Archivi tag: bancarotta

Bancarotta fraudolenta, nei guai tre imprenditori cosentini

COSENZA –  I militari del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Cosenza e della Sezione di P.G. della Guardia di Finanza presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, nell’ambito delle indagini dirette da questa Procura della Repubblica, hanno eseguito tre misure cautelari personali nei confronti di altrettanti imprenditori cosentini operanti nel settore del commercio all’ingrosso ed al minuto di abbigliamento, indagati per il delitto di bancarotta fraudolenta previsto e punito dagli artt. 216, 219 e 223 R.D. 16 marzo 1942 nr. 267 (Legge Fallimentare).

Contestualmente, i Finanzieri hanno, altresì, notificato ai tre imprenditori l’applicazione della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali. Nello specifico, all’esito di articolate indagini di polizia giudiziaria, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ed eseguite attraverso complesse e minuziose ricostruzioni contabili, è emerso che gli indagati destinatari delle misure cautelari personali hanno posto in essere, nel tempo, più fatti e reiterate condotte di bancarotta fraudolenta, consistite nell’aver provocato il fallimento della società da loro gestita mediante la distrazione e dissipazione dei beni della stessa realizzate attraverso plurimi negozi giuridici, privi di controprestazione per la fallita, posti in essere con altre società facenti capo allo stesso gruppo imprenditoriale. In particolare la società in questione, a fronte di significativi acquisti di merce destinata alla rivendita, procedeva con plurimi negozi giuridici alla vendita della merce stessa, a società riconducibili al medesimo gruppo familiare, in assenza di giustificazione economica e di movimentazione finanziaria.

Le suddette condotte venivano inoltre aggravate dalla sottrazione e distruzione dei libri e delle altre scritture contabili con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori, nonché con l’omissione sistematica del versamento dei contributi previdenziali e delle imposte dovute fin dalla costituzione della società, tanto da maturare un debito verso l’erario di oltre due milioni e mezzo di euro ed un passivo fallimentare complessivo pari a quasi tre milioni e mezzo di euro. 2 La gravità delle condotte di bancarotta accertate, la loro reiterazione nel tempo ed il concreto pericolo che possano essere nuovamente commessi reati della stessa natura di quelli contestati, hanno consentito di richiedere ed ottenere i provvedimenti cautelari personali ed interdittivi eseguiti in data odierna.

Occhiuto indagato per bancarotta. «Sono sereno. Società lasciata appena diventato sindaco»  

COSENZA – Il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, ha ricevuto questa mattina un avviso conclusione indagini per bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento di una società di cui era amministratore. (Notizia qui)

In particolare, Occhiuto è accusato di avere distratto dal capitale della società Ofin – fallita nell’ottobre 2014 – oltre tre milioni di euro destinandoli all’aumento di capitale di altre due aziende.

Nell’inchiesta – condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Cosenza e coordinata dalla locale Procura – sono indagati anche Carmine Potestio, socio della Ofin e, in passato, capo gabinetto di Occhiuto al Comune, e la sorella del sindaco, Annunziata, in qualità di amministratore e legale rappresentante della società da settembre a ottobre 2014, data del fallimento. Occhiuto è ritenuto responsabile anche della distrazione di alcuni immobili di cui avrebbe ceduto il contratto di leasing ad altre società a lui riconducibili senza alcun corrispettivo.

Le dichiarazioni del sindaco

«Tengo a precisare che si tratta di una società che ho lasciato non appena diventato sindaco – dichiara in una nota il sindaco -, come tutte le altre in cui ero presente prima dell’elezione al Comune di Cosenza. Non ho ancora avuto modo di visionare gli atti e con il mio legale di fiducia provvederò a fornire i chiarimenti del caso. Appare strano comunque che la notizia della vicenda sia stata diffusa così velocemente da arrivare quasi prima alla stampa che al sottoscritto, sebbene pare che sia stato un esponente politico attualmente al potere ad avere premura di diffonderla immediatamente contattando finanche le televisioni nazionali. Ma posso dire di sentirmi sereno perché dalle ipotesi di accusa sono fatti di cui posso dimostrare una condotta legittima. Certo, ripeto, sono sereno, però resto perplesso, visto che dallo scorso 13 aprile, quando a Lamezia ho annunciato la mia candidatura a governatore della Calabria, ho ricevuto alcune notifiche giudiziarie, una dietro l’altra. Sarà una coincidenza, ma la mia perplessità riguarda la tempistica. Continuerò ad andare avanti tranquillo per la mia strada, con la coscienza a posto e difendendomi nelle sedi opportune, consapevole di avere sempre lavorato nel rispetto delle regole, ispirato a principi di onestà e di bontà. Non posso non rilevare, tuttavia, il rammarico di vivere determinate circostanze in un periodo difficile caratterizzato da movimenti che istigano all’odio e alla gogna mediatica».       

