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“Let’Sport” e resilienza, incontri e laboratori il 9 e 10 aprile

COSENZA – «Let’Sport» è il tema di un’iniziativa che martedì 9 e mercoledì 10 aprile coinvolgerà, in diversi laboratori sportivi e in un convegno, gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Lucrezia della Valle” di Cosenza.

L’evento – patrocinato dal Comune di Cosenza e promosso, insieme all’Istituto scolastico, dalle associazioni Gruppo Speleo Cudinipuli, Giornalisti d’Azione, Bim Bum Rende, A.S.D. Boxe Popolare, A.S.D. Black Lions Archery Club Kratos – prevede per il 9 aprile, dalle ore 09:00 alle ore 13:00, l’attivazione, nelle palestre della Scuola, di laboratori sportivi di Danza, Boxe, Arrampicata, Tiro con l’arco, Pallavolo, Basket.

Il convegno di mercoledì 10, che si svolgerà nel Cinema Teatro Italia “Aroldo Tieri” a partire dalle ore 10:00, avrà per tema «L’importanza dello sport e le sue ricadute sulla resilienza». Dopo il saluto delle Autorità, l’introduzione ai lavori sarà a cura del Dirigente scolastico, Loredana Giannicola. Sono previsti, in successione, gli interventi di Andrea Capobianco della CNA, Allenatore nazionale U20 Basket, Jenny Narcisi, Atleta nazionale di Ciclismo paralimpico, Teresa Iona, PhD Università degli Studi “Magna Graecia” Catanzaro, Sante Figliuzzi, Psicologo sportivo, Enza Petrilli, Arciere e Vicepresidente AIDA Onlus, Francesca Stancati, Delegato provinciale CONI Cosenza, Deborah Granata, Delegato provinciale CIP. Moderatore dell’incontro sarà Mario Tursi Prato, Presidente di Giornalisti d’Azione.

Nel programma dei lavori la motivazione dell’evento: «L’attività fisica a scuola – si legge – non solo contribuisce a migliorare la forma fisica e la salute degli alunni, ma li aiuta anche a svolgere diverse discipline sportive comprendendone al tempo stesso l’importanza e le ripercussioni positive per tutta la vita. Inoltre, lo sport a scuola fornisce conoscenze e competenze trasferibili come il lavoro in team, il comportamento leale, il rispetto, la consapevolezza del corpo e, a livello sociale, favorisce la comprensione generale delle “regole del gioco” che gli studenti possono immediatamente sfruttare anche per le altre materie scolastiche e nella vita».

 Foto Cosenza Cultura

Settimana del Benessere Psicosessuale, domani la giornata conclusiva

COSENZA – In occasione della settimana nazionale del benessere psicosessuale, un gruppo di studentesse del Liceo delle Scienze Umane “Lucrezia Della Valle” di Cosenza ha svolto, insieme alla Dott.ssa Maria Esposito (Psicologa e Sessuologo clinico), il progetto “Arco Iris” che avrà il suo momento conclusivo sabato 27 ottobre alle ore 9.30 presso il CINEMA MODERNISSIMO DI COSENZA con la partecipazione di Simone Di Giacomantonio, che con il suo capolavoro “My Nature” ha vinto il Premio Rossini di Napoli un momento di riflessione sul percorso di transizione e sulla rinascita emotiva ed esistenziale di chi affronta tale percorso.

Il progetto è stato presentato a Roma presso l’Associazione NUDI, che si occupa a livello nazionale di tematiche LGBT, di cui la Dott.ssa Esposito è referente per la Calabria. La partecipazione è aperta a tutti ed è gratuita. Le ragazze del Liceo Lucrezia Della Valle vi aspettano!!!!

Al Lucrezia della Valle “Curiosità su Dante”

COSENZA – “Curiosità su Dante” è il tema di un incontro dibattito con il professor Aldo Onorati, organizzato dal Comitato di Cosenza e dal Gruppo Giovani della Società Dante Alighieri in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore “Lucrezia della Valle”, che domani mattina, alle ore 10,30, nei locali del liceo cosentino, coinvolgerà docenti, studenti e le persone interessate che vorranno partecipare.

Dopo i saluti del dirigente scolastico, Loredana Giannicola, sono previsti gli interventi introduttivi di Maria Cristina Parise, presidente del Comitato Dante Alighieri di Cosenza, e di Alberico Guarnieri, docente del “Lucrezia della Valle” e referente del Percorso di Letture Dantesche.

Nel corso dell’incontro, il volume di Aldo Onorati Canto per canto offrirà spunti per la conversazione. Gli studenti del Liceo Musicale eseguiranno intermezzi musicali curati da Erminia Pietramala, docente del “della Valle”.

“Cara donna ti scrivo”, Giusy Versace ospite del Lucrezia della Valle

COSENZA – “Cara donna ti scrivo” è il tema dell’incontro che venerdì 27 aprile alle ore 11.00, nella Casa della Musica in Piazza Amendola, gli studenti del Liceo “Lucrezia della Valle” di Cosenza avranno con Giusy Versace, atleta paralimpica, scrittrice, ballerina e conduttrice TV, recentemente eletta alla Camera dei Deputati. L’iniziativa  è organizzata dall’organizzazione non-profit  “Cultura e solidarietà”.

