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Omicidi Lanzino e Carbone, assolto Franco Sansone

CATANZARO- È stato assolto dalla Corte di appello di Catanzaro, Franco Sansone, il pastore di Cerisano accusato di aver seviziato e ucciso Roberta Lanzino il 26 luglio del 1988 a Falconara Albanese. Per lui e per il padre Alfredo Sansone, il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Luigi Carbone  ritenuto coautore del delitto di Roberta . Insieme ai due, nel processo di primo grado risultava tra gli imputati il fratello di Franco, Remo Sansone, assolto dalla Corte d’Assise di Cosenza . A distanza di quasi trent’anni , i due omicidi, Lanzino e Carbone, sono casi irrisolti. Erano stati inizialmente accusati del delitto i cugini Frangella, poi scagionati. Il caso fu riaperto dopo che l’ex boss cosentino, Franco Pino, disse di aver appreso in carcere indiscrezioni sul coinvolgimento dei Sansone nella vicenda. I rilievi sul Dna hanno poi smentito la versione dei fatti.

Maltrattamenti in famiglia, assolto ventinovenne

ROSSANO  (CS) – Si è concluso con una sentenza di assoluzione il processo a carico di P.A, ventinovenne rossanese pregiudicato, difeso di fiducia dal penalista Avv. Francesco Nicoletti. Il giovane era accusato di aver offeso, percosso e minacciato la madre anche per estorcerle denaro. Già in precedenza, P.A. era finito in manette con l’accusa di maltrattamenti ai danni della madre. La sera del 20 agosto 2016 è giunta sull’utenza dei Carabinieri una telefonata nel corso della quale si sentivano urla ed una voce femminile che gridava aiuto. Il militare in ascolto ha inoltre udito rumori di oggetti che andavano in frantumi ed una voce maschile che proferiva minacce. Sempre dalla stessa utenza sono giunte altre telefonate e solo nell’ultima l’interlocutrice ha indicato l’indirizzo presso cui intervenire. Giunti sul posto, i carabinieri hanno raccolto la denuncia della donna che confermava l’aggressione ed effettuato i rilievi fotografici relativi a mobili e arredi distrutti. Su disposizione del Pubblico Ministero procedente, stante la gravità dei fatti contestati, in quella occasione il 29enne è stato arrestato e trasportato presso il carcere di Castrovillari. Nei confronti dell’imputato è stata emessa richiesta di giudizio immediato a cui è seguita, da parte della difesa, la richiesta di accedere al giudizio con il rito abbreviato. All’esito del processo, a conclusione della propria arringa il Pm ha formulato una richiesta di pena pari a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Il Tribunale di Castrovillari, in totale accoglimento delle tesi e delle richieste avanzate dalla difesa, ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti del giovane rossanese.     

Assolto imprenditore di Mirto Crosia

CASTROVILLARI (CS) – Imprenditore assolto per non aver commesso il fatto. È l’esito della sentenza a cui sono giunti i giudici del Tribunale di Castrovillari a favore di un imprenditore di Mirto Crosia accusato di spaccio di sostanza stupefacente. L’uomo era stato tratto in arresto lo scorso mese di giugno all’esito di una perquisizione effettuata congiuntamente dai Carabinieri della Stazione di Calopezzati e dai Carabinieri della Stazione di Mirto-Crosia. In quell’occasione i militari hanno rinvenuto della sostanza stupefacente del tipo cocaina unitamente a un bilancino di precisione e a un coltello con la lama annerita utile per il confezionamento delle dosi. L’attività di indagine era stata avviata in seguito alla ricezione da parte dei carabinieri della notizia riferita da una fonte confidenziale, secondo la quale nei luoghi di proprietà o comunque nella disponibilità dell’imprenditore si trovava la sostanza stupefacente. La perquisizione è stata effettuata dai militari con l’utilizzo di un cane antidroga appartenente al Nucleo Cinofili Carabinieri di Vibo Valentia. Nel corso della stessa operazione di polizia sono stati rinvenuti proiettili vari nonché numerose carte di identità di provenienza illecita in quanto oggetto di regolare denuncia di smarrimento effettuata dai legittimi proprietari. Scattate le manette, l’imprenditore è comparso, in stato di arresto, dinanzi al Tribunale penale di Castrovillari per essere giudicato con il rito direttissimo. In tale sede la difesa ha chiesto e ottenuto la definizione del processo nelle forme del rito abbreviato, all’esito del quale, in accoglimento delle tesi e delle richieste avanzate dall’avvocato F. Nicoletti, il Tribunale ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti dell’uomo con la formula per non aver commesso il fatto.

Assolti i due carabinieri per l’omicidio di Sandrino Greco

ROSSANO (CS) – Sono stati assolti per uso legittimo delle armi, il brigadiere Pasquale Greco e l’appuntato scelto Luca Zingarelli, già in servizio alla compagnia di Rossano, Reparto operativo e radiomobile. I due carabinieri, difesi dall’avvocato Ettore Zagarese, erano accusati di avere volontariamente ucciso il 36enne Sandrino Greco nella notte tra il 20 e il 21 gennaio 2011 a Rossano. Lo ha deciso la Corte di Assise di Cosenza, presieduta dal giudice Garofalo, a latere Bilotta, che ha accolto le tesi sostenute dal difensore dei due militari e condivise, nel corso della sua articolata requisitoria, dal pm Draetta. Una sentenza che ha ribaltato l’imputazione e che ha assolto con formula piena Greco e Zingarelli.

«Non posso negare la mia soddisfazione per l’esito del processo – ha dichiarato l’avvocato Ettore Zagarese – . Non tanto perché risultano accolte tesi da me propugnate sin dalle fasi iniziali del processo, quanto perché è stata finalmente rimossa l’accusa nei confronti dei due militari di avere volontariamente soppresso una vita».

 

Paolo Nucera assolto dall’accusa di associazione a delinquere

www.ansa.it
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GENOVA – Paolo Nucera, ritenuto capo della ‘ndrangheta di Lavagna, è stato assolto dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso per non aver commesso il fatto. Lo scorso luglio il pm Alberto Lari aveva chiesto la condanna a 12 anni di Nucera ritenuto capo della ‘ndrangheta di Lavagna e finito in carcere per una inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel comune , difeso dagli avvocati Claudio Zadra e Andrea Vernazza. Il processo era uno stralcio dell’inchiesta Maglio 3 della Dda di Genova che aveva portato in carcere 12 presunti boss e affiliati della ‘ndrangheta. Nucera era stato arrestato insieme ai due fratelli Antonio e Francesco e ad Antonio e Francesco Rodà nell’inchiesta “I conti di Lavagna”, mentre erano finiti ai domiciliari l’ex sindaco Giuseppe Sanguineti, il consigliere comunale Massimo Talerico e l’ex deputata dell’Udc Gabriella Mondello. Secondo l’accusa, i politici avrebbero ottenuto l’appoggio elettorale dalle famiglie dei presunti boss in cambio di favori per la gestione dei rifiuti e dei chioschi sul litorale.

Padre Fedele, l’incubo è finito

COSENZA – Confermata dalla Cassazione la definitiva assoluzione di Fedele Bisceglia, il sacerdote sospeso “a divinis” dopo l’inchiesta per violenza sessuale nei confronti di una suora nell’ambito della quale era stato condannato nel primo processo di appello, poi annullato con rinvio dalla Suprema Corte che – adesso – ha dato il suo parere favorevole al proscioglimento deciso nell’appello bis il 22 giugno del 2015 dalla Corte di Appello di Catanzaro. I supremi giudici hanno infatti respinto il ricorso del pm contro l’assoluzione di Bisceglia. E’ stato respinto invece il ricorso del segretario di padre Fedele, Antonio Gaudio, contro la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti della suora. Nel primo processo d’appello, Bisceglia era stato condannato a nove anni e tre mesi di carcere. Per questa vicenda era stato anche arrestato. «Mi sento rinascere, oggi è davvero un bel giorno!». Lo ha detto Padre Fedele all’Agi, dopo il verdetto della Cassazione che ha reso definitiva l’assoluzione dell’ex frate dall’accusa di aver abusato di una suora.

«Giustizia è fatta – aggiunge Eugenio Bisceglia, difensore di Padre Fedele – dopo 11 anni di calvario viene ristabilita la verità. Si è chiuso il capitolo giudiziario, se ne aprono altri che a questo punto devono essere valutati attentamente. Uno dei tanti è il fascicolo giudiziario che si deve aprire urgentemente e necessariamente con lo stesso vigore presso la Procura della Repubblica di Cosenza nei confronti di chi l’ha accusato ingiustamente. Se le cose devono andare seguendo le regole del codice di procedura penale – sottolinea – non spetta a noi dare l’impulso per un’azione di calunnia, spetta d’ufficio alla Procura della Repubblica di competenza prendendo atto del rigetto da parte della Cassazione del ricorso della Procura generale, mi auguro che il fascicolo venga aperto con la stessa vivacità e con lo stesso vigore per come hanno agito contro padre Fedele».

