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[#Top8Books] Quando il nemico da combattere è il mondo, la fantascienza post apocalittica

Il genere della fantascienza apocalittica è uno dei più seguiti al mondo e anche uno dei più rappresentati al cinema. Basti pensare al grande successo di The Walking Dead.

Stare comodamente seduti in poltrona sgranocchiando popcorn e vedere gente che fa fatica a sopravvivere, sotto sotto piace un po’ a tutti. Forse perché ci fa sentire più tranquilli, perché ci ricorda, a livello del tutto inconscio, che noi invece siamo al sicuro, al caldo in inverno e al fresco d’estate, con cibo e acqua per sfamare un mondo intero. Eppure il messaggio che questo genere si porta dietro è piuttosto importante e decisamente allarmante: la natura prima o poi si ribella e ci porta via tutto con gli interessi.

L’uomo, sempre preso dalla smania di arraffare e di avere più dell’altro, alla fine si autodistrugge.

Naturalmente, ancora prima dell’arrivo dei fumetti, del cinema e delle serie tv, la fantascienza apocalittica veniva affrontata nei libri: a chi scrive, piacciono soprattutto i romanzi redatti tra la fine dell’800 fino a più o meno gli anni’50 del ‘900, quando ancora poco o nulla si sapeva dello spazio, degli alieni o di virus distruttivi. Gli autori dell’epoca mostrano una capacità straordinaria di lungimiranza, trattando temi e situazioni di un’attualità sconcertante.

 Vediamo insieme quali sono i migliori romanzi (almeno per noi), concentrandoci solo su quelli che sono considerati come i precursori del genere: i più ferrati in materia li conosceranno tutti mentre per altri alcuni sono poco o per nulla noti. Insomma c’è un mondo da scoprire!

 

1. L’ultimo uomo – 1826

Sicuramente tutti conoscono Mary Shelley per il suo capolavoro, Frankestein, ma forse pochi sanno che è anche considerata come l’antesignana della moderna fantascienza con il suo romanzo L’ultimo uomo, pubblicato nel 1826.

La storia, divisa in 3 volumi, è ambientata nell’Inghilterra del XXI secolo. Protagonista è Lionel Verney, un ragazzo di Cumberland, che in prima persona ci racconta la solitudine della sua condizione di last man on earth, dopo che una terribile epidemia di peste ha spazzato via l’intero genere umano.

 

2. La guerra dei mondi – 1897

Tornato alla ribalta grazie alla trasposizione cinematografica di Steven Spielberg del 2005, La guerra dei mondi è stato scritto da Herbert George Wells ed è apparso per la prima volta in 9 puntate sul Pearson’s Magazine di Londra, nel 1897. Celebre fu l’adattamento che ne fece Orson Welles nel 1938, durante un programma radiofonico: l’attore statunitense fu così abile nel leggere la storia come fosse un fatto di cronaca, che il popolo degli ascoltatori pensò realmente che si stesse verificando un’invasione aliena.

Il romanzo, infatti, è incentrato proprio sull’arrivo di un popolo extra terrestre che non ha alcuna intenzione pacifica ma anzi cerca solo di distruggere il genere umano.

 

3. La nube purpurea – 1901

Pubblicato in Italia solo nel 1924, La nube purpurea è un romanzo del 1901 di Matthew Philipps Shiel.

Nella Londra dei primi anni del ‘900, un giovane dottore inglese, Adam Jeffs, decide di imbarcarsi in un’avventura esaltante e quanto mai pericolosa: raggiungere il Polo Nord. Nel corso dell’attraversata, però, Adam e compagni si imbattono in una particolare nube dal colore purpureo, che riesce ad uccidere tutto ciò che incontra. Il dottore è l’unico a sopravvivere e durante il faticoso e solitario viaggio di ritorno, si rende conto che l’umanità non esiste più.

 

4. La peste scarlatta – 1912

Anche conosciuto nella variante Il morbo scarlatto, La peste scarlatta è un romanzo breve di Jack London, pubblicato nel 1912 sul The London Magazine e arrivato in Italia circa 15 anni dopo.

Siamo nel 2013 e un terribile morbo chiamato “la morte rossa” ha praticamente falciato l’umanità. Circa sessant’anni dopo, i pochi che sono riusciti a sopravvivere si sono organizzati in villaggi, ma hanno assunto comportamenti assimilabili all’uomo nell’età della pietra. È  in questo contesto che si inserisce il nostro protagonista, James Howard Smith, il quale, intorno a un fuoco, racconta ai nipoti le vicende che hanno preceduto e scatenato la diffusione della pestilenza.

