Archivi tag: dia

Da Roma a Cosenza, maxi blitz anti ‘ndrangheta per il controllo di attività commerciali

ROMA – E’ scattata alle prime ore di oggi una vasta operazione della Dia – Direzione investigativa antimafia – a Roma e provincia, nel Lazio e nelle province di Cosenza e Agrigento. Sono in corso d’esecuzione 26 misure cautelari nei confronti di altrettante persone indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso costituente una ‘locale‘ di ‘ndrangheta che sarebbe molto radicata sul territorio della Capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche in diversi settori facendo ricorso poi a intestazioni fittizie per schermare la reale titolarità delle attività.

I settori commerciali coinvolti vanno da quello ittico, alla panificazione, ma anche le pasticcerie ed il ritiro delle pelli e degli olii esausti. L’organizzazione di matrice ‘ndranghetista si riproporrebbe, alla stregua di quanto ricostruito dalle indagini, in termini di gravità indiziaria, anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio e l’incolumità individuale, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio.

Una sola persona è finita in carcere, delle 26 raggiunte dalle misure cautelari eseguite fra le province di Roma e Cosenza. La Dia di Agrigento ha rintracciato e bloccato un 22enne di Canicattì. Si tratta, secondo quanto emerge, di un giovane che non è collegato agli ambienti mafiosi dell’Agrigentino.

Dia: “‘Ndrangheta è silente ma inquina l’economia legale ed è leader del narcotraffico”

ROMA – Le inchieste concluse nel secondo semestre del 2021 restituiscono ancora una volta l’immagine di una ‘ndrangheta “silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché costantemente leader nel narcotraffico”. La definisce così la Dia nella sua Relazione al Parlamento per il secondo semestre 2021, segnalando “la preoccupazione legata ad un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidità”, con l’obiettivo “di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance”. La Dia torna a segnalare come l’impermeabilità al fenomeno del pentitismo, dovuta dalla “forte connotazione familiare”, si stia cominciando a incrinare per il “numero sempre crescente” di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia”. I maggiori proventi restano legati narcotraffico: i sodalizi calabresi si confermano “interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni sudamericane garantendo una sempre più solida affidabilità” e il settore non ha fatto registrare flessioni significative, neanche nell’ultimo periodo e nonostante le limitazioni alla mobilità per la pandemia. Non solo traffici, ma anche interessi nella produzione, con “il rinvenimento di numerose piantagioni di cannabis coltivate in varie aree della regione“: si tratta – secondo la Dia – di una circostanza che allo stato non permette di escludere “il coinvolgimento della criminalità organizzata nel fenomeno della produzione e lavorazione in loco di sostanza illecita destinata alla commercializzazione”.

Dia: “In sei mesi sequestrati beni per 165 milioni; 373 interdittive”

Le indagini confermano ancora una volta che il modello ispiratore delle mafie è “sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria“: una ulteriore conferma della “strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale”. Lo segnala la Dia nella relazione al Parlamento per il II semestre 2021. Le attività sono quindi orientate a proteggere il tessuto economico del Paese, nel semestre sono stati effettuati sequestrati per 165 milioni, confische per 108 milioni; 373 interdittive antimafia, 69mile segnalazioni per operazioni sospette.

“Le risultanze di analisi sui fenomeni criminali di tipo mafioso – sottolinea la Direzione investigativa Antimafia nella sua Relazione – continuano a presentare il rischio che i sodalizi di varia matrice, senza peraltro a rinunciare a porre in atto tutte le azioni necessarie a consolidare il controllo del territorio, possano perfezionare quella strategia di infiltrazione del tessuto economico in vista dei possibili finanziamenti pubblici connessi al Pnrr”. L’inquinamento dell’economia sana è aspetto fondamentale per la sopravvivenza delle consorterie, che aumentano la propria ricchezza “invadendo il campo dell’imprenditoria legale, specie quella maggiormente colpita dalle conseguenze dell’attuale crisi economica”.

