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La Commissione Cultura Ospita la Poetessa Monica D’Alessandro

COSENZA – La poesia vissuta come un bisogno, quasi un’urgenza insopprimibile e come mezzo privilegiato attraverso il quale comunicare le pulsioni dell’animo.

Si può dire che Monica D’Alessandro, docente di Italiano e Storia all’Istituto Tecnico Agrario “Tommasi” di Cosenza, ha avuto da sempre la passione per la poesia, se è vero come è vero che i primi versi li scrisse all’età di dieci anni.

Nella missione salvifica della poesia e nella sua veridicità ha sempre creduto. Due i libri di versi al suo attivo: con “La verità poetica”, pubblicato nel 2007, si è aggiudicata il secondo premio al prestigioso premio “Alfonso Gatto” di Salerno; con il secondo, “Divenire”, pubblicato da “Pellegrini Editore” e presentato ufficialmente qualche mese fa, i suoi versi raggiungono una inaspettata maturità.

E questa seconda raccolta di versi ha conosciuto anche l’approdo della Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro che ha presentato la poetessa cosentina che con la poesia dal titolo “X” ha avuto il merito di essere pubblicata sull’antologia del premio letterario “Marguerite Yourcenar”, edita da Montedit.

Relatrice della proposta di ospitare la D’Alessandro all’interno dell’iniziativa dedicata ai giovani talenti cosentini della scrittura e della poesia è stata, invece, la Vice Presidente Maria Lucente per la quale “la poesia di Monica D’Alessandro ti conquista immediatamente, ma ti lascia qualcosa di irrisolto, facendoti nascere la necessità di ricorrere ad una seconda lettura del verso, quasi che per appagarti fosse necessario un supplemento di analisi. E quando ti immergi nuovamente nella lettura, scopri sempre qualcosa di nuovo che prima ti era sfuggito e che alimenta dentro di te un’ulteriore curiosità, spingendoti ad un supplemento di riflessione.”

Nel corso dell’incontro, presenti anche i consiglieri comunali Mimmo Frammartino, Pierluigi Caputo, Cataldo Savastano, Francesco Spadafora e Michelangelo Spataro, è intervenuto anche il consigliere Giovanni Quintieri. “Nei versi di Monica D’Alessandro – ha detto Quintieri – è come se si realizzasse la compiutezza di un’anima. Attraverso la parola la poetessa cosentina riesce a restituire bellezza alla vita, anche quando è attraversata dal dolore, senza infingimenti e pudore, animata com’è da una forte capacità di continuare, sempre e comunque, con l’aiuto dei suoi versi, la ricerca dell’amore.”

L’eclettismo è uno dei tratti distintivi di Monica D’Alessandro e si esplica a più livelli, tanto da farle esclamare: “amo l’arte a 360 gradi”. Vero, verissimo. Non si spiegherebbe altrimenti il suo impegno nell’attività di catalogazione e riordino dei beni storico-artistici e dell’archivio della Curia Arcivescovile di S.Marco Argentano, ma anche la sua parallela attività di pittrice. E l’amore per la musica misto a quello per la poesia le fa dire, inoltre, che “la poesia è come il pentagramma del cielo e le note sono le parole.”

Passando in rassegna i versi racchiusi nel libro “Divenire” è come se la poesia di Monica D’Alessandro traesse linfa dalla contemplazione dell’infinito e da tutto quel che lo compone : il cielo, l’aria, le nuvole, la luna, i campi, gli alberi, il fluire delle stagioni e dei giorni. Una contemplazione che incrocia i ricordi e il passaggio del tempo inarrestabile e che si fa specchio delle pulsioni esistenziali e del mistero della vita, indagando i sentieri del cuore, con le sue solitudini, le sue gioie e i suoi dolori.

Prima di congedarsi dalla commissione cultura e di ritirare la consueta targa consegnatale dall’organismo consiliare, ancora un pensiero rivolto all’esaltazione del ruolo della parola: “la parola indica il cammino che è dentro di noi. Ti fa rinascere e ti fa cogliere la vita in tutte le sue sfumature”.

La Commissione cultura ospita Totonno Chiappetta

Cosenza – “Non avrei mai voluto fare l’attore, un’intenzione lontana dalle mie ambizioni, ma mi interessava osservare la gente, soprattutto gli occhi della gente. Poi fui tirato a viva forza in uno spettacolo perché uno degli attori della compagnia ebbe un malore e da lì tutto ebbe inizio.”

