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Presentato al Ministero della Salute studio dell’Unical sulle reti di terapia del dolore in Italia

COSENZA – Sono stati presentati oggi al Ministero della Salute i risultati dello “Studio conoscitivo delle reti di terapia del dolore”.

L’indagine, nata dall’accordo di collaborazione tra il Ministero della Salute e l’Università della Calabria, ha avuto come obiettivo principale la realizzazione di uno studio della patologia del dolore cronico, su scala nazionale, ed una analisi dell’organizzazione della “Rete di Terapia del Dolore” nelle regioni.

Hanno contribuito allo studio professionisti sanitari, ricercatori e docenti universitari del Laboratorio di documentazione dell’Unical: Francesco Amato e Silvia Ceniti dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Roberto Guarasci, Sara Laurita, Francesca Parisi, Luciano Parrilla, Erika Pasceri e Anna Perri dell’Università della Calabria. I risultati sono stati presentati dal dottor Francesco Amato, direttore deell’Uoc Terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, dal professor Roberto Guarasci e dalla dottoressa Sara Laurita dell’Università della Calabria. Le conclusioni sono state affidate al direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero, Andrea Urbani.

Lo studio ha analizzato i processi organizzativi e assistenziali dei servizi dedicati alla terapia del dolore, con particolare riferimento alle strutture, alle attività, alle professionalità coinvolte e ai documenti prodotti.

La rilevazione ha coinvolto le strutture presenti sul territorio nazionale che erogano prestazioni connesse alle terapie del dolore. Il questionario mirava ad ottenere informazioni sull’organizzazione strutturale e funzionale del Centro di Terapia del Dolore e le modalità di accesso dell’utenza alla struttura. La fase di raccolta dei dati, iniziata il 6 giugno 2018 con l’invio dei questionari, si è conclusa il 7 settembre 2018.

Tra le 365 strutture contattate, 192 hanno completato l’indagine, consentendo di raggiungere un primo obiettivo: tracciare una mappa aggiornata della rete di strutture che erogano servizi di terapia del dolore a vario titolo.

Dall’analisi dei dati ottenuti dalle strutture rispondenti al questionario è emerso che i centri di terapia del dolore sembrano abbastanza allineati con le direttive ministeriali, per ciò che concerne la gestione del percorso di cura del paziente. Infatti, alla domanda sulle modalità di accesso al centro, l’80%  ha risposto che avviene mediante il Centro Unico di Prenotazione, e non attraverso una modalità di prenotazione interna al reparto né tramite pronto soccorso, che dovrebbe essere ad esclusivo accesso da parte dei malati in fase acuta.

Nella sezione relativa alle attività cliniche erogate, sono stati chiesti dati relativi al flusso dei pazienti, sia per quanto riguarda il numero complessivo di visite, sia per i ricoveri. Analizzando i dati distribuiti per tutto il territorio nazionale nell’anno 2017, è emerso che il numero di visite complessivo annue registrato, tra prime visite e visite di controllo, è stato di 578,300, di cui 133,044 prime visite. Un dato negativo emerge dall’analisi dei dati sulle attività di ricerca, poiché la maggior parte dei centri che hanno partecipato all’indagine dichiarano di non svolgerne alcuna. Il dato è in parte da attribuire a quanto emerso nella seconda parte dell’indagine, ovvero in molti casi è stato segnalato che nelle strutture vi è una forte carenza di personale. Un’altra motivazione potrebbe derivare dal fatto che molte delle strutture rispondenti sono strutture ospedaliere e non universitarie, nelle quali l’attività di ricerca in generale non è quasi mai contemplata, soprattutto per le note difficoltà che gli ospedali hanno nell’accedere ai fondi per la ricerca.

Tragico incidente sulla Statale 18, Oliverio esprime il suo dolore

CATANZARO-  Il Presidente della Regione, Mario Oliverio, esprime profondo dolore per l’improvvisa scomparsa di Filomena Santoro e Ida Oliva, le due ragazze di 18 e 19 anni rimaste vittime di un tragico incidente stradale avvenuto questa mattina sulla Statale 18, nei pressi di San Lucido, mentre viaggiavano a bordo di una Lancia Y per recarsi al Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Paola, dove frequentavano l’ultimo anno del loro corso di studi.

Mario-Oliverio

Una delle due ragazze, Ida, tra l’altro, è figlia di Pino Oliva, da diversi anni affezionato e stretto collaboratore del Presidente della Regione.“Davanti ad una tragedia così grande e dolorosa – ha detto il Presidente Oliverio, appena appresa la notizia- non ci sono parole che tengono. Nessuno, solo il tempo, forse, potrà lenire il dolore dei genitori di due splendide ragazze che erano nel pieno della loro giovinezza e sognavano un futuro carico di progettualità e speranze. Sono sinceramente vicino alle famiglie colpite da questo dramma inconsolabile e formulo gli auguri di pronta guarigione alle altre due ragazze coinvolte nell’incidente e alle loro famiglie”.

“La vita, purtroppo -ha concluso il Presidente della Giunta regionale-  ci riserva drammi e dolori che devastano l’anima e il cuore. E’ difficile superarli, ma bisogna andare avanti lo stesso. Abbiamo il dovere di farlo anche per ricordare ed onorare la memoria di quanti, per uno strano ed incomprensibile disegno del destino, abbiamo improvvisamente perduto”.

Chirurgia mininvasiva e terapia del dolore: concluso il congresso “Chirurgia vertebrale oggi”

CATANZARO – L’innovazione tecnologica nella medicina consente un migliore trattamento dei disturbi legati alla colonna vertebrale, attraverso il ricorso a metodologie chirurgiche non invasive che, rispetto alla chirurgia “open”, hanno il duplice vantaggio di garantire traumi meno estesi e una ripresa più rapida del paziente, trattendendo i costi stessi dei trattamenti medici. Questo è quanto emerso dall’appena Congresso colonna vertebraleconcluso congresso “Chirurgia vertebrale oggi”, presieduto dai dottori Pierluigi Rocca e Giuseppe Bisurgi, entrambi medici specialisti in Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore e Chirurghi Vertebrali, cui hanno preso parte oltre venti relatori, rappresentati del mondo medico e accademico di tutta Italia. «La chirurgia minivasiva – ha spiegato il dottor Bisurgi – può essere una valida alternativa alla chirurgia tradizionale. Bisogna superare la vecchia concezione secondo la quale per operare colonna vertebrale cervicale o lombare si debba intervenire a campo aperto, perché grazie alla tecnologia si può operare con metodiche chiuse, attraverso l’utilizzo di telecamere e dell’apparecchio di radiologia, anche tridimensionale». Del resto, se si considera che almeno l’80% della popolazione soffre di disturbi legati alla colonna vertebrale, si evince come non possa che essere positiva anche dal punto di vista sociale la ripercussione delle nuove tecniche di chirurgia mininvasiva, per la cura di patologie come scivolamenti vertebrali, cervicale, scoliosi, ernia del disco. Per questa ragione, la stessa figura del chirurgo vertebrale deve inserirsi all’interno di un percorso terapeutico «condiviso tra vari specialisti come gli ortopedici, i neurochirurghi, i chirurghi algologi e i radiologi interventisti», ha aggiunto lo stesso Bisurgi, al pari di quanto avviene in altre parti del mondo. Dunque, come ha ribadito il professor Giovanbattista Sarro, direttore del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università Magna Grecia di Catanzaro, l’Italia ha ancora molta strada da fare, auspicando una effettiva applicazione della legge 38 del 2010 sulla terapia del dolore, col concreto utilizzo delle risorse previste. A tal fine, maggiore deve essere anche l’attenzione da parte delle istituzioni, ha dichiarato il presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Catanzaro Vincenzo Ciconte. Al Sud più che nel resto d’Italia, poichè, come ha spiegato il dottor Pierluigi Rocca, in Calabria «il blocco della spesa sanitaria penalizza l’innovazione e non concede nuovi spazi a chi intraprende una nuova chirurgia». Il congresso, pertanto, oltre che sull’importanza dell’approccio meno invasivo, ha posto l’accento su un aspetto clinicamente assai rilevante quale quello del dolore, al fine di realizzare un ritorno del paziente al benessere.

