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[#CiNerd] Arrival, la recensione

Il tema dell’invasione aliena nel mondo del cinema è sicuramente uno dei più abusati.

Basti vedere film come Independence Day o La Guerra dei Mondi, in cui una razza aliena ostile giunge sul pianeta Terra. Da questo tipo di film (e in generale dalla fantascienza degli ultimi 10 anni) traspare però una brutta tendenza a voler spingere l’acceleratore sul lato spettacolare, su effetti visivi incredibili, dimenticandosi quello che ci hanno insegnato i più grandi film di fantascienza di sempre.

La vera fantascienza deve spingere lo spettatore alla riflessione, a porsi delle domande su quella che è la propria esistenza.

Osservando questa tendenza, non potete immaginare il mio stupore e la mia felicità nel vedere in sala un film come Arrival, nuova fatica del regista Denis Villeneuve, autore di thriller straordinari come Prisoners e Sicario. Il film è uscito nelle sale italiane il 19 gennaio.

Trama

La storia inizia con la comparsa di dodici astronavi aliene a forma di guscio, che vanno a posizionarsi in punti della Terra apparentemente non collegati tra loro. La nostra protagonista, Louise Banks (Amy Adams), è una linguista che viene selezionata per far parte di una squadra speciale che tenterà di comunicare con la razza aliena nel sito del Montana. A far par parte del team abbiamo anche il fisico Ian Donnelly (Jeremy Renner) e il colonnello Weber (Forest Whitaker). La sequenza iniziale del film ci mostra la morte della figlia di Louise per un raro tipo di cancro.

La prima cosa che colpisce di questo film è un approccio assolutamente originale (e probabilmente realistico) all’invasione aliena. La scelta di puntare tutto sul lato linguistico e comunicativo è senza ombra di dubbio un qualcosa che fa intuire perfettamente la direzione “non caciarona” che verrà presa dalla pellicola.

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Per buona parte del film osserviamo i protagonisti che tentano di comunicare con gli alieni presenti nel guscio, creature che hanno un design completamente diverso da quello a cui ci ha abituati la fantascienza (esseri antropomorfi o simili a creature terrestri).

Interessante lo sviluppo della trama, che tecnicamente si svolge su due binari temporali, con le immagini di Louise e sua figlia che irrompono ogni tanto nella visione, facendoci porre tantissime domande, che otterranno risposta nella straordinaria trovata finale, un plot twist di quelli che lasciano il segno per giorni dopo la visione. Questo è un film a cui approcciarsi a mente aperta e che fa capire quanto la fantascienza contemporanea ci abbia dato la brutta abitudine di guardare un film aspettandosi un qualcosa di banale e già visto.

I personaggi sono tutti ottimi, ma solo la protagonista viene approfondita a 360 gradi, concentrandosi soprattutto sul suo lato riflessivo.

Arrival è un film che esce dagli schemi convenzionali, ti entra dentro come pochi film riescono a fare, facendo riflettere su diversi argomenti come il destino, il tempo e l’animo umano. Credo che questa pellicola diventerà un classico della fantascienza, perché riesce a dargli nuova linfa e nel nuovo millennio ci sono riusciti solo pochi film come Moon, District 9 e Sunshine.

Lato Tecnico

Parlando del lato tecnico, la regia di Villeneuve è veramente superlativa. Il film vive della sua messa in scena lenta e pulita. Nelle scene di dialogo abbiamo delle inquadrature strette e con diaframmi apertissimi, in cui il regista gioca con i vari piani di messa a fuoco per concentrarsi sull’attore che sta parlando in quel momento, invece di utilizzare i classici campi e controcampi. Un approccio veramente complesso da mettere in scena, perché se ci pensate ci deve essere una coordinazione perfetta tra i tempi di messa a fuoco del macchinista e la durata delle battute degli attori.

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Nei primi piani della Adams abbiamo lo stesso utilizzo di un fuoco strettissimo, che sembra isolarla dal mondo che la circonda, concentrandosi sulla pura e semplice bravura recitativa dell’attrice. Infatti la Adams tira fuori una prova attoriale veramente impressionante, roba che non si vedeva dai tempi di Her di Spike Jonze, nonostante in quel film avesse un ruolo secondario (purtroppo non ho ancora visto Animali Notturni). Sicuramente questa attrice riesce a dare il meglio di se in ruoli fortemente drammatici. Anche gli altri attori tirano fuori delle prove veramente notevoli, questo anche grazie a Villeneuve, che si è sempre dimostrato un ottimo “direttore d’orchestra” dei suoi attori. Tornando alla regia, nella parte iniziale del film abbiamo una sequenza in campo lungo che ci mostra l’astronave che è probabilmente una delle scene più suggestive che si siano mai viste in un film di questo genere. La regia è accompagnata da un montaggio che si prende il suo tempo, aumentando il senso di immersione nella vicenda.

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Uno spezzone della sequenza

 

La fotografia del film è magnifica, con i suoi toni freddi e taglienti. Le musiche fanno letteralmente tremare la sala, ti entrano dentro con i loro toni gravi e potenti. In generale sul piano tecnico abbiamo un film veramente impeccabile.

In Conclusione

Arrival è un film di fantascienza d’altri tempi, un perfetto esempio di quanto il genere fantascientifico possa essere forte sul lato umano. Vi invito a correre in sala, perché è un film che andrebbe visto al cinema per goderselo al 100%. Sicuramente una pellicola che con il passare degli anni verrà sempre più valorizzata, diventando probabilmente un vero e proprio cult.

Attendiamo il sequel di Blade Runner ad opera dello stesso Villeneuve che, visto il buon gusto del regista, si preannuncia come un film quantomeno interessante.

Antonio Vaccaro