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“4 tracce impopolari”, il nuovo progetto di Ernesto Orrico tra musica e teatro

COSENZA – Ai teatri chiusi, al blocco di centinaia di migliaia di lavoratori dello spettacolo, l’autore, attore e regista cosentino, Ernesto Orrico risponde con “4 tracce impopolari”, una creazione realizzata in remoto, in linea con questi tempi, insieme al musicista Carlo Cimino, in uscita il prossimo 2 gennaio sulla piattaforma Bandcamp. Un mini-album digitale accompagnato da un testo critico-poetico dell’autrice e etnomusicologa Delia Dattilo e da un artwork curato da Raffaele Cimino. Quattro poesie sonore in cui drammaturgia teatrale e musica si incontrano a partire da La superificie della lotta, monologo di Orrico del 2012 che affronta la guerra sia nella sua accezione concreta che metaforica, quella della guerra interiore: il confronto con la propria psiche, con cui molti in questo periodo di fermo di sono ritrovati a fare i conti.

Il progetto

Proprio da qui ri-nasce “4 tracce impopolari”, un progetto artistico in cui voce e suono si incontrano nella lingua fluida e carnale del dialetto cosentino, lingua dell’infanzia che si fa largo e riprende lo spazio nel corpo-voce dell’autore. La poesia incontra i suoni profondi e atavici di Carlo Cimino, che in questo lavoro utilizza diversi strumenti, dal basso elettrico al sintetizzatore, costruendo panorami sonori di natura cinematografica. Ma la dimensione ideale del nuovo lavoro firmato a quattro mani da Orrico e Cimino resta quella della live performance. 

Quella di Ernesto Orrico non è solo una necessità dettata dai tempi del contingentamento, ma un percorso di ricerca artistica che porta avanti da diversi anni, iniziato con The Cult of Fluxus, in cui sperimenta forme di scrittura per voce e suono, mettendo in scena originali lavori di contaminazione tra musica e teatro. Una ricerca in cui gli slittamenti sui dialetti e la riscoperta di sonorità ancestrali, conducono l’autore verso un continuo quanto necessario disequilibrio: riscrivere, sovrapporre, accostare.

L’idea

«La parola poetica e la drammaturgia teatrale sono territori di attraversamento continuo. Non mi interessa restare fermo a difesa di una posizione poetica consolidata, il muoversi sempre, l’inquietudine creativa mi tiene in vita», spiega l’ideatore Orrico. «Le mie poesie sonore presenti sulle piattaforme digitali sono un esperimento di distribuzione diretta – continua Orrico -. Questo tempo strano che stiamo vivendo spinge verso forme di connessione inedite, in una continua ricerca di contatto virtuale, e per quanto non sia facile sostenere l’arte indipendente, penso che pure sia possibile con una vera collaborazione tra fruitori e creatori, cercando ancora l’incontro, lo scambio emozionale».

Una nuova sfida creativa quella di Orrico che attraverso standard e formati innovativi cerca di contrastare lo stop forzato utilizzando i mezzi della poesia: voce e musica agiscono nel digitale nell’attesa di tornare a scuotere teatri e piazze.

 

Mendicino, fulmineo e sinestetico “La mia idea. Memoria di Joe Zangara” di Ernesto Orrico

MENDICINO (CS) – Avete presente quando una storia vi entra dentro e non vuole più uscire? Succede di rimuginare, cercare alternative, soluzioni plausibili e meno dolorose. Questo è quello che si sente dopo aver assistito a “La mia idea. Memoria di Joe Zangara”, lo spettacolo di e con Ernesto Orrico andato in scena ieri sera presso il teatro comunale di Mendicino. Povertà, curiosità, emigrazione, avversione per un governo capitalista, un dolore fisico pari a spine che macinano lo stomaco e l’anima. L’eterna ricerca di qualcosa colora la vita di Giuseppe Zangara, l’uomo originario di Ferruzzano sbarcato negli Stati Uniti per vivere quel sogno americano come avevano fatto il padre e le migliaia di migranti prima di lui. Giuseppe, divenuto Joe negli Stati Uniti, è figlio della povertà, di un padre-padrone che lo riempie di botte e lo considera né più né meno che un animale da soma; una “capo tosta” che impara a leggere una parola al giorno, un uomo che cerca di cambiare il sistema il 15 febbraio del 1933 quando attenta alla vita del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt. Vittima e carnefice di uno Stato capitalista che assicura il benessere e l’istruzione solo ai ricchi- come più volte ricorda-, la vita di un uomo che avrebbe potuto cambiare la storia si spegne sulla sedia elettrica il 20 marzo del 1933. Ispirato a “L’uomo che avrebbe voluto uccidere FDR” curato da Blaise Picchi, Ernesto Orrico porta in scena una storia dolente, la vita di un uomo alla ricerca di un riscatto e di un amore che sfuggono inesorabilmente e conducono a un esito tragico. Ernesto è discreto, passionale, fulmineo, tesse una trama sinestetica di una lingua italiana ibridata da intercalari americani facendoci entrare nella vita dei migranti e visitare luoghi a noi sconosciuti. joe zangara2Poi c’è la musica, una musica che non stanca e si intreccia in modo perfetto con la storia grazie alla performance di Massimo Garritano. Una perfetta sinergia tra musica e interpretazione che si è guadagnata a pieno titolo lo scrosciante applauso del pubblico. Si può soffrire per quello che è stato? Forse sì.

Rita Pellicori

“Sere d’Estate a Villa Rendano”, giovedì concluderà “Memoria di Joe Zangara”

Memoria di Joe ZangaraCOSENZA – Lo spettacolo “Memoria di Joe Zangara” concluderà “Sere d’Estate a Villa Rendano”. Lo spettacolo di e con Ernesto Errico, accompagnato dalle musiche di Massimo Garritano, si svolgerà giovedì 21 Luglio, alle ore 21.
Ernesto Orrico, attore e regista teatrale calabrese tra i più prolifici della nuova generazione, è da sempre molto legato alla propria terra e attento a riproporre sul palcoscenico storie che indagano sul passato, cercando di attualizzarlo alla luce del presente.
Lo spettacolo che Orrico presenterà giovedì sera a Villa Rendano dà rilievo a un personaggio dimenticato: Giuseppe “Joe” Zangara, anarchico calabrese nato a Ferruzzano (RC) ed emigrato in USA. Il 20 Marzo 1933, a soli 33 anni, Zangara viene giustiziato sulla sedia elettrica. La sua colpa: aver attentato, a Miami, alla vita del presidente americano Franklyn Delano Roosevelt.
Una vicenda intricata e oscura, liquidata troppo presto da canoni e logiche frettolose che hanno deciso una linea in realtà assai poco chiara, di cui già si era occupato il musical “Assassins” (1990), scritto da John Weidman e musicato da Stephen Sondheim.