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In Calabria le riprese del film “Il profumo del cedro” di Capobianco-Gagliardi. Nel cast Deborah Rinaldi

COSENZA – Una grande produzione cinematografica nazionale sta per metter su il proprio quartier generale in Calabria, più precisamente nel cosentino. Nelle scorse settimane ha preso infatti il via la fase di pre-produzione del film “Il profumo del cedro”, opera poetica di Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi per la Diramare Srl – già vincitori del prestigioso Premio Flaiano ed. 2019 per la regia del film “Mò Vi Mento – Lira di Achille” -, che hanno scritto il soggetto immaginando le suggestive location calabresi, dalla Riviera dei cedri, frutto simbolo dell’intero film, all’entroterra della Sila.

Protagonista il cedro: “l’oro verde” della Calabria

“Il profumo del cedro” vuole essere «un film poetico che – si legge nelle note di pre-produzione – si dipana sulle note profumate di un sogno ormai abbandonato e di una crescita che avviene grazie a un ritorno all’infanzia. Il film nasce dalla volontà autoriale di trasportare lo spettatore in un mondo di sensi in cui basta che un un odore, inspirato in un tempo ormai dimenticato, riaffiori nel presente per diventare di nuovo reale, liberando l’essenza delle cose e il vero io dei personaggi, solitamente celati sotto l’apparenza della quotidianità. Quel profumo di cedro sarà il leitmotiv che accompagnerà delicatamente lo spettatore nel mondo degli odori e delle emozioni dell’anima. È quella memoria involontaria di boudelairiana memoria che agisce su sollecitazione sensoriale e consente la restituzione del ricordo, completo del suo valore soggettivo ed emotivo. In queste epifanie improvvise emergono delle verità nascoste e il passato torna intatto. È il tempo ritrovato che lo sceneggiatore traduce in scrittura e il regista in immagini».
Si tratta senza dubbio di una sceneggiatura profondamente originale, perché «non è una storia composta solo da immagini ma anche e soprattutto da odori. Le immagini evocative stimolano l’olfatto dello spettatore ancor più della vista, inducendolo a sentire letteralmente le emozioni dei protagonisti».

CINE-TURISMO: Il valore aggiunto del film

Come fu per i precedenti Mediterranean diet example to the world e Mò Vi Mento – Lira di Achille, in cui sono riusciti a dare una grande valorizzazione territoriale alla regione Campania, anche per “Il profumo del cedro“, i registi Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi intendono coniugare la promozione del territorio, in questo caso la Calabria e la sua Riviera dei cedri,  con quella cinematografica. «Coniugare la promozione del territorio con la formula del “Cine-turismo”, è un modo innovativo di fare marketing territoriale attraverso la cinematografia, puntando anche a dare risalto e opportunità alle attività locali – spiega la regista, sceneggiatrice, produttrice cinematografica e giornalista Stefania Capobianco -. Il progetto, infatti, non si limita a valorizzare luoghi, architetture e scorci tipici del territorio calabrese, ma vuole essere un concreto mezzo di crescita per un territorio che ha tanto da offrire. L’obiettivo è quello di lavorare attivamente per mettere in moto il fenomeno del cine-turismo negli splendidi territori calabresi». Ma non è finita qui: la realizzazione del film prevede la scelta in loco di comparse e attori/attrici per i ruoli minori «per dare una concreta possibilità lavorativa – prosegue Capobianco – ad attori e maestranze locali che potranno vivere in prima persona l’esperienza di un set di rilievo nazionale».

Quattro domande a Deborah Eliana Rinaldi

Deborah Eliana Rinaldi
Deborah Eliana Rinaldi

Il film fluisce avanti e indietro nel tempo, dagli anni ’80 ai giorni nostri, svelando solo alla fine il passato e il presente delle vite dei protagonisti, che corrono veloci sulle note dei profumi dell’autunno. Fra essi c’è l’attrice salernitana (di Capaccio, ndr) Deborah Eliana Rinaldi, già tra gli interpreti principali della commedia Mò Vi Mento – Lira di Achille, presente ai primi sopralluoghi avvenuti lo scorso mese di Aprile. Alla Rinaldi l’affascinante compito di dovrà interpretare un ruolo molto complesso: una giovane e appassionata negli anni ’80, divenuta donna ormai matura ai giorni nostri. Il suo personaggio subirà un’evoluzione e una crescita psicologica grazie alla relazione che si instaurerà con la protagonista Sara, bambina non vedente, che con i suoi modi gentili e il suo olfatto sviluppatissimo, le entrerà nel cuore. Ecco cosa ci svela del film: 

  1. Il film “Il profumo del cedro” viene definito un film poetico e sensoriale, in cui un ruolo importante lo riveste l’olfatto. In tale quadro come si inserisce il tuo personaggio?
    Il ruolo che andrò ad interpretare è quello di una giovane appassionata negli anni 80 e donna ormai matura ai giorni nostri. Il mio personaggio subirà un’evoluzione e una crescita psicologica grazie alla relazione che si instaurerà con la protagonista Sara, bambina non vedente, che con i suoi modi gentili e il suo olfatto sviluppatissimo, mi permetterà di vedere il mondo non più attraverso gli occhi bensì mediante gli odori che, al contrario della vista, non ingannano mai il cuore. 
  2. L’olfatto nella tua vita ti rimanda a qualcosa di importante?
    Mi capita a volte di camminare per strada e fermarmi di colpo avvolta da un odore che mi rimanda indietro nel tempo, a situazioni già vissute, ricordi che credevo di aver dimenticato e che invece erano solo sopiti nella memoria. È una sensazione destabilizzante all’inizio ma poi ritrovo una parte di me in quel profumo ed è proprio questa sensazione che il mio personaggio cercherà di evocare nel film, trasmettendo allo spettatore un continuo divenire, avanti e indietro nel tempo.
  3. Hai qualche legame con la Calabria?
    Sono nata a Capaccio Paestum e amo l’intero sud Italia, compresa la Calabria in cui vado ogni qual volta mi è possibile.
  4. Non è la prima volta che lavori con la coppia di registi Capobianco-Gagliardi. Com’è nato e se ci puoi svelare qualcosa su come proseguirà questo sodalizio artistico?
    Questo sodalizio artistico è nato sul set del film “Mò Vi Mento – Lira di Achille” e prosegue ora con “Il Profumo del Cedro”. Posso però già anticipare che non si fermerà qui ma continuerà nel futuro con un progetto di lunga serialità.

Non solo il film

Il profumo del cedro“, le cui riprese dovrebbero iniziare in autunno, non sarà solo un film ma anche un romanza edito da Armando Curcio Editore (proprio come fu per Mò Vi Mento – Lira di Achille). Testo e audiovisivo: due linguaggi per raccontare attraverso i profumi la stessa storia. Del resto, il tema si presta molto al linguaggio del romanzo che, ancor più della sceneggiatura, lascia spazio e tempo alla descrizione dei personaggi, del loro intimo e del loro sentire, interiore e fisico.

Non ci resta che aspettare un altro po’ per sentire, vedere e leggere “Il profumo del cedro”. (Nella foto in alto da sx  Capobianco – Rinaldi – Gagliardi).

“Mò Vi Mento-Lira di Achille” in arrivo in Calabria. Venerdì 12 la presentazione del libro, a maggio il film

RENDE (CS) – Mò Vi Mento – Lira di Achille, è il titolo del libro scritto da Francesco Gagliardi, edito da “Armando Curcio Editore” che verrà presentato venerdì 12 Aprile 2019, per la prima tappa assoluta, presso l’Università della Calabria.

Il libro, la cui prefazione è stata scritta da Francesco Carrassi, Direttore de “La Nazione” e “Il Telegrafo”, sarà disponibile nelle librerie di tutta Italia a partire dall’11 Aprile 2019.

Tratto dall’omonimo film diretto da Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi, che uscirà nelle sale cinematografiche di tutto il territorio nazionale il 16 Maggio 2019, l’intreccio è una intelligente parodia di temi politici e sociali dell’Italia di oggi.

Un movimento politico che denuncia espressamente la verità che è alla base della politica, ovvero la bugia, un’Italia ormai cinesizzata in cui politici, preti, avvocati, vigili urbani, carabinieri e secondini sono più cinesi che italiani e tra i pochi veri italiani c’è chi crede che il “Riccardo III” di Shakespeare sia un sequel o chi reputa i centri commerciali più interessanti della Reggia di Caserta: questi i temi del libro e dell’omonimo film la cui chiave di lettura è proprio la sagace ironia capace di portare alla luce anche luoghi poco conosciuti come il comune calabrese di Zaccanopoli (VV).

Il film è stato presentato all’ultimo Festival di Arte Cinematografica di Venezia (sez. Venice Bridge), al Napoli Film Fest e al Festival Internazionale del Cinema di Salerno (premio miglior regia).

Durante la presentazione Francesco Gagliardi, autore del libro e co-autore e co-regista della commedia, svelerà il modo in cui ha scelto di raccontare la società odierna per giungere con forza al cuore del lettore-spettatore.

IL PROGRAMMA

L’evento si svolgerà in due momenti. A partire dalle ore 10:00 i registi Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi si confronteranno con gli studenti del corso di “Istituzioni di Sceneggiatura e Regia”, tenuto dal Prof. Bruno Roberti, in aula Ares (cubo 17 B), per poi spostarsi alle ore 11:30 presso il Dipartimento Autogestito Multimediale. L’evento sarà moderato dal Direttore de “La Nazione” e “Il Telegrafo”, Francesco Carrassi che ha redatto la prefazione del libro.

Ad introdurre gli ospiti saranno Daniela Ielasi, socio fondatore dell’associazione culturale Entropia con sede all’Unical (DAM) e la giornalista di Ottoetrenta.it Andreina Morrone. Oltre all’editore Armando Curcio sarà presente anche la Mondadori Bookstore di Cosenza.

Nel corso della presentazione sarà inoltre proiettato il trailer della commedia “Mò Vi Mento – Lira di Achille” la cui colonna sonora è il brano inedito composto appositamente per il film dal gruppo musicale The Occasionals, che vanta al proprio interno anche un musicista originario di Castrovillari, in provincia di Cosenza, Biagio Mazzafera.

1LOCANDINA EVENTO _ UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA

“La croce e la stella”, presentato a Montecitorio il film su Ferramonti di Tarsia

TARSIA – È stato presentato lo scorso lunedì 4 marzo alle 15,30 a Roma, presso la Sala della Regina a Montecitorio, il film del regista Salvatore Lo Piano intitolato “La croce e la stella”. Il film, le cui riprese risalgono al 2015, parla della storia del campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia.

Un’opera volta a far conoscere al grande pubblico i fatti sul più grande lager per ebrei in Italia.

Una giornata molto positiva per la delegazione di Tarsia, guidata dal sindaco Roberto Ameruso e composta dai consiglieri comunali Roberto Cannizzaro e Marco Cetraro che, alla presenza di importanti personalità del mondo della politica e della cultura, hanno ricevuto gli apprezzamenti per quello che è stato il ruolo dei cittadini di Tarsia in una delle vicende più tristi della storia dell’uomo.

I lavori, aperti dall’on. Ettore Rosato, hanno visto la partecipazione, fra gli altri, della presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, e di una delegazione di alunni di una scuola romana.

Dopo la proiezione del film, che presto sarà disponibile per il grande pubblico, corali sono stati i pareri favorevoli.

Grande soddisfazione per l’amministrazione comunale tarsiana che ha ricevuto le congratulazioni anche dal consigliere regionale Franco Sergio e che evidenzia come gli sforzi fatti per la realizzazione del film non siano stati vani.

«È un film che ci rappresenta -ha detto il sindaco Ameruso- non solo dal punto di vista storico ma anche dal punto di vista del paese e della comunità. Infatti, per la maggior parte è stato girato a Tarsia e tante sono le comparse della nostra comunità. È un modo anche per fare vedere il nostro piccolo borgo, i palazzi e le attività commerciali. Resta fondamentale, inoltre, il rapporto di solidarietà e umanità creatosi fra la gente di Tarsia e gli internati. Sono stati i miei concittadini di allora -sottolinea- ad aver alleviato, in diverse circostante, alcune sofferenze di quella povera gente, in episodi drammatici come la ritirata dei tedeschi e il pericolo di rappresaglie che incombeva sugli internati». Così, dopo essere stato presentato anche in importanti festival del cinema come quello di Locarno, ora la comunità aspetta di vedersi in un prodotto sul quale questa amministrazione ha puntato molto.

«Faccio i complimenti al regista -dice Ameruso- per aver saputo, seppur nella finzione, tratteggiare in modo fedele quella che è la storia del campo, con tutti gli eventi più importanti che lì si sono svolti, mettendo in risalto alcune figure che hanno fatto sì che certi eventi volgessero al meglio».

[#CiNerd] Dragon Ball Super: Broly, la recensione

Il 28 febbraio è uscito finalmente anche in Italia il nuovo film sull’universo di Dragon Ball “Dragon ball Super: Broly”.

La pellicola fu annunciata nel lontano 2017, ma il primo poster promozionale venne mostrato appena una settimana prima della fine della serie animata.

Broly, originariamente apparso nel film Dragon Ball Z: il Super Saiyan della Leggenda del 1993, viene rivisitato dallo stesso Akira Toriyama, con l’intento di mostrare l’amato personaggio in una veste del tutto nuova e sopratutto canonica alla serie Super (in previsione forse di una nuova serie).

LA TRAMA

La trama si pone come una continuazione della saga principale: è ambientata subito dopo gli eventi del Torneo del Potere, in cui Freezer è intento a rubare le Sfere del Drago sulla Terra e a reclutare nuovi combattenti per aumentare la potenza del suo esercito.

Proprio durante le operazioni di reclutamento si imbatte in Broly e Paragas, Saiyan esiliati su un pianeta lontano e selvaggio in cui meditano vendetta per il torto subito da re Vegeta. Appena il tiranno galattico si rende conto del potenziale combattivo di Broly, decide di recarsi sulla Terra per usarlo come arma contro Goku e Vegeta. La battaglia sarà lunga e devastante e i nostri protagonisti cercheranno di tenere testa a Broly con molte difficoltà.

IL COMMENTO

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Come annunciato dal regista, Tatsuya Nagamine, il combattimento sarebbe stato al centro dell’intera pellicola; infatti la sequenza in cui si alternano sia Goku che Vegeta contro Broly è lunga e appassionante, ed è tangibile la cura che è stata messa nelle animazioni, dopo le ripetute lamentele per la qualità generale di Dragon Ball Super. Tuttavia, la trama non riesce a rendere giustizia al (ex) Super Saiyan della Leggenda, che risulta piatta e poco interessante. Ma non è l’unico personaggio snaturato del film: Freezer passa da invincibile villain a macchietta quasi comica, con motivazioni futili nella sua ricerca delle Sfere del Drago. Bardack conferma quanto letto nel capitolo del manga Dragon Ball Minus, cioè di essere un padre amorevole che decide di spedire lontano dal pianeta Vegeta, il suo figlio più piccolo, per via di presentimenti di morte avvertiti per l’ingombrante presenza di Freezer sul popolo di guerrieri. Anche i personaggi secondari non riescono a essere così indimenticabili, anche perché molti di loro non sono per nulla approfonditi.

Lo sappiamo, essendo un prodotto del tutto nuovo, non andrebbe paragonato al precedente film, ma è impossibile esimersi dal farlo: la vendetta di Paragas (i cui motivi sono rimasti invariati) risulta meno incisiva e lo stesso rapporto che ha con suo figlio è meno protettivo rispetto all’originale, quasi crudele. Broly è una macchina da guerra, che sembra non avere una propria volontà, e tutto quello che fa, lo fa perché glielo ordina suo padre. Quindi i fattori scatenanti della sua rabbia, dovuti a Goku nella pellicola precedente, sono qui del tutto inesistenti, anche per via del fatto che la sua ira questa volta è indirizzata verso Vegeta. In più anche il design, che tutto sommato si avvicina a quello classico, è poco originale se si pensa che sarebbe dovuto essere “inedito”.

COMPARTO TECNICO

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Lo stile grafico è forse il maggior pregio, che attinge da un’animazione vintage, quasi a ricordare la serie Z, con l’aggiunta di una lieve CGI che però non si amalgama del tutto allo stile generale. La fluidità dei combattimenti è sicuramente superiore a quella vista in molti anime odierni (compreso Dragon Ball Super stesso), vista l’enorme presenza di scene veloci e frenetiche che coprono praticamente tutta la seconda parte del film. Probabilmente avrebbe avuto bisogno di una colonna sonora più incisiva, che rendesse il tutto più epico ed emozionante.

IN CONCLUSIONE

Quello di “Dragon Ball Super: Broly” è un esperimento parzialmente riuscito, seppur siano presenti più difetti che pregi. Apprezzabile è comunque la volontà di ascoltare i fan e includere nel progetto personaggi così amati e iconici, che non possono fare a meno di ingrandire ancora di più l’immenso universo di Dragon Ball.

Carmine Aceto

La pellicola “Mò Vi Mento – Lira di Achille” porta Zaccanopoli al Festival del cinema di Venezia

VIBO VALENTIA – Il piccolo centro vibonese di Zaccanopoli, racchiuso tra il mare e la montagna, con poco più di settecentocinquanta abitanti, sta per vivere il suo momento di popolarità cinematografica. Il paese infatti, probabilmente poco noto oltre i confini regionali, ma non per questo poco famoso, gira intorno alle vicende e ai tormenti di Achille (alias Daniele Monterosi), uno dei protagonisti del film “Mò Vi Mento – Lira di Achille” che sta per approdare alla 75ª Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia.

L’opera filmica, prodotta dalla FG Pictures, nota società di produzione cinematografica di Roma, per la regia di Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi e co-prodotta dagli stessi insieme a Giuseppe Picone, sarà infatti proiettata il 31 Agosto al Venice Production Bridge.

La commedia, che vanta un cast artistico d’eccezione (da Enrica Guidi a Giovanni Scifoni, da Benedetta Valanzano a Daniele Monterosi fino a Tony Sperandeo), racconta la storia di un matrimonio ripetutamente rimandato, di un neonato movimento politico e di una sarabanda di personaggi che daranno vita ad equivoci a catena e che culmineranno in un finale con fuochi d’artificio. I temi trattati sono quelli che da sempre condizionano la vita di tutti: l’amore, i soldi e la politica. La chiave dell’opera è proprio la sagace ironia capace di portare alla luce un piccolo borgo poco conosciuto come il comune calabrese di Zaccanopoli.

Una commedia tutta italiana che colora alcuni aspetti legati al panorama politico e sociale del nostro paese dando un messaggio forte, penetrante e allo stesso tempo divertente e paradossale. 

Da sx il direttore della fotografia Giovanni Mammolotti, la regista Stefania Capobianco e il regista Francesco Gagliardi
Da sx il direttore della fotografia Giovanni Mammolotti, la regista Stefania Capobianco e il regista Francesco Gagliardi

La commedia racconta la storia di un matrimonio ripetutamente rimandato, di un neonato movimento politico e di una sarabanda di personaggi che daranno vita ad equivoci a catena e che culmineranno in un finale con fuochi d’artificio.

Un mix degno del successo che il film è destinato ad avere. Stefania Capobianco e Francesco Gagliardi, registi ed anche co-autori dell’opera, raggiungono così un altro grande risultato, oltre che personale, anche per la società di produzione cinematografica FG Pictures di Roma amministrata da Giuseppe Picone in cui lavorano. Tra  le altre opere di livello prodotte dalla FG Pictures infatti, non può non essere ricordato il documentario “Mediterranean diet example to the world”, con Franco Nero attore protagonista, realizzato in collaborazione con RAI Cinema, che per il suo alto valore socio culturale ha ottenuto il patrocinio dell’UNESCO. E naturalmente il successo del primo lungometraggio dal titolo “Prigioniero di un segreto”, prodotto nel 2009 da Francesco Gagliardi, che ha ottenuto il premio come Miglior Produttore Esordiente alla 63° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Salerno. 

Dal film il romanzo

Dopo aver letto la sceneggiatura, Armando Curcio Editore, storica casa editrice fondata nel 1927, l’ha selezionata per la pubblicazione di un romanzo scritto da Francesco Gagliardi che narrerà le vicende presenti all’interno della commedia e sarà intitolato anch’esso “Mò Vi Mento – Lira di Achille”.

Il film “Mò Vi Mento – Lira di Achille” è atteso nelle sale cinematografiche sul territorio nazionale nel prossimo inverno.

 

CinemAmbulante, al via la III edizione della rassegna dedicata ai film indipendenti

COSENZA – Tutto pronto per la terza edizione di CinemAmbulante, che dal 10 al 21 giugno porterà un progetto unico nel suo genere nelle quattro province calabresi di Cosenza, Crotone, Catanzaro e Reggio Calabria.

CINEMAMBULANTE è un progetto multiculturale e multidisciplinare promosso dall’Associazione La Guarimba in collaborazione con Emergency Italia che vuole offrire una rassegna di film indipendenti per tutti, ma anche un Kino ovvero una residenza di cinema per i giovani italiani ed i rifugiati che vivono ad Amantea con l’obiettivo di usare la cultura come strumento di integrazione.

La rassegna è composta da opere cinematografiche realizzate da registi in rappresentanza di quei Paesi e culture ormai stabilite da tempo in Calabria.

L’iniziativa è parte del progetto MigrArti III edizione 2018 finanziato dal Ministero dei Beni Culturali ed è stata realizzata dopo aver creato una rete locale e internazionale.

Tutti gli incontri e le proiezioni saranno ad ingresso libero.

I FILM:

1) “A CIAMBRA” di Jonas Carpignano (Italia)

Ad “A Ciambra” una piccola comunità Rom nei pressi di Gioia Tauro, Pio Amato cerca di crescere più in fretta possibile, a quattordici anni beve, fuma ed è uno dei pochi in grado di integrarsi tra le varie realtà del luogo: gli italiani, gli immigrati africani e i membri della comunità Rom.

 

2) “FACES, PLACES” di Agnes Varda e JR (Francia)

Agnes Varda, la cui  visione cinematografica unica dal 1950 le ha fatto guadagnare un fedele stuolo di entusiasti cinefili in tutto il mondo, e l’iconico fotografo e artista murale JR che su Instagram è seguito da oltre un milione di followers, hanno più cose in comune di quel che si possa immaginare.

3) “WALLAY” di Berni Goldblat (Svizzera)

Ady ha tredici anni ed è cresciuto nella banlieue francese. Quando un’estate, dopo l’ennesima spavalderia, viene spedito dal padre dai parenti in Burkina Faso, Ady scopre che la sua famiglia e l’Africa sono diverse da come se le immaginava. La sua vacanza non è affatto una vacanza.

4) “SWAGGER” di Olivier Babinet (Francia)

Muovendosi tra documentario e finzione, il film ci fa entrare nelle menti sorprendenti di undici adolescenti, di diversa provenienza, che crescono in una delle più svantaggiate banlieu parigine, dove i “francesi” non mettono piede. Una serie di ritratti da cui emergono le speranze, le paure e la vita di tutti i giorni.

5) “SACRED WATER” di Olivier Jourdain (Belgio)

Attraverso la voce di Vestine, una speaker radiofonica, e di uomini e donne ruandesi, il film racconta la ricerca dell’acqua che sgorga dal corpo femminile. “Sacred Water” (L’acqua sacra) rivela con umorismo e spontaneità il mistero del piacere femminile.–

6) “HUMAN FLOW” di Ai Wei Wei (Cina)

L’artista cinese si è messo dietro la macchina da presa per portare alla Mostra un doc che racconta migranti e profughi. Un viaggio della speranza attraverso 23 paesi del mondo, dall’Afghanistan alle coste siciliane fino al confine tra Messico e Stati Uniti.

7) “FÉLICITÉ” di Alain Gomis (Senegal)

Una donna cerca in tutti i modi di recuperare i soldi necessari per evitare l’amputamento di una gamba al figlio. Ma le cose non vanno come si aspettava.

IL PROGRAMMA COMPLETO: http://cinemambulante.com/larassegna/

Cinema, ricerca e poesia, torna Laterale Film Festival

COSENZA – Cinema come arte, cinema come ricerca, cinema come poesia. Queste le tendenze promosse dal Laterale Film Festival, quest’anno alla sua seconda edizione.

Il progetto, nato lo scorso anno per iniziativa dell’Associazione culturale Kamen (composta da un gruppo di cosentini appassionati), si propone di unire giovani autori da tutto il mondo in un festival di cinema indipendente nei mezzi come nel linguaggio.

Da Roma a Londra, da Teheran a Lisbona, da Sofia a New York centinaia di giovani artisti hanno condiviso le loro opere, realizzate in assenza di grandi mezzi economici, ma in piena autonomia creativa e con una visione artistica ben definita: l’idea che il cinema sia linguaggio prima che industria, che sia comunicazione condivisa, che possa ingaggiare il pubblico nella sperimentazione artistica e nella sua scoperta.

Il festival non ha carattere competitivo: non ci sono premi, giurie, gare. Prevale invece una logica di condivisione, di scambio, una volontà di scoperta, che ha trovato la risposta entusiasta e partecipata sia degli autori che del pubblico.

29 film brevi, low-budget e no-budget

Le selezione di quest’anno riunisce 29 film brevi, low-budget e no-budget, 11 dei quali sono stati realizzati da giovani autori italiani, a conferma del fatto che la domanda, la curiosità e l’attenzione per nuovi modi di fare e intendere il cinema sono vivaci anche nel nostro paese, e in sintonia con quanto accade a livello internazionale, al di fuori di ogni provincialismo.