Bancarotta fraudolenta, ai domiciliari un imprenditore cosentino

COSENZA – I militari del Comando Provinciale di Cosenza, nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Cosenza, hanno posto agli arresti domiciliari un imprenditore cosentino, indagato per il delitto di bancarotta fraudolenta in esecuzione di una misura cautelare personale emessa dal GIP del Tribunale di Cosenza.

Le attività investigative condotte dalle Fiamme Gialle del Nucleo di polizia economico- finanziaria di Cosenza sono state incentrate su una società operante nel settore del brokeraggio, con diverse filiali dislocate sull’intero territorio nazionale, dichiarata fallita nell’anno 2015, il cui amministratore ha distratto beni e denaro per un valore pari a circa € 1.800.000, grazie ad abili artifizi contabili.

In particolare, il destinatario della misura restrittiva è risultato essere il vero regista di un ben articolato sistema fraudolento che prevedeva la distrazione di denaro e beni della società fallita attraverso diversificate modalità delittuose, consistenti nell’acquisto di ingenti forniture di beni, che immediatamente venivano rivenduti a soggetti terzi, senza pagamento del corrispettivo, per poi ritornare nella disponibilità dell’indagato, e nella distrazione di somme dai conti correnti societari, giustificati in contabilità da crediti inesistenti.

Successivamente, la società, continuando ad accumulare debiti, veniva destinata al fallimento, ormai svuotata di tutti i beni, con grave pregiudizio dei creditori sociali. A fallimento conclamato, quindi, il collaudato sistema veniva reiterato in un’altra società satellite consentendo all’imprenditore di approvvigionarsi di beni e servizi, oltre che di denaro, con modesti investimenti.

Le indagini, svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Cosenza, hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere il provvedimento di arresto notificato in data odierna all’indagato, già noto per precedenti truffe perpetrate sull’intero territorio nazionale.

Prosegue incessante, pertanto, l’attività della Procura della Repubblica di Cosenza e della Guardia di Finanza al contrasto degli illeciti societari e fallimentari, onde garantire il corretto funzionamento del mercato, la libera concorrenza e la tutela degli operatori economici che operano nel rispetto della legge.

Sodalizio criminale gestito in famiglia, sequestro milionario nel lametino

LAMEZIA TERME (CZ) – Nella mattinata odierna i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro, coordinati dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio e dal sostituto procuratore Marta Agostini, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali, emessa dal g.I.P. del tribunale di Lamezia Terme su richiesta di questa procura della Repubblica, nei confronti di un sodalizio criminale costituito dai coniugi Rutigliano Michele (61) e Catanzaro Lina (57) e dai loro figli Rutigliano Gioacchino (33) e Domenico (30), denunciati a vario titolo per bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata per € 2.055.489,60, nonché per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta ed infedele e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, per € 1.548.217,73. Le fiamme Gialle hanno proceduto a sottoporre a sequestro preventivo, ai fini della confisca, le somme costituenti il profitto dei reati ipotizzati, per l’importo complessivo di € 3.603.707,33, nonché tutte le attività di impresa, oltre a beni mobili ed immobili, riconducibili agli indagati. Ai soggetti responsabili dei reati contestati è stato anche notificato il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale o di impresa.

OPERAZIONE LUCE

Il provvedimento di sequestro trae origine da una complessa e articolata indagine denominata “Operazione Luce”, coordinata da questa procura della repubblica e condotta dal gruppo tutela economia del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, che ha preso le mosse dall’approfondimento di alcune operazioni sospette riconducibili a movimentazioni finanziarie di due società lametine operanti nel settore del fotovoltaico e della carpenteria metallica, entrambe riconducibili alla famiglia Rutigliano. I finanzieri, insospettiti da alcune movimentazioni sui conti correnti societari e personali, hanno svolto gli accertamenti con una serie di acquisizioni documentali e indagini finanziarie su decine di rapporti bancari (tra conti correnti, carte di debito e depositi), nonché attraverso numerose richieste di controlli incrociati inviate a soggetti economici residenti in altre regioni d’Italia.