Chi parla è Totonno Chiappetta, attore di cinema e teatro, cabarettista, poeta, personaggio televisivo di successo e tante altre cose ancora, tra le quali l’essere il continuatore ufficiale dell’epopea di Jugale, uscito dalla penna del nonno Antonio e parzialmente scampato al rogo al quale fu mandato dal regime durante la guerra, grazie al padre Luigi che salvò metà del manoscritto, scrivendo di suo pugno l’altra metà .

A Totonno Chiappetta la Commissione cultura ha voluto dedicare un omaggio-tributo, nell’ambito della rassegna dedicata agli artisti cosentini.

L’audizione di Chiappetta è partita con l’introduzione del Presidente della commissione Claudio Nigro che ha sottolineato il ruolo del popolare attore come ambasciatore della cosentinità in Italia ed anche nel mondo e come antesignano degli spettacoli nella casa circondariale di Cosenza.

Per Frammartino, però, c’è una soddisfazione in più: quella di aver puntato, tra i primi, sull’estro e la comicità di Totonno Chiappetta e per averlo voluto assessore allo spettacolo (era il 1987) in una delle primissime edizioni dell’Estate in città, tenutasi nello scenario naturale della Vecchia villa comunale.

Il segreto del successo di Totonno Chiappetta e la sua qualità di attore sociale, come ama definirsi, si annodano ad una questione genetica. Lo ammette lo stesso attore, orgoglioso di appartenere ai due opposti della scala sociale, padre intellettuale e giornalista e madre appartenente ad una famiglia povera.  Luigi Chiappetta, padre di Totonno, vinse un concorso per insegnare nelle scuole, scegliendo come sede il paesino di Carolei; e fu lì, ai margini di un fiume, che incontrò una ragazzina priva di scarpe. Fu coup de foudre e si sposarono. Da quel matrimonio nacque , tra gli altri, Totonno, che oggi si porta dietro i geni di quella commistione di sangue che gli fa maneggiare con cura ogni forma di arte, che lo ha predisposto al contatto con gli ultimi e con le persone in difficoltà. Non si spiegherebbe altrimenti il successo di Totonno Chiappetta quando porta i suoi spettacoli nelle carceri, dove cominciò nel 1987 e dove ha tenuto diversi laboratori teatrali. Il suo prossimo progetto è un disco nel quale canta proprio insieme ai detenuti.

Tra ruoli da protagonista e apparizioni in teatro (come attore quasi feticcio dei lavori di Vincenzo Ziccarelli, da “La casa di pietra” a “Un caso di morte apparente”, a “Cristina ‘a spedesa”) o anche al cinema (si ricordano “Angela come te” di Anna Brasi, il tv movie girato interamente a Cosenza “Uomo contro uomo” di Sergio Sollima, il regista del “Sandokan” televisivo, e ancora “Angeli a Sud” di Massimo Scaglione), Totonno Chiappetta è noto anche per le sue apparizioni televisive in trasmissioni cult dell’etere locale, come “Cataratta” o “Lupi in carrozza” o del panorama nazionale, come “Macao”.

Tra i successi di Chiappetta c’è anche il film del regista calabrese Giuseppe Gagliardi “La vera leggenda di Tony Vilar” in cui Totonno ha avuto un ruolo determinante non solo come attore, ma come ispiratore della pellicola, interpretata anche da Peppe Voltarelli.

Totonno Chiappetta, che nelle Americhe tentò la fortuna prima di far ritorno nella sua Cosenza, si adoperò per far uscire dalla depressione il cugino Tony Vilar, ma senza riuscirvi. Nei credits ufficiali del film questi particolari non sono contenuti, ma Totonno Chiappetta ha in qualche modo suggerito tutta la storia, che narra quella vera di Antonio Ragusa (in arte Tony Livar, cugino di Totonno nella vita), cantautore calabrese emigrato in Argentina in cerca di fortuna; baciato prima dal successo grazie alla canzone “Cuando calienta el sol” e poi condannato al declino a causa della caduta del parrucchino davanti ad una folla di fans osannanti, durante un concerto nella città argentina di Rosario.

Al termine dell’audizione Totonno ringrazia e porta a casa la targa ricordo della commissione cultura.