 

 

 

 

Cerisano piange la perdita di un grande uomo. Muore Giovanni Mancina

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Cerisano ( Cs) – Dolore e sgomento a Cerisano. Giovanni Mancina, ex sindaco di San Giovanni in Fiore, da sempre militante del partito socialista e padre di Salvatore, ex sindaco di Cerisano è venuto a mancare stamane all’improvviso. Una notizia che ha sconvolto tutta la piccola comunità delle serre cosentine. Giovanni era un uomo molto stimato e apprezzato non solo a Cerisano, ma nell’hinterland cosentino. Uomo cordiale e sensibile, da sempre attento e altruista. Giovanni Mancina lascia la moglie Caterina, e i tre figli, Salvatore, Ivan e Antonella. Alla famiglia Mancina, il cordoglio di tutta la redazione di ottoetrenta.it

Mario Oliverio si è recato a Cerisano per rendere omaggio alla salma di Giovanni Mancina e per esprimere il proprio cordoglio alla moglie ed ai figli.

 

Raffaella Aquino

La riabilitazione nelle distorsioni della caviglia

ALTOMONTE (CS) –  In ambito ortopedico – traumatologico le principali problematiche a livello del complesso articolare della caviglia o articolare tibio – tarsica sono le distorsioni (oltre alle fratture soprattutto di tibia). La distorsione di caviglia, detta comunemente “storta“, non è un’alterazione permanente. Tuttavia, essendo il più frequente trauma muscolo – scheletrico dell’arto inferiore, è quello che maggiormente può creare problemi soprattutto se non viene effettuata una buona riabilitazione.distorsione 1

È tipica dei giovani, in particolare degli sportivi. Gli sport maggiormente a rischio sono il basket, il calcio e la pallavolo. La maggior parte dei pazienti recupera completamente ma in circa un 30% dei casi compaiono dolore e instabilità cronica. La dinamica classica nelle distorsioni della caviglia è una ricaduta sbilanciata e accidentale dopo un salto o a seguito di un movimento o un contatto brusco. Il più frequente meccanismo di infortunio è in inversione (rotazione interna della pianta del piede) e a volte i due meccanismi possono coesistere. In alcuni casi è una fragilità derivante da precedenti episodi mal curati o dovuta a uno scarso tono muscolare o ad una lassità legamentosa.

Le distorsioni sono classificate a secondo della gravità in una scala che va da 0 a 3, dalla meno grave alla più seria. Il grado 0 è costituito da una distorsione ove il dolore della caviglia scompare o si attenua nel giro di una decina di minuti circa, e non ne compromette il movimento. Solitamente, le distorsioni di grado zero non danno luogo a gonfiore. Nelle distorsioni di grado 1, o leggere, c’è una compromissione dei legamenti che vengono stirati ma non compaiano rotture. È presente un modesto gonfiore solitamente non immediato ma che compare dopo qualche ora del trauma, dolore che non impedisce di camminare ma allo stesso tempo non permette, se non con sofferenza, di riprendere l’attività interrotta. Il danno funzionale è quasi assente quindi non è compromesso il movimento e non è presente instabilità articolare. Nelle distorsioni di grado 2, o moderata, c’è una parziale rottura dei legamenti, il gonfiore compare pochi minuti dopo l’evento traumatico e si possono vedere anche delle chiazze rosse sotto pelle. Esse indicano che alcuni vasi sanguigni si sono rotti. In tale situazione è impossibile riprendere l’attività distorsione 2fisica e il dolore, anziché passare con il tempo, tende ad aumentare o a rimanere costante per diverse ore. Si riscontra una certa perdita della funzione articolare e quindi del movimento e una lieve instabilità. Nelle distorsioni di grado 3, o gravi, vi è una rottura completa dei legamenti con gonfiore che inizia subito dopo il trauma, oltre ad un versamento interno di sangue. Il paziente avverte un dolore intenso, non riesce a muovere la caviglia e non può sopportare nemmeno che qualcuno cerchi di farlo. Si riscontra un’instabilità meccanica e l’incapacità di sostenere il peso sull’arto. Nelle distorsioni di terzo grado, il danno può essere rappresentato oltre che da una rottura dei legamenti anche da una frattura ossea.

