[#Games] Localhost, hai mai pensato a ciò che accade quando premi su delete?

Nella stragrande maggioranza di culture esistenti a questo mondo, l’arrecare danno, il ferire o uccidere un nostro simile è considerato reato. Ma cosa accade se trasponiamo queste stesse leggi in un’interazione uomo macchina?

Questo è il dilemma amletico che ci pone difronte LOCALHOST. Il gioco, nato dalla mente di Sophia Park, Penelope Evans, Arielle Grimes e Christa Lee, racconta il primo giorno di lavoro di un amministratore di sistema, svegliato in piena notte dal proprio capo per un lavoro “urgente”.

La commissione è semplice: cancellare il contenuto di 4 dischi spediti da un cliente alla nostra azienda.

Dopo questa brevissima introduzione il titolo ci pone dinnanzi alla minimale interfaccia di gioco: l’androide di test sullo sfondo, struttura attraverso la quale interrogheremo i “ghost” presenti nei dischi rigidi, ed i quattro drive contrassegnati da 4 colori differenti sulla destra.

Ogni colore rappresenta una personalità diversa e una volta scelta l’ia con cui vorremmo discutere basterà introdurla nell’androide, quello che arbitrariamente viene chiamato “Local’s body”, il corpo di Local. Ad ogni avvio la ginoide verrà scossa da un sussulto e si animerà in modo coerente con il contenuto del drive: più agitata sarà l’intelligenza artificiale in questione più i movimenti del robot rispecchieranno questo malessere attraverso movimenti sconnessi e frasi incoerenti.

“Localhost ha le potenzialità ma non si applica…”

Malgrado il concept accattivante e le interazioni uomo macchina che altalenano tra i più banali cliché e palesi genialità, Localhost non riesce a convincere il giocatore nemmeno come storia interattiva. La necessità di terminare il gioco più volte per assimilare informazioni altrimenti celate, la carenza di finali significativi unite ad una trama ristretta per alcuni dei drive rendono la narrazione inconsistente, difetto non trascurabile per un titolo che fa dello storytelling il suo principale punto di forza. Nemmeno la discreta colonna sonora riesce a tenere l’utente incollato allo schermo, pur vantando un tema personalizzato per ogni singolo androide.

IN CONCLUSIONE

Localhost si dimostra una buona idea mal gestita, qualora la vostra voglia di cyberpunk non sia stata soddisfatta da questo singolare indie, il nostro Mr. ha stilato un suo personalissimo podio di giochi sci fi con cui potrete appagare la vostra voglia di circuiti e metallo.

 

Daniele “Icelo” Pezzolla

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