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Per ridurre gli incidenti mortali sul lavoro: Riordino dell’organizzazione aziendale

unnamed“La riduzione degli infortuni mortali sul lavoro deve passare attraverso una precisa organizzazione aziendale che definisca ruoli, responsabilità e compiti per la gestione della sicurezza”.
Questo il messaggio del Procuratore torinese Raffaele Guariniello al convegno organizzato da Aiesil e Vega Formazione a Treviso lunedì 15 giugno sul tema delle “Deleghe di Funzione”.
“Un tema importante – ha precisato Guariniello – perché per le imprese vuol dire organizzare i ruoli di ciascun lavoratore e fare in modo che chi ha delle responsabilità, abbia anche i poteri per realizzare misure di sicurezza adeguate. E’ così, infatti, che si vede la serietà di un’impresa”.
E prosegue. “In Italia di deleghe ce ne sono tante, ma che siano fatte tutter ridurre gli incidenti stradali e bene, direi di no”.
Una nota polemica sostenuta dal Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering che ha aggiunto: “Le lacune nella gestione della sicurezza aziendale si traducono inevitabilmente in un incremento degli infortuni mortali sul lavoro”.
Ed è quello che sta accadendo nel nostro Paese stando ai dati del primo quadrimestre 2015. “Rispetto al primo quadrimestre 2014 – ha spiegato ancora Rossato –  le vittime di incidenti mortali sul lavoro sono cresciute del 14 per cento. Per un totale di 223 infortuni mortali rilevati in occasione di lavoro. Erano 196 lo scorso anno”.
“Implementare la gestione della sicurezza e definire ruoli, compiti e responsabilità, significa prevenire. E la prevenzione è l’unico modo che abbiamo per invertire la tendenza degli infortuni mortali sul lavoro”.

D’altra parte c’è una recente indagine condotta dall’Osservatorio di Accredia in collaborazione con il Censis che ci aiuta a comprendere come l’organizzazione della sicurezza aziendale rappresenti lo snodo cruciale per attuare una corretta ed efficace politica di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. E così, se ogni azienda fosse certificata con un sistema di gestione a norma Ohsas 18001 – dicono Accredia e Censis – si registrerebbero 80.000 incidenti in meno all’anno, con un risparmio in termini di costi sociali pari ad almeno 4 miliardi di euro. Di questi, circa 1,1 miliardi di euro riguarderebbero il settore delle costruzioni, 410 milioni quello tessile, 300 la metallurgia e 270 i trasporti.
In tal senso risulta prezioso l’impegno di Aiesil a livello nazionale e regionale. “Il nostro obiettivo attraverso workshop itineranti in tutto il Paese – ha detto Antonio Malvestuto Presidente di Aiesil – è quello di contribuire alla diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e nell’ambiente al fine di evitare tutti gli infortuni e per combattere l’accentuato ritardo culturale  sul fronte della sicurezza che emerge nitido nel nostro Paese”.

Intanto, da un’indagine condotta dall’Osservatorio Expo Training si scopre che cresce la percentuale delle grandi aziende che investono in formazione, mentre si avverte una scarsa fiducia nella formazione tra le piccole e medie imprese.
Secondo l’Isfols, poi, a credere meno nella formazione sono le regioni del Sud del Paese dove il tasso di incidenza delle imprese che hanno investito in formazione aziendale sul totale delle imprese (con almeno 10 addetti) arriva al 37,3 per cento, mentre in quelle di Nord-Est al 55 per cento.

28 aprile giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro

“I dati delle morti sul lavoro degli ultimi tre anni in Italia sono tragici. Serve una maggiore sensibilizzazione dei datori di lavoro sul fronte della prevenzione e delle formazione”.

Intervento di Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering

Il 28 Aprile è diventato da anni un giorno importante che unisce i lavoratori di tutto il pianeta. Dagli Stati Uniti all’Africa, dall’Europa all’Asia. Perché tutti celebreranno la Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro. E per chi opera attivamente su questo fronte, si tratta di un’ulteriore preziosa occasione per riflettere e per far riflettere.

Cominciando con i dati delle morti sul lavoro che sono i più precisi punti di riferimento per la narrazione di un’emergenza che, nel nostro Paese, sembra essere ancora distante dall’essere risolta.

Negli ultimi tre anni – dal 2010 al 2012 – sono state 1588 le vittime del lavoro; in un dramma che va da Nord a Sud del Paese. Per la precisione sono state 509 le vittime del lavoro nel 2012, 553 nel 2011 e 526 nel 2010.

Nell’ultimo anno il decremento è stato pari all’8 per cento. Ma si tratta di una flessione apparente che deve necessariamente fare i conti con la diminuzione dell’occupazione e con l’incremento della cassa integrazione.

Intanto i settori maggiormente colpiti e le cause che conducono al decesso i lavoratori sono sempre tragicamente le stesse: agricoltura e costruzioni in primo piano. Caduta dall’alto e ribaltamento di un veicolo o mezzo in movimento le situazioni più rischiose.

In tre anni nel settore agricolo hanno perso la vita 580 lavoratori pari al 36,5 per cento del totale (179 nel 2012, 219 nel 2011, 182 nel 2010).

Mentre in edilizia la diminuzione costante dei casi di morte – dai 148 del 2010 ai 122 del 2011 ai 120 del 2012 – non può che far pensare alla crisi del settore: meno cantieri aperti, quindi anche meno vittime.

