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Da “Amici” arriva al Metropolis il talento black Sergio Sylvestre

sergioCOSENZA – Da “Amici” alla Calabria. Venerdì 3 giugno, alle ore 17.00, Sergio Sylvestre, il giovane talento televisivo dalla voce black, finalista dell’ultima edizione di Amici, sarà ospite del centro commerciale “Metropolis”  per firmare le copie del suo cd “Big Boy”, da cui è tratto l’omonimo singolo, uscito di recente in radio e scritto da Ermal Meta. Si tratta del primo disco del cantante che all’interno contiene altri tre inediti e quattro cover già interpretate nel corso del reality.

Per maggiori dettagli è possibile andare sulla pagina Facebook del Centro Commerciale Metropolis.

 

 

Intercettazioni e diritto all’informazione. Al Pezzullo un convegno sulla libertà di stampa

COSENZA – Settantatré èliberta di stampa il numero che sancisce la posizione dell’Italia nella classifica relativa alla libertà di stampa. Ultimi tra i paesi europei, un passo indietro persino rispetto a zone come la Mongolia e il Burkina Faso. Una retrocessione, in riferimento al 2013, che la dice lunga su come parlare oggi di libertà di stampa nella sua accezione più ampia, sia al limite del paradosso. Conflitti d’interessi, ostruzionismo politico, minacce, abusi di potere, violenze psicologiche e non rappresentano l’ordinario con cui, in Italia e non solo, si trovano a combattere i giornalisti, quelli veri, che non si comprano, che fanno il loro lavoro a qualunque costo, che hanno paura ma la paura hanno imparato a gestirla per amore della verità. Quelli che sono costretti a vivere una vita sotto scorta o che, nei casi più estremi, pagano con la vita la passione per un mestiere tra i più sottovalutati. “Non eroi”, ribadiscono spesso, «ma uomini onesti e professionali che hanno sposato il valore dell’onestà».

Una riflessione, espressa nel corso di un lungo dibattito organizzato dal circolo della Stampa di Cosenza, in collaborazione con l’onlus di volontari “Ossigeno”, un’associazione nata a tutela del diritto all’informazione, per promuovere la giornata mondiale della libertà di stampa. Un convegno, a cui hanno preso parte gli studenti dell’Istituto Pezzullo di Cosenza, durante il quale si sono confrontati i più esperti giornalisti calabresi. Tre intense ore in cui gli esperti dell’informazione hanno ragionato sul valore delle intercettazioni in ambito giornalistico e  giudiziario, attraverso le esperienze e gli esempi di alcuni cronisti, vittime della censura e del controllo. A moderare il lungo convegno, Gregorio Corigliano, Presidente del Circolo della Stampa.

liberta di stampa 2 A seguire,  Alberto Spampinato, direttore di “Ossigeno”, che ha svelato i motivi per i quali l’Italia oggi si ritrova fanalino di coda in materia di libertà di stampa. «Nel nostro paese siamo abituati a denunciare e ad evidenziare gli innumerevoli casi di ostruzionismo e rivalsa di cui sono vittime i nostri giornalisti. Se questo implica “una malattia”, è bene conoscerne la gravità fino in fondo». Ad Arcangelo Badolati, cronista della Gazzetta del Sud, è spettato il ruolo più tecnico che lo ha visto ribadire, ripercorrendo alcune tra le vicende più note della cronaca, da Padre Fedele ad Anna Falchi, l’inappropriato modo di utilizzare le intercettazioni telefoniche qualora queste non abbiano alcuna rilevanza ai fini investigativi. «Un bravo giornalista non è certo chi, per amicizia, riesce ad entrare in possesso di più o meno materiale. Un bravo giornalista è chi si reca sul posto, verificando con i suoi occhi, quanto più possibile, la notizia».  All’intervento di Badolati, si sono affiancati, sulla stessa scia, quello di Paolo Pollichieni, direttore del “Corriere di Calabria”, impegnato nelle inchieste antimafia, che ha ricordato come tra le motivazioni di tale censura, si nasconda, spesso, l’ assenza di editori puri. In entrambi gli interventi, incluso quello del direttore del Quotidiano del Sud, Rocco Valenti”, non sono mancati i riferimenti alla situazione politica attuale che veda la Calabria, e Cosenza in particolare, al centro di una campagna elettorale dai colori decisamente torbidi. «Sono allibito nell’ osservare come, tra le segreterie politiche, circolino liberamente uomini invisi giuridicamente, condannati e rei di reati penali importanti. Mi auguro che l’arrivo di Gratteri sancisca nuove regole e rimetta il giusto ordine» ha chiosato Badolati.

