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Tommaso Campanella, sulle orme di Bernardino Telesio.

Nato a Stilo nel settembre del 1568, in provincia di Reggio Calabria, Campanella fu un ragazzo prodigio. Figlio di un calzolaio povero ed illetterato, prese gli Ordini Domenicani non ancora quindicenne sotto il nome di frate Tommaso in onore di San Tommaso d’Aquino. Studiò teologia e filosofia con diversi maestri. Venne in contatto con le idee sull’ortodossia aristotelica da cui si allontanò subito, attratto invece dall’empirismo di Bernardino Telesio il quale gli insegnò che la conoscenza è sensazione e che tutte le cose naturali ne possedevano. Campanella scrisse la sua prima opera, Philosophia sensibus demonstrata (Filosofia dimostrata dai sensi), pubblicata nel 1592, nella quale difese Telesio. Nello stesso anno subì un processo da parte del suo stesso ordine e tra il 1594 e il 1595. Venne inquisito e torturato a Padova e a Roma. Il processo inquisitoriale si concluse con l’abiura e la condanna per sospetto veemente di eresia da parte della Congregazione del Sant’Uffizio. A Napoli venne in contatto con l’astrologia e i riferimenti astrologici che sarebbero diventati una caratteristica costante nei suoi scritti. Le concezioni non ortodosse di Campanella, fortemente in contrasto con l’autorità di Aristotele, lo portarono in conflitto con la Chiesa. Denunciato all’Inquisizione e citato presso il Sant’Uffizio a Roma, fu confinato in un convento fino al 1597. Dopo la sua liberazione, Campanella tornò in Calabria e si fece portatore di una cospirazione contro il potere spagnolo a causa della quale fu ordinata la chiusura, per decreto del vicario Pedro di Toledo, dell’Accademia Cosentina. Lo scopo di Campanella era quello di formare una società basata sulla comunità dei beni e delle mogli, somiglianza con lo stato ideale di Platone. Tradito da due compagni cospiratori fu preso ed incarcerato a Napoli. Riuscì a sfuggire alla pena di morte fingendosi pazzo, “Che si pensavano che io era coglione, che voleva parlare?” disse Campanella stesso ad un aguzzino riferendosi agli inquisitori, ma fu condannato all’ergastolo. Campanella trascorse 27 anni in prigione a Napoli. Durante la prigionia scrisse le sue opere più importanti: La Monarchia di Spagna“(1600), Aforismi Politici (1601), Atheismus triumphatus“(1605-1607), Quod reminiscetur (1606 ca), Metaphysica (1609-1623), Theologia (1613-1624), e la sua opera più famosa, La città del sole (1623) in cui vagheggiava l’instaurazione di una felice e pacifica repubblica universale retta su principi di giustizia naturale. Egli addirittura intervenne nel primo processo contro Galileo Galilei con la sua coraggiosa “Apologia di Galileo” (1616). Fu infine scarcerato nel 1626 grazie a Papa Urbano VIII che personalmente intercedette presso Filippo IV di Spagna. Campanella fu portato a Roma e tenuto per qualche tempo presso il Sant’Uffizio e fu liberato definitivamente nel 1629. Visse per cinque anni a Roma dove fu il consigliere di Urbano VIII per le questioni astrologiche. Nel 1634 una nuova cospirazione in Calabria, portata avanti da uno dei suoi seguaci, gli procurò nuovi problemi. Con l’aiuto del Cardinale Barberini e dell’ambasciatore francese de Noailles fuggì in Francia dove fu benevolmente ricevuto alla corte di Luigi XIII. Protetto dal Cardinale Richelieu e finanziato dal Re passò il resto dei suoi giorni al convento parigino di Saint-Honoré. Il suo ultimo lavoro fu un poema che celebrava la nascita del futuro Luigi XIV, l’ Ecloga in portentosam Delphini nativitate. Morì a Parigi il 21 maggio del 1639.

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