Risultato: in tre anni il 24,6 per cento delle morti sul lavoro è stato registrato proprio in edilizia. E la medesima considerazione può essere fatta nell’andamento del numero di decessi per caduta dall’alto rilevati soprattutto nelle costruzioni. Erano 146 nel 2010, sono passati a 135 nel 2011 per arrivare a 125 nel 2012. Nel triennio è deceduto per caduta dall’alto il 25,6 per cento dei lavoratori. I dati rimangono inquietanti nonostante le riduzioni in termini numerici e sconfortano ancor più perché nelle nostre elaborazioni, in base alle informazioni disponibili, il lavoratore non aveva indossato dispositivi di protezione individuale adeguati.

Il trattore invece è il mezzo killer per eccellenza quando si parla di morte dovuta al ribaltamento di un veicolo in movimento. In molti casi si tratta di macchine agricole piuttosto datate e non a norma. La percentuale di morti sul lavoro per il ribaltamento di un mezzo o veicolo in movimento tra il 2010 e il 2012 è stata del 20 per cento.

Nella narrazione geografica dell’emergenza, poi, si scopre una piaga senza confini. Perché se l’area in cui l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa nell’arco del triennio è stata più elevata nel Sud del Paese (indice pari a 26,9 contro una media nazionale di 23,1), il risultato peggiore nella graduatoria regionale del ‘rischio’ spetta all’Abruzzo (48,4), seguito dal Trentino Alto Adige (48,1) e dalla Valle D’Aosta (46,9).

Gli indici di incidenza dovrebbero indirizzare le politiche nazionali e regionali ad adottare ulteriori provvedimenti soprattutto nelle zone che presentano valori elevati. Numericamente il maggior numero di vittime dal 2010 al 2012 viene registrato in Lombardia (215 morti bianche), seguita dall’Emilia Romagna (144) e dal Veneto (142). Mentre sul fronte provinciale la maglia nera per numero di decessi spetta a Brescia con 54 incidenti mortali, seguita da Roma (46), Bolzano (44), Torino (35) e Milano (33).

Le province con l’indice di mortalità più alto rispetto alla popolazione lavorativa sono: Benevento, che fornisce il dato più sconfortante (81,4); Belluno (75,7); Nuoro (69,7); Chieti (69,5) e Bolzano (61).


La poca esperienza e la precarietà, che costringe i giovani lavoratori a cambiare spesso occupazione senza venire adeguatamente formati e informati sui rischi connessi, sono elementi che contribuiscono a produrre condizioni gravose per la salute e per la sicurezza di ragazzi e ragazze.Mentre è il popolo dai capelli grigi ad avere la peggio; perché l’indice di incidenza più elevato in rapporto agli occupati, vale a dire la fascia d’età più coinvolta dal dramma è quella degli ultrasessantacinquenni (indice pari a 284,7 – ovvero 2,9 casi di infortunio mortale ogni diecimila occupati). In termini numerici invece è la fascia che va dai 45 ai 54 anni quella più colpita con 375 vittime in tre anni. Tragico anche il bilancio delle morti tra i giovani: 69 i decessi rilevati nel triennio tra i 15 e 24 anni.

Una spiegazione alla morte che potrebbe essere adattata anche alle vittime straniere del lavoro e pari all’11,9 del totale dei decessi sul lavoro tra il 2010 e il 2012. Romeni, albanesi e marocchini i lavoratori più colpiti.

Sono infine 44 le donne che hanno perso la vita nel nostro Paese nel periodo di tempo considerato dall’Osservatorio Vega Engineering, pari al 2,8 per cento del totale.

Questo lo sconfortante riepilogo di un triennio che ha visto quasi 1600 vite spezzate sul lavoro. L’unico auspicio è che il prossimo Governo adotti, sin da subito, azioni concrete e diverse dai suoi predecessori come quella di prevedere la detassazione degli utili sui costi sostenuti dalle aziende in materia di sicurezza come dovrebbe fare ogni paese civile in cui si muore troppo per lavoro. Tali incentivi costituirebbero sì un costo per lo Stato, ma comunque si tratterebbe di un investimento minore rispetto ai costi che la collettività sostiene a causa delle morti bianche.

Incidenti sul lavoro, morto elettricista

COSENZA – Antonio Bufanio, elettricista di 40 anni, di Guardia Piemontese, è morto nell’ospedale di Napoli dopo essere rimasto folgorato da una scarica elettrica giorni fa mentre lavorava in una cabina del depuratore di Fiumefreddo. L’uomo lavorava presso una piccola impresa di Cetraro. La cabina in cui si è verificato l’incidente è stata sequestrata. Le indagini sono condotte dai carabinieri di Paola.


Inail, in calo gli infortuni sul lavoro

CATANZARO – Sono in calo gli eventi infortunistici in Calabria. Si registrano, quindi, 1.161 infortuni in meno nel 2011: l’8,9% in meno rispetto agli eventi del 2010. Lo rende nota l’Inail Calabria.

‘Tali riduzioni sono sicuramente dipendenti sia dagli esiti dell’attivita’ di vigilanza posta in essere da tutti i soggetti istituzionalmente preposti, sia dalla costante crescita di una politica della prevenzione mirata alla diffusione della cultura della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro.

Gli oneri della sicurezza, in misura sempre maggiore, vengono percepiti dalle aziende non piu’ come una semplice voce di ‘costo’ bensi’ come un ‘investimento’ e, di conseguenza, come uno dei fattori essenziali di tutela dell’integrita’ psico-fisica delle risorse umane oltre che come incentivo al lavoro e fattore essenziale di crescita.