L’Unical a Sibari

È bastato che piovesse, neanche tantissimo, che la Calabria, in questo caso la Sibaritide, si allagasse, franasse, si sfasciasse sommergendo uno dei più importanti patrimoni di questa nostra sciagurata regione e dell’intera umanità, il sito delle tre città antiche sovrapposte:  Sibari, Thuri e Copia. L’area più estesa e più ricca di monumenti dello scavo archeologico, Parco del Cavallo, è stata sotto 4-5 metri d’acqua per incuria, per cialtroneria e per incapacità di chi doveva sorvegliare il Crati, il sistema idro-geologico e gli argini del fiume.

Il teatro, le terme pubbliche, la grande strada lastricata e le case che vi si affacciavano con i loro mosaici e le loro pareti affrescate sono stati coperti d’acqua e di  fango. Il lavoro di generazioni di archeologi di tutto il mondo, iniziato sistematicamente negli anni ‘60, è andato in gran parte perduto così come i milioni di euro spesi dallo Stato, da noi tutti, per riportare alla luce, per mezzo degli scavi archeologici, la vita quotidiana, i costumi, gli usi religiosi, l’economia, la politica dei nostri ascendenti, dei nostri antichi morti. Avevamo, anch’io ho partecipato a quegli scavi, restituito alla visione di tutti quelle rovine di monumenti e di abitazioni che furono inghiottite, fin quasi agli inizi del XX secolo, dalla natura che, con i suoi impetuosi sconquassi, aveva sottratto le antiche grandezze dell’uomo rendendole indisponibili per molti secoli.  La classe dirigente contemporanea, i vivi hanno ri-seppellito quelle rovine e quei morti che dicono di tenere in gran conto, di cui menano gran
vanto e dei quali millantano di essere fieri discendenti.

Quale migliore occasione di questa avrebbe potuto esserci, per lo Stato e per la Regione, di varare un intervento d’urgenza che impiegasse, subito, centinaia di giovani nell’opera di ripristino e consolidamento degli argini, di sgombero dal fango, di restauro, di pulizia e di scavo di emergenza delle strutture antiche della città?    Sono passati giorni senza che, ad esclusione dei Vigili del Fuoco e dei volontari della Coldiretti, alcuno intervenisse in aiuto alla Soprintendenza. C’è voluto un appello lanciato dalle colonne de “il Quotidiano della Calabria” da chi scrive -insieme a colleghi dell’Università della Calabria come De Sensi, Taliano Grasso, Teti e altri studiosi di fama internazionale quali Settis e Guzzo- firmato da più di mille persone, fra studiosi e cittadini comuni, per smuovere l’opinione pubblica calabrese e nazionale e, di conseguenza, i governanti.  A quel punto non hanno potuto fare a meno di intervenire, perlopiù sotto forma di passerelle elettorali, e di costatare l’enorme danno provocato dall’incuria e dal dolo alle strutture antiche. È stato soprattutto per merito, però, del ministro Barca, l’unico ministro tecnico attento alla vita reale di questa nazione, che è stato varato un primo intervento di somma urgenza da 300.000 euro per avviare la pulizia ed il ripristino del Parco archeologico. Una cifra che basterà appena a riportare di nuovo in luce le antiche strutture e a verificare quali e quanti danni l’esondazione ha procurato alla città antica. Ci vorranno molto tempo, molte risorse umane ed economiche per scavare di nuovo, ripulire, restaurare le strutture antiche sottratteci, di nuovo, alla vista e alla coscienza.

Noi calabresi, noi italiani dovremo fare il possibile perché non accada che gli scavi archeologici di Sibari, dopo l’emergenza, vengano dimenticati, dobbiamo incalzare le Istituzioni di questa regione e di questo paese perché venga scongiurato il pericolo della definitiva scomparsa di uno dei più importanti siti archeologici del Mediterraneo. Un primo passo per evitare che ciò avvenga è stato mosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’UNICAL, diretto dal professor  Perrelli, che ha avviato una collaborazione con la Soprintendenza archeologica della Calabria, nella persona della dottoressa Bonomi, per contribuire a ripulire e ripristinare gli scavi di Parco del Cavallo. Gli insegnamenti di “Metodologia della ricerca archeologica” e di “Topografia antica” del Dipartimento– tenuti, rispettivamente, da chi scrive e dal collega Taliano Grasso- hanno messo in cantiere un progetto di “Tirocinio formativo attivo” che permetterà a quasi una ventina di studenti calabresi di archeologia di intervenire in soccorso del loro, e del nostro, patrimonio culturale con la supervisione anche della dottoressa Luppino, responsabile dell’Ufficio scavi di Sibari, e del dottor D’Alessio, funzionario del medesimo ufficio. Sarà un’occasione per dimostrare che -con il concorso di operai, di muratori, di restauratori, di tecnici e anche di studenti e di giovani archeologi- i calabresi sono in grado di farcela, sono in grado di ribaltare tutti i luoghi comuni stratificatisi come una maledizione su questa terra e sui suoi abitanti che sarebbero incapaci di ideare il proprio futuro, incapaci di avviare lo sviluppo della propria regione. Abbiamo ritenuto nostro dovere intervenire non solo perché è il nostro ambito di ricerca, ma, soprattutto, perché non vogliamo assistere alla scomparsa di un altro pezzo della nostra storia, della nostra terra e della nostra identità.

Di seguito l’elenco degli studenti dell’Unical (Università della Calabria) che stanno partecipando alla ripulitura del Parco Archeologico di Sibari:

1)    Adimari Antonella
2)    Bassano Maria Assunta
3)    Calonico Giulia
4)    Capitano Roberta
5)    Caputo Federica
6)    Di Donato Ester Gaia
7)    Malomo Valentina
8)    Manigrassi Valentina
9)    Milito Francesco
10)    Opipari  Nicola
11)    Sesto Stefania
12)    Spagnuolo Lucrezia
13)    Timpano Vincenzo

A. Battista Sangineto

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