E’ un dare e un chiedere: “ti vorrei presente e partecipe in pieno in ogni stanza della mia esistenza” sono le parole della poetessa. L’amore è anche il consiglio di una madre al suo bimbo: “vivi da protagonista, non nasconderti mai, sii forte”. La poesia è dunque celebrata come vita. Come quotidianità che vive di empatia, di stati d’animo altrui; così Luisa Pecora parla del suo viaggio poetico dal sapore inconscio, che meglio evidenzia nella quinta sezione: “Notte di scheletri e diamanti”. Le sue poesie diventano motivo di analisi critica della società attuale fatta di inascoltati che vivono sotto lo stesso cielo in un mondo disordinato e confuso, attratto dalla materialità delle cose: “Hanno inventato il denaro per comprare anche i nostri sogni” sferza in queste righe. Il libro si conclude con l’ultima sezione racchiusa in unica pagina: “Nuovi Inizi”. Scelta suggestiva da parte dell’autrice, un buon auspicio per sé stessa e per i lettori. Qui “Il cuore muta forma, si rafforza, torna ad amare. Nel mio cuore c’è posto per tutti voi”.

                                                                                                                                                 Rossana Muraca

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