 

5. Io sono leggenda – 1954

Utilizzato molto spesso come fonte di ispirazione nel cinema (scordatevi l’omonimo film del 2007, poiché ne ha preso in prestito praticamente solo il nome e la condizione solitaria del protagonista), Io sono leggenda è un romanzo di Richard Matheson ed è stato pubblicato per la prima volta nel 1954.

In questo (bellissimo) romanzo, l’umanità non è stata del tutto sterminata ma, piuttosto, trasformata: un misterioso batterio ha reso le persone simili ai vampiri che cercano sangue di notte e riposo di giorno. Robert Neville è apparentemente l’unico uomo a essere immune e passa le sue giornate alla ricerca di informazioni e materiali per comprendere la causa e l’eventuale cura per questa assurda e letale infezione.

6. I trasfigurati – 1955

Opera dello scrittore inglese John Wyndham, I trasfigurati è un romanzo pubblicato nel Regno Unito nel 1955.

In un mondo distrutto dalle guerre nucleari, Wyndham ci racconta la storia del giovane David Strorm, appartenente a Waknuk, una delle poche comunità di sopravvissuti. Il villaggio è amministrato secondo rigide leggi religiose, è uno dei pochi a godere di una certa prosperità e basa tutte le proprie credenze sul concetto di purezza, proponendo ai suoi abitanti continui ammonimenti sulla pericolosità dei Mutanti, creature che hanno subito modificazioni dovute alle radiazioni. Per David la vita scorre normalmente, finché scopre di essere lui stesso un mutante e di avere il dono di comunicare a distanza.

7. La morte dell’erba –  1956

Arrivato in Italia nel 1958 con il titolo La peste verde, La Morte dell’erba è un romanzo di John Cristopher (pseudonimo di Sam Youd) ed è stato pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 1956.

A mettere in ginocchio l’uomo è di nuovo un virus che, questa volta, lo colpisce indirettamente: il Chung-Li, infatti, è una malattia che in un primo momento attacca le piante di riso in Cina e poi si diffonde in tutto il mondo, evolvendo in una forma molto più potente che colpisce tutti i tipi di “erba”, compresi graminacee e tutti i suoi derivati. La conclusione è facile da immaginare: in assenza di cibo, l’uomo apre una lotta senza mezzi termini contro i propri simili. Nel caos generale, John Custance cerca di portare in salvo la famiglia, raggiungendo il fratello nelle campagne londinesi.

 

8. L’ultima spiaggia – 1957

Capolavoro del genere, L’ultima spiaggia è un romanzo del 1957 dello scrittore anglo-australiano Nevil Shute. Ambientata nello stesso anno in cui è stato scritta, la storia racconta un mondo devastato dalla terza guerra mondiale. Il conflitto è stato generato da due potenze atomiche, Albania ed Egitto, che con loro azioni hanno scatenato le reazioni del resto delle superpotenze mondiali. La guerra nucleare non ha risparmiato nessuno, le nubi radioattive si spostano lentamente da uno stato all’altro, spazzando via tutto quello che incontrano. Solo pochi stati non sono stati ancora raggiunti dalle radiazioni e il romanzo ripercorre proprio l’angoscia di coloro che sanno di dover morire. 

Non resta che augurarvi buono shopping in libreria!

Noemi Antonini

 

[#CiNerd] Arrival, la recensione

Il tema dell’invasione aliena nel mondo del cinema è sicuramente uno dei più abusati.

Basti vedere film come Independence Day o La Guerra dei Mondi, in cui una razza aliena ostile giunge sul pianeta Terra. Da questo tipo di film (e in generale dalla fantascienza degli ultimi 10 anni) traspare però una brutta tendenza a voler spingere l’acceleratore sul lato spettacolare, su effetti visivi incredibili, dimenticandosi quello che ci hanno insegnato i più grandi film di fantascienza di sempre.

La vera fantascienza deve spingere lo spettatore alla riflessione, a porsi delle domande su quella che è la propria esistenza.

Osservando questa tendenza, non potete immaginare il mio stupore e la mia felicità nel vedere in sala un film come Arrival, nuova fatica del regista Denis Villeneuve, autore di thriller straordinari come Prisoners e Sicario. Il film è uscito nelle sale italiane il 19 gennaio.