Esternazioni, quelle legate al mondo della politica, che spesso si attestano tra le principali cause di intimidazioni, come ricorda Nuccio Fava, profondo conoscitore dei metodi delle lottizzazioni data la sua esperienza personale che lo vide, nel 1992, sostituito da Bruno Vespa in Rai. Tocca a lui a rammentare la vicenda di Giulio Regeni, il giovane corrispondente ucciso in Egitto dai servizi di sicurezza a causa della sua attività di ricerca. Uno dei tanti giornalisti che, dell’espressione di Edgar Allan Poe, “Scriverò liberamente, sempre. Non voglio far altro, non so fare altro”, ne avrebbero potuto fare un claim di vita, se non gli fosse stata privata.

Lia Giannini

Generazione Giovani: Al Teatro dell’Acquario i successi dedicati ai bambini

acquarioEsistono teatri fastosi, destinati a grandi spettacoli e  tournée d’avanguardia, trasudanti eleganza e spavalderia e poi ne esistono altri, piccoli e intimi, quasi vintage, che odorano, al contrario, di tradizione e nostalgia.

Ma “il teatro è il teatro” direbbe Pasolini. Nessuna distinzione, nessuna classe di merito. E’ ciò che accomuna, una delle poche cose che a questo mondo riesce a far sentire tutti una squadra, che scalfisce lo spirito di competizione e alimenta  quello di collaborazione. Soprattutto se nasce da discariche di medicinali che si trasformano in  piccoli spazi di creatività ed energia. Come il Teatro dell’Acquario che, dal 1981, rischia a settembre di chiudere per sempre le sue porte. Nonostante i successi dell’ultimo progetto Generazioni Giovani, dedicato ai più piccoli e illustrato, ieri mattina, da Dora Ricca, Antonello Antonante e MariaFrancesca Longo in una mini conferenza stampa. Esperimenti e laboratori di passione ed energia destinati ai bambini, “capaci di trasmettere enormi soddisfazioni”. Più di 8.000 le presenze registrate per il progetto “Scuole a Teatro”, oltre 2.000 gli spettatori di Famiglie A Teatro, il ciclo di spettacoli della domenica pomeriggio, circa 1000 le presenze ai laboratori. Numeri che da soli basterebbero a decretare il successo e che, invece, sembrano non bastare mai per il Centro Rat, all’alba del suo quarantesimo compleanno.

” Se è vero che il teatro è terapeutico”, come raccontano i giovani attori Noemi Caruso, Paolo Cutuli, Francesco Aiello e Francesco Fiorino, “a noi basta vedere il sorriso di un bambino o percepirne la curiosità per riconoscere di aver fatto un buon lavoro. Spesso chi assiste ad uno spettacolo, non ha ancora compiuto due anni. Sei consapevole di avere una grande responsabilità perché, volente o nolente, se ne ricorderà per sempre.” La stagione 2015/16 si avvia a conclusione, con la proiezione di uno degli spettacoli più amati “Il piccolo principe”,  mentre in sottofondo, tra mille difficoltà, si lavora alla successiva, selezionando compagnie sulla base di criteri di qualità, rispetto al tema e al target a cui si desidera parlare. Emozionare resta la parola chiave. Gli adulti come i bambini, perché il teatro  è senza età. Panorama multietnico, “è il luogo in cui si ritrovano generazioni, culture e ceti sociali differenti”, ricorda qualcuno degli attori. La differenza unisce se alla base vi è la passione e noi, nel nostro piccolo, ne mettiamo tanta”. Ora, la domanda più difficile a cui rispondere resta una: “Come avete fatto ad emozionarci?”.

