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Muore in ospedale, ascensore rotto, impossibile trasferirlo in obitorio

SERRA SAN BRUNO (VV) – Una persona che era ricoverata in ospedale è deceduta per l’aggravamento delle sue condizioni, nel pomeriggio di ieri, ma il suo corpo, almeno fino a stamattina, è rimasto nel reparto per l’impossibilità di trasferirlo in obitorio a causa del guasto dell’ascensore della struttura sanitaria. E’ accaduto nel nosocomio di Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia da tempo al centro di una serie di problemi.

I vertici dell’ospedale, da quanto si è appreso, hanno contattato l’azienda che ha montato gli ascensori ma, al momento, nessun intervento è stato messo in atto per riparare il guasto. Già a dicembre scorso, il nosocomio di Serra San Bruno era stato al centro delle polemiche poiché l’ascensore era rimasto inutilizzabile per l’ultima settimana dell’anno. A gennaio, inoltre, un’altra incresciosa vicenda aveva riguardato l’insufficienza degli spazi dell’obitorio che aveva portato alla sistemazione delle bare, con all’interno i defunti, in un corridoio adiacente.

Foto e fonte Ansa

Riscuote la pensione di una persona defunta

COSENZA – Per oltre 13 anni, dal maggio 2003 al giugno 2016, avrebbe continuato a riscuotere la pensione di guerra di una persona defunta. Per questo la sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso dal gip del Tribunale di Cosenza, nei confronti di una persona accusata di indebita riscossione di somme dall’Inps. L’ammontare del danno per l’istituto di previdenza ammonterebbe a 60mila euro. Dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria, guidata dal maresciallo Ortensio Perri, dirette dal pm Giuseppe Cava e coordinate dal procuratore capo Mario Spagnuolo, è emerso che l’indagata, con artifici e raggiri consistiti nell’omessa comunicazione al ministero delle Finanze dell’avvenuto decesso della beneficiaria, titolare di una pensione di guerra erogata con riscossione diretta all’ufficio postale di Rende, in qualità di delegata avrebbe richiesto la corresponsione delle rate della pensione di guerra, simulando di poter agire in nome e per conto della beneficiaria, nonostante questa fosse morta. L’avvenuto sequestro per equivalente è stato eseguito in un istituto bancario dove l’indagata aveva sottoscritto, tra gli altri conti, un certificato di deposito al portatore per un valore nominale pari a circa l’importo sequestrato.