Mario Occhiuto: «Auguro a Padre Fedele di poter ritrovare la giusta serenità»

COSENZA – «Si chiude oggi definitivamente la lunga vicenda giudiziaria di padre Fedele Bisceglia. Una vicenda che non solo ha segnato la vita di un uomo, ma che a suo tempo sconvolse la città con ridondante risalto sui media nazionali». Sono queste le parole con le quali il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, è intervenuto in merito alla sentenza assolutoria della Suprema Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso della Procura generale. «Apprendo che è stata confermata la sentenza assolutoria già ottenuta in appello – prosegue Occhiuto – e mi unisco alla gioia del frate e di tutti coloro che lo hanno sostenuto in questi lunghi anni di calvario. Dopo questa dura battaglia legale, auguro a Padre Fedele di ritrovare la giusta serenità continuando a occuparsi dei suoi amati poveri, degli ultimi, degli emarginati, ai quali ha dedicato la propria esistenza».

Assolto il rossanese Antonio Pometti

TRIBUNALE CASTROVILLARICASTROVILLARI (CS) – Il Giudice monocratico del Tribunale di Castrovillari ha decretato l’assoluzione per il trentunenne rossanese Pometti Antonio assistito e difeso di fiducia dall’avvocato Giuseppe Vena. Il giovane era chiamato a rispondere penalmente dei reati di lesioni e tentata violenza privata ai danni di un commerciate. Per tali episodi il giovane rossanese venne denunciato e processato, sicchè all’udienza dibattimentale l’avvocato Giuseppe Vena procedeva ad interrogare il denunciante dal cui narrato emergeva una situazione ridimensionata e quest’ultima proponeva pure la remissione di querela cosicchè il legale del Pometti chiedeva, quindi, al giudice di riqualificare il fatto in minacce semplici e liberare da ogni accusa il proprio assistito. Il Giudice , valutato tutto il cartaceo processuale, in pieno accoglimento della tesi difensiva, liberava l’uomo da ogni accusa

Abbandono di domicilio e mancata erogazione dei mezzi di sussistenza. Assolto trentenne castrovillarese

Tribunale CastrovillariCASTROVILLARI (CS) – Il Tribunale monocratico del Tribunale di Castrovillari, accogliendo pienamente la tesi difensiva sostenuta dall’avvocato penalista Giuseppe Vena , ha nuovamente assolto, per la seconda volta, ma per episodi differenti, con la formula perché il fatto non sussiste, il trentenne rossanese G.C. , tratto a giudizio per aver abbandonato il domicilio domestico con il proposito, attuato, di non farvi ritorno per un lasso di tempo rilevabile, senza giustificato motivo ; sottraendosi così, agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale ed alla qualità di coniuge nonché facendo mancare i mezzi di sussistenza alla moglie ed alla figlia minorenne. All’udienza dibattimentale, l’uomo era assistito e difeso dall’avvocato Giuseppe Vena il quale, quest’ultimo, controesaminando la persona offesa , dopo l’interrogatorio del Pubblico Ministero, faceva emergere l’impossibilità del suo assistito ad adempiere al dovuto, atteso la sua impossibilità ed incapacità economica; concludeva il legale di fiducia in sede di arringa difensiva, con una richiesta di assoluzione , immediatamente accolta dal giudice

Delitto Fazio Cirolla, la Cassazione assolve gli imputati

ROMA – Rimane senza colpevoli il delitto di Fazio Cirolla, ucciso a Sibari il 27 luglio del 2009. La Cassazione ha assolto con formula piena i due imputati, Archentino Pesce e Saverio Lento, ribaltando la condana loro inflitta dalla Corte d’Appello di Catanzaro a 30 anni di reclusione. La vittima, operaio, venne freddato davanti agli occhi dei suoi tre bambini e assassinato, secondo quanto accertato dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, per un tragico errore: al suo posto doveva essere ammazzato Salvatore Lione, ritenuto dagli inquirenti il contabile del clan Forastefano di Cassano. Il pg della Suprema Corte aveva chiesto la conferma della condanna a 30 anni di carcere per Pesce, difeso dall’avvocato Vincenzo Belvedere, e per Lento, difeso dai legali Rossana Cribari e Pasquale Marzocchi.  La Corte di Cassazione ha emesso invece sentenza di assoluzione.