Prima di andar via non può esimersi dal declamare una delle sue tante poesie. Ha scelto “Festa di piazza” che evoca i profumi e i colori delle feste di paese, ricordando da inguaribile romantico quale è, gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Quegli anni che non tornano più.

Omaggio della Commissione Cultura allo Scrittore e Drammaturgo Vincenzo Ziccarelli

COSENZA – Sono veramente in pochi a Cosenza che possono vantare nel campo del teatro e delle lettere quel che può orgogliosamente esibire una personalità come quella di Vincenzo Ziccarelli. Scrittore, drammaturgo, regista, uomo di teatro nel senso più pieno della parola, Ziccarelli può, a giusta ragione essere considerato una delle espressioni più alte della drammaturgia del nostro tempo appartenenti alla Calabria ed il cui impegno di straordinario e instancabile uomo di teatro e di intellettuale ne ha fatto una delle figure più apprezzate ben oltre i confini regionali ed alle quali è andato in tutti questi anni l’apprezzamento dei maggiori teatri italiani che hanno avuto la fortuna di ospitare gli allestimenti delle sue opere più conosciute.

Cosenza non finirà mai di saldare con lui un debito che è insieme di riconoscenza e di attenzione, per essersene troppo a lungo, in passato, dimenticata.

A questo peccato di oblio ha voluto porre rimedio la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro che ha inteso tributare un doveroso omaggio a Vincenzo Ziccarelli.

Un messaggio al Presidente della Commissione Nigro è stato indirizzato da Roma da Isabel Russinova, direttore artistico del Teatro “Rendano” di Cosenza che ha voluto condividere anche se a distanza l’iniziativa della commissione, ricordando l’altro omaggio che il teatro cosentino dedicherà a Ziccarelli negli appuntamenti tematici della stagione di prosa con gli artisti del territorio.

Ziccarelli è uno dei pochi che può vantare un intero numero monografico dedicatogli qualche anno fa dalla rivista “Sipario”, diretta da Mario Mattia Giorgetti, una sorta di “bibbia” del teatro italiano e nella quale si trova racchiusa e sintetizzata la sua produzione teatrale.

E in quella summa sono ricordati i suoi testi più celebri, poi divenuti apprezzati allestimenti: “Un caso di morte apparente”, “Francesco e il Re” (memorabile la prima versione con Nando Gazzolo e Salvatore Puntillo), poi ripreso a distanza di anni da Ugo Pagliai, Paola Gassman e Philippe Leroy, “Signori, la mafia!”, “La casa di pietra” (che al suo debutto fu interpretato dal compianto Gianni Musy), “Volevo conoscerti meglio”, “Cristina ‘a spedesa”, titolo cult che collezionò ininterrotte repliche al “Rendano” e un totale di circa 50 mila spettatori e che vide protagonista, nel suo primo storico allestimento, la svedese doc Solvi Stubing, l’attrice resa celebre dallo spot della Birra Peroni nel Carosello televisivo. Cristina ‘a spedesa ebbe anche il privilegio di essere replicato per un’intera settimana al Piccolo Eliseo di Roma, primo lavoro in dialetto calabrese ad essere rappresentato nei circuiti ufficiali dei teatri della capitale.

A passare in rapida rassegna l’attività di Ziccarelli sono stati il Presidente della Commissione cultura Claudio Nigro e il relatore Mimmo Frammartino che ha parlato di Vincenzo Ziccarelli come di “un ospite di riguardo, di grande spessore culturale ed  uomo dalla vastissima produzione artistica e letteraria che avrebbe potuto dare ancora di più alla città, come alla sua terra, se solo la sorte fosse stata più benevola nei suoi confronti.” Ziccarelli si è detto lusingato ed anche un po’ commosso.

La vita non è stata magnanima con Vincenzo Ziccarelli, ma consapevole della sua durezza e delle difficoltà da cui è attraversata, lo scrittore e drammaturgo cosentino si è congedato dalla commissione, non senza aver prima ritirato la targa-tributo preparata per lui, con una battuta dolceamara: “sono un pessimista che si dà forza e mi sento a volte come quel pugile interpretato da Vittorio Gassman nel film “I mostri” di Dino Risi che resiste ad oltranza per evitare di finire al tappeto ed esclama “son contento!”

