Può un dipendente rifiutare di lavorare nei giorni festivi? L’avvocato risponde

In vista delle prossime festività natalizie si ripropone il tema, sempre “caldo”, del contrasto tra l’eventuale interesse del datore di lavoro alla prestazione lavorativa anche nei giorni di festività infrasettimanali ed il diritto del lavoratore a godere di tempo libero, in tali giorni, da dedicare a sé e alla famiglia.

Secondo l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, ormai consolidato in materia, il datore di lavoro non può obbligare i suoi dipendenti a lavorare durante le festività, celebrative di ricorrenze religiose o civili, se queste sono infrasettimanali.

Sono numerosi i casi in cui i giudici, sia di merito che di legittimità, hanno riconosciuto in favore dei lavoratori un diritto soggettivo che consente loro di scegliere se recarsi a lavoro o meno, senza subire alcuna sanzione disciplinare.

Una delle prime pronunce della Corte di Cassazione risalente al 1997 – vertente sull’astensione al lavoro nella giornata dell’8 dicembre da parte di alcuni lavoratori di un’acciaieria e sul loro diritto a percepire, in ogni caso, la retribuzione per il giorno festivo non lavorato – evidenziava che in occasione delle festività infrasettimanali (celebrative di ricorrenze civili o religiose) a tutti i lavoratori indistintamente è riconosciuto il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in base all’articolo 2 della L. 260/1949: con la conseguenza che, nel caso in cui in una delle festività individuate dalla legge il lavoratore non svolga alcuna attività lavorativa, anche se ciò dipenda dal suo rifiuto, il dipendente ha pur sempre diritto alla normale retribuzione.

Anche recentemente la Suprema Corte con la sentenza n. 22482/2016 è tornata sull’argomento evidenziando come l’articolo 2 attribuisca un diritto soggettivo del lavoratore di astenersi dal lavoro in dette festività, nell’escludere che la decisione datoriale unilaterale possa imporre la prestazione di lavoro, nel richiedere che la rinuncia a detto diritto possa intervenire solo in forza di un accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

Nel panorama giurisprudenziale di legittimità si rivengono alcune, minoritarie, pronunce che considerano tale diritto derogabile ad opera dei contratti collettivi, consentendo alla contrattazione collettiva di imporre al lavoratore lo svolgimento della propria attività nei giorni festivi. Si può citare al riguardo la sentenza n. 4435/2004 in cui i giudici della Corte di Cassazione hanno stabilito che “Premesso che, di regola, al lavoratore è riconosciuto il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, e che la giornata del 15 agosto, celebrativa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, è considerata festiva ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792, allorquando la contrattazione collettiva applicabile preveda, come eccezione alla regola legale, che l’attività lavorativa possa essere svolta anche nei giorni festivi, subordinando la fruizione della festività alle esigenze aziendali, la sussistenza di tali esigenze costituisce il presupposto per l’applicazione del regime di eccezione (contrattuale) in luogo della regola (legale), sicché il datore di lavoro, che invochi l’applicazione della norma contrattuale, deve provare la sussistenza del presupposto di fatto, e cioè delle esigenze aziendali”.

Tuttavia, la giurisprudenza prevalente, e anche la più recente, è conforme nel considerare tale diritto come un diritto di cui le organizzazioni sindacali in sede di accordi collettivi non possono disporre, in assenza di uno specifico mandato ad esse conferito dal lavoratore, essendo il riposo nelle festività infrasettimanali rinunciabile solo mediante il mutuo consenso fra il lavoratore ed il datore di lavoro.

Posti tali principi, recentemente una sentenza di merito (Tribunale di Firenze, Sez. lav., 24 maggio 2017, n. 511) nell’affrontare l’annoso problema dei confini del diritto del lavoratore di astenersi dal prestare attività lavorativa nelle festività infrasettimanali a fronte di interessi pubblici o privati di particolare rilevanza spesso sottesi all’attività esercitata dal datore di lavoro, nel costante tentativo di ricerca di un giusto contemperamento tra le due opposte posizioni, ha risolto il problema conformandosi sostanzialmente all’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui spetta al lavoratore un vero e proprio diritto soggettivo di astensione dal lavoro nella giornata festiva, implicante la facoltà di rifiutare insindacabilmente l’effettuazione della prestazione, mantenendo il diritto alla normale retribuzione globale fissa; tale diritto è indisponibile per le organizzazioni sindacali, ma ha carattere disponibile per il lavoratore, unico titolare.

Alla luce di quanto sinora espresso si può certamente rispondere in maniera affermativa al quesito iniziale, in quanto il rifiuto dei dipendenti di prestare servizio in una giornata festiva non può esimere il datore di lavoro dal versamento della normale retribuzione, in quanto il diritto del dipendente di astenersi dall’attività lavorativa in presenza di determinate festività discende direttamente dalla legge ed ha carattere generale.                                                                                 

Avv. Luca Gencarelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *