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L’altra faccia della Fiera di San Giuseppe

fiera inmensaMarzo è per i cosentini il mese della tradizionale Fiera di San Giuseppe, un appuntamento secolare, che si fa risalire ai tempi di Federico II di Svevia, ma che ha ormai perso le sue caratteristiche storiche, assumendo negli anni il volto variegato dei venditori che da ogni parte d’Italia e del mondo si ritrovano nella città bruzia in questo periodo.

Ed è proprio agli ambulati che si rivolge l’attenzione di Fiera InMensa, un’iniziativa che da oltre 10 anni raccoglie decine di associazioni e liberi cittadini di Cosenza e dell’hinterland intorno ai bisogni e alle necessità di quanti arrivano in città per la Fiera, in particolare migranti. Servizi che nel tempo si sono ampliati e diversificati, arrivando oggi ad offrire la mensa serale, il dormitorio, l’internet social point, l’assistenza medica e legale. Attività che vengono puntualmente affiancate dall’animazione nelle serate dal 14 al 19 marzo con intrattenimento culturali e ricreativi.

Cuore pulsante di questa prodigiosa macchina dell’accoglienza è l’area dei Capannoni delle ex officine della Ferrovia della Calabria, tra Viale Mancini e Via Popilia, zona che quest’anno si trova ulteriormente al centro della scena, dopo la decisione dell’amministrazione comunale di trasferire la sede della Fiera dal tradizionale centro storico al centralissimo Viale Mancini.

Un appuntamento che non è solo accoglienza rispetto alla soddisfazione delle esigenze primarie degli ambulanti, ma che soprattutto si concretizza come momento di scambio e di riflessione su numerose tematiche culturali e politiche. Un incontro che è intreccio e condivisione di esperienze.

Per dare avvio all’XI edizione di Fiera InMensa, è stato organizzato un momento di dibattito sul tema “INVISIBILI. Storie di migranti prima e dopo il viaggio dall’Africa Subsahariana attraverso la Primavera Araba”, una presentazione a più voci, a cui hanno preso parte persone provenienti da diverse zone dell’Africa.

L’introduzione di Flavia Aiello, esperta in lingua e cultura swahili, accompagna il pubblico lungo la storia ricca e tormentata del continente africano, una narrazione che ripercorre tappe dolorose di conquista e colonialismo da parte degli europei, ma anche di slanci verso l’indipendenza. Un filo rosso, quello del viaggio, che viene ripreso da tutti gli interventi: Carlos Ake e Fusseini Kpekpassi provengono dal Togo, Parfait Pmembe dal Congo-Brazzaville, Mohamed Ben Soltan dalla Tunisia, Ahmed Berraou dal Marocco. Ciascuno ha un proprio percorso che lo ha portato al di qua delle acque del Mediterrano. Ciascuno è testimone di una storia che è personale, ma anche emblematica della comunità di appartenenza.

L’immigrazione viene analizzata e sfaccettata da molteplici punti vista, così come diversi sono i motivi che spingono tante persone ad abbandonare la propria terra per cercare altrove qualcosa che garantisca maggiori opportunità. Dai racconti emerge un fenomeno che si discosta totalmente dalle immagini con cui ci bombardano i mezzi di comunicazione: su tutto spicca l’esigenza di modificare il nostro immaginario, rivalutando l’identità e la soggettività dei migranti e l’unicità dei percorsi di migrazione.

Ciascuno ha un viaggio da ricordare e da raccontare, un bagaglio di esperienze e di vita da condividere. Un viaggio che non è solo spostamento da un territorio ad un altro, ma diventa contaminazione ed arricchimento, soprattutto se si permette ai migranti della nostra città di uscire dall’invisibilità e approdare al riconoscimento.

 

 

Mariacristiana Guglielmelli

 

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