Il poeta Ciccio De Rose in Commissione cultura

COSENZA – Ricordare il nostro “parlar materno”, il nostro dialetto che per via dei tempi che stanno cambiando e per l’anglofilia imperante (è paradossale che 300 parole della lingua italiana siano state tolte dall’enciclopedia Treccani per essere rimpiazzate da parole inglesi) rischia di scomparire del tutto.

Contro tutto questo, Ciccio De Rose, già consigliere comunale di Palazzo dei Bruzi e più di recente scopertosi poeta e studioso militante, ma non accademico, del dialetto, in una sorta di second life che gli sta procurando molto successo e l’attenzione del mondo culturale cosentino, ha eretto una specie di linea Maginot, fatta di versi, poesie, espressioni e modi di dire del tempo che fu, dietro alle quali trovar riparo per riaffermare l’identità del nostro dialetto, patrimonio da salvaguardare, costi quel che costi.

Ma per fortuna ci sono segni che parlano di una piccola rinascita del dialetto a livello nazionale , con un rifiorire di ricordi, affidata alla strenua difesa di un pugno di poeti che proclamano con i loro versi una sorta di invincibilità contro ogni genere di sopraffazione.

Nel corso dell’incontro in Commissione cultura Ciccio De Rose ha recitato ed anche interpretato (con l’intonazione giusta dell’attore) alcune delle sue poesie e tra queste anche qualche inedito verso tratto dalla sua prossima raccolta, “Purtativi ‘a seggia”, che tra qualche mese vedrà la luce.

Il poeta ha ringraziato l’intera commissione per l’opportunità che gli ha offerto, portandosi a casa la targa ricordo che custodirà gelosamente insieme agli altri riconoscimenti rastrellati un po’ dappertutto, nel segno di quella strenua difesa del dialetto nella quale si impegnerà ancora, contro ogni tentazione anglofila che respinge al mittente come una sentinella che non lascia passare nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il poeta cantautore Maurizio Esposito in Commissione Cultura

COSENZA – Maurizio Esposito è quel che si definirebbe un uomo semplice, ma dalle inesauribili risorse, che ha messo al servizio della collettività una versatilità sfociata in un’attività multiforme: cantautore, poeta e scrittore, ancora, però, alla ricerca della sua vera occasione per sfondare. Eppure c’era andato molto vicino quando per lunghissimo tempo ha accompagnato le tournèes, in giro per l’Italia, del cantautore Claudio Lolli. E’ in quel contesto che conobbe Paolo Capodacqua, uno dei collaboratori più stretti di Lolli ma anche traduttore ed interprete di George Brassens e autore delle musiche di alcune fiabe e filastrocche del grande Gianni Rodari. E a Capodacqua Maurizio Esposito chiese di firmare la prefazione del suo più recente libro di poesie, “Noi dal Sud”.

Alla schiera degli sconosciuti Maurizio Esposito appartiene quasi di diritto, tanta è la sua voglia di portare all’esterno le sue canzoni, come i suoi versi, intrisi le une e gli altri, di una profondità di pensiero di cui sarebbe ingiusto dimenticarsi, così come è altrettanto alto il rischio che il tempo per lui possa trascorrere invano.

E lo ha ben compreso la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro che ha invitato il cantautore e poeta cosentino a Palazzo dei Bruzi, ospite della collaudata rassegna “Nemo propheta in patria”.

Nel corso dell’incontro, relatore il consigliere Mimmo Frammartino, è stata ripercorsa la poliedrica attività di Esposito con particolare riferimento proprio alla raccolta di poesie “Noi dal Sud”, nella quale il poeta, con uno sguardo “onesto, sensibile e sincero”, come scrive Paolo Capodacqua nella sua presentazione, guarda oltre che alla sua terra, anche al mondo e alla cultura di un Paese, il nostro, del quale è importante recuperare, lungi da ogni operazione nostalgia, l’humus di quelle figure rappresentative di un’Italia coraggiosa e al tempo stesso fragile di cui si sono perse le tracce. E così prendono corpo “Era il 27 gennaio 1967”, dedicata al cantautore Luigi Tenco, o “Agostino”, in ricordo del capitano della Roma Di Bartolomei, che ha lasciato anzitempo la vita anche lui per scelta.

E’ un album di ricordi non ancora ingialliti, anzi più nitidi che mai, quello che Esposito ha sfogliato davanti alla commissione cultura che, all’unanimità, ha tributato un riconoscimento al poeta e cantautore che ha pubblicato anche il suo primo e finora unico disco, “Tra musica e poesia”, avvalendosi del prezioso apporto musicale dello “Squintetto”, il gruppo che lo accompagna e che ha curato gli arrangiamenti di questa produzione discografica.

A leggere le poesie o le canzoni di Esposito si ha quasi l’impressione che si respiri l’atmosfera della mitica Osteria delle dame di Bologna dove si davano appuntamento sia Lolli che Guccini. In verità, è un po’ tutta la produzione in versi del poeta cosentino che risulta impregnata di un richiamo romantico agli anni ’70, ed è questo che non gli fa accettare la nuda e cruda realtà dei nostri giorni e che gli fa desiderare un’altra Calabria, come il titolo di quella poesia intrisa di pessimismo in cui la nostra terra è tratteggiata come incapace di affrancarsi dalle sofferenze e difficoltà che la attanagliano. Per la profondità del pensiero, tra i tanti riconoscimenti che, nonostante tutto Maurizio Esposito è riuscito a portare a casa, ce n’è uno di cui va particolarmente fiero: la menzione speciale ottenuta alla V edizione del Premio Città di Casal di Principe, nel giugno del 2008.

 

 

Il giovane scrittore e poeta Emilio Nigro ospite della Commissione cultura

Se hai dentro il fuoco sacro della scrittura non puoi tirarti indietro, neppure quando fai fatica ad andare avanti e a sbarcare il lunario per mancanza dell’opportunità che conta o del treno che speri possa passare per prenderlo al volo.

Un concetto che Emilio Nigro, giovane cosentino che nel campo della scrittura ha mostrato e continua a mostrare una grande versatilità fino a inventarsi poeta, drammaturgo, giornalista e più di recente critico teatrale, ha ben presente. Ed è proprio questo convincimento che lo ha spinto a proseguire nella strada intrapresa, piuttosto che battere in ritirata. Una perseveranza che gli è valso il Premio “Nico Garrone”, intitolato al critico teatrale di “Repubblica” scomparso qualche anno fa e padre del regista Matteo Garrone, autore del film “Gomorra”. Un importante riconoscimento, ottenuto per la sezione riservata ai critici più sensibili ai mutamenti del teatro, che Emilio Nigro ha ritirato nel luglio del 2011 a Palazzo Bizzarrini, a Radicondoli, dove si è tenuta la seconda edizione del premio.

Un riconoscimento che ha fatto scattare la scintilla dell’invito a Palazzo dei Bruzi nella Commissione  consiliare cultura, presieduta da Claudio Nigro, dove lo scrittore e poeta cosentino è stato ospite, nell’ambito dell’ormai collaudatissima iniziativa “Nemo Propheta in patria”.

A far da relatrice, dopo l’intervento introduttivo del Presidente Claudio Nigro, è stata la Vice Presidente dell’organismo consiliare Maria Lucente.

Per lei Emilio Nigro è “un giovane che si è sperimentato in diversi campi, mostrando un notevole eclettismo. Quella per il teatro è, però, divenuta col tempo la sua passione predominante. Ma Emilio Nigro – ha detto ancora la Lucente – è anche un poeta. Come l’artista che vuole sperimentare il linguaggio dell’animo e dello spirito, ha intrapreso diversi percorsi. Ciò che affascina è questa sua ricerca continua di percorsi razionali, ma anche emotivi. Notevole il suo bagaglio di esperienze.”

E Maria Lucente ha poi dato lettura di due poesie di Nigro, “Portici di stelle” e “Per ricordarmi di me”. Il rimpianto di Maria Lucente è che Emilio Nigro abbia un po’ abbandonato la sua vena poetica per dedicarsi più costantemente alla critica teatrale. “Sono certa, però – ha affermato infine la Lucente – che prima o poi vi farà ritorno, non appena avrà trovato una nuova musa ispiratrice.”

Autore di diversi libri, da “Incessanti maree silenziose”, del 2005, pubblicato dall’editore Falco, a “Elisir di luna”, pubblicato da Aletti nel 2007, a “Alterazioni di colore”, mandato in libreria dall’editrice Coessenza nel 2009, Emilio Nigro, ha catturato l’attenzione dei giurati del Premio Nico Garrone, colpiti dalla sua scrittura “sintetica, ma non povera, scevra da intellettualismi, secca, a volte persino epigrammatica, ma chiara, scorrevole e piacevole”.

