[#NerdReview] Avengers Endgame: La fine è parte del viaggio – SPOILER

Dopo 11 anni e 21 film, Avengers Endgame è il capitolo finale di una lunga e pazzesca epopea.

Abbiamo visto nascere il Primo Vendicatore, Tony Stark rivelare al mondo di essere Ironman, il Dio del Tuono rendersi degno di impugnare Mjolnir. Abbiamo affrontato gli inganni di Loki e l’invasione dei Chitauri, parteggiato per i Vendicatori nella Civil War. Siamo stati avvertiti dell’ineluttabilità del Destino e alla fine è arrivato e abbiamo sofferto.

Avengers Endgame è questo: un cerchio che si chiude, storie che si riallacciano e insieme tendono verso uno snodo che, inesorabile, attendeva che il tempo facesse il suo corso. Quello snodo agognato e risolutore che, quando arriva, ha il sapore agrodolce delle cose che finiscono, perchè così dev’essere, e si dissolvono, restituendo tutto quello che è stato dato. Avengers Endgame è il Destino che si compie.

Nonostante sia solo il penultimo film della Fase 3 del Marvel Cinematic Universe, Endgame è in realtà stato concepito come il coronamento di 11 anni di lavoro. È l’epilogo alle molteplici storie che i 21 film precedenti hanno aperto e sviluppato ed è qui che gli eroi che abbiamo conosciuto e imparato ad apprezzare in questi anni si ritrovano, forse per un’ultima volta. È giunto il tempo che facciano i conti con se stessi e con gli altri, mettendo da parte per un momento l’essere eroi e confrontandosi con il loro essere uomini prima di tutto. Perchè anche i supereroi hanno il diritto di cadere sulle proprie ginocchia e sanguinare.

DOPO INFINITY WAR

Ed Endgame parte proprio da questo punto: gli Avengers, per la prima volta, sono stati sconfitti. Hanno lottato, si sono battuti, ma hanno perso: la battaglia, la loro unione, le persone amate. L’amarezza della perdita si mescola con il gusto pungente del fallimento e il tormento del rimorso. Nel momento fatale dello schiocco di Thanos, quattro dei Vendicatori originali si trovano in Wakanda, Occhio di Falco si è ritirato con la sua famiglia, Tony è su Titano, devastato dalla consapevolezza dell’annientamento.

Nell’intenzione, Infinity War ed Endgame sono stati pensati come parti di un’unica, gigantesca storia. A conti fatti, però, la pellicola numero 22 del MCU è quanto di più diverso possibile dalla precedente. Infinity War è una pietra miliare nel settore del cinefumetto, avendo riscritto i canoni del genere. Per la prima volta, gli eroi protagonisti sono vittime di uno scacco non previsto: il cattivo ha vinto e la distruzione si è abbattuta, feroce, sull’universo. Metà delle forme viventi sono scomparse, polverizzate. Stupore, ammirazione e sbigottimento le sole sensazioni possibili di fronte a un’opera simile, unica nel suo genere. Dal punto di vista prettamente cinematografico, Endgame è allo stesso livello? In tutta sincerità, no. La pellicola non è esente da difetti, sbavature, piccole note stonate. Nella visione non passano inosservate. Eppure, tutto ciò non ha la minima importanza.

AVENGERS ENDGAME RESTERÀ NELLA STORIA: È UN FILM MASTODONTICO, IMPONENTE, AMBIZIOSO.

Probabilmente, finora nessuna pellicola è stata attesa con tali aspettative e inquietudine e la pubblicità che l’ha avvolta è stata incontenibile, come il film stesso. Ogni cosa in Endgame è oltre misura. Una battaglia epica, molte risate, emozioni che sgorgano, tantissima commozione e ricordi e riferimenti al passato che, in un flusso irrefrenabile, riaffiorano nel bacino dell’emotività individuale. L’impresa non è stata facile e forse anche per questo si perdonano le imperfezioni che costellano qua e là la pellicola.

Quel che è certo è che i registi Anthony e Joe Russo, insieme agli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely, sono riusciti nello sforzo immane di riannodare i fili dipanatisi in 21 film, per 11 anni. Tre ore per dare una degna conclusione alla Saga dell’Infinito e andare incontro al destino di ogni personaggio, senza perdere di vista la coerenza, le storie e le aspirazioni di ciascuno. Endgame è un film plurale e corale: più storie, più personaggi, più emozioni, tutto quanto insieme, in quella che è una celebrazione dell’universo Marvel e un caldo abbraccio a tutti i fan che in quell’universo ci hanno creduto.