Contro l’idea che tutto sia già detto, già visto, fatto e sentito: la metafora utilizzata dal Laterale Film Festival è quella di una macchina per esplorare l’invisibile, alla scoperta di visioni innovative e originali fuori dai modi convenzionali di fare cinema. Laterale: un cinema che vive della centralità delle immagini come strumento di ricerca, individuale e collettiva. Una bussola per orientarsi nei modi di fare cinema oggi e domani, che non si rivolge ad un pubblico di nicchia ma, al contrario, vuole essere guida e riferimento in uno spazio di condivisione libero e stimolante. Un vero e proprio laboratorio artistico condiviso che parte dall’intimità della sala, per cui è stato scelto il Cinema San Nicola: un ambiente raccolto, spesso considerato ai margini della vita cinematografica cittadina ma che esprime al meglio l’artigianalità e la qualità del cinema sperimentale e che ha un trascorso storico proprio in questo senso.

Il Laterale Film Festival, completamente autofinanziato, intende promuovere un cinema giovane non ancora visto in sala, nella convinzione che il linguaggio filmico abbia ancora qualcosa di nuovo da dire e dare. Dopo la scommessa vinta della precedente edizione, che ha trovato una riposta positiva da parte di un pubblico curioso, variegato e non composto da soli cinefili, i 29 corti selezionati nella seconda edizione saranno proiettati nei giorni 11, 12 e 13 giugno, alla presenza di alcuni degli autori italiani disponibili a un incontro con gli spettatori.

 

Laterale Film Festival – Selezione 2018

 

Ab ovo – 2017 – Luca Ferri (Italia); Alkaid– 2017 – Mauro Santini (Italia); Art 35.5 Hours a Week – 2017 – Mariken Kramer e Eli Eines (Norvegia); La Cognizione del Calore – 2017 – Salvatore Insana (Italia); Cut to the Chase – 2016 – Dean Kavanagh (Irlanda); Dagadòl – 2017 – Morgan Menegazzo e Mariachiara Pernisa (Italia); Divided by blue – 2017 – Eric Ko (Stati Uniti); Flowing (for Naruse) – 2018 – Ross Meckfessel (Stati Uniti); Frightening Woods – 2017 – Alvaro De La Hoz (Spagna); Fuori Programma – 2016 – Carla Oppo (Italia); The Girl – 2017 – Hans Op de Beeck (Belgio); Glacies – 2017 – Pierre Villemin (Francia); Gold diggers – 2017 – Lucie Pagès (Francia); Ho Visto Morandi – 2016 – Katia Viscogliosi e Francis Magnenot (Italia); Ida – 2017 – Giorgia Ruggiano (Italia); Inês Marches – Tiago Rosa-Rosso (Portogallo); The invention of cinematography – 2017 – Stefano Virgilio Cipressi (Italia); Laura – 2017 – Tânia Dinis (Portogallo); May devotions to the Blessed Virgin Mary – 2016 – Piotr Piasta (Polonia); The night in all things – 2017 – Alexander Girav (Stati Uniti); O Meu Pijama – 2017 – Maria Inês Gonçalves (Portogallo); Ogni roveto un dio che arde – 2016 – Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi (Italia); Pareti Bianche – 2017 – Alessandro Sedda e Annalisa Ciacco (Italia); Turtles Are Always Home – 2016 – Rawane Nassif (Libano); The secret sharer – 2017 – Filippo Ticozzi (Italia); Stella 50.4N1.5E – 2016 – Elsa Brès (Francia); Terrain Vague – 2017 – Latifa Said (Francia); Vigils – 2017 – Peter Treherne (Regno Unito) e Visit – 2017 – Yannis Zafiris (Grecia).

Orsomarso, dopo “Trust” arriva “Rapiscimi” di Giovanni Luca Gargano

ORSOMARSO (CS) – «C’è un paese dell’Alto Tirreno cosentino che è diventato ormai una location molto richiesta per film: si tratta di Orsomarso, comune guidato dal sindaco Antonio De Caprio, un piccolo borgo già salito agli onori delle cronache mondiali per aver prestato al pluripremiato regista Danny Boyle le sue incantevoli bellezze naturalistiche e gli scorci di un incontaminato centro storico». A distanza di un mese dall’uscita mondiale della serie televisiva Trust, adesso è la volta di una tragicommedia girata da un brillante regista, originario di Cosenza, Giovanni Luca Gargano, dal titolo di ambivalente senso “Rapiscimi”.

