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Pasażerka di Andrzej Munk, l’insopprimibile necessità della memoria

ROVITO (CS) – Martedì 27 gennaio alle ore 21 il Cineforum Falso Movimento come ogni anno celebra a Rovito (Cosenza) la Giornata della Memoria. L’appuntamento pensato e condotto da Ugo G. Caruso prevede la riproposizione di Pasażerka , (La passeggera Polonia 1961-1963), il capolavoro incompiuto di Andrzej Munk, scomparso nel ’61 in un incidente stradale tra Varsavia e Lodz durante le riprese del film, a quarant’anni non ancora compiuti. Il film venne rieditato due anni più tardi dai suoi collaboratori ed in seguito giudicato tra i migliori cento titoli della storia del cinema da una giuria internazionale di critici. In apertura di serata Ugo G. Caruso dialogherà brevemente con Marta Petrusewicz, ebrea polacca, docente di Storia moderna all’Università della Calabria e alla City University of New York.
Il film, come si diceva, è rimasto incompiuto e la versione oggi esistente è frutto della devota ricostruzione di un gruppo di amici cineasti sotto la direzione di Witold Lesiewicz, con un commento esplicativo sovrimpresso di Wictor Woroszylski letto dal celebre attore Tadeusz Lomnicki. Presentata a Varsavia due anni dopo la morte di Munk e poi a Cannes nel 1964, Pasażerka , opera di lancinante impatto emotivo, giudicata il capolavoro del regista a dispetto della sua incompiutezza, si apre con una serie di istantanee del regista sul set o a passeggio per la capitale, procedendo poi secondo le indicazioni della sceneggiatura cofirmata dall’autrice del radiodramma di partenza, Zofia Posmysz-Piasecka, su due piani temporali paralleli, alternati da un montaggio fluido, che li fa costantemente interagire.

Una coppia di tedeschi è in viaggio su un transatlantico che si appresta a varcare l’oceano. Lui, Walter, un borghese di mezza età, è emigrato da tempo negli Stati Uniti. Lei, Liza, più giovane, è arrivata invece in America dopo la fine della guerra. Durante la sosta in un porto inglese sale sulla nave una passeggera che risveglia nella donna i fantasmi di un recente passato. Liza crede infatti di riconoscere nella passeggera Marta, una prigioniera di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio in cui lei, militando allora nelle SS, aveva il ruolo di sorvegliante. In un coacervo di sentimenti in cui il rimorso si mescola alla falsa coscienza, racconta all’ignaro marito una versione edulcorata dei fatti, con cui cerca di giustificarsi e di sbarazzarsi del fardello delle sue responsabilità: in realtà l’algida Liza si era adoperata sadicamente a spezzare la dignità di Marta, giocando sul potere aggiunto che le conferiva la presenza nel lager di Tadeusz, fidanzato della ragazza. Poi, senza che le donne si siano mai incontrate, la passeggera scende dalla nave. Forse era Marta, forse no.

Fino a quel momento Andrzej Munk, uno dei più importanti registi della sua generazione, aveva firmato lungometraggi come Un uomo sui binari, Eroica e La fortuna strabica in cui mescolando lucidamente tragedia, commedia e farsa, aveva offerto un’interpretazione della storia polacca per certi versi complementare rispetto all’epos romantico e barocco di Andrzej Wajda. I livelli stilistici più alti in cui sono qui rappresentate la psicologia e la geometria dell’annientamento hanno sicuramente costituito fonte di ispirazione per Miklós Jancsó nel suo I disperati di Sandor con la relazione tra dominatore e succube che si colora di ambiguità sessuali neppure troppo latenti. Pasażerka  è stata definita una sorta di Nike di Samotracia della Shoah, sulla quale rimane “il film più bello e insostenibile” secondo la definizione di Raymond Bellour. Se la comune ambientazione in un lager rimanda immediatamente al documentario Nuit et bruillard di Alain Resnais, l’assonanza più significativa è con un altro titolo del regista francese, Hiroshima mon amour. Infatti anche il film di Munk rappresenta una tersa riflessione sulla storia cui perviene attraverso un’indagine sul passato. Pasażerka  in questo senso resta una delle testimonianze artistiche più alte dell’esigenza primaria che permeava il cinema mondiale del tempo, quella dell’insopprimibilità della memoria.