Qualora si trattasse di una frattura, va esaminata e, se necessario, si dovrà intervenire chirurgicamente oppure fare una ingessatura che il paziente dovrà portare per 40 giorni, alla quale seguirà un ciclo di fisioterapia mirata a riprendere la corretta mobilità del piede, fino a giungere in 60 giorni alla guarigione completa. Nelle distorsioni della caviglia è molto importante il primo intervento, quello che si fa in campo, subito dopo l’intervento traumatico. È bene quindi sapere cosa fare, nel caso non ci fosse un esperto. Per prima cosa quindi bisogna applicare il ghiaccio e mettere la gamba in alto (elevarla). Dopo aver tolto delicatamente la scarpa e la calza, bisogna fasciare la caviglia con un bendaggio compresso e non caricare con il peso. Nel caso la lesione sia di grado 3, come detto prima, potrà essere necessario un distorsione 3trattamento chirurgico, al quale seguirà un percorso riabilitativo post – chirurgico. Non tutti concordano sulla necessità di un intervento, alcuni ortopedici e fisiatri consigliano, anche in caso di rottura dei legamenti, un trattamento conservativo: ritengono che un adeguato programma fisioterapico sia sufficiente a ridare stabilità alla caviglia .

Nella prima fase del trattamento è consigliabile immobilizzare la caviglia, un’immobilizzazione parziale senza tutori o apparecchi gessati, a meno che non ci sia una frattura. È più conveniente immobilizzare parzialmente la caviglia, ed utilizzare una stampella per camminare (se si vuole mantenere un carico parziale sulla caviglia lesa) o due in caso in cui è prescritta l’assenza totale di carico sulla caviglia lesa) per poi cominciare precocemente la riabilitazione.

È stato dimostrato infatti che il movimento velocizza la guarigione, mentre l’immobilizzazione la rallenta o addirittura la blocca. Applicazione del ghiaccio per 20 minuti ogni 2-3 ore, non tenendolo a contatto con la pelle perché provocherebbe ustioni. Bisogna mettere 3-4 cubetti in una borsa del ghiaccio adatta per il contatto con la pelle. Dopo questa fase, l’applicazione di ghiaccio andrà interrotta: prolungarla infatti rallenterebbe il processo di guarigione dei tessuti. La caviglia dovrà essere avvolta in un bendaggio compressivo, mantenere l’arto in posizione elevata per favorire il ritorno venoso e per la riduzione dell’edema (gonfiore). Nella seconda fase, o sub – acuta, se non sono comparse complicazioni si potrà cominciare con la rieducazione funzionale. La riabilitazione è un percorso progressivo dove il lavoro, la fatica e la difficoltà degli esercizi andrà gradualmente aumentando nel tempo. Questa fase sarà incentrata sul controllo del dolore e recupero del rom articolare (range of movement), quindi dell’ampiezza del movimento per il recupero della forza muscolare e della stabilità. Per il dolore si utilizzeranno terapie fisiche (tecar, tens, elettrostimolazione, ultrasuoni), terapie manuali, in particolare massaggi drenanti per la riduzione del gonfiore e massaggi trasversali (con cautela).

