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Color Fest Winter Session, annunciati i live dei The Zen Circus e Francesco Motta

LAMEZIA TERME (CZ) – Torna con una winter session, dopo il successo della IV edizione, il Color Fest, rassegna dedicata alla musica e all’arte indipendente, promossa dall’associazione culturale Cosa sono le Nuvole.

Dopo aver ospitato numerosi artisti nazionali e internazionali (The Soft Moon, Verdena, Brunori SAS, Afterhours, Lo Stato Sociale, Giorgio Canali, Calcutta, Marta sui tubi, Marlene Kuntz etc), si scaldano i motori della nuova stagione musicale con due nuovi appuntamenti che si preannunciano ricchissimi, con due ospiti musicali di primo piano e tantissimo altro ancora da annunciare.

Il 22 dicembre al Cafè Retrò di Lamezia Terme (Cz), assoluto protagonista sarà il cantautore Francesco Motta, fresco vincitore del Premio Tenco 2016 come migliore opera prima, grazie all’album La fine dei vent’anni, album che segna il suo esordio da solista, dopo aver capitanato la band Criminal Jokers,  prodotto da Riccardo Sinigallia per Woodworm Music.

Polistrumentista eclettico, che ha prestato negli anni la sua capacità musicale a Nada, Pan del diavolo, Zen Circus, Giovanni Truppi.

La fine dei vent’anni è la scoperta dell’età adulta, il racconto della crescita umana e musicale di uno dei più talentuosi artisti italiani.

Toccherà invece il 5 gennaio, incendiare il palco della Color Fest Winter session, a una delle più longeve formazioni rock italiane: i The Zen Circus. La band toscana, presenterà dal vivo il nuovissimo album La Terza Guerra Mondiale, in uscita per La Tempesta Dischi.

Dopo otto dischi, un ep e diciotto anni di carriera, The Zen Circus festeggiamo la maggiore età con un nuovo lavoro di inediti, un disco a cui hanno dedicato più tempo in studio, lavorando su ogni piccolo dettaglio, dalle melodie ai testi, dagli arrangiamenti ai suoni.

Un album potentissimo, dalla indiscutibile qualità strumentale e dalla scrittura mai banale e sempre acutissima, che non ha paura di toccare i territori del power-pop, senza mai perdere di lucidità ed efficacia.

[#Recensione] Francesco Motta e “La fine dei Vent’Anni”

Nonostante la fase di stallo creativo che sembra vivere da anni la musica italiana, c’è una certa scena underground che riesce a partorire qualcosa di interessante sia in termini sonori che di contenuti testuali. Il livornese Francesco Motta, che usa come alias solo il proprio cognome, rappresenta uno di questi casi.francesco motta2

In seguito all’esperienza coi Criminal Jokers, con cui ha inciso due album, e alla militanza come fonico e polistrumentista per artisti più o meno affermati, Motta pubblica il suo primo album solista intitolato La fine dei vent’anni (2016), che esce per Woodworm.  Ma cos’è La fine dei vent’anni? “È un po’ come essere in ritardo / non devi sbagliare strada / non farti del male / e trovare parcheggio”, come canta nella title track.  È un disco pieno di canzoni d’amore che spesso lasciano velate allusioni malinconiche, come quelle che ti fanno guardare al passato, a ciò che avresti voluto fare ma che, per qualche motivo, è sempre saltato. Dunque pieno di sentimenti, ma anche di plugin che effettano la voce e soprattutto di accordature non convenzionali, diverse dai canonici 440hz, che avvicinano spesso alla musica etnica (es.: Mio padre era comunista).

Il disco contiene brani che fanno pensare ad artisti come Niccolò Fabi e i Tiromancino senza dimenticare Riccardo Sinigallia, produttore dell’album e co-autore in tre brani, a dimostrazione di quanto l’ex Tiromancino creda nel progetto “Motta”. Non mancano ospiti affermati come Giorgio Canali, Guglielmo Ridolfo Gagliano (polistrumentista di Paolo Benvegnù) e Alessandro Aloisi dei Pan Del Diavolo.
L’influenza musicale che si avverte per prima è proprio quella di Sinigallia: appare latente sin dall’arpeggio introduttivo del brano di apertura, Del tempo che passa la felicità, dove durante un ritmo costantemente incalzante si intrecciano due chitarre arpeggiate in modo molto diverso e in cui si canta di una “magia della noia” come miraggio per l’intera generazione di oggi.
Sono tutti pezzi con lo stampo della canzone d’autore e tuttavia immediati. Questo pregio, che è il maggiore di tutto il lavoro, ha la sua massima chiarezza in Prima o poi ci passerà, scelto come primo singolo estratto. Questo, però, non significa che manchino brani più arrabbiati. È il caso di Se continuiamo a correre, che vede la partecipazione di Aloisi in una ben riuscita commistione di voci, mentre Roma stasera è forse il brano che – pur conservando un sottostrato pop – più degli altri esprime quel senso punk della voglia di perdersi fregandosene delle conseguenze… almeno per una sera.
Chiudono la tracklist i due episodi in cui la chitarra è di Giorgio Canali: Una maternità (E d’improvviso ti accorgi / di quel poco che sei / conservi i ricordi per farci un incendio / ti sei abituata alla perplessità / e rimani in silenzio / in attesa del resto / alla cassa del bar)  e Abbiamo vinto un’altra guerra, poetica e arresa nel descrivere il percorso di una coppia che ormai procede per inerzia, schiacciata dalla maledetta forza dell’abitudine, e che regala probabilmente il più bel momento dell’album cantando: “Non possiamo riparare / Sono finiti gli argomenti / La testa sulle spalle / Le spalle sopra i denti”.

Insomma, la fine dei vent’anni è il raggiungimento dell’età adulta in cui Motta ha anche la sensibilità per mettersi a nudo e parlarci di gioie, malinconie, del suo rapporto con la famiglia e con la vita, attraverso canzoni ricercate e spesso molto orecchiabili. Prosit!

Gianluca De Serio