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Al via “Borderline Pandosia” tra musica dal vivo e street art

MARANO PRINCIPATO (CS) – Sabato 30 settembre 2017 in Piazza Annunziata, il CENTRO TURISTICO GIOVANILE, gruppo PANDOSIA organizza “Borderline Pandosia”, una manifestazione di performance di arte, musica e danza. La manifestazione comincerà alle ore 18:00 e proseguirà fino a tarda serata con la street art live a cura dei BRO, del gruppo “Street Art School Cosenza”, già vincitori del premio della giuria popolare della XXVIII edizione del Premio Pandosia: gli artisti realizzeranno le loro opere dal vivo su pannelli appositamente preparati, accompagnati dalla musica di Dj KERŌ. Nel frattempo, in piazza si alterneranno le performance di break dance messe in scena dalla crew Compà Dreush, composta da numerosi ragazzi provenienti da Cosenza e provincia, e da Valentina Militano, compagnia Skandenberg e Dance Studio di Mirella Castriota (coreografie di Lia Molinaro). Inoltre, le attività commerciali di Corso Annunziata parteciperanno all’evento restando aperti oltre l’orario di apertura proponendo ulteriori attività nei propri spazi.

La street art si è evoluta, a partire dagli anni ’70, ai margini della società e dell’arte che conta, per cui lo scopo dell’evento è aprire alla conoscenza di questa forma d’arte legata alla cultura hip hop, con il preciso intento di coinvolgere la cittadinanza nelle differenti attività artistiche, proposte dagli artisti partecipanti all’evento, e stimolarla all’apprezzamento di un’arte contemporanea lontana dai classici canoni, che racconta la realtà con colori, note e ritmi inusuali.

«Sono stato ospite della mia vita», racconto di una vita al limite

Da sx Michele Merante, Mario Pugliese e Franco Gigliotti

PENTONE (CZ)-  Nella tasca porta sempre una fiche di 20.000 lire: tutto quello che gli rimase dopo aver giocato 40 milioni al casinò. «La vita non è solo quella che si è vissuta, ma anche quella che si sarebbe potuta vivere», lo ripete Mario Pugliese. Classe 1957, si è messo a nudo di fronte alla sua comunità. Ha raccontato la sua storia, ‘una vita al limite’ la definisce: l’infanzia senza scarpe, la partenza per Milano, gli hotel (prigioni e stazioni), i giostrai, la malavita  – o la «vita mala» – la droga. Passa da un anno all’altro. «Sono stato ospite della mia vita», ribadisce.  Arriva al secondo tempo: niente droga, impegno contro la violenza su donne e bambini, passione per l’ornitologia e premi nei relativi concorsi. Condivide il suo percorso nell’incontro organizzato dal Comitato civico “L’Arco”. Mette in guardia chi lo ascolta – soprattutto i giovani perché basta un attimo per perdersi – e propone di istituire uno sportello per minori e ragazze madri. Il racconto di una vita è stato introdotto da Franco Gigliotti e Michele Merante, membri del Comitato. Entrambi hanno sottolineato come Mario Pugliese ribadisca sempre che il suo non è un esempio da seguire. A inizio serata Faustina Macrì ha letto la lettera di una volontaria Caritas che ha operato nel carcere di Siano.

Mario Pugliese parte dell’infanzia. Nasce a Pentone. Dove gira sempre scalzo, anche in una discarica alla ricerca di un po’ di alluminio per racimolare qualche soldo. A quattordici anni lascia la scuola edile e parte per Milano. Da allora diventa un nessuno. «Pascolavo tra la stazione e la metropolitana, se rubavi un cartone ti accoltellavano –  ricorda – giravano delinquenti, pedofili…dormire non si dormiva: avevo paura». «Ho sempre vissuto rubacchiando», aggiunge. Entra ed esce dal carcere minorile, molte volte si fa beccare di proposito: per avere un pasto caldo e un posto dove dormire.

Un gruppo di giostrai lo prende con sé. Sulle prime sembra il paese dei balocchi. Ma è un inferno. Mario vive da schiavo: recluso, manodopera a costo zero, pranzo fuori accanto al cane. Riesce a fuggire, scappa nei boschi. Per qualche tempo vive con gli zingari – «almeno venivo trattato da essere umano» commenta. Dopo la malavita o la «vita mala», come la chiama lui. L’incontro con la droga. «Ho cominciato con gli amici, con il solito ‘prova’ – racconta – ‘smetto quando voglio’…mi fa ridere questa frase». Mario entra in un giro di trafficanti: sarà arrestato, vivrà anche l’isolamento completo. Arriva pure a fare uso di eroina. «L’eroina ti annienta, l’eroina ti fa perdere il rispetto di te stesso – dice – non riesci a descrivere cosa provi, ecco perché è così difficile uscirne». Ma Mario ne esce. E non dalla porta dell’overdose o dell’aids. Ne esce pensando alle figlie, dopo tentativi e ricadute, «crampi come coliche renali» e anni in cui «il richiamo dell’eroina lo senti nella tua testa».

Oggi è ritornato nel suo paese, racconta la sua storia e forse si sorprende dell’ascolto e dell’affetto dei suoi concittadini.

 

Rita Paonessa