Di Iacovo su emersione del lavoro nero e economia criminale

REGGIO CALABRIA – “L’incidenza dell’economia criminale in Calabria (attività produttive e commerciali non sottoposte a nessun regime di imposizione fiscale e previdenziale) è stimata sui 5 miliardi di euro (comprensivi dei fattori di produzione e manodopera impiegata e di cui almeno 2,1 miliardi di mancate imposte fiscali e previdenziali) e coinvolge direttamente e indirettamente 20-25 mila individui. Sul versante del sommerso, nonostante una forte riduzione negli ultimi 10 anni, nella nostra regione si aggira ancora attorno al 20 percento della forza lavoro regolare per un numero di unità stimate pari a circa 137.000”.

E’ quanto afferma Benedetto Di Iacovo, presidente della Commissione regionale della Calabria per l’emersione del lavoro non regolare anticipando alcuni dati del IX rapporto sul sommerso di prossima pubblicazione, in occasione del ciclo di conferenze su “Criminal economies”, evento organizzato dalla Regione Calabria per venerdi prossimo nella città dello Stretto.

“Com’è noto in Calabria – prosegue Di Iacovo – operano mafie di diverse nazionalità ed il mercato del lavoro attraverso un uso distorto ed illegale della manodopera straniera e per lo più clandestina ne è fortemente permeato, sino a produrne una profonda ed irrimediabile alterazione. Appare importante sottolineare il rapporto fra la ‘ndrangheta e le nuove mafie etniche. In Calabria la ‘ndrangheta conserva sempre il carattere di organizzazione quasi dominante. In “partenariato” con essa, però, agiscono mafie emergenti (quali le mafie turche, colombiane e russe), che cooperano nelle grandi operazioni internazionali di narcotraffico e di riciclaggio, e altre mafie a carattere stanziale quali le mafie albanesi, cinesi e nigeriane che operano su aree marginali dell’economia criminale in Calabria e che in particolare gestiscono tratta e prostituzione.

La presenza di forze criminali minori sui territori – spiega il presidente Di Iacovo – non intacca le caratteristiche di forza di un’organizzazione dominante. Già Giovanni Falcone, in una delle sue pubblicazioni “Cose di Cosa Nostra”, in collaborazione con Marcella Padovani, faceva notare come le nuove strategie della mafia storica siciliana prevedesse di lasciare via libera a queste forme criminose più marginali per tre ordini di motivi: innanzitutto impegnare o meglio distrarre le forze dell’ordine su fatti marginali, ma su cui si concentra il bisogno percepito di sicurezza dell’opinione pubblica; in secondo luogo favorire la concentrazione dell’azione delle forze dell’ordine nelle aree degradate delle città metropolitane, o nelle aree di sfruttamento della manodopera agricola (caso Rosarno ed altre realtà) mentre si spostano in provincia le funzioni di regia dell’organizzazione; in terzo luogo sviluppare nuovi possibili bacini di reclutamento”.

Ci si chiede se in futuro si arriverà anche in regioni come la Calabria, caratterizzate da organizzazioni criminali endemiche molto strutturate, radicate e fortemente egemoni, alla formazione di cartelli criminali interetnici e da reti criminali, in cui sono coinvolti soggetti di diverse nazionalità, seppur con ranghi diversi di reciproco riconoscimento e fortemente gerarchizzati. Probabilmente la risposta a questi quesiti dipenderà dagli equilibri su scala globale delle grandi organizzazioni e da quanto la ‘ndrangheta manterrà interessi su altre aree geografiche per traffico di droga, di armi e per operazioni più complesse di riciclaggio, operate anche attraverso rilevanti investimenti imprenditoriali. Da questo punto di vista le ‘ndrine calabresi hanno ormai una posizione di assoluta preminenza con fatturati dell’ordine dei miliardi euro.

I settori di attività connessi con le estorsioni, il pizzo, gli appalti, le scommesse clandestine e il gioco d’azzardo sono considerati business inferiori che, possono essere interessanti per singole cosche o famiglie, ma che non rivestono un interesse strategico per l’organizzazione criminale di vertice. Le estorsioni, il pizzo, gli appalti sono strumenti di controllo del territorio. Il pizzo e l’usura possono essere utilizzate per acquisire imprese legali e quindi veicolare capitali illegali attraverso di queste che sicuramente poi puntano allo sfruttamento della manodopera.

“Compito delle Istituzioni, della Magistratura, delle forze dell’ordine e degli organismi internazionali preposti, nonchè della politica – secondo Di Iacovo – è quello di attivare ogni mezzo di contrasto per evitare che anche il mondo del lavoro possa essere fortemente condizionato dalle attività criminali ed illegali”.

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