ENDGAME FUNZIONA ED EMOZIONA

In tre ore non si avverte mai il peso della lentezza, nonostante ritmo incalzante e azione siano concentrati perlopiù verso il finale. I tre atti della pellicola rendono veloci i 181 minuti. Si inizia lì dove si era rimasti con Infinity War e, ancora una volta, osserviamo sullo schermo gli effetti devastanti dello schiocco di Thanos.

Tuttavia, Endgame sceglie di non riallacciarsi con la scena dopo i titoli di coda di Captain Marvel e non vediamo le prime interazioni tra gli Avengers sopravvissuti e Carol Danvers. Ed è qui che apprendiamo che i fratelli Russo non avevano mentito completamente: la maggior parte delle scene mostrate nei trailer erano davvero tratte dalla primissima parte del film. Quella stessa parte che si svolge come un’elaborazione del lutto. Metà della popolazione mondiale è improvvisamente scomparsa, i governi sono in crisi, le città sono desolate: è possibile accettare l’accaduto e continuare a vivere?

ALCUNE PERSONE VANNO AVANTI… MA NOI NO

I Vendicatori non riescono a darsi pace. Il peso del fallimento è grave sulle loro spalle. Natasha è preoccupata per Clint, che ha appeso al chiodo gli abiti da Occhio di Falco per assumere l’identità di Ronin, assuefatto dal dolore della perdita. Tony non riesce a perdonare Steve: gli Avengers funzionano solo se uniti. Però bisogna agire, è a fatto compiuto che intervengono gli Avengers e in una manciata di minuti Thor è lì con Stormbreaker in pugno e ci colpisce in pieno petto. Il film è già finito? No, è appena l’inizio e succede l’inaspettato. Un unico, intenso momento d’azione in una prima parte “parlata” e tutta assorta nella sua dimensione “umana”. I Vendicatori hanno perso e, pur cercando di andare avanti per quanto possibile, supportando i rimasti, monitorando pericoli, rifugiandosi nella famiglia, niente è ritornato come prima.

Ogni cosa è immobile, fino al successivo colpo di scena che apre lo spazio al secondo atto della pellicola. Un po’ tutti avevano previsto i viaggi nel tempo e il ruolo determinante del Regno Quantico ma, per quanto la trovata non sia stata così originale, sorprendente è il modo in cui viene messa in atto, sebbene il finale della pellicola porti con sè alcuni dubbi.

E come un viaggio nel tempo troppo rapido, Endgame va verso il suo epico, gigantesco atto finale: una battaglia spettacolare ed entusiasmante, in cui azione ed emozioni si fondono in una cosa sola, in cui i supereroi combattenti sono uomini che abbracciano il loro destino, tornato inesorabile, che hanno combattuto, sono caduti, si sono rialzati e ancora continuano a combattere. A qualunque costo.

UNA FINE INELUTTABILE

Dal punto di vista scenico, è una sequenza memorabile per quanto confusa e le sorprese si susseguono l’una dopo l’altra. Quel fugace momento in Age of Ultron l’aveva preannunciato, ma nessuno mai avrebbe immaginato di vedere Thor salvato da Mjolnir impugnato da un Capitan America ormai degno. Il tuffo al cuore nel veder ritornare sulla scena tutti gli eroi che erano spariti allo schiocco del Titano pazzo. L’abbraccio paterno tra Tony e Peter Parker, l’ultimo. L’arrivo di Pepper Potts con la sua armatura da Rescue. Il grido di battaglia di Black Panther e dei Wakandiani.

Più volte si trattiene il fiato, più volte un brivido di eccitazione percorre la schiena, fino a quel momento, quando la battaglia sembra volgere ancora una volta a sfavore degli Avengers. Sono poche le battute affidate a Benedict Cumberbatch e al suo Dr. Strange, ma quello sguardo scambiato con Tony, il secondo dopo quello in Infinity War, il gesto con la mano a ricordargli che di quei 14.605.000 finali solo uno era quello vittorioso. È un attimo, letteralmente uno schiocco di dita e la battaglia è finita. Vinta. Ma a quale prezzo?