 

Lia Giannini

Io D’amore Non Muoio: all’ Unical il libro sul femminicidio di Arcangelo Badolati

unical 2Ipazia D’Alessandria, Olympe de Gouges, Giovanna D’Arco, Artemisia Gentileschi. E poi ancora  Roberta Lanzino, Maria Rosaria Sessa, Fabiana Luzzi. Donne di ieri come di oggi. Vittime della loro intelligenza, del loro desiderio di libertà, di una dignità morale che non si piega alla volontà del maschio. Su loro e sulla loro tragica morte, Arcangelo Badolati, giornalista e autore del libro “IO D’AMORE NON MUOIO”, intesse pagine e pagine d’emozione, come direbbe il procuratore Vincenzo Luberto ospite il 6 aprile della conferenza all’Università della Calabria, indetta per promuovere il libro. Un incontro dai toni forti, emotivamente toccanti, destinato a giovani platee di uomini, creature “capaci dei più grandi slanci, come delle più grandi brutture” e a giovani platee di donne, perché non si arrendano mai a ciò che intere società, nei secoli dei secoli, hanno scelto per loro.

A raccontare, con urlata passione, il suo saggio, lo stesso autore, che in lungo excursus storico, attraversa la vita e la storia di quante, in quel loro destino beffardo che le ha condannate in qualità esseri femminili, hanno trovato la peggiore delle morti. Donne strappate alla vita con forza, bruciate, accoltellate, lapidate, fatte  a pezzi. A loro, per le quali non sembra essere esistita alcuna pietà, trattate come schiave, oggetti sessuali da gestire, inanimate creature vittime della follia umana, sono riservati fiumi accorati di appelli al cambiamento sociale, culturale, alla decostruzione di vecchie mentalità.

A presenziare l’incontro, oltre all’autore e alla giornalista Federica Montanelli, curatrice della parte artistica del testo, Cinzia  Falcone, presidente dell’Aimed, Mario Luzzi, padre di Fabiana Luzzi, bruciata viva dal fidanzato a soli 16 anni,  e Vincenzo Luberto, procuratore antimafia Catanzaro. Ed è proprio quest’ultimo, in un intervento che desta  perplessità,  profondo conoscitore del sistema ‘ndrangheta, che invita a rinnegare l’emozione in funzione di una conoscenza maggiore del cambiamento in atto della società. Sulle donne e sul loro ruolo variegato che passa dal concetto di merce di scambio, a quello di creatura affetta da fragilità, è imperniato il suo discorso che chiude inneggiando all’autonomia e all’indipendenza. Un disincanto apprezzabile, se non fosse per il dolore sordo di un padre a cui hanno tolto la giovane figlia nel peggiore dei modi. Lui, Mario Luzzi, chiuso nel suo mesto silenzio, prende la parola  solo per chiedere giustizia e pene più severe. “Quelli per cui ci emozioniamo stamattina, non sono proprio fattarelli”, sentenzia. Qualcuno, potrebbe mai dargli torto?

 Lia Giannini

NexTv chiude con Monica Leofreddi: Dal mondo dello spettacolo all’industria televisiva

monica Leofreddi“Ci sono donne che amo, che ho amato e che amerò e poi c’è lei, che è un’altra cosa.”

Sono queste le parole che utilizza Lucio Presta per introdurre, nell’ultimo incontro del progetto NeXTv, la conduttrice di “Torto o Ragione”, Monica Leofreddi.  Un appuntamento ricco di “normalità”, a distanza di un anno dall’inizio, quando per la prima volta, in un teatro gremito di curiosi e affascinati dal mondo dello spettacolo, faceva il suo ingresso l’inaccessibile Bonolis. Un percorso fatto di ben quindici incontri, durante i quali, passo dopo passo, il mondo dello spettacolo si è trasformato nell’ industria dello spettacolo, attraverso un excursus di esperienze e talenti differenti, tutti accomunati dagli stessi valori professati, durante il corso, da Lucio Presta: l’importanza del sacrificio e dell’onestà.

E così, se ad inaugurare  il progetto al Teatro Dell’Acquario è stato un fuoriclasse della tv italiana, a chiuderlo è  la madrina della professionalità.Solare, simpatica, ironica, Monica Leofreddi è esattamente il contrario di ciò che appare in tv. Non una donna tutta di un pezzo, non una fredda professionista della tv di servizio che (svelerà ad uno dei ragazzi durante l’incontro) “in realtà non esiste, quantomeno nel senso classico del termine”, bensì una bella conduttrice, di quelle che nella vita hanno davvero cominciato per caso e che quel “caso” lo hanno sposato al pari di qualsiasi altro mestiere.  Esordisce prendendo in giro quello che, più che il suo manager,  appare come un vero amico, e racconta, ai ragazzi che la scrutano con attenzione, quanto nella realizzazione professionale di un sogno, contino più gli inizi che non le emozioni dei finali.

Genuina, naturale, talmente affabile ed “umana” che chiunque, guardandola, rivede un po’ di sé. Racconta dei suoi inizi in una piccola televisione locale, lei che, pur non essendo né laureata né giornalista, in questo mestiere, in cui dice di essersi ritrovata per caso, mette anima e cuore al punto da lasciare figli e famiglia, tre giorni a settimana, per andare a condurre la sua trasmissione al centro di Napoli. Lei che, ad un certo punto della vita, ha rinunciato alla sua carriera per amore della famiglia. Lei, che, nel parlare ai giovani che le rivolgono domande anche personali, non perde mai sorriso ed eleganza e li invita a non fidarsi dei pregiudizi o a credere negli stereotipi: “spesso ciò che sembra in un modo, è, in realtà, molto diverso”.nextv2

Alla fine dell’incontro, prima di congedarsi, invita i ragazzi a non mollare mai e augura loro di vederli un giorno, dal divano di casa, collezionare sogni e farsi strada in quello che, almeno per ora, apre le porte solo a quattro di questi. In futuro, chissà.

 

Lia Giannini

Lorella Cuccarini “strega” il Teatro Rendano: Grandi applausi per il musical Rapunzel

4Sono passati molti anni dai tempi in cui una frizzante e sorridente biondina incantava il pubblico sulle note de“La Notte Vola”. Nessuno di essi, però,  è riuscito minimamente a scalfire il fascino e l’energia che fa di Lorella Cuccarini, un’ icona di professionalità ed eleganza. Alle prese con un ruolo tutt’ altro che consuetudinario, nei giorni scorsi,  ha incantato il Teatro Rendano nei panni inediti di una malefica matrigna.Un personaggio, quello di “Gothel”, protagonista del musical Rapunzel di scena il 29 e il 30 marzo, che di malefico ha rivelato ben poco, assumendo, soprattutto nel finale, tratti familiari e materni in grado di suscitare simpatia persino tra i più piccoli. Sul palco, come ogni classico che si rispetti, il tema dell’amore, quello tra madre e figlia ma anche tra due giovani innamorati, l’amicizia, la semplicità e l’apprezzamento per  le piccole cose.

Uno spettacolo, che oltre a suscitare sorrisi e leggerezza, più di altri  si è reso capace di emozionare, regalando momenti ad alto contenuto sentimentale. Mai melense, mai stucchevole, mai esageratamente banale. Merito di un cast inaspettatamente brioso e moderno, in grado di rendere una vecchia fiaba, come quella dei fratelli Grimm, in un musical dei giorni nostri, fresco e spumeggiante. Giovane nel linguaggio, contemporaneo nelle rivisitazioni musicali dei due bravissimi “flowers (Rosa e Spina)”, accattivante nella recitazione, vera rivelazione dello spettacolo, del giovane Phil, interpretato da Giulio Corso, abile nella resa di un personaggio che, alla prevedibilità  del classico principe azzurro, ha contrapposto fascino e simpatia. Un principe moderno, insomma, reo, quasi certamente,  dell’innamoramento precoce delle tante  bambine presenti a teatro.rapunzel 2

Un sold out meritevole di esser tale, non solo per l’interpretazione dei personaggi e l’originale rifacimento di cui va merito a Davide Magnabosco , Alex Procacci e Paolo Barillari, ma anche per la cura della scenografie, affidata ad Alessandro Chiti, che riproducono fedelmente la selva stregata e la torre in cui è rinchiusa Rapunzel, inserendo, nella narrazione, elementi innovativi. Dalla lunga treccia illuminata, alla riproduzione fumettata, in stile cartoon, passando per il coinvolgimento dal vivo dei bambini presenti in sala chiamati a lanciare le lanterne illuminate. Tutto, nel musical Rapunzel, si  allontana dalla classica interpretazione teatrale per avvicinarsi a nuove forme di sperimentazione e partecipazione che ne consacrano lo straordinario successo.

Lia Giannini

Roberto Vecchioni al Rendano: “Non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro”

vecchioniChiunque abbia ascoltato Roberto Vecchioni almeno una volta nella vita, può dire di aver toccato con mano la vera cultura.

Ospite al Teatro Rendano  per presentare il suo libro “Il mercante di luce”, in occasione dell’avvio della programmazione di attività previste dalla Museion srl che da qualche settimana ha la gestione dei servizi aggiuntivi del Museo dei Brettii e degli Enotri, l’artista, docente, scrittore e cantautore Roberto Vecchioni incanta e affascina come una musica. Di quelle maneggiate con sapienza.

L’opera,  che racconta la storia di un padre, pieno di contraddizioni, burrascoso e infelice, e quella di un figlio, condannato da una brutta malattia a morire giovane, che prima di separarsi per sempre si incontrano in quel lungo viaggio chiamato “senso della vita”, attraverso i sentieri dell’amore e della poesia, è un omaggio alla cultura antica, grande passione dell’autore,  rinvenibile nella modernità e  all’amore che, all’interno della tragedia, si tramuta in lirica della bellezza e musica del cuore.

Il paradosso di una storia che porta a riflettere sul significato del dolore che, a detta di Vecchioni, “è il prezzo che gli uomini hanno scelto di pagare per avere una vita libera, e quindi infelice”.

Nel suo testo che definisce, un “debito lungo circa 60 anni”, emerge preponderante la sua idea di vita, di morte, di felicità dietro la quale l’artista rivela tutto il suo potere di conoscenza. “Sono abituato a gioire ogni giorno pensando a quello che verrà. E per questo mi sento felice sempre. La felicità non è uno stato d’animo che appartiene alle cose già conquistate, semmai è dinamica. L’uomo è nomade e solo cui che prova e riprova, che progetta di fare sempre qualcosa, che non si ferma mai, è davvero felice. “vecchioni 2

Persino il dolore, sentendo parlare Vecchioni, diventa un compagno di merende con cui condividere pezzi della propria esistenza. “Ogni volta che inizio una giornata, sono felice perché so che mi aspetterà qualcosa di nuovo  e di diverso. Anche laddove fosse il dolore, dopo verrebbe comunque una nuova gioia”.

La sua è una lezione tutt’altro che universitaria. Incuriosisce e desta ammirazione come se a parlare fosse un antico profeta proveniente da un passato mitologico e decantato. Mai sazio e vorace di applausi, si congeda solo dopo aver dato ai presenti la possibilità di fare qualche domanda, anticipando, per la gioia dei più, l’uscita tra venti giorni del suo ultimo libro “La vita che si ama”.