“Scrivo da sempre – ha detto Emilio Nigro in commissione cultura– dopo aver ringraziato i componenti dell’organismo consiliare, anche e soltanto per il semplice ascolto. La scrittura mi accompagna da quando avevo 8 anni. Oggi ne ho fatto un vero e proprio mestiere, sperando che tutto questo riesca anche a farmi “campare”, oltre che riempirmi lo spirito, ma si sa che le difficoltà sono notevoli, mancando le grosse opportunità. Per questa ragione mi vedo costretto ad associare alla scrittura altre attività, come quella di organizzatore di eventi.”

Per fortuna la sua scrittura è riuscita a valicare i confini regionali ed ecco arrivare le importanti collaborazioni con “Hystrio”, insieme a “Sipario” una delle riviste più autorevoli della critica teatrale italiana, fondata da Ugo Ronfani, indimenticato critico teatrale e saggista, e attualmente diretta da Claudia Cannella.

Nel corso dell’incontro sono intervenuti anche i consiglieri comunali Giovanni Quintieri e Mimmo Frammartino.

Quintieri ha rinvenuto in alcuni dei versi di Nigro richiami a Samuel Beckett, in qualche modo ritenuto figura alla quale lo scrittore cosentino si è molto ispirato per i suoi scritti.

Mimmo Frammartino ha poi definito la missione che si è assegnata la commissione cultura nel valorizzare i talenti della città e cioè far sì che possano emergere, ma anche far capire che è su queste risorse che bisogna investire. E Frammartino, che si è detto favorevolmente colpito della definizione che Nigro ha dato di sè “un nomade in cerca di pace”, lo ha spronato ad andare avanti, senza abbandonare il campo.

 

 

La giornalista free lance Giulia Zanfino ospite della Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi

COSENZA- Giornalista d’assalto, un misto di coraggio e determinazione. Se le si schiudesse l’occasione di fare la reporter di guerra non si tirerebbe indietro. D’altra parte tra i suoi docenti del corso di perfezionamento seguito nel triennio 2003/2006 figurava un certo Ryszard Kapuściński che in fatto di corrispondenze dai fronti di guerra se ne intendeva, eccome.

Lei è Giulia Zanfino, giovane giornalista free lance calabrese, di Acri per la precisione, con trascorsi transalpini, essendo nata in Francia, a Saint-Maur-des-Fossés, una cittadina della Valle della Marna, e avendo vissuto per un po’ di tempo anche a Parigi. Tornata in Calabria, ha coltivato la sua passione per il giornalismo d’inchiesta coniugata a quella per il cinema documentaristico. Due attitudini che se non si è corazzati non si possono affrontare facilmente.

E Giulia Zanfino corazzata lo è e non poco. Altrimenti non si spiegherebbe la sua caparbietà nel seguire alcune inchieste particolarmente scomode. Tra quelle più recenti, quella sull’acqua avvelenata in Calabria, nel vibonese, realizzata per la trasmissione di Rai 3 “Crash”, condotta da Valeria Coiante, e quella sulle morti sul lavoro alla “Marlane” di Praia a Mare, ribattezzata “la fabbrica dei veleni”. Diversi i riconoscimenti che Giulia Zanfino ha ricevuto nonostante la sua giovane età. Tra questi, il secondo premio al concorso fotografico “Calabria: quello che non vedi”, indetto dall’Associazione “Io resto in Calabria”, con un reportage fotografico sull’emergenza abitativa a Cosenza.

Ora al suo palmarès si aggiunge il premio ricevuto, proprio per il coraggio delle sue inchieste, dalla Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta dal consigliere comunale Claudio Nigro. Il percorso formativo e professionale di Giulia Zanfino è stato ricostruito dal consigliere Mimmo Frammartino, relatore della proposta di ospitare la giornalista in commissione cultura. Frammartino ha ricordato il primo impegno degno di nota di Giulia Zanfino: l’aiuto regia del documentario sulle favelas brasiliane di Rio De Janeiro e San Paolo, dal titolo “Piccola avventura in una realtà sospesa” di Cristiana Surleti. Il consigliere relatore ha ricordato ancora la collaborazione della giornalista calabrese con Toni Capuozzo, prima firma di Mediaset e autore del fortunato programma d’inchiesta “Terra”. Il lavoro di Giulia Zanfino è equamente diviso tra inchieste giornalistiche e documentari.A metà strada tra l’inchiesta e il documentario si colloca, infatti, “Roma intorno a Roma”, altro docu-film sulla questione dei rifiuti nel Lazio con particolare riferimento alle proteste contro la costruzione del gassificatore di Malagrotta. Con questo lavoro ha partecipato al Festival Internazionale del Cinema di Roma ed ha vinto l’Academy awards al premio “Libero Bizzarri” doc film festival. 