 

Le organizzazioni per altro non si limitano più al “saccheggio parassitario” della rete produttiva “ma si fanno impresa sfruttando rapporti di collaborazione con professionisti collusi la cui opera viene finalizzata a massimizzare la capacità di reinvestimento dei proventi illeciti con transazioni economiche a volte concluse anche oltre confine”. Le operazioni, spiega la Dia, sono tese quindi ad aggredire le organizzazioni sotto il profilo patrimoniale per “arginare il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati per evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico”. Una conferma di quanto oltre 30 anni fa avevano previsto i giudici Falcone e Borsellino “che avevano fortemente voluto ed avviato quell”architettura antimafia’ di cui la Dia è parte integrante finalizzata a colpire i sodalizi anche sotto il profilo patrimoniale arginandone il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati nell’ambito dei mercati economici per evitarne l’inquinamento”

Dia: “I tentacoli della ‘ndrangheta sulla pandemia e il primato nel narcotraffico”

ROMA – Le mafie non ricorrono più alla violenza ma tendono ad adottare la linea dell’infiltrazione nel tessuto economico. E’ uno dei tanti dettagli sull’evoluzione delle organizzazioni criminali contenuta nella Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020 e appena consegnata al Parlamento. In sostanza, spiegano gli esperti della Dia, tutte le organizzazioni mafiose hanno accelerato il “processo di trasformazione e ‘sommersione’ già in atto da tempo, senza però rinunciare del tutto all’indispensabile radicamento sul territorio e a quella pressione intimidatoria che garantisce loro la riconoscibilità in termine di ‘potere’ criminale“.

Calano gli omicidi ma più infiltrazioni illecite nell’imprenditoria

L’evoluzione del potere delle mafie è confermata dai dati: rispetto al secondo semestre del 2019 si registra da un lato il calo degli ‘omicidi di tipo mafioso’ e delle ‘associazioni mafiose’ (passati rispettivamente da 125 a 121 e da 80 a 41) e dall’altro un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell’imprenditoria, le infiltrazioni nei settori produttivi e l’accaparramento di fondi pubblici.

Gli episodi di corruzione e concussione sono passati da 20 a 27l’induzione indebita a dare o promettere utilità da 9 a 16, il traffico di influenze illecite da 28 a 32, la turbata libertà degli incanti da 28 a 32. In questo quadro, oltre ai ‘tradizionali’ settori di interesse – usura, estorsioni, traffico di droga – le attenzioni delle organizzazioni si sono orientate sui settori del gioco d’azzardo e delle scommesse, anche grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia: imprenditori riconducibili ai clan, dicono gli analisti, costituiscono società nei paradisi fiscali e creano così un circuito parallelo a quello legale che consente di ottenere non solo ampi guadagni ma anche di riciclare in maniera del tutto anonima enormi quantità di denaro.

Altro settore d’interesse, fino a qualche anno fa riservato agli ‘specialisti’ delle società cartiere e delle frodi carosello, è quello del contrabbando dei prodotti energertici poiché consente di immettere nel mercato prodotti ad un prezzo molto più basso di quello praticato dalle compagnie petrolifere. Si creano così vere e proprie “sinergie tra mafie e colletti bianchi” con questi ultimi cui spetta il compito di curare le importazioni dei prodotti dell’est Europa e gestirne la distribuzione attraverso società create ad hoc attraverso le quali vengono riciclati i capitali messi a disposizione dalle organizzazioni. Sempre più spesso inoltre, spiegano ancora gli investigatori della Dia, le mafie ricorrono a pagamenti in criptovalute: i bitcoin e, più recentemente, il ‘Monero’, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”.

Emergenza Covid e i tentacoli mafiosi

Con il prolungamento dell’emergenza dovuta al Covid, “la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale sano” da parte delle organizzazioni criminali “si sarebbe ulteriormente evidenziata”. E’ quanto afferma la Relazione della Dia al Parlamento relativa al II semestre del 2020 sottolineando che si tratta da parte delle mafie di una “strategia criminale che, in un periodo di grave crisi, offrirebbe alle organizzazioni l’occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria”.

Pandemia e nuovi modi d’infiltrazione

Nell’anno della pandemia, dicono ancora gli esperti della Dia, le organizzazioni criminali sembrerebbero aver utilizzato differenti modalità di infiltrazione: “se al nord, mediante il riciclaggio, risulterebbe intaccata l’imprenditoria privata con consistenti investimenti di capitali illeciti” si legge nel documento, al sud l’attenzione delle mafie si sarebbe rivolta “verso tutti i vantaggi offerti dai finanziamenti pubblici stanziati per offrire impulso alla crescita”.

Inoltre grazie alla capacità imprenditoriale, dovuta agli enormi capitali illeciti accumulati e alla collaborazione di imprenditori e colletti bianchi collusi le organizzazioni “potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi” stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza “che giungeranno a breve grazie alle iniziative del Governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni rese necessarie dall’emergenza sanitaria”. Proprio per evitare che le mafie mettano le mani su quei fondi, l’auspicio della Dia è che i governi dei singoli paesi e le istituzioni europee, mettano lo stesso impegno profuso per fronteggiare la pandemia e diano le stesse “risposte corali”.

 

“È auspicabile – si legge nella Relazione – che l’azione condivisa dei Paesi per il superamento dell’emergenza sanitaria possa esprimersi con analoga intensità di fuoco nel contrasto globalizzato alle organizzazioni criminali più strutturate e con diramazioni internazionali che sfruttano le disomogeneità legislative delle diverse Nazioni. Per una lotta efficace contro tali insidie oltre ad una auspicata e sempre più pregnante legislazione condivisa si impone un impulso sempre maggiore nella circolazione delle informazioni e nella cooperazione sinergica tra gli organi investigativi e giudiziari dei singoli Paesi”.

 

La ‘ndrangheta è leader nel narcotraffico, donne e minori sempre più coinvolti

La ‘ndrangheta rimane saldamente leader nel narcotraffico internazionale, ma “non appare più così monolitica ed impermeabile alla collaborazione con la giustizia da parte di affiliati nonché di imprenditori e commercianti, sino a ieri costretti all’omertà per il timore di gravi ritorsioni da parte dell’organizzazione mafiosa”. I gruppi affiliati si proiettano in tutte le regioni italiane, in diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania e Malta), nonchè in Australia, Stati Uniti e Canada.

Sottolineato anche il frequente coinvolgimento negli affari illeciti di donne e di minori. Le indagini, evidenzia la Relazione, danno conto “dell’ampio e pressoché inedito squarcio determinato dall’avvento sulla scena giudiziaria di un numero sempre più elevato di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia”. E anche “esponenti di primo piano hanno scelto di rompere il silenzio”. Nessuna tregua, però, sul contrasto, perchè le ‘ndrine sono infiltrate “in svariati settori commerciali, produttivi e dei servizi (costruzioni, autotrasporti, raccolta di materiali inerti, ristorazione, gestione di impianti sportivi e strutture alberghiere, commercio al dettaglio, senza tralasciare il settore sanitario, etc.)”.

I proventi del traffico di droga – in costante aumento – hanno reso la ‘ndrangheta una vera “potenza imprenditoriale” Le cosche, si legge ancora nel documento, “hanno da tempo dimostrato di essere straordinariamente abili ad adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo, specialmente al di fuori dai confini nazionali, strategie di basso profilo e tenendosi, al contempo, al passo con il progresso e la globalizzazione. I modelli mafiosi originari vengono replicati al di fuori della Calabria facendo leva sui quei valori identitari posti alla base delle strutture ‘ndranghetiste. Alla stessa stregua non verrebbero abbandonate le tipiche ritualità di affiliazione che non rappresentano un mero fenomeno folkloristico ma preservano sentimenti fortemente caratterizzanti che rafforzano, ad esempio, il legame degli ‘ndranghetisti all’estero con la casa madre reggina”.

Reddito di cittadinanza

“La spregiudicata avidità della ‘ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica che grava anche sul contesto sociale calabrese e benché l’organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate”. Il riferimento è ad una serie di inchieste che hanno visto diversi personaggi affiliati o contigui ai clan calabresi quali indebiti percettori del reddito di cittadinanza: coinvolti, in particolare, uomini delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco. Nell’ambito dell’operazione Tantalo, ad esempio, i Carabinieri hanno deferito all’autorità giudiziaria di Locri 135 percettori irregolari di buoni spesa Covid, alcuni dei quali legati per vincoli di parentela e/o affinità a sodalizi del luogo e, circa la metà, residenti a San Luca.

La ‘ndrangheta fuori dalla Calabria

San Giusto Canavese (Torino) e Lonate Palazzolo (Varese), Lona Lases (Trento) e Desio (Monza e Brianza), Lavagna (Genova) e Pioltello (Milano). Tutti posti ben lontani dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi ‘locali’ (le strutture di coordinamento delle ‘ndrine). La Dia conta ben 46 ‘locali’ nelle regioni settentrionali: 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. La ‘ndrangheta, rileva la Relazione, risulta “perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti extraregionali” ed i numeri “dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi”.

Blitz della DIA tra Sicilia e Calabria, 32 arresti

VIBO VALENTIA –  E’ in corso dalle prime ore di oggi un bliz della Dia, Direzione Investigativa Antimafia che vede coinvolti soggetti di Cosa Nostra tra le città di Agrigento, Trapani, Palermo, Ragusa, Catania e Vibo Valentia.

Nella città calabrese sono state arrestate due persone di Briatico. L’operazione si è anche estesa nella città di Parma. In tutto sono 34 gli ordini di arresto notificati.

Gli indagati da parte della procura di Palermo sono accusati di associazione mafiosa, partecipazione in concorso in associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga, detenzione abusiva di armi, sequestro di persona a scopo estortivo e danneggiamento.

L’operazione è stata denominata Kerkent e tra le accuse compare anche quella di violenza sessuale. Secondo gli inquirenti, l’associazione a delinquere avrebbe avuto base in Sicilia e si sarebbe poi estesa anche in Calabria ed Emilia Romagna. 

 

 

Sequestrati beni per 20 milioni di euro ad imprenditore reggino

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per 20 milioni di euro all’imprenditore Angelo Emilio Frascati, 62 anni, noto nel settore della grande distribuzione alimentare e del commercio di auto.

Nel provvedimento – emesso dal tribunale, sezione misure di prevenzione, su proposta del direttore della Dia e con il coordinamento della Dda – viene riconosciuta la sua pericolosità sociale per la stretta vicinanza con la ‘ndrangheta. Frascati fu arrestato nel 2016 nel procedimento “Fata Morgana” (poi confluito in “Ghota”) per avere fatto parte della cosca Libri, diventando, al termine di una guerra di mafia, espressione della ‘ndrangheta nell’imprenditoria e per aver turbato lo svolgimento delle gare pubbliche per l’inserimento nel consorzio di commercianti del centro commerciale “La Perla dello Stretto” di Villa San Giovanni. In primo grado è stato condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa e turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso.

Fonte e foto Ansa 

Omicidio Chiodo-Tucci, operazione della DIA a Cosenza nei confronti di cinque persone ( I NOMI)

COSENZA – E’ in corso, dalle prime ore di questa mattina, un’operazione antimafia della DIA di Catanzaro, nei confronti di 5 soggetti ritenuti responsabili del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo, Francesco Tucci e del contestuale ferimento di Mario Trinni, fatto avvenuto il 9 novembre del 2000 a Cosenza.

I NOMI

Si tratta di ABRUZZESE Antonio cl.70, BERLINGIERI Luigi cl.70, MADIO Saverio cl.62, BEVILACQUA Celestino cl.61 e ABBRUZZESE Fiore cl.66, tutti stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina di etnia nomade. I 5 destinatari del provvedimento restrittivo, eseguito con la collaborazione, nella fase esecutiva, di personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri di Cosenza, sono ritenuti, a vario titolo, responsabili del duplice omicidio di CHIODO Benito Aldo, allora “contabile” dell’allora gruppo confederato CICERO-LANZINO, e di TUCCI Francesco, avvenuto a Cosenza in data 09.11.2000, e del contestuale ferimento di TRINNI Mario.

Per tale fatto di sangue, a seguito di pregressa attività investigativa svolta dalla DIA di Catanzaro, risulta essere già stato condannato BEVILACQUA Francesco, alias “Franchino di Mafalda”, all’epoca dei fatti capo degli zingari di Cosenza, poi divenuto collaboratore di giustizia, che fin da subito aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi di tutti i partecipi all’azione, le modalità di esecuzione e il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di CHIODO Benito Aldo, dei patti stretti dai nomadi con l’allora gruppo confederato LANZINO-CICERO circa la spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari (estorsioni, usura e traffico della cocaina). Successive dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia, raccolte di recente e dettagliatamente riscontrate dagli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova nei Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro Direzione Distrettuale Antimafia 2 confronti degli odierni arrestati, tali da consentire alla DDA di richiedere ed ottenere dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro il loro arresto. Per portare a termine l’azione omicidi aria, consumatasi a Cosenza in via Popilia, nel tardo pomeriggio del 9 novembre di 18 anni fa, venne utilizzato dai sicari, oltre ad una pistola Beretta, anche un fucile mitragliatore di tipo Kalashnikov.

Dalla ricostruzione investigativa dell’episodio, si è accertato che sull’autovettura Lancia Thema utilizzata per l’agguato, e rinvenuta poi sepolta nel cantiere della De.MAR Costruzioni di PERRI Sergio (rimasto poi ucciso in un agguato di stampo mafioso unitamente alla moglie il successivo 17.11.2000), oltre al BEVILACQUA Francesco, vi erano BERLINGIERI Luigi cl.70 detto occhi di giaccio o il cinese, armato del Kalashnikov, ABBRUZZESE Fiore cl. 66 detto Ninuzzo, con il compito di fare da autista, e IANNUZZI Gianfranco cl.58 detto a‘ ntacca, successivamente vittima di lupara bianca.

Il provvedimento restrittivo eseguito in data odierna ha attinto, oltre a BERLINGIERI Luigi e ABBRUZZESE Fiore, partecipi del gruppo di fuoco, anche ABRUZZESE Antonio cl. 70, in quanto ritenuto mandante, unitamente a BEVILACQUA Francesco, dell’azione di fuoco, MADIO Saverio e BEVILACQUA Celestino, che, con riferimento all’omicidio, si erano occupati, il primo del trasporto dei killers al luogo di partenza dell’azione, ed il secondo del loro recupero dal luogo ove venne interrata l’auto utilizzata per l’agguato.

L’odierna operazione della DIA si colloca in una più ampia strategia investigativa da tempo avviata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, con il conferimento alla DIA di Catanzaro di varie deleghe d’indagine, finalizzate a per far luce su una serie di omicidi verificatisi su Cosenza dal 1999 al 2004. Le attività investigative condotte nel tempo in tale con il coordinamento della Procura distrettuale, hanno consentito, anche mediante la valorizzazione delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, doverosamente e minuziosamente riscontrate nei minimi dettagli, di portare a termine varie fasi dell’operazione convenzionalmente denominata TERMINATOR (1-2-3-4), con l’individuazione dei responsabili di 12 episodi fra omicidi e tentati omicidi, fra i quali quello di MARCHIO Vittorio 11/1999 e CALVANO Marcello 08/1999 (Op.ne TERMINATOR 2 -2008); SENA Antonio 05/2000, BRUNI Francesco senjor 07/1999, (Op.ne TERMINATOR 3 – 2010).

Firenze, condannato imprenditore calabrese vicino alle cosche

FIRENZE – Traffico di cocaina e legami con appartenenti alle cosche della ‘ndrina Arcoti di Reggio Calabria, queste le accuse con le quali è stato condannato un imprenditore calabrese, Nicola Callea, attivo nel settore della ristorazione a Firenze. Il sequestro e la confisca, di circa due milioni di euro, consta di tre unità immobiliari, un appartamento di pregio e due fondi commerciali nel centro storico fiorentino dove sono ubicati i due ristoranti, era già stato disposto nel 2016 dal Tribunale di Firenze su proposta del Direttore della Dia.