 

Lia Giannini

 

 

 

 

Sabrina Ferilli porta in scena al Rendano “Signori… Le patè della Maison”: cronaca di una commedia che non “decolla”

3Cosenza- Potrebbe sembrare una cena di famiglia al pari di tante, di quelle in cui battibecchi e scaramucce la fan da padrone insieme ad un mucchio di risate e qualche ironia di troppo, come succede davvero nella vita reale. Almeno stando alle  aspettative che alimentano, o sarebbe meglio dire alimentavano, Signori… Le Patè de la Maison, l’ultima commedia di scena al Teatro Rendano il 20 e il 21 febbraio, in cui la presenza di un cast di tutto rispetto, arricchito da attori di grande esperienza e spessore, mista ad una scenografia  talmente dettagliata da sembrare vera e  ad una trama ebbra di luoghi comuni e stereotipi con i quali giocare, sarebbero potuti generare in divertimento assicurato.

Eppure, qualcosa sembra non aver funzionato. Nonostante il sold out, sul palco tutto si muove ad un ritmo troppo lento, l’attesa del colpo di scena destinato a far venire il mal di stomaco si rivela vana, le risate si alternano a qualche sbadiglio e quei luoghi comuni, che lo spettacolo punta a sradicare, coabitano perennemente in una sceneggiatura dal sapore un po’ sciapo. Difficile intuirne il motivo. La commedia che si ispira al  grande successo francese Le Prénom, di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière, riadattata in salsa italiana, ricalca i classici atteggiamenti di una famiglia borghese e porta in teatro gli attualissimi temi della politica, dell’omosessualità, dei figli. Al centro delle chiacchiere e dei colpi di scena, “il patè”, capolavoro culinario materno, che nel corso della cena, finirà col trasformarsi nell’ oggetto del “pasticcio” combinato proprio dall’anziana donna. Attorno al tavolo, una spumeggiante Sabrina Ferilli (Gabriella), un simpatico Maurizio Micheli (Vittorio), Pino Quartullo ( Emanuele) e sua moglie Claudia Federica Petrella (Arianna), l’amico Massimiliano Giovanetti (Marcello)  e, l’artefice di tutto, Liliana Oricchio Vallasciani.  Gli ingredienti, insomma, parrebbero tutti, ma nonostante la verve che contraddistingue la Ferilli e quel suo fare spumeggiante e verace che scatena qualche risata insieme alle capacità indiscutibili di Maurizio Micheli, la commedia non spicca il volo. In alcuni casi, si percepisce ciò che non dovrebbe, ovvero la finzione, e quella che dovrebbe essere una performance ricca di ilarità, assume i contorni di una commedia del pregiudizio, ricca di tempi “morti”, non solo tra gli astanti sul palcoscenico. Il secondo tempo regala qualche battuta in più, determinante, forse, nello scatenare numerosi applausi, che  il pubblico non trattiene dal destinare, più agli attori, bravi a prescindere, che al testo in quanto tale.

Lia Giannini

 

66esima edizione di Sanremo: Trionfano gli Stadio

stadioVerrà ricordato come il festival degli ascolti, quello della 66esima edizione, almeno stando agli auditel registrati in queste ore. Il secondo Sanremo diretto da Carlo Conti che si consacra per una qualità canora generale piuttosto al di sotto della media e per la presenza di un gruppo di co-conduttori che, fatta eccezione per la straordinaria Virginia Raffaele, si è rivelato alquanto discutibile. Una kermesse, a cui si rimane fedeli più per tradizione che per reale intenzione e che, in gran parte dei casi, si rivela insoddisfacente.

Archiviato il capitolo “valletti” dei quali quest’anno portabandiera è stato l’attore Gabriel Garko, che si è mostrato impacciato e non all’altezza in più di un’occasione, spazio alla musica e agli ospiti.  Qualcuno, nei giorni scorsi, ha provato a far notare che non ci sono più le star internazionali di una volta. Che anche Sanremo patisca la crisi economica?