Se per Mimmo Frammartino Giulia Zanfino è “giornalista determinata, competente e coraggiosa, sì da meritare l’eco nazionale suscitata dalle sue inchieste”, per il Presidente della commissione cultura Claudio Nigro “contribuisce a rendere migliore l’immagine della Calabria”. Soddisfatta per aver potuto associare un volto a tanta intelligenza e grinta, si è detta poi la Vice Presidente della Commissione Maria Lucente. Felice di ricevere dalla commissione cultura di Palazzo dei Bruzi tanta attenzione ed un riconoscimento ad hoc per il coraggio delle sue inchieste, Giulia Zanfino ha affermato, dopo aver mostrato in un video alcuni dei suoi migliori servizi giornalistici, che “è la prima volta che ricevo un premio nella mia regione, nonostante abbia con la mia terra un rapporto un po’ conflittuale.” Ed ha attribuito al riconoscimento un valore aggiunto perché “non si tratta di un premio comodo da attribuire, perché la destinataria è una giornalista scomoda”. Nei ringraziamenti finali della giornalista, oltre a quelli al Sindaco Mario Occhiuto, alla commissione cultura e alla portavoce del Sindaco Iole Perito, presente in commissione e che ha avuto il merito di segnalare all’organismo consiliare il talento della Zanfino, anche una citazione per “Mad Company”, l’agenzia di produzione video con la quale la free lance realizza le sue inchieste d’assalto.

L’artista Maurizio Orrico in Commissione Cultura a Palazzo Dei Bruzi

COSENZA – Non ci meraviglieremmo più di tanto se, tra non molto, le altre città cominciassero ad invidiarcelo. Il cosentino Maurizio Orrico, già molto apprezzato nelle città d’arte per antonomasia, da Berlino a Venezia, con significativi “sconfinamenti” negli USA e in Cina, è destinato a far crescere le sue quotazioni di artista a tutto tondo.

Un passaggio obbligato il suo dalla Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, da più di un anno impegnata in un certosino lavoro di segnalazione alla città di artisti, scrittori poeti e musicisti, figli della nostra terra, alcuni inghiottiti dall’oblìo, altri, come Orrico, quasi più conosciuti altrove che non nella città di origine.

Ad introdurre l’ospite speciale dell’ultima seduta di commissione è stato il Presidente Claudio Nigro che ha svolto anche il ruolo di consigliere relatore, definendo subito Maurizio Orrico “un ospite illustre e un artista di valore”, prima di ricordare le tappe più importanti del suo percorso.

A Cosenza, la sua città, Maurizio Orrico ha offerto altre espressioni della sua arte, realizzando, tra l’altro, la Cattedra Vescovile del Duomo, un manufatto creato da un unico blocco di marmo di Carrara che originariamente pesava ben 15 tonnellate. Nelle mani di Orrico, il sedile vescovile è impreziosito da un morbido panneggio adagiato sulla cattedra a simboleggiare la Sacra Sindone.

Nel corso della seduta della commissione cultura di Palazzo dei Bruzi sono intervenuti, oltre al Presidente Nigro, anche i consiglieri Mimmo Frammartino, Maria Lucente e Pino Spadafora, tutti concordi nel ritenere Maurizio Orrico un artista raffinato, capace di infondere grandi suggestioni. Ragioni tutte che gli valgono il consueto premio finale della Commissione. Poi la parola passa direttamente ad Orrico che, quando gli si chiede di indicare un modello di riferimento, afferma di sentirsi più vicino a Maurizio Cattelan, tra i più quotati e seducenti artisti italiani del momento.

Lo scultore De Luca in Commissione cultura a Cosenza

COSENZA – Spendersi tanto per il sociale e nel contempo dare sfogo alla sua passione di sempre: la scultura.

Sono le due anime che convivono in Eugenio De Luca, apprezzato scultore cosentino di particolare versatilità.