 

Per una graduale ripresa della mobilità articolare:

mobilizzazione passiva manuale, da effettuare sul lettino con il paziente sdraiato supino, in assenza di carico. Il fisioterapista farà flettere e stendere la caviglia del paziente ovviamente nel rispetto più assoluto del dolore, per riuscire a guadagnare la piena escursione articolare della flessione ed estensione plantare.

mobilizzazione attiva – assistita. In parte il paziente, sdraiato supino, muoverà attivamente la caviglia. In caso di difficoltà il terapista lo aiuterà nel completare il movimento. Inoltre si faranno esercizi dove si chiederà la flesso – estensione autonoma del ginocchio per poi portare dietro la caviglia, sotto la quale si potrà posizionare una piccola palla.

mobilizzazioni attive e contro resistenza. Il paziente fletterà ed estenderà la caviglia autonomamente sempre sul lettino. Gli si chiederà di fare circonduzioni, o disegnare con il piede figure geometriche o le lettere dell’alfabeto. Infine effettuerà anche movimenti contro resistenza, da sdraiato o da seduto, lavorando in questo modo anche sul recupero della forza muscolare.

Si lavorerà anche per il risveglio e il rinforzo muscolare, che deve essere selettivo, mirato ad alcune catene muscolari, accompagnato da esercizi di allungamento e rilasciamento in modo da ristabilire l’equilibrio muscolare fondamentale per restituire almeno la parte dinamica della stabilità.

Per il rinforzo muscolare si faranno: esercizi in carico, sollevare le punte e i talloni, mettere un piede su un gradino, esercizi con le bande elastiche aumentando gradualmente la resistenza dell’elastico, rinforzo del tibiale anteriore e dei peronieri, esercizio con l’aiuto di una palla di spugna messa sotto il piede ed esercizi sulla deambulazione, cioè sul passo, per reintegrare il piede nella funzione dell’arto inferiore. Lo si farà camminare in avanti, all’indietro e lateralmente. Seguiranno altri esercizi in flessione plantare distorsione 4prima a ginocchio esteso poi a ginocchio flesso (piegato). Nella terza fase la caviglia sarà completamente asciutta ed il tono muscolare buono. Ciò lo si potrà comprendere perché: il paziente potrà camminare veloce alternando una corsa leggera, corsa sul nastro trasportatore (tapis roulant) e corsa in strada. Si dovrà far abituare nuovamente il paziente, facendogli percorrere dei percorsi con ostacoli, per prendere di nuovo coscienza dell’instabilità del terreno che non sarà mai omogeneo. Negli atleti è importante anche rieducare il gesto atletico, affinché venga eseguito nel modo migliore e limitare eventuali recidive. In tutte queste fasi inoltre si effettueranno esercizi per la rieducazione propriocettiva, che nella riabilitazione della caviglia ha un ruolo importantissimo: bisognerà riacquistare la capacità propriocettiva, vale a dire rieducare il piede al perfetto controllo posturale e al movimento.

 

Dott. Fisioterapista Mario Turano, Via Aldo Moro, Altomonte (CS), cell. 348 8841170

La rottura del tendine d’Achille: diagnosi e riabilitazione

ALTOMONTE (CS) – La lesione del tendine d’Achille è un infortunio che interessa la parte posteriore della gamba sotto al polpaccio e si verifica più frequentemente negli sportivi. Esso è un forte cordone fibroso che collega i muscoli del polpaccio con il tallone. Se si stira troppo il tendine d’Achille, questo si può strappare. Il tendine può rompersi completamente o solo parzialmente. In caso di rottura si può sentire un rumore di strappo o una frustata, seguito da un immediato forte dolore nella parte posteriore della caviglia e della gamba che di solito riduce la capacità di camminare correttamente. Generalmente, la miglior opzione di trattamento per riparare la rottura del tendine d’Achille è l’intervento chirurgico. Tuttavia, per molte persone il trattamento non chirurgico funziona altrettanto bene.

Quali sono le cause della lesione di questo tendine? Questo infortunio può essere causato da: uso eccessivo, aumento del livello di attività fisica in maniera troppo rapida, non aver fatto abbastanza stretching prima di un allenamento o di una gara, indossare regolarmente i tacchi (quando si tolgono aumenta lo stress sul tendine). I problemi ai piedi, con il conseguente infortunio al tendine d’achille, riabilitazionepossono derivare dai piedi piatti, oppure dall’iperpronazione. Altre cause possono essere: una lesione degenerativa in seguito ad una tendinite del tendine d’achille non trattata oppure la sua rottura a causa dell’uso di farmaci, specialmente alcuni antibiotici che provocano la levofloxacina.