In un panorama dove di stelle se ne son viste poche, a brillare veramente e non per forma sono stati loro, gli Stadio, vincitori assoluti del festival con “Un Giorno ti dirò”. Il loro inno all’ amore da parte di un padre per la propria figlia, ha convinto, sin dall’esordio, giuria tecnica e popolare. Agli Stadio, è stato assegnato, tra gli altri, anche il premio come miglior Musica Giancarlo Bigazzi e quello della sala stampa radio, tv e web “Lucio Dalla”. Seconda classificata Francesca Michielin e terza la coppia Caccamo-Iurato.

Lia Giannini

 

A tu per tu con Teo Mammucari: L’intervista

teo mVenerdì 12 Febbraio Teo Mammucari è stato protagonista di una lunga serie di eventi a Cosenza. Dopo essersi raccontato ai ragazzi di NexTv, il progetto inventato da AmoCosenza e Lucio Presta per dare a tutti i giovani calabresi entro i 30 anni la possibilità di conoscere da vicino il mondo dello spettacolo, è stato ospite del Teatro dell’Acquario dove ha intrattenuto il pubblico per quasi due ore con uno show dal titolo Ricomincio da Te..o. Un’occasione per mettersi a nudo con cinismo e disincanto facendo ciò che gli riesce meglio: far  ridere la gente. Noi a telecamere spente, abbiamo cercato di carpire di più di quell’uomo di 50 anni, alto quasi due metri e magro come un chiodo che fa della sua irriverenza il miglior pregio.

Ricomincio da Te..o. Da cosa nasce l’idea di questo spettacolo e perché? 

Ricomincio da Teo è un ritorno alle origini. Io ho cominciato dai piccoli spettacoli, dal cabaret, ero un sognatore come i tanti ragazzi di Nextv che stava provando pian piano a farsi strada. Non ero il personaggio Teo Mammucari, ero semplicemente Teo. Nel tempo lasciando il cabaret e di conseguenza il teatro, ho abbandonato quella parte di me per approdare in tv. Oggi sento il bisogno di ricominciare dal palco e da me stesso, riprendendo un percorso da dove lo avevo interrotto.

A proposito dei giovani calabresi e di Nextv, qual è stata l’impressione di questa esperienza?

I giovani d’oggi hanno un’idea molto lontana di ciò che è la realtà e la televisione. In molti non conoscono bene la differenza tra successo e visibilità. Il successo non si può catalogare, dal mio punto di vista averlo significa vivere del lavoro che si ama. Per avere la visibilità basta andare in tv, per avere successo occorre entrare in punta di piedi imparando a farsi amare.

Tu hai un rapporto verace con il pubblico o almeno sembri una personalità libera dagli schemi. C’è un segreto che nessuno sa di te, un desiderio recondito che non sei mai stato pronto a raccontare? 

La verità è che io mi diverto molto di più a fare serate teatrali. Io non amo fare la tv quanto fare il teatro perché in quel caso siamo noi che entriamo nelle case degli italiani e non il contrario. Quando facevo le serate nei villaggi, venne Venditti che era agitatissimo per uno spettacolo che doveva fare. Io mi stupii e lui mi spiegò che sentiva la responsabilità di essere lui ad andare da qualche parte e non il contrario. Con la tv è la stessa cosa. Negli anni a venire credo che finirò con il tornare a fare decisamente più teatro.

Ultima domanda: Lucio Presta. Per i ragazzi di Nextv lui è un guru ma chi è davvero Lucio, secondo Teo Mammucari?

Al di là di quello che lui sia come manager, io stimo molto Lucio perché è una persona che sa quello che deve fare sempre. Quando ci siamo conosciuti ci siamo capiti immediatamente. Lui parla poco ma quando parla dice cose sensate. Non è un potente della tv, lui è un esperto di tv. Mi ha parlato di Amo Cosenza anni fa, raccontandomi questo progetto come un profondo atto d’amore verso il suo paese. Qualsiasi strada lui stia intraprendendo oggi, politicamente, merita supporto e il mio in bocca al lupo perché è una strada che risponde alla voce del cuore.

Lia Giannini