IL POTERE DI UN CINECOMIC

Buchi nella trama, battute comiche nello stile Marvel più esasperato, Professor Hulk che ha perduto il vigore delle mazzate dell'”Hulk spacca!” rendendosi fin troppo innocuo, Thor immerso fino in fondo nella sua umanità più degradata che ne fa una versione macchiettistica del grande Lebowski, i paradossi dei viaggi nel tempo, un momento girlpower esageratamente forzato. Potremmo discutere a lungo di cosa non ha funzionato in Endgame, ma la verità è che non dobbiamo e non vogliamo farlo. Questo film poteva essere perfetto? Certo, ma forse non era necessario. Endgame non ha puntato sulla perfezione,  ma ha scommesso sulla potenza, sulla meraviglia, sull’emozione. Puristi e snob del cinema potranno gridare con tutto il loro fiato alla poca qualità artistica, alla comicità più blanda, all’intrattenimento “infantile” di questo e di tutti gli altri cinecomics… non importa.

Avengers Endgame non è solo un film, è un fenomeno culturale, un’epopea contemporanea, il mito che si incarna nella modernità. Il giro di boa di un progetto lunghissimo, disseminato negli anni, curato in ogni dettaglio, in ogni sua precisa parte, ciascuna legata all’altra da un filo, come tanti pezzi di un grande puzzle che, passo dopo passo, tornano al loro posto, rivelando un disegno più grande, superiore.

In 11 anni, molti sono cresciuti –  o tornati bambini – con questi film, compiendo passi falsi, commettendo errori, inciampando, di pari passo col percorso degli eroi, quasi come se gli eroi ricordassero di essere uomini e gli uomini imparassero a sentirsi eroi della vita di tutti i giorni. E questi stessi eroi forse hanno avuto qualcosa da insegnare nel solco della loro epica contemporanea: l’unione, la volontà, la caduta, la sconfitta, la rassegnazione, la speranza, il sacrificio.

IO SONO IRONMAN

Abbiamo imparato che la famiglia, quella di sangue o quella che hai scelto di avere intorno, è quanto di più prezioso al mondo, ci sarà sempre per te, nonostante tutto. Abbiamo imparato che il fallimento è parte della vita, di ogni vita, perchè senza fallire non si cade mai, se non si cade non si apprende mai l’arte paziente della speranza. E perfino nel buio più cupo della disperazione, abbiamo imparato che può balenare in nostro soccorso la comprensione che non sempre tutto è perduto. Se a volte bisogna lasciarsi alle spalle il passato, altre volte bisogna rinunciare a un presente appena assaporato e a un futuro ancora auspicato. È in questa dolorosa consapevolezza che abbiamo appreso che, talvolta, invece, occorre farsi da parte, con la speranza che questo messaggio resterà sempre un’eredità per le nuove generazione e tutti quelli che verranno dopo.

Perchè Endgame è anche questo, non solo botte ed eroi in armatura e calzamaglia: un insegnamento, in cui l’ironia ne stempera delicatamente la gravosità. Un messaggio di rinuncia nella speranza. Il lascito di un padre ai propri figli, la sofferenza del sacrificio che si fa possibilità di un futuro migliore. Cosa è disposto a fare un padre per i suoi figli? Tenerli per mano, dare tutto di sè, immolarsi. Questo film, al culmine di una strada irta, ci lascia andare, dopo averci cresciuti e, come un padre, ci lascia la mano, perchè quel padre siamo pronti a lasciarlo andare, anche con la tristezza nel cuore.

E così come tutto è iniziato nel 2008, Endgame ci coccola, con un ultimo malinconico abbraccio, e nelle orecchie riecheggia, incalzante, il suono sordo del martello che batte sull’acciaio in una lontana e semibuia caverna nel cuore dell’Afghanistan… Come non pensare alle parole di Steve Rogers a Tony Stark nel primo Avengers: “Non sei il tipo votato al sacrificio”. Fanno male 3000. Gli eroi sono diventati più forti, gli uomini sono maturati. E quando il Destino arriva, è tempo di salutarsi.

Un addio, o forse un arrivederci, un ultimo saluto a quegli eroi che ci hanno accompagnati in questi anni, che ci hanno fatto ridere, entusiasmato, che ci hanno uniti, e adesso ci hanno fatto piangere… questo addio è forse un preludio a qualcosa di nuovo, ma per quanto doloroso possa essere

LA FINE È PARTE DEL VIAGGIO.

Francesca Belsito

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