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‘Ndrangheta, sequestrata lavanderia nell’alto tirreno cosentino

DIAMANTE (CS) – La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha confiscato la lavanderia industriale “Iacovo Maria”, con sede a Diamante (Cosenza), ritenuta nella disponibilità di Antonio Mandaliti, arrestato nell’estate del 2016, insieme alla moglie, nell’ambito dell’operazione “Frontiera”, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha colpito gli interessi, anche economici, della potente cosca Muto, egemone nel comprensorio di Cetraro.
Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Cosenza al termine delle indagini patrimoniali svolte dalla Dia, i cui esiti sono confluiti in una proposta avanzata dal Direttore della Dia all’ autorità giudiziaria che aveva già portato al sequestro del bene. Secondo il Tribunale, la lavanderia industriale è “frutto del reimpiego di attività illecita in periodo di pericolosità sociale del proposto”. Per Mandaliti è stata disposta anche la sorveglianza speciale per 3 anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Operazione Martingala tra Reggio Calabria e Firenze, 27 arresti e sequestri per 100 milioni (VIDEO)

REGGIO CALABRIA – Maxi operazione della Direzione Investigativa Antimafia e del comando provinciale di Reggio Calabria nei confronti di 27 soggetti colpiti da provvedimento di fermo emesso dalla DDA, ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro. Le forze dell’ordine stanno eseguendo anche sequestri di imprese, beni immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 100 milioni di euro. Contemporaneamente, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, sono in corso di esecuzione ulteriori provvedimenti restrittivi e di sequestro per riciclaggio e reimpiego nel tessuto economico toscano dei proventi illeciti conseguiti dall’associazione mafiosa. 

L’organizzazione poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente definite “cartiere”, che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all’esito delle indagini, anch’esse fittizie.

Video Operazione Martingala

 

Mafia, DIA Reggio Calabria sequestra beni all’armatore Matacena

REGGIO CALABRIA – La Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di sequestro e confisca di beni, emesso dalla Corte di Assise d’Appello, nei confronti dell’armatore ed ex deputato di Fi Amedeo Matacena, ora latitante a Dubai. La confisca riguarda 12 società in Italia e all’estero, conti bancari, immobili e un traghetto in servizio nello Stretto di Messina, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. Matacena, condannato definitivamente nel 2014 a tre anni di reclusione dalla Cassazione per concorso esterno, è stato riconosciuto quale politico di riferimento delle cosche reggine a salvaguardia dei loro interessi. Poi è rimasto coinvolto nelle indagini della Dia e coordinate dalla Dda che hanno portato all’emissione di ordinanze di custodia cautelare in carcere, oltre che nei suoi riguardi, anche a carico di sua moglie Chiara Rizzo, per intestazione fittizia di beni, e dell’ex Ministro dell’Interno Claudio Scajola, per averlo aiutato a sottrarsi alla cattura.

‘ndrangheta, sequestrati beni per 1,1 milioni di euro ad Amedeo Matacena

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per 1,1 milioni di euro ad Amedeo Matacena Junior, 53enne imprenditore catanese ed ex parlamentare. Attualmente latitante a Dubai, Matacena è figlio del defunto Amadeo Matacena: entrambi personaggi noti a Reggio Calabria per la loro attività di armatori svolta in passato per il traghettamento dei veicoli e dei passeggeri sulle sponde dello Stretto. Matacena jr nel 2014 è stato condannato definitivamente a 3 anni di reclusione dalla Cassazione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa in seguito alle risultanze investigative emerse nell’operazione “Nautilus” confluite poi nel procedimento penale “Olimpia 2 e 3”.

Matacena jr era l’uomo politico prescelto dalle cosche reggine al fine di salvaguardare gli interessi da queste perseguite. Dal vasto compendio probatorio è emerso che Matacena jr, «pur di riuscire nel suo intento di essere eletto alla Camera dei Deputati nel 1994, abbia stipulato una sorta di “patto con il diavolo” con le più rappresentative organizzazioni ‘ndranghetistiche di questa città». Convergono in tal senso anche le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia tra cui Antonino Rodà e Giuseppe Lombardo mentre un altro, Umberto Munaò, ha evidenziato la consapevolezza di Matacena jr di aver favorito la cosca Rosmini nella vicenda dei lavori di rifacimento della via Marina, a Reggio Calabria.

Nell’anno 2015, nell’ambito di un altro procedimento penale, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha inflitto a Matacena jr un’ulteriore condanna a quattro anni per il reato di corruzione in atti giudiziari, confermando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nel 2012. Con sentenza del 4 novembre 2016, la Corte di Cassazione annullava senza rinvio la sentenza di condanna per intervenuta prescrizione.