Rapiscimi in anteprima nazionale al Reggio Filmfest

Il film, che sarà presentato in anteprima nazionale all’interno del Reggio Calabria Filmfest il prossimo martedì 13 marzo 2018, alle ore 19.30, presso il Cinema Odeon della città in riva allo Stretto, è una produzione internazionale italo-portoghese tra la Alba Produzioni di Sandro Frezza e Arbalak (società calabrese) e la Check the Gate (Portogallo). Le riprese sono state effettuate per quattro settimane a Orsomarso e per una settimana a Lisbona. Alla realizzazione dell’opera prima di Gargano, oltre al fattivo contributo del Comune di Orsomarso, ha contribuito la Direzione Generale Cinema del Mibact e la Regione Lazio, con il sostegno della Fondazione Calabria Film Commission e la collaborazione della Rete Televisiva Portoghese(RTP). La sceneggiatura è di Giovanni Luca Gargano, Vincenzo di Rosa, Paolo Logli, Alessandro Pondi e Umberto Carteni. Il cast di attori è composto da: Rocco Barbaro, Pietro Delle Piane, Vincenzo Di Rosa, Carmelo Caccamo, Paolo Cutuli, Alexia Degremont, Massimo Olcese, Virgilio Castelo, Paulo Pires, Sao Jose Correia e Riccardo Carrico. Come gran parte del cast e degli autori, anche il direttore della fotografia è un giovane talento calabrese: Davide Manca.

 

Le avventure di quattro disoccupati calabresi

La storia racconta dell’avventura di quattro disoccupati calabresi che, dopo averla combinata grossa ed essersi inimicati tutto il paese, si danno alla fuga nel bosco. Obbligati a trovare una soluzione per ripagare il danno fatto, uno di loro è convinto di avere avuto un’idea geniale, che a suo dire li farà svoltare: mettere su un’agenzia che organizza rapimenti per ricchi annoiati dalle solite vacanze che vogliono vivere l’ebbrezza di un’emozione estrema. La mano del destino intreccia le sue trame e i quattro ragazzi si troveranno coinvolti in una storia rocambolesca, dai risvolti comici e assolutamente inaspettati. E così, quella che sembra essere un’avventura folle ed eccitante si trasformerà in una delirante trappola tragicomica a cui non tutti sopravviveranno.

«Stiamo puntando su una promozione mirata e di qualità di tutte le nostre bellezze naturalistiche e storico-architettoniche – ha dichiarato il sindaco De Caprio prima di assistere alla proiezione del film – per un rilancio culturale, sociale ed economico di tutto l’Alto Tirreno cosentino. E come invito a scoprire le meraviglie del nostro paese, non posso che ripetere il nostro slogan #Orsomarsoborgodascoprirenaturadavivere». 

Nico 1988, a Cosenza ail film sulla musa di Andy Warhol

COSENZA – Giovedì 16 novembre, alle ore 20.30, al Supercinema Modernissimo di Cosenza la proiezione del film di Susanna Nicchiarelli “Nico 1988”. A seguire, l’incontro con la regista e il produttore della pellicola, Gregorio Paonessa.

Vincitore della sezione Orizzonti all’ultima edizione del Festival di Venezia. La pellicola è un biopic che si focalizza sugli ultimi anni di vita della musa dei Velvet Underground e di Andy Warhol. Nico 88 ha portato a casa il Premio Orizzonti per il miglior film ed è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazioanle Critici Cinematografici Italiani. Diretto da Susanna Nicchiarelli, il film vede la partecipazione, nel cast, di Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Anamaria Marinca, Sandor Funtek II e Thomas Trabacchi.

Nel biopic, Susanna Nicchiarelli affronta l’ambiguità idelogica di Nicco, nome d’arte di Christa Päffgen. Nella sua produzione musiciale, si rileva tutta i contrasti interni e i demoni che la caratterizzano e che sono legati, inevitabilmente, a un passato, ricco di memorie di guerra, con il quale non è riuscita a far pace. La regista racconta il tour dell’86-88 della musicista on the road, intervallato, in alcuni momenti, dall’Exploding Plastic Inevitable, lo show multimediale ideato da Warhol con i Velvet Underground, vent’annji prima. Si tratta di un viaggio in giro per l’Europa, che diventa un percorso di presa di coscienza relativo alla difficile e complessa relazione irrisolta con il figlio Ari. La narrazione si incastra tra hotel degradaati, locali periferici, piazze di paese e centri sociali, luoghi in cui Nico trova terreno fertile per la sua passione legata agli stupefacennti con la band di giovani musicisti. Un’icona maledetta della musica, interpretata da Trine Dyrholm che ha saputo dare spessore a un personaggio così ricco di sfaccettature.

[#Anime] La Forma Della Voce (A Silent Voice), la Recensione

Bullismo, redenzione, comunicazione. Tanti sono i temi affrontati da La Forma Della Voce, film anime prodotto da Kyoto Animation, con regia di Naoko Yamada.

Il film è l’adattamento dell’apprezzatissimo manga in 7 volumi di Yoshitoki Ōima, che in Italia è stato distribuito con il titolo di A Silent Voice. Il film è stato proiettato nelle sale italiane grazie a Dynit e Nexo Digital, che non finiremo mai di ringraziare per il grandissimo contributo alla diffusione dell’animazione nipponica nella nostra penisola.

LA TRAMA

Shoya Ishida è un bambino come gli altri: va alle scuole elementari, ha amici e una famiglia. Un giorno nella sua classe arriva una nuova compagna: Shoko Nishimiya, una bambina sorda che comunica solamente scrivendo su di un quaderno. Inizialmente Shoko sembra venire accettata dai compagni, ma giorno dopo giorno comincia a essere vittima di maltrattamenti, soprattutto da parte di Shoya, che le rompe ripetutamente i costosi apparecchi acustici. Anche gli altri compagni non saranno da meno, rimanendo nell’indifferenza della classe.

