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Cosenza:Amedeo Ricucci fa il punto sulla professione giornalistica

amedeo Ricucci
Il giornalista Rai Amedeo Ricucci
incontro con Ricucci
L’Incontro all’Istituto “Monaco” di Cosenza

Il Circolo della Stampa di Cosenza, associazione dei giornalisti “Maria Rosaria Sessa”, con OdG Calabria in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa ha presentato: “Libertà di stampa e ruolo dell’Informazione nell’area dell’Islam” con Amedeo Ricucci, inviato di guerra Rai, il 7 maggio dalle ore 10,30 presso l’Istituto tecnico Industriale Monaco di Cosenza. Ha introdotto il giornalista, Gregorio Corigliano, presidente del Circolo della Stampa, è seguito l’intervento del dirigente scolastico, Ennio Guzzo, e i chiarimenti riguardo al seguito della formazione del giornalista, Giuseppe Soluri, presidente dell’ Ordine dei Giornalisti della Calabria. La partecipazione all’evento era gratuita, per due crediti formativi per l’aggiornamento alla professione. Amedeo Ricucci arriva trafelato, e da subito precisa che il termine d’inviato di guerra oggi è obsoleto. Il giornalista oggi è colui che vive di agenzie, che sta dietro alle scrivanie, ma la bellezza e il ruolo sul campo con una buona dose di studio alle spalle di certo fanno del giornalista un grande e buon giornalista, in grado di saper distinguere una notizia vera da una falsa. Di fatti il grande rischio, oggi è d’incorrere in errori di valutazione se non si è diretti osservatori dei fatti. Tutti scrivono e le informazioni volenti o nolenti sono in mano anche al social, in mano a tutti coloro, che disponendo di una macchina digitale possono riprendere fatti e porli all’attenzione mondiale, attraverso il semplice caricamento di un video o di una foto. Ma, aggiunge Ricucci, il ruolo del giornalista allora deve mutare, perché solo il giornalista, che è presente ai fatti, può discernere cause, motivazioni e conseguenze e dare voce esauriente alla verità di quel momento, che lo stesso fotografa e certifica con la sua presenza. Il fatto che il giornalista non sia presente sul posto, fa si che l’editore ne possa approfittare “essendo il più delle volte impuri della professione e scendono in campo solo per farsi i loro affari”. Ricucci pone l’accento di come l’obbligo di verificare i fatti sta alla base della sua stessa scelta primaria del fare giornalismo e che addirittura è cresciuto con questo valore fondamentale che è la verifica personale dei fatti. Riprende l’esempio dell’attacco alle Torri gemelle, atto terroristico dell’Islam Integralista, per ribadire, che nonostante i video dei cittadini americani presenti, solo i giornalisti sono stati in grado di tirare le somme di ciò che è accaduto e le dinamiche con le ipotesi. Il giornalista è giusto che mantenga un ruolo fondamentale nell’ecosistema informativo, che è un bene si sia arricchito di azioni o atti di giornalismo, continua Ricucci, ma la trasformazione dei fatti in notizie è e rimane essenziale e lavoro complesso. Ancora nell’incontro anticipa la notizia di un suo documentario, che andrà in onda il 17 maggio alle 23,00, nato dall’idea per un episodio accaduto a Porto Recanati dove alcuni cittadini, presi dalla paura degli attacchi dell’Isis, hanno telefonato alle forze dell’ordine per denunciare la presenza di un drappo nero su un albero, forse a dire loro la bandiera dell’Isis, poi rivelatosi uno straccio nero. Notizia che purtroppo è finita sui giornali, con servizi in tv private delle Marche, finta notizia, che se mai andava data come segno di psicosi collettiva. Nevrosi di massa, che però i media hanno enfatizzato. “Facciamo il nostro lavoro, dice Ricucci, con gli strumenti del nostro mestiere, che ci impone di non inseguire le notizie e di evitare i caratteri cubitali nelle colonne e il sensazionalismo”. Il giornalista per definirsi tale, deve evitare la fascinazione della notizia con conseguente emulazione e deve anche evitare la possibilità di una psicosi collettiva. Egli si fa consapevole del fatto che la rete viaggia veloce, lo stesso you tube ha oscurato migliaia di video dell’Isis che riportavano immagini crude. th (2)Si deve contestualizzare, invece, il senso delle immagini che si vanno a proporre, anche perché molti video possono essere costruiti così come le foto e mettere nei guai persone innocenti, che poi non riceveranno scuse per gli errori il più delle volte. Da evitare nell’informazione specifica su l’Islam, secondo Ricucci, è sicuramente l’equazione e sillogismo: terrorismo sta a Isis, come Isis sta a mondo Islamico. Riguardo all’aggiornamento professionale, il Giornalista invita ad aderire, indipendentemente dai crediti formativi, essendo il mondo oggi più complesso e necessita di maggiore comprensione. 

Lucia De Cicco