Da ultimo, Matacena jr è rimasto coinvolto nelle recenti indagini svolte dalla Dia nell’ambito del procedimento penale denominato operazione “Breakfast”. Nell’ambito di quest’ultima attività investigativa, il gip ha emesso nel 2014 ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Matacena jr, della moglie Chiara Rizzo e di altri per il delitto di intestazione fittizia di beni. Nel provvedimento restrittivo, il gip ha evidenziato, tra l’altro, il comportamento di Matacena volto a eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ovvero di agevolare la commissione di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita in attività economiche o finanziarie, simulando l’apparente dismissione, da parte dello stesso, delle partecipazioni alle società a lui riconducibili tra cui la Amadeus, la Solemar, la Ulisse Shipping, la New Life, la Amju International Tanker Ltd e la Athoschia International Tanker Ltd.

In tale contesto Matacena, tuttavia, non è stato tratto in arresto in quanto si trovava a Dubai dove, sottoposto a fermo da parte delle Autorità degli Emirati Arabi Uniti, è stato successivamente rilasciato. Con il provvedimento di sequestro di oggi, il tribunale di Reggio Calabria ha confermato ed evidenziato la pericolosità sociale qualificata di Matacena: «Appare dunque sussistere quella condizione di pericolosità che investe l’intero percorso di vita del proposto che, in presenza di altri requisiti di legge, legittima l’apprensione di tutte le componenti patrimoniali ed utilità, di presumibile illecita provenienza, delle quali non risulti, in alcun modo, giustificato il legittimo possesso», e ha disposto il sequestro delle disponibilità bancarie e finanziarie in genere, detenute anche all’estero riconducibili a Matacena, alla moglie e ai figli, nonché di un fabbricato all’estero, intestato a una società straniera con sede a Miami in Florida.

Droga, dieci arresti e perquisizioni della Dia tra Lombardia e Calabria

MILANO – Il Centro operativo della Dia di Milano ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del capoluogo lombardo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di dieci persone, prevalentemente di origini calabresi, indagate a vario titolo per associazione finalizzata al traffico illecito e alla detenzione illegale di sostanze stupefacenti. I dettagli dell’operazione, che ha portato ad arresti e perquisizioni in Lombardia ed in Calabria, saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa.

‘ndrangheta, la Dia confisca beni per un milione e 200 mila euro

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore di milione e 200 mila euro nei confronti di Santo Gambello, 41 anni, collegato, secondo gli investigatori, alla cosca Labate della ‘ndrangheta, che ha la sua area d’influenza nella zona sud della città. La confisca è stata disposta dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su proposta del direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla. Gambello nel 2007 fu coinvolto nell’operazione “Gebbione” e nel processo che ne scaturì fu condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Dagli accertamenti della Dia è emersa la sproporzione tra i redditi di Gambello e del suo nucleo familiare e gli ingenti investimenti da lui effettuati nel settore immobiliare. I beni confiscati consistono in un magazzino e due autorimesse, per una superficie complessiva di circa mille metri quadri e ubicati nel pieno centro di Reggio Calabria.

‘ndrangheta, la Dia sequestra beni per 25 milioni di euro ad un imprenditore

REGGIO CALABRIA – Beni per oltre 25 milioni di euro sono stati sequestrati da personale della Dia di Reggio Calabria all’imprenditore Michele Serra, di 49 anni, noto nel settore del commercio di prodotti casalinghi ed alimentari. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale-Sezione misure di prevenzione su proposta del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla ed è stato eseguito sotto il coordinamento della Dda. Serra è stato coinvolto, nel maggio 2016, nell’operazione “Fata Morgana”, che ha portato all’esecuzione di sette fermi nei confronti di professionisti ed imprenditori accusati di collusione con la ‘ndrangheta, nonché al sequestro di varie aziende, tra le quali una, operante nel commercio ortofrutticolo, risultata nella sua disponibilità. Serra è accusato di intestazione fittizia di beni con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare gli interessi della cosca “Tegano” nella grande e media distribuzione alimentare. Il Tribunale di Reggio, nell’adottare il provvedimento, ha tenuto conto anche delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Enrico De Rosa e della testimone di giustizia Brunella Latella, che, secondo l’accusa, hanno fatto luce sui rapporti di “stretta vicinanza” di Serra con i Labate, attivi nella zona sud di Reggio Calabria. Il sequestro scaturisce da indagini svolte dagli uomini della Dia sull’intero patrimonio dell’imprenditore dalle quali sarebbe emerso la netta sproporzione tra redditi dichiarati e gli investimenti effettuati. Tra i beni sequestrati figurano 8 aziende, di cui 7 società di capitali ed una ditta individuale, tutte operanti nei settori della vendita al minuto e all’ingrosso di prodotti alimentari, di giocattoli e casalinghi, nonché della ristorazione, dei giochi e delle scommesse e del ramo immobiliare. In particolare, sono stati sequestrati 4 supermercati di rilevanti dimensioni con marchio Center stock e Cash &Carry e magazzini per oltre 3mila mq di estensione. Sequestrati anche 7 immobili aziendali e personali e disponibilità finanziarie. Le aziende sequestrate proseguiranno la loro attività con amministratori giudiziari designati dal Tribunale.

