Cosenza, tutto pronto per la nuova statua di Alarico

COSENZA – «Sabato 5 novembre alle 12 a Cosenza sarà inaugurata la statua di Alarico realizzata dall’artista Paolo Grassino, posizionata alla confluenza dei fiumi Crati e Busento. Saranno presenti: il sindaco Mario Occhiuto, il prefetto Gianfranco Tomao, Mario Bozzo presidente della Fondazione Carical che ha finanziato la statua, il sottosegretario dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dorina Bianchi e Mario Pagano della Soprintendenza di Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone con cui proprio di recente è stato firmato il protocollo d’intesa per l’avvio degli scavi». Lo comunica una nota del portavoce del Comune di Cosenza. «In questi anni abbiamo lavorato molto per creare una vocazione turistica della nostra città – afferma il sindaco Occhiuto – e oggi sono già visibili i primi risultati. Siamo terzi in Calabria per presenze turistiche dopo Tropea e Reggio Calabria. Abbiamo infatti lavorato sull’organizzazione della logistica, creando percorsi ed itinerari turistici con il pullman ScopriCosenza e con punti informativi, guide e materiali di supporto (compresa la guida Touring Club). Adesso è stata completata la scultura dell’artista Paolo Grassino che raffigura Alarico sul cavallo. Realizzata grazie ad un finanziamento della Fondazione Carical, la statua è stata posizionata nei pressi della confluenza dei fiumi Crati e Busento. È una iniziativa strategica – spiega il primo cittadino – per rafforzare la vocazione turistica della nostra città perchè ‘Alarico sul cavallò costituirà un simbolo per i tanti visitatori che già arrivano a Cosenza e si recano sul Busento attratti dalla storia straordinaria del tesoro del re dei Goti». «Il cavallo del progetto è ferito – spiega l’artista Paolo Grassino -. Non ha gambe. È reduce da cento battaglie. Fantasma. Viene sorretto e innalzato come una giostra per i bimbi da quattro linee-tubi-trampoli o come le impalcature di un cantiere. Non c’è trionfo in questo gesto ma la radicale volontà di staccare l’opera e il mito dalla superficie della terra. Sradicare il monumento equestre dal terreno crea un meccanismo che riconverte l’oggetto materiale in dispositivo per accompagnare l’osservatore su una dimensione immateriale. Qualcosa di più simile all’inesprimibile, al segreto. Il re guerriero è in piedi e con i piedi rimane collegato al suo destriero, non si abbandonano, hanno un comune destino. La figura riemerge dall’acqua e ci interroga dopo secoli. Uno scarto temporale. Forse il mito come la scultura rimane in quel limbo senza tempo dove tutto è cristallizzato. La fusione del metallo ferma l’idea, una resistente impresa donata ai secoli. La superficie della scultura è rivestita da una pelle di linee in rilievo che rende omogenei i tre elementi cardini dell’opera. Il cavallo, il re e la struttura che li sorregge, sono legati insieme dallo stesso derma, da una buccia di onde che ridisegnano le forme e coprono i dettagli della figurazione che non sempre lascia eventualità aperte per l’interpretazione personale. L’intento di questo progetto è di proteggere un segreto, esporlo ma tenerlo coperto da un ‘velò. Rispettare e tentare di non dare delle risposte a degli eventi in modo razionale. Lasciare che un mistero rimanga tale e sentirsi appagati nel condividere questo».

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