In esito alle investigazioni è stato così accertato che diverse aziende dei Rutigliano manifestavano un forte indebitamento verso l’erario, nonostante i cospicui volumi d’affari rilevati. Attraverso artifici contabili e manovre finanziarie, le aziende, infatti, venivano depauperate delle proprie risorse, facendo confluire gli incassi delle fatture emesse su conti correnti personali dei familiari oppure, in alcuni casi, facendo ricorso al finanziamento soci non giustificato da effettive esigenze personali. Questo modus operandi determinava nel dicembre del 2011 la pronuncia di fallimento della Rcs di Rutigliano Michele & c. Sas da parte della sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme e la messa in liquidazione della erre impianti srl.

 

Operazione “Araba Fenice” denunciati imprenditori per bancarotta fraudolenta

VIBO VALENTIA – I Finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Lamezia Terme nei confronti di due società facenti parte di un gruppo di fatto riconducibile a noti imprenditori da tempo attivi nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di materiali edili.

Il provvedimento scaturisce all’esito di indagini delegate dalla Procura della Repubblica lametina finalizzate ad accertare eventuali responsabilità penali a carico degli amministratori di una società dichiarata fallita nel settembre del 2015 che hanno, tra l’altro, portato alla denuncia dei relativi amministratori per il reato di bancarotta fraudolenta.

Azzerare le garanzie patrimoniale mediante la creazione di un nuovo organismo socetario

Gli accertamenti svolti hanno infatti permesso di appurare come, in prossimità del fallimento, gli amministratori della società abbiano compiuto una serie di atti dispositivi, anche a titolo gratuito, volti, da un lato, ad azzerare le garanzie patrimoniali nei confronti dei creditori e, dall’altro, ad assicurare la continuità aziendale mediante la creazione “ad hoc” di un nuovo organismo societario, di fatto sempre riconducibile allo stesso gruppo familiare degli originari amministratori. Ed invero, per come accertato, gli amministratori hanno distratto beni merce e beni strumentali ed effettuato donazioni di beni in favore sia di prossimi congiunti sia di altre società del gruppo familiare. Utilizzando i beni così sottratti, i soggetti attinti dal provvedimento di sequestro, hanno proseguito l’attività imprenditoriale attraverso un’altra società di nuova costituzione, sorta sulle ceneri di quella fallita. Oggetto del provvedimento di sequestro, sono stati i beni della società neo costituita ed i residui beni ancora in capo alla società fallita, entrambe operanti nello stesso settore merceologico. Il valore dei beni sequestrati in capo alle due citate società ammonta a oltre 5 milioni di euro

Appalti pubblici e bancarotta, sequestro di 2 milioni di euro

VIBO VALENTIA – I finanzieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia hanno effettuato il sequestro di beni per oltre 2 milioni di euro nei confronti di un’importante società di costruzioni del vibonese. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Vibo Valentia, su richiesta della locale Procura della Repubblica, all’esito di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria della Guardia di Finanza, in relazione al fallimento di una società consortile appositamente costituita per la gestione di un lotto di lavori di un importante appalto pubblico.

Per la partecipazione alla gara di appalto, era stata presentata offerta da parte di un’Associazione Temporanea di Imprese della quale faceva parte, oltre all’imprenditore vibonese destinatario del sequestro, anche uno dei principali gruppi imprenditoriali nazionali operanti nel settore idrico (nei cui confronti, comunque, non è stata contestata alcuna ipotesi di reato). Una volta vinta la gara di appalto, tra le imprese facenti parte della citata Associazione Temporanea, era stata costituita una Società consortile avente la finalità di assicurare la gestione in forma unitaria dell’appalto. Tuttavia, a seguito della fuoriuscita dalla consortile del soggetto economico di primaria importanza, la società consortile è stata, di fatto, dissanguata dall’imprenditore vibonese (che nel frattempo aveva acquisito il 100% delle quote sociali) il quale, pur continuando ad incamerare le somme erogate dall’Amministrazione appaltante in base ai vari stati di avanzamento lavori, ometteva di trasferire le suddette disponibilità nelle casse della società consortile. Il mancato ripianamento dei costi causava il fallimento della consortile, che non era più in grado di pagare gli ingenti debiti accumulati nei confronti dei fornitori e dei lavoratori dipendenti. Per tale motivo l’imprenditore vibonese e diversi soggetti, tra cui alcuni professionisti incaricati della procedura fallimentare, sono stati segnalati, a vario titolo, alla locale Procura della Repubblica, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, falso in attestazioni e relazioni nell’ambito della procedura fallimentare, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e omessa denuncia di reato commessa da parte del pubblico ufficiale.