‘ndrangheta, la Dia sequestra beni al capo della “locale” di Gallicianò

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni emesso dal Tribunale-Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Procuratore della Repubblica, Federico Cafiero De Raho, e dal direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla, nei confronti di Giuseppe Nucera, 71enne, attualmente detenuto, ritenuto il capo della “Locale” di Gallicianò, frazione del comune di Condofuri (Reggio Calabria). Tra i suoi trascorsi criminali risulta, tra l’altro una condanna del 2001, della Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, perché ritenuto in organico alla cosca facente capo a Giuseppe Caridi, federata con la consorteria “Libri” operante in Reggio Calabria. In particolare, Nucera, soprannominato “zio Pino”, è stato ritenuto, in questa circostanza, personaggio preposto alla riscossione di tangenti. E anche una condanna, in primo grado, a 10 anni di reclusione, emessa nel 2014 dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Gip e Gup, per il reato di associazione mafiosa. Tale pena è stata successivamente rideterminata in 12 anni e 6 mesi di reclusione a seguito di sentenza del 2016 della Corte di Appello reggina. Nello specifico, in tale contesto, Nucera è stato ritenuto essere il “capo locale” di Gallicianò. Il provvedimento scaturisce da indagini svolte dagli uomini della Dia sull’intero patrimonio di Nucera, che hanno consentito di acclarare una netta sproporzione tra i redditi dichiarati, rispetto agli investimenti effettuati, risultati di assoluta provenienza illecita. Il sequestro ha riguardato 6 unità immobiliari site in Reggio Calabria, contrada Boschicello, e disponibilità finanziarie in corso di quantificazione.

‘ndrangheta, Dia confisca beni per 4 milioni a imprenditore

VIBO VALENTIA – La Dia di Catanzaro confiscato, in esecuzione di un provvedimento della Corte d’Appello reso definitivo dalla Corte di Cassazione, beni per 4 milioni di euro riconducibili all’imprenditore Domenico Antonio Ciconte, di Sorianello, condannato per usura nell’ambito dell’operazione denominata “Dinasty” che ha coinvolto esponenti di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso. Sono stati quindi definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato le quote societarie di “CalabriaTrading Srl”, con sede a Lamezia Terme (Catanzaro) ed operante nel settore dell’intermediazione dei beni mobili registrati ed immobili; l’impresa individuale “De Caria Legnami di De Caria Assunta”, con sede a Soriano Calabro, operante nel comparto della lavorazione del legname; il capitale sociale e l’intero compendio aziendale della “Immobiliare Athena srl”, con sede a Pizzo, operante nel settore turistico; numerosi beni immobili e mobili. Il procedimento, avviato nel 2013 con il deposito di una proposta del procuratore generale di Catanzaro sulla base di accertamenti patrimoniali condotti dalla Dia di Catanzaro, rientra in un più ampio intervento (operazione “Quattro Terre”) che ha consentito, sino ad oggi, di confiscare beni per un valore complessivo di oltre 35 milioni di euro.

‘ndrangheta, la Dia di Torino sequestra beni a condannato per associazione mafiosa

ROMA – La Dia di Torino ha dato esecuzione al decreto di sequestro anticipato di beni, emesso dal Tribunale, nei confronti di Francesco Ietto, 54 anni, ritenuto affiliato al “locale” di ‘ndrangheta di Natile di Careri (Reggio Calabria) e condannato, con sentenza passata in giudicato, a 7 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione “Crimine-Infinito”. L’uomo, appartenente alla famiglia Ietto-Testa Grossa operante in Calabria, in provincia di Torino e nel basso milanese, nonostante la condanna, pur trovandosi agli arresti domiciliari, continuava a riciclare i proventi di origine illecita, utilizzando numerose società a lui riconducibili, motivo per il quale è stato arrestato, nel 2015 nell’ambito dell’operazione “Panamera”. Il sequestro era stato chiesto al termine di un’indagine patrimoniale che ha portato alla luce il reinvestimento di denaro di provenienza illecita in un contesto societario. Tra i beni confiscati, tutti di proprietà o riconducibili a Ietto, figurano 4 società, oltre 30 mezzi (tra camion e autovetture) e 5 rapporti finanziari.