Il gusto amaro delle arance

COSENZA – Percorrendo le strade che costeggiano le distese di piantagioni di agrumi delle Piane di Sibari e di Gioia Tauro si intravedono, curvi sotto i rami o tra le foglie, numerose persone intente al lavoro della raccolta. Sono lavoratori di diverse nazionalità, provenienti da paesi lontani dell’Africa o dell’est Europa. Sono uomini e donne con storie affascinanti alle spalle, storie cariche di calore del ricordo delle famiglie lasciate e di disperazione per la loro sorte. Sono uomini e donne che hanno abbandonato tutto, spinti verso le coste della nostra regione dalla speranza di una vita migliore. Una speranza che invece naufraga spesso in nuove forme di schiavitù e sfruttamento.

Risalgono a tre anni fa le rivolte degli immigrati di Rosarno contro le condizioni di lavoro e di vita in cui erano costretti. Giorni di tensione e di indignazione, in cui sembrava che le proteste potessero davvero aprire gli occhi e produrre un cambiamento. Ad oggi invece il bilancio risulta peggiorato: i migranti continuano a crescere, la crisi diminuisce i guadagni, i diritti vengono calpestati e ignorati dai datori di lavoro. All’arroganza e all’ignoranza si accompagnano spesso mentalità e potere mafiosi.

“Alla tendopoli su 300 posti disponibili ci sono almeno 700 persone. 150 dormono nel tendone mensa, più di 50 a terra, e quando piove, l’acqua sale dal ghiaino anche per 10 centimetri, perché quando hanno montato la tendopoli hanno sbagliato il sito. Fuori dal recinto della tendopoli, nel fango, aumentano le baracche abusive, con pali e celofan. Non ci sono i soldi per la gestione del campo, i bagni non funzionano – già sottodimensionati per le presenze ordinarie – quelli che lo trovano fanno fino a due ore di fila per la doccia fredda”. Sono dati di Arturo Lavorato (Progetto Equosud) che con poche parole riesce a rendere l’idea di un quadro spaventoso in cui oggi vive la manodopera bracciantile immigrata. Una situazione tragica che spesso viene ulteriormente aggravata da infortuni e morte, come è accaduto appena pochi giorni fa a Rossano nel tragico incidente ferroviario.

Ma c’è ancora chi crede nel cambiamento, se all’indignazione di un momento si accompagnano gesti concreti di solidarietà e di giustizia. Torna quindi la campagna “Arance sorridenti – Spremi gli agrumi, non i braccianti”. A Cosenza infatti, tramite i Gruppi d’Acquisto Solidale, è possibile prenotare – e acquistare – le arance provenienti da produttori di agricoltura biologica che rispettano la dignità dei lavoratori, garantendo condizioni contrattuali regolari e opportunità di vita dignitose. Agli ingranaggi pericolosi e iniqui della grande distribuzione si contrappone una visione etica e solidale del lavoro e del consumo.

Un acquisto che ha quindi in sé un valore aggiunto per l’attenzione nei confronti dei lavoratori, ma che strizza un occhio anche al consumatore, offrendo prodotti di qualità.

 

Mariacristiana Guglielmelli

 

 

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