Il sequestro effettuato nei confronti dell’imprenditore vibonese ha riguardato somme di denaro per circa 2 milioni e 200mila euro, depositate su conti correnti bancari. La società dichiarata fallita era impegnata nell’esecuzione di un appalto pubblico per la realizzazione di un’infrastruttura strategica nel settore delle risorse idriche in provincia di Reggio Calabria, allo stato ancora incompiuta. L’operazione conclusa si inserisce nel più ampio dispositivo di contrasto agli illeciti di natura economico-finanziaria, messo in atto quotidianamente sul campo dal Corpo della Guardia di Finanza.

Interdetto per bancarotta e peculato gestiva occultamente attività, arrestato imprenditore lametino

CATANZARO – I finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare personale  e ad un decreto di sequestro preventivo di sette società nei confronti di un noto imprenditore lametino.
Giuseppe Cristaudo, imprenditore lametino di 48 anni operante nel settore della gestione di sale gioco e biliardi, videogames e slot machine, era stato recentemente individuato come responsabile di bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione dei redditi e peculato nell’ambito dell’Operazione “Tyche 2” condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria – Gruppo Tutela Economia di Catanzaro culminata, nello scorso mese di giugno, con la notifica al Cristaudo e alla moglie Caruso Titina della
misura del divieto temporaneo di esercitare ogni attività di impresa e con l’ingente sequestro di immobili, apparecchi da gioco e di una sala bowling da 12 piste della “Casimò Entertainment S.r.l.”.
Le ulteriori indagini hanno consentito di accertare che l’indagato, nonostante il divieto impostogli dallo specifico provvedimento giudiziario, continuava a dirigere personalmente ed attivamente attività commerciali formalmente intestate alla moglie e al figlio. Il Cristaudo, anche dopo le esecuzioni della citata misura interdittiva, seguitava a recarsi presso i locali della “Casimò Entertainment S.r.l.” e della “Slot Village S.r.l.” dove contattava fornitori, impartiva quotidianamente direttive ai dipendenti, nonché assicurava una costante e scrupolosa presenza presso le attività commerciali.
Le indagini hanno permesso di accertare anche che il Cristaudo ha continuato ad occuparsi degli incassi delle predette due società, avendo accesso diretto alla cassa e alla cassaforte delle stesse.
Sulla base di quanto emerso, il GIP del  Tribunale di Lamezia Terme  ha disposto  il sequestro delle sette società attive riconducibili al predetto o ai suoi familiari. Le sette società sequestrate sono tutte con sede a Lamezia Terme, cinque sono attive nel complessivo settore delle sale gioco e biliardo, una è un bed and breakfast ed una si
occupa di noleggio di imbarcazioni da diporto.

Fiamme Gialle, Mimmo Barile ai domiciliari per bancarotta fraudolenta

COSENZA – I militari del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Cosenza, nell’ambito delle indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Cosenza, hanno eseguito una misura cautelare personale nei confronti di Mimmo Barile, imprenditore cosentino operante nel settore degli hotel di lusso, per il delitto di bancarotta fraudolenta.
Contestualmente, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno eseguito un sequestro preventivo di circa 2 milioni e mezzo di euro nei confronti di tre società gestite dal medesimo imprenditore. Come si ricorderà Barile, già consigliere regionale, era già stato condannato per aver sottratto 500mila euro alla Fondazione Field di cui era presidente.
La società fallita è stata nel tempo gravata da rilevanti esposizioni debitorie nei confronti di banche, fornitori e società di leasing, nonostante sia stata destinataria di rilevanti contributi regionali sin dagli anni ’90. Il dissesto finanziario della società e, quindi, il depauperamento del patrimonio della stessa, è stato pertanto la conseguenza di una gestione caratterizzata da continue e ingiustificate distrazioni di denaro perpetrate dai soci, sia a favore di loro congiunti sia sotto forma di finanziamenti a favore delle altre società del Gruppo.
Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Cosenza, hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere il provvedimento di arresto notificato in data odierna all’indagato.

Bancarotta, beni per 3 milioni di euro sequestrati a due coniugi

CATANZARO – Somme di denaro e beni per un ammontare complessivo di oltre tre milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro, coordinati dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme (Cz), Salvatore Curcio, e dal sostituto Marta Agostini. I provvedimenti riguardano tre persone accusate a vario titolo di bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione dei redditi e peculato. Le Fiamme Gialle, in particolare, hanno notificato ai coniugi Giuseppe Cristaudo e Titina Caruso, di 48 e 45 anni, la misura del divieto temporaneo di esercitare ogni attività di impresa, mentre a Battista Cristaudo, di 52 anni, è stato notificato il divieto di esercitare la professione di commercialista.