Shoko soffre, pur non ribellandosi. Ma alla fine sarà sua madre, scoprendo gli atti di bullismo cui sua figlia è stata sottoposta, a generare la reazione che le farà cambiare scuola. Shoya viene indicato dai compagni come l’unico responsabile di questa scelta, allontanato dal branco che prima era compatto nel bullizzare Shoko. Da quel momento la vita di Shoya cambia: inizia a essere isolato e maltrattato a sua volta da quelli che erano i suoi amici ed essere preso di mira lo porta a chiudersi in se stesso. Questa sua mala fama lo accompagnerà fino alle superiori, spingendolo quasi al suicidio. Profondamente pentito di quel che fece a Shoko, decide finalmente di andare a trovarla nella sua scuola superiore per chiederle perdono, con la volontà di iniziare il suo percorso di redenzione per gli errori del passato. (fonte Wikipedia)

IL COMMENTO

La Forma Della Voce è da considerarsi un film riuscitissimo.

Partendo dalla tematica del bullismo, che alla fine risulta essere quasi un “macguffin”, si dipana una storia di redenzione veramente interessante, che riesce a far presa anche grazie ad una gestione emotiva veramente raffinata. Nelle battute iniziali il nostro Shoya viene mostrato come il classico ragazzino delle elementari, che agisce senza pensare alle conseguenze, prendendo di mira la povera Shoko quasi per gioco. Il passo più importante per il cambiamento del personaggio avviene grazie a sua madre, costretta a privarsi dei propri risparmi e a strapparsi gli orecchini per rimborsare la madre di Shoko degli apparecchi acustici andati persi. La Yamada riesce, grazie alle sole immagini, a farci intuire che è il ragazzo a provare la sofferenza maggiore:

quella di aver costretto la persona più importante a farsi del male per rimediare ad un proprio errore.

Un piccolo gesto che ha una grande conseguenza. Il film è pieno di piccoli gesti, ma sono proprio quelli che alla fine risultano essere i più importanti per la crescita dei personaggi. In questo caso notiamo anche la forza del personaggio della madre di Shoya, che riesce ad educare il proprio figlio con un semplice sguardo amorevole, forse lo sguardo più importante della vita del protagonista, in cui la madre pronuncia semplicemente “farai il bravo bambino da domani, vero?”. Il film parla anche dei problemi di comunicazione di Shoya e Shoko, il primo a causa del suo isolamento dal mondo, la seconda a causa di un problema fisico. Sarà proprio questo problema comune a fortificare l’intesa tra i due, che in un certo senso affronteranno questo percorso insieme. Nella pellicola la parola “insieme” ha un significato fondamentale, perché nessuno può vivere senza avere qualcuno con cui stare insieme, che sia esso un amico o qualcuno di ancora più importante. Il film insegna a cercare quel qualcuno senza chiudersi in se stessi, perché ci sarà sempre una persona pronta ad accoglierci. L’evoluzione del personaggio di Shoya si concretizza anche grazie ai suoi amici, che prima non erano altro che delle persone con una “X” sul volto, ma che in un modo o nell’altro gli faranno alzare lo sguardo, scoprendo quanto potessero essere reali i loro occhi.

 

Il film scorre che è una meraviglia, emozionando in diverse occasioni.

Parlando dei difetti, a volte abbiamo delle reazioni umane forse troppo esagerate e dei dialoghi poco ispirati, ma stiamo comunque osservando un gruppo di ragazzi delle superiori. Quante volte ci sarà capitato di pensare a quanto siano stati stupidi dei comportamenti che abbiamo avuto in passato? Forse è anche giusto che ci siano questi difetti, che probabilmente danno ancora più valore al film.

COMPARTO TECNICO

Quando si parla di Kyoto Animation c’è veramente poco da recriminare sulla tecnica. La regia della Yamada ha un taglio fortemente cinematografico, grazie all’utilizzo di filtri che simulano la profondità di campo, sempre molto stretta sui personaggi, riuscendo a valorizzare ogni singolo sguardo. I fondali risultano essere curatissimi quando vengono mostrati in campo lungo, mentre sono volutamente sfocati quando abbiamo i personaggi in campo, a volte con un effetto “bokeh” veramente impressionante per un film d’animazione.

Una regia veramente di gran classe, degna di quei registi che fanno della messa in scena il loro punto di forza, invece di concentrarsi principalmente su effetti strabilianti ma poco funzionali. Animazioni molto buone, anche se si notano dei cali di qualità in alcuni cut, ma niente di insopportabile. Musiche fantastiche ed evocative, in particolare l’ost “Lit”, vera colonna sonora del film. Come sempre un sontuoso lavoro in fase di doppiaggio e adattamento, come ci si aspetterebbe da una distribuzione Dynit, sempre pronta ad offrirci una versione italiana dignitosa almeno quanto quella originale.

IN CONCLUSIONE

La Forma Della Voce è un film veramente eccezionale, sicuramente non un capolavoro, ma è la classica pellicola che riesce ad accontentare tutti, dal ragazzino di 10 anni alla persona anziana.

Antonio Vaccaro

https://youtu.be/uC_n1oElUiQ