Le lesioni del tendine sono frequenti nelle persone che praticano gli sport come il podismo, la ginnastica, danza, calcio, basket, tennis e la pallavolo.

È più facile rompere il tendine d’Achille se si inizia l’attività con un movimento improvviso, per esempio un velocista, il quale potrebbe avere una lesione all’inizio di una gara. La brusca contrazione del muscolo può essere troppo stressante per il tendine. Gli uomini oltre i 30 anni sono particolarmente a rischio di lesioni del tendine d’Achille.

 

Segni e sintomi di rottura del tendine d’Achille

Si può sentire un improvviso e grave dolore sul retro della caviglia o del polpaccio. Spesso è descritto come “qualcuno che lancia un sasso contro la caviglia”. Si dovrebbe sentire un forte suono simile a uno schiocco o uno scoppio. La prevenzione della lesione è possibile effettuando lo stretching prima dell’attività fisica e con un buon riscaldamento.

I sintomi di una rottura completa del tendine sono un improvviso dolore acuto, spesso descritto come se si ricevesse un colpo da dietro. Questo è accompagnato da un rumore simile a uno scoppio. All’inizio si avverte rigidità, gonfiore e dolore, successivamente si vede un vistoso ematoma e il polpaccio diventa debole o completamente inefficace.

 

Diagnosi

L’atleta non è in grado di camminare correttamente o di stare in punta di piede. Si può vedere un buco nel tendine dove si è strappato, con la probabilità di un accentuato gonfiore. Un risultato positivo al test di Thompson, consistente nella compressione del muscolo del polpaccio da entrambi i lati con l’atleta sdraiato a pancia in giù, può aiutare a confermare la diagnosi. Se il piede non si muove bisogna sospettare una rottura completa. Questo test consente di isolare la connessione tra il muscolo del polpaccio e il tendine, eliminando gli altri tendini che possono ancora permettere un debole movimento. Il medico può fare questa diagnosi con un buon esame fisico. La radiografia di solito non si effettua perché mostra solo le ossa. La rottura del tendine d’Achille è spesso scambiata per uno tendinestrappo o un infortunio minore. Il gonfiore e la capacità di puntare debolmente le dita dei piedi possono confondere l’esaminatore. L’ecografia e la risonanza magnetica sono esami che possono aiutare nella diagnosi. Il miglior trattamento per una lesione del tendine d’Achille dipende dall’età, dal livello di attività e dalla gravità della rottura. In genere, le persone più giovani e più attive decidono di operarsi per riparare una rottura completa del tendine, mentre gli anziani sono più propensi ad optare per il trattamento non chirurgico.

Tuttavia, recenti studi hanno dimostrato l’efficacia simile nella gestione chirurgica e non chirurgica. Il trattamento conservativo comporta in genere l’utilizzo di un tutore: una cavigliera o camminare con delle tallonite per elevare il tallone, in modo da permettere all’estremità del tendine strappato di guarire ed evitare i rischi legati alla chirurgia, come ad esempio le infezioni. La probabilità di ulteriori rotture può essere superiore con un approccio non chirurgico e il recupero può necessitare di più tempo. Per accelerare la guarigione è possibile: tenere la gamba a riposo, evitare di mettere il peso sulla caviglia lesa per quanto possibile, oltre all’uso se necessario delle stampelle. Applicare impacchi di ghiaccio per ridurre il dolore e il gonfiore, tenendo la caviglia nell’acqua fredda per 20 minuti, ogni tre o quattro ore per i primi due giorni. Appoggiare la gamba su un cuscino quando si sta seduti o sdraiati, prendere antidolorifici o antinfiammatori. Tuttavia, questi farmaci hanno alcuni effetti collaterali come un aumento del rischio di sanguinamento e lo sviluppo di un’ulcera, da usare quindi occasionalmente, a meno di prescrizioni da parte del medico (da assumere dopo i pasti). Eseguire lo stretching e gli esercizi di rinforzo, come raccomandato dal fisioterapista. Solitamente, queste terapie sono sufficienti, anche se nei casi più gravi di lesione al tendine d’Achille, potrebbe essere necessario un tutore rigido per un periodo da sei a dieci settimane, l’intervento chirurgico per la riparazione del tendine o per rimuovere il tessuto in accesso.