I coniugi erano stati già colpiti, nel novembre 2015, da misure interdittive nell’ambito dell’Operazione “Tyche” con l’accusa di peculato, bancarotta fraudolenta, dichiarazione infedele e circonvenzione di incapace, commessi nell’ambito del fallimento della Caruso Group Srl, società a loro riconducibile e operante nel settore della gestione di videogiochi ed apparecchi da intrattenimento. In quella circostanza, i finanzieri avevano individuato alcuni beni confluiti nella società lametina Automatic Games Srl, costituita dai due coniugi e poi dichiarata fallita nel 2014.

L’approfondimento delle vicende legate al fallimento della Automatic Games Srl avrebbe portato alla luce una serie di anomalie e artifizi contabili tesi a rendere difficilissima la ricostruzione del patrimonio e il movimento degli affari della società. Le indagini avrebbero consentito di accertare lo “svuotamento” progressivo dei beni societari, in danno di creditori e pubblica amministrazione, a favore della Casimò Entertainment Srl di Titina Caruso e di un’altra società riconducibile al marito.

I beni, costituiti da un impianto di bowling a 12 piste e numerosi apparecchi da intrattenimento (oltre 200 apparecchi da gioco tra slot-machine, flipper, carambole e altri), erano stati ceduti alla Casimò Entertainment Srl a titolo gratuito o a cifre irrisorie rispetto al prezzo di acquisto, rendendo la Automatic Games Srl una mera “scatola vuota” fino alla dichiarazione di fallimento. Dagli accertamenti sono anche emersi oltre 4 milioni e mezzo di euro “scassettati”, ovvero prelevati dagli apparecchi da gioco e mai transitati nelle casse della società fallita, tra i quali era computata anche la quota da versare all’erario quale concessionario per la tenuta di apparecchi da gioco con vincita in denaro (circa 48 mila euro). La dissipazione del patrimonio societario sarebbe avvenuta con il concorso di Battista Cristaudo, commercialista della società, che avrebbe fornito “un considerevole apporto personale”, gestendo la contabilità della Automatic Games Srl nella quale, tra l’altro, avrebbe registrato costi fittizi per oltre 2 milioni di euro allo scopo di abbattere i ricavi e distrarre liquidità. Alla luce delle indagini svolte, pertanto, il gip Valentina Gallo ha emesso l’ordinanza di misure cautelari e disposto il sequestro preventivo. I finanzieri hanno, quindi, sequestrato conti correnti accesi in diversi istituti di credito, quattro immobili (tra cui una villa di 15 vani con piscina a Lamezia Terme), la sala bowling a 12 piste collocata nel centro commerciale “Due Mari” di Maida (CZ) e centinaia di slot-machine.

Bancarotta fraudolenta di una società che si indebita e fallisce. Denunciati gli amministratori

COSENZA – Gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della guardia di finanza di Cosenza, nell’ambito delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Cosenza sotto la direzione del Procuratore Spagnuolo, hanno denunciato gli amministratori di una società cosentina operante nel settore edile per bancarotta fraudolenta e sequestrato beni aziendali ceduti ad altra società.

La società edile, formalmente gestita da un amministrare fittizio, dopo aver accumulato debiti tributari per circa 2 milioni di euro ed altri debiti per circa 3 milioni di euro, al fine di sottrarsi al pagamento dei debiti, ha ceduto i propri beni aziendali ad altra società controllata dallo stesso amministratore ed è stata avviata a fallimento.

In particolare, prima della dichiarazione di fallimento, la società , al fine di evitare il pagamento dei debiti, ha venduto terreni e automezzi nonché la titolarità di attestazioni di qualificazione necessarie per la partecipazione alle gare pubbliche, vera “ricchezza patrimoniale” disponibile dal soggetto avviato a fallimento. I creditori sono stati dunque privati di ogni utile garanzia di pagamento, risultando la società, al termine dell’operazione, una vera e propria “scatola vuota”, non più in grado di saldare i debiti.

Il risultato finale è stato quello di “svuotare” la società indebitata, privandola dei beni aziendali per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro. Una volta “svuotata” , la società ha continuato parzialmente l’attività e si è resa sconosciuta al fisco, non presentando più le dichiarazioni fiscali.

A conclusione delle indagini, è stato individuato il vero amministratore della società, denunciato per bancarotta fraudolenta in concorso con l’amministratore fittizio. Entrambi rischiamo ora la pena della reclusione fino ad un massimo di 10 anni.

Ricostruite inoltre le cessioni fittizie di beni, sono stati richiesti ed ottenuti provvedimenti di sequestro cautelare i beni aziendali ceduti, che saranno posti a garanzie dei debiti non pagati dalla società fallita.