NON PRESENTAVA DA ANNI DICHIARAZIONI DI REDDITI

L‘uomo aveva poi presentato un ricorso contro tale decisione, respinto dalla Corte d’Appello di Firenze nel 2017. I giudici della Corte di Cassazione, dopo aver negato nuovamente il ricorso, hanno confermato la legittimità del provvedimento in cui si evidenzia che il soggetto interessato, negli anni in cui tali reati venivano commessi, scompariva sul piano fiscale e cessava di presentare dichiarazioni dei redditi spogliando inoltre l’intero nucleo familiare di tutti i beni ad esso riconducibili. La Dia di Firenze ha quindi eseguito una sentenza definitiva di sequestro e confisca di un appartamento di pregio e due fondi commerciali nel centro storico Fiorentino a carico dell’imprenditore.

Happy Dog, gli interessi della ‘ndrangheta sulla gestione dei canili

REGGIO CALABRIA – Una vasta operazione di polizia coordinata dalla Diresione Distrettuale Antimafia della procura di Reggio Calabria ha portato a 11 provvedimenti di custodia cautelare. L’inchiesta, denominata Happy Dog, ha consentito di accertare l’infiltrazione nel settore canino degli interessi di persone ritenute vicine alla cosca Zagari-Fazzalari-Viola della ‘ndrangheta, con conseguente condizionamento degli appalti indetti dal Comune di Taurianova per l’assegnazione dei servizi di custodia e assistenza nei canili privati. Dall’inchiesta sono emerse anche le presunte condotte intimidatorie ed estorsive ai danni di un imprenditore del settore della custodia canina, vessato anche da persone vicine alle cosche di Platì e Sant’Ilario sullo Ionio.
Tra le persone per le quali sono stati disposti gli arresti domiciliari c’è il direttore del servizio veterinario dell’Asp di Reggio Calabria, Antonino Ammendola.

Concorso esterno in associazione mafiosa, condannato l’ex assessore Suraci

REGGIO CALABRIA – L’ex assessore ed ex consigliere comunale di Reggio Calabria Dominique Giovanni Suraci, di Alleanza nazionale, è stato condannato a 12 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza è stata emessa dal Tribunale.
Suraci, accusato originariamente di associazione mafiosa, ha ottenuto la derubricazione del reato in concorso esterno. Per lui il pm della Dda reggina, Stefano Musolino, aveva chiesto la condanna a 30 anni.
Dominique Giovanni Suraci, secondo quanto emerso dalle indagini nell’ambito dell’operazione “Sistema-Assenzio”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, sarebbe stato la ‘mente’ di un sistema affaristico che in breve tempo lo avrebbe portato, grazie agli accordi con la cosca “Tegano”, ad aprire e gestire numerosi supermercati in tutto il territorio reggino.

Fonte Ansa – foto http://www.strettoweb.com/2014/04/reggio-maxi-sequestro-a-dominique-suraci-e-giuseppe-croce-sigilli-a-tanti-negozi-i-dettagli/127668/

Torino, confiscati beni ad affiliato della ‘ndrangheta

TORINO – Beni per un valore di circa un milione di euro, tra società, camion e auto, sono stati confiscati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Torino su disposizione del tribunale nei confronti di Francesco Ietto.
Ritenuto affiliato alla locale di ‘ndrangheta di Natile di Careri (Rc), 55 anni, è stato condannato con sentenza passata in giudicato a sette anni e quattro mesi di reclusione, per associazione mafiosa.
Ietto era stato arrestato nel 2015 perché, ai domiciliari, continuava a riciclare i proventi di origine illecita, utilizzando numerose società a lui riconducibili. Il decreto di confisca è stato disposto dal Tribunale di Torino. Nei confronti dell’uomo è stata decisa anche l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per la durata di tre anni.