L’operazione al tendine prevede un’incisione lungo la parte posteriore della caviglia, lateralmente alla linea mediana, in modo che le scarpe non strofinino sull’area della cicatrice.

L’intervento si effettua in anestesia locale o regionale e non fa male, ma quando passano gli effetti il paziente può avvertire dolore durante i movimenti. Le complicazioni più comuni e preoccupanti dopo una riparazione del tendine sono i problemi con la guarigione della ferita. La pelle sopra il tendine d’achille a volte non guarisce bene. Pertanto, un’attenta gestione della ferita è di massima importanza dopo la riparazione chirurgica della rottura del tendine. Altri problemi potenziali sono un’infezione, la rigidità della caviglia e nuove lesioni del tendine: la fisioterapia può accelerare il tempo di recupero. In genere, quando la parte rotta guarisce, un piccolo grumo rimane nell’area cicatrizzata. L’atrofia del muscolo del polpaccio è una complicanza abbastanza frequente. L’appoggio del peso inizia circa sei settimane dopo la rottura con un supporto sotto al tallone, con la possibilità di tornare a correre dopo circa 4 – 6 mesi.

La Riabilitazione

0 – 3 settimane: tutore regolabile bloccato a 30° di flessione plantare, non si può tenere il piede a tutoremartello, non è concesso il carico per 3 settimane, non si può camminare in punta di piedi, controllo del dolore e dell’edema (cioè crioterapia, farmaci, massoterapia e laserterapia), movimenti delle dita dei piedi, delicato movimento del piede nel tutore, elevazione della gamba dritta, flessione ed estensione del ginocchio.

3 – 8 settimane: aumentare gradualmente il carico sulla gamba lesionata ed effettuare la rieducazione al passo in base alla tolleranza. Dopo 6 settimane si può passare al carico completo. Camminare con un ortesi aumentando la flessione dorsale di 5° ogni settimana fino a 10° di flessione plantare. Si possono eseguire esercizi isometrici dei muscoli dell’arto inferiore ad eccezione del polpaccio, leggeri movimenti di dorsiflessione attiva della caviglia fino ad allungare delicatamente il tendine d’achille, aumentare gradualmente l’intensità e l’ampiezza dei movimenti isometrici del tendine d’achille, aumentare lentamente l’ampiezza di movimento passivo e l’estensione del tendine dopo 6 settimane ed effettuare gli esercizi propriocettivi e il rinforzo intrinseco dei muscoli. Inoltre, dopo 6 settimane si può praticare il ciclismo, con l’appoggio del tendine sul pedale e con degli allenamenti in acqua profonda.

8 – 12 settimane: pieno carico con tallonetta se tollerato, allenamento al passo. Indossare una scarpa normale ed aumentare gradualmente gli esercizi attivi e contro resistenza del tendine d’achille (cioè submassimali isometrici, isotonici e con gli elastici). Bisogna raggiungere la completa ampiezza di movimento passivo del tendine, senza forzare. Progredire con l’attività in bicicletta e con il nuoto.

3 – 6 mesi: eliminare gli spessori sotto al tallone. Effettuare esercizi a catena cinetica chiusa, per esempio: squat, affondi, salita sulle punte bilaterale, sollevamento della punta dei piedi, contrazioni eccentriche lente e controllate con il peso corporeo. Si possono eseguire le seguenti attività: ciclismo, versaclimber, vogatore, nordictrack.

6 mesi: progredire nell’allenamento jogging/running, salti ed esercizi eccentrici. Si può passare ad attività sportive non competitive, esercizi di simulazione dello sport praticato.

8 – 9 mesi: ritorno allo sport competitivo e ai lavori pesanti.