Appartato, di una semplicità disarmante, eppure estremamente rigoroso nel descrivere le sue molteplici opere. Cosa che ha fatto puntualmente in occasione dell’incontro che Eugenio De Luca, che nella vita di tutti i giorni lavora come operatore sociale nella struttura sanitaria “Borgo dei mastri”, ha avuto a Palazzo dei Bruzi con i componenti la Commissione cultura del Comune, presieduta da Claudio Nigro, nell’ambito dell’iniziativa “Nemo Propheta in patria”.

Dopo il saluto del Presidente Nigro, è stato Mimmo Frammartino a svolgere la relazione introduttiva.

Frammartino è andato a ritroso nel tempo, agli anni ’80 e ’90 quando da assessore allo sport ebbe modo di conoscere Eugenio De Luca e di apprezzare le sue prime opere esposte in una personale allestita in Piazzetta Toscano, dopo gli studi al Liceo Artistico e all’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro. Il consigliere Frammartino ha dettagliatamente illustrato il percorso artistico di De Luca, fondato sull’approfondimento delle diverse tecniche esecutive e di restauro, figurando il recupero di oggetti di antiquariato tra le specializzazioni dell’artista cosentino.

Ed Eugenio De Luca ha portato con sè in commissione cultura una delle opere che meglio di tutte le altre sintetizzano la sua arte: una scultura che raffigura una donna che ha subito violenza e che fa parte di un trittico dal titolo “Sarajevo” che evoca la tragedia della guerra nei Balcani. Un’opera che Eugenio De Luca ha descritto in commissione sottolineando, come del resto aveva già fatto nella didascalia che accompagna l’opera, che “le guerre e le sopraffazioni dei diritti altrui sono l’eterna tragedia dell’umanità. Mi sono domandato – ha affermato lo scultore cosentino – se l’arte possa aiutare a sconfiggere le assurdità della guerra e la risposta è stata affermativa.”

E se la scultura “Sarajevo” è finita, nel 1995, anche per l’intensità del suo messaggio, nella rivista specializzata “Europa Flash Art”, la produzione artistica di Eugenio De Luca è sbarcata anche oltreoceano. Il suo “Ecce Homo”, donato alla comunità dei calabresi in Canada dal Comune di Dipignano, è esposto in una grande Chiesa di Toronto. Le tecniche adoperate da De Luca vanno dall’utilizzo della gomma lacca e cera alle sculture in vetroresina e, in molti casi, patinate in bronzo.

Da studente De Luca partecipò alla realizzazione anche del Cristo in cemento armato che adorna la facciata della Chiesa di Loreto a Cosenza.

E verso la città l’artista nutre sentimenti di grande rispetto, coltivando, però, anche un sogno, neanche troppo nascosto : trasformarla in “un piccolo giardino di cultura”.

Nel corso dell’incontro sono intervenuti anche i consiglieri Massimo Commodaro e Maria Lucente.

 

Il violinista cosentino Lorenzo Parisi in Commissione cultura

COSENZA- Quando si dice la musica nel sangue. Espressione che vale ancor di più per Lorenzo Parisi, violinista cosentino con una lunga militanza al servizio della musica.

Prima da musicista, con una frequente attività concertistica, poi da direttore artistico ed oggi Presidente dell’Associazione culturale “Maurizio Quintieri” della quale cura, ininterrottamente da 18 anni, la stagione concertistica, condividendone il percorso con il pianista Giuseppe Maiorca.

Un impegno che la commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro, ha voluto sottolineare con un riconoscimento assegnato a Lorenzo Parisi nel corso della serie di incontri con gli artisti del territorio, denominata “Nemo Propheta in patria”.

In questa nuova occasione, la proposta di invitare e premiare in commissione il musicista cosentino è stata formulata dalla Vice Presidente dell’organismo consiliare Maria Lucente che ha ripercorso nel suo intervento le tappe principali della carriera di Parisi.

Con questo riconoscimento la Commissione cultura ha voluto testimoniare l’attenzione del Comune di Cosenza verso uno dei musicisti che, nonostante la sua ancor giovane età, può esibire con orgoglio un’esperienza a 360 gradi che coniuga l’attività concertistica con una non comune capacità organizzativa ed artistica, trasfuse oggi nelle stagioni concertistiche dell’Associazione “Quintieri”.