Trama

La storia inizia con la comparsa di dodici astronavi aliene a forma di guscio, che vanno a posizionarsi in punti della Terra apparentemente non collegati tra loro. La nostra protagonista, Louise Banks (Amy Adams), è una linguista che viene selezionata per far parte di una squadra speciale che tenterà di comunicare con la razza aliena nel sito del Montana. A far par parte del team abbiamo anche il fisico Ian Donnelly (Jeremy Renner) e il colonnello Weber (Forest Whitaker). La sequenza iniziale del film ci mostra la morte della figlia di Louise per un raro tipo di cancro.

La prima cosa che colpisce di questo film è un approccio assolutamente originale (e probabilmente realistico) all’invasione aliena. La scelta di puntare tutto sul lato linguistico e comunicativo è senza ombra di dubbio un qualcosa che fa intuire perfettamente la direzione “non caciarona” che verrà presa dalla pellicola.

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Per buona parte del film osserviamo i protagonisti che tentano di comunicare con gli alieni presenti nel guscio, creature che hanno un design completamente diverso da quello a cui ci ha abituati la fantascienza (esseri antropomorfi o simili a creature terrestri).

Interessante lo sviluppo della trama, che tecnicamente si svolge su due binari temporali, con le immagini di Louise e sua figlia che irrompono ogni tanto nella visione, facendoci porre tantissime domande, che otterranno risposta nella straordinaria trovata finale, un plot twist di quelli che lasciano il segno per giorni dopo la visione. Questo è un film a cui approcciarsi a mente aperta e che fa capire quanto la fantascienza contemporanea ci abbia dato la brutta abitudine di guardare un film aspettandosi un qualcosa di banale e già visto.

I personaggi sono tutti ottimi, ma solo la protagonista viene approfondita a 360 gradi, concentrandosi soprattutto sul suo lato riflessivo.

Arrival è un film che esce dagli schemi convenzionali, ti entra dentro come pochi film riescono a fare, facendo riflettere su diversi argomenti come il destino, il tempo e l’animo umano. Credo che questa pellicola diventerà un classico della fantascienza, perché riesce a dargli nuova linfa e nel nuovo millennio ci sono riusciti solo pochi film come Moon, District 9 e Sunshine.

Lato Tecnico

Parlando del lato tecnico, la regia di Villeneuve è veramente superlativa. Il film vive della sua messa in scena lenta e pulita. Nelle scene di dialogo abbiamo delle inquadrature strette e con diaframmi apertissimi, in cui il regista gioca con i vari piani di messa a fuoco per concentrarsi sull’attore che sta parlando in quel momento, invece di utilizzare i classici campi e controcampi. Un approccio veramente complesso da mettere in scena, perché se ci pensate ci deve essere una coordinazione perfetta tra i tempi di messa a fuoco del macchinista e la durata delle battute degli attori.

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Nei primi piani della Adams abbiamo lo stesso utilizzo di un fuoco strettissimo, che sembra isolarla dal mondo che la circonda, concentrandosi sulla pura e semplice bravura recitativa dell’attrice. Infatti la Adams tira fuori una prova attoriale veramente impressionante, roba che non si vedeva dai tempi di Her di Spike Jonze, nonostante in quel film avesse un ruolo secondario (purtroppo non ho ancora visto Animali Notturni). Sicuramente questa attrice riesce a dare il meglio di se in ruoli fortemente drammatici. Anche gli altri attori tirano fuori delle prove veramente notevoli, questo anche grazie a Villeneuve, che si è sempre dimostrato un ottimo “direttore d’orchestra” dei suoi attori. Tornando alla regia, nella parte iniziale del film abbiamo una sequenza in campo lungo che ci mostra l’astronave che è probabilmente una delle scene più suggestive che si siano mai viste in un film di questo genere. La regia è accompagnata da un montaggio che si prende il suo tempo, aumentando il senso di immersione nella vicenda.

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Uno spezzone della sequenza

 

La fotografia del film è magnifica, con i suoi toni freddi e taglienti. Le musiche fanno letteralmente tremare la sala, ti entrano dentro con i loro toni gravi e potenti. In generale sul piano tecnico abbiamo un film veramente impeccabile.

In Conclusione

Arrival è un film di fantascienza d’altri tempi, un perfetto esempio di quanto il genere fantascientifico possa essere forte sul lato umano. Vi invito a correre in sala, perché è un film che andrebbe visto al cinema per goderselo al 100%. Sicuramente una pellicola che con il passare degli anni verrà sempre più valorizzata, diventando probabilmente un vero e proprio cult.

Attendiamo il sequel di Blade Runner ad opera dello stesso Villeneuve che, visto il buon gusto del regista, si preannuncia come un film quantomeno interessante.

Antonio Vaccaro