 

Dott. Fisioterapista Mario Turano, Via Aldo Moro, Altomonte (CS), cell. 348 8841170

“Telefonicamente”: nasce il progetto di ascolto per coloro che assistono i malati di Alzheimer

alzheimer“L’assenza è indifferenza e con l’indifferenza non si colma il dolore delle persone. Sono queste parole, a conclusione della conferenza stampa dedicata al nuovo progetto nato a supporto di coloro che si prendono cura dei malati di Alzheimer, a raccontare lo spirito che anima l’iniziativa dell’ Associazione Penelope in collaborazione con Neverland Capelli d’Argento Onlus, di dar vita ad un punto di ascolto, attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18, a sostegno di tutti coloro che si trovano a dover fare i conti con una malattia devastante e senza via d’uscita, destinata a cambiare le abitudini di chi ne soffre ma soprattutto di chi ne è spettatore.

Volta a cancellare ogni forma di ricordo e di relazione che il tempo e la vita ci aiuta a costruire con chi amiamo, l’ Alzheimer, è spesso una delle cause che induce a riconoscere negli anziani e nel loro divenire “bambini”, un peso più che una risorsa. Questa mattina, Castrolibero, particolarmente attenta a considerare questi ultimi un bene prezioso e ad esaltarne il valore, attraverso attività e associazioni, è diventata, ancora una volta, palcoscenico attento di riflessione profonda grazie all’apporto di figure dal calibro notevole quali il Dott. Antonio Siniscalchi, neurologo presso il reparto di Neurologia dell’Ospedale Civile di Cosenza, Brunella Stancati, presidente regionale Federanziani,Franco Veltri, direttore Università della Terza Età,Ferdinando Verardi, presidente regionale della Calabria A.G.C.I. (Associazione Generale Cooperative Italiane), Giorgio Marchese, medico psicoterapeuta nonché presidente Neverland Scarl e Neverland Capelli d’Argento ONLUS e Mariano Marchese,presidente Assocultura in Confcommercio Cosenza.

telefonicamente

L’evento, tanto importante quanto unico nel territorio cosentino, ha visto, tra gli altri, anche la presenza dell’ Assessore Marco Porcaro, che, nonostante la sua giovane età, ha promesso impegno e collaborazione da parte della giunta comunale nel voler riprendere, in particolar modo, la legge 46 del 2010 a favore degli ammalati e di coloro che li assistono. Un momento importante, nato dall’esperienza di chi ha dovuto fare i conti con questa difficile malattia, che ha messo in luce la necessità di aiuto e di collaborazione da parte del mondo politico e mediatico per quello che potrebbe essere non solo un progetto a supporto dei più deboli ma anche dei più giovani, che grazie all’avvento e alla ricerca di nuove figure, potrebbero diventare oggetto di nuova occupazione. Un’idea che richiede   la partecipazione e l’ entusiasmo di tutti i cittadini nel pieno sostegno di una categoria che merita protezione e rispetto e che rappresenta ciò che, un giorno tutti, potremmo diventare.

Lia Giannini

 

 

Perdita grandissima per tutta la Calabria: l’insegnamento di don Pasquale Luzzo sarà indelebile

 

LAMEZIA TERME (CZ) – In questo giorno di pieno agosto purtroppo è venuto a mancare Don Pasquale Luzzo. Per la comunità di Lamezia e per tutta la Calabria intera è una perdita grandissima. Don Pasquale verrà sempre ricordato come un uomo di notevole carisma e personalità, guida spirituale e di vita per diverse generazioni. E’ stato sempre vicino ai giovani e ai giovanissimi, diventando punto di riferimento per la comunità degli Scout in tutta la regione. Nonostante la lotta contro la malattia, in lui era viva e forte la sua passione e l’affetto verso i giovani, la sua fede e la sua saggezza. Sempre pronto a qualunque iniziativa vedeva nella coesione, nella solidarietà e nell’amore verso il prossimo i valori chiave da ritrovare nella società moderna. Certi che i suoi insegnamenti e la sua figura resteranno sempre ben vivi in tutte le persone, ci stringiamo ai famigliari di Don Pasquale in questo giorno di dolore.