 

 

Foto (http://www.gossipetv.com/giusy-versace-e-il-lavoro-nella-moda-per-la-concorrenza-131973)

Presentata a Cosenza la nuova app del liceo Lucrezia Della Valle

COSENZA – Il liceo Lucrezia della Valle di Cosenza ha una nuova app, presentata a studenti e genitori dalla dirigente dell’istituto scolastico Loredana Giannicola in una conferenza stampa ospitata nell’aula magna dell’istituto. «La scelta di realizzare un’applicazione fruibile da smartphone pone la scuola all’avanguardia nell’utilizzo delle nuove tecnologie sia per facilitare a studenti, genitori e docenti l’accesso immediato, attraverso la rete, alle informazioni relative alla vita scolastica, sia per offrire sempre nuovi servizi». In questo senso, la preside ha chiesto la collaborazione degli studenti, abituati ad utilizzare le nuove tecnologie, per avere suggerimenti utili a migliorare l’app rendendola via via più funzionale. Angelo Nuzzolo, rappresentante della “gea.gift” che ha realizzato l’applicazione, ne ha illustrato contenuti e funzionamento. «È – ha spiegato – uno strumento molto utile, scaricabile anche tramite QR code. Quella del Lucrezia della Valle è tra l’altro un’applicazione interattiva». Molti i contenuti: presentazione della scuola, contatti istituzionali, storia dell’istituto e albo dei presidi che si sono succeduti; geolocalizzazione per raggiungere la sede senza difficoltà; organizzazione, con servizi e soggetti; accesso al registro elettronico; news ed eventi; sezione dedicata ai docenti, che comprende anche orario di ricevimento e possibilità di fissare appuntamenti. L’incontro è stato aperto dall’esecuzione di un brano da parte di Oreste Calabria (al pianoforte) e Mirko Marcellini (al violino), studenti del Liceo Musicale.

Liceo scientifico L. da Vincila XVIII edizione della cerimonia intitolata alla memoria del giudice Antonino Scopelliti

FOTO 4La XVIII edizione della cerimonia di consegna delle Borse di studio “Antonio Scopelliti” , si è svolta presso l’aula Magna del liceo scientifico “Leonardo da Vinci”. L’incontro, moderato dalla giornalista Daniela Gangemi, è stato promosso dal Dirigente Scolastico Giuseppina Princi, su volere della famiglia del compianto giudice, ed è finalizzato all’attribuzione delle Borse di studio, erogate dalla famiglia Scopelliti e dalla Provincia di Reggio Calabria. Il concorso, intitolato alla memoria del  magistrato reggino Antonino Scopelliti, ucciso dalla mafia il 9 agosto 1991, ha coinvolto gli studenti degli Istituti di secondo grado della Provincia di Reggio Calabria, con la produzione di elaborati esaminati poi, da una Commissione di docenti del liceo,  presieduta dal Dirigente Scolastico Giuseppina Princi e dall’ avv. Natale Polimeni, in rappresentanza della famiglia Scopelliti.  In apertura la prof.ssa Princi, ha  illustrato il progetto che ha visto l’istituto, quale punto di riferimento nella profusione del rispetto dei valori della convivenza civile e dell’ospitalità: “Una scuola che sempre di più diventa protagonista delle promozioni di valori e della crescita educativa dei ragazzi, sensibilizzandoli alla riflessione e alla sensibilizzazione e rendendoli protagonisti in un contesto sociale particolare che per decollare richiede una adeguata formazione. Mi complimento con tutti gli studenti delle scuole che hanno partecipano. Ancora una volta abbiamo dimostrato che le sinergie, il fare squadra sono determinanti, e la presenza di tutti i rappresentanti istituzionali  evidenzia maggiormente tale collaborazione. La scuola, in quanto agenzia educativa, insieme alla famiglia e le associazioni, nelle sue diverse articolazioni e segmenti, è uno strumento, ma anche un luogo in cui diffondere i valori della vicinanza, della collaborazione e  della solidarietà, per l’adozione di strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana”. FOTO 5 (2)La cerimonia è stata scandita da letture tematiche, un video prodotto dagli studenti e dall’esibizione del corso Be Free del liceo scientifico “L. da Vinci”, diretto dal docente e maestro Maria Luisa Fiore. Presente per la famiglia Scopelliti, la professoressa Rosetta Scopelliti, sorella del giudice. Sono intervenuti, inoltre, l’assessore comunale alla cultura Patrizia Nardi, l’assessore provinciale Roy Biasi, il consigliere regionale Francesco Cannizzaro, che hanno portato i saluti delle rispettive amministrazioni, Natale Polimeni, avvocato cassazionista, Francesco Cananzi, magistrato e componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Federico Cafiero De Raho ,Procuratore Capo della Repubblica di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, Procuratore Generale della Corte D’Appello di Reggio Calabria,  Claudio Sammartino, Prefetto di Reggio Calabria, Raffaele Grassi,   Questore di Reggio Calabria, Luciano Gerardis,  Presidente del Tribunale di Reggio Calabria, Franca Arena Tuccio, presidente della Fidapa, Giuseppe Viola, magistrato, Francesco Campolo, in rappresentanza del Prefetto di Reggio Calabria, Giovanna Cusumano, presidente Commissione regionale  Pari Opportunità, Pietro Foderà, comandante provinciale Vigili del Fuoco, Mirella Nappa, coordinatrice ambito provinciale Reggio Calabria, Domenica Tigano, Maggiore Allievi carabinieri, Rodolfo Palermo, presidente del Tribunale di Locri, Lorenzo Falferi, comandante provinciale Reggio Calabria, Domenico Napolitano, comandante Guardia di Finanza Reggio Calabria. L’avv. Polimeni, amico della famiglia Scopelliti, ha voluto ricordare  la figura del giudice: “Un uomo che ha dedicato la vita alla giustizia. Non vogliamo lanciare proclami, ma siamo qui per non far passare in silenzio, il coraggio, il sacrificio di un magistrato. Voglio ricordare le parole ancora attualissime che il giudice scrisse in un suo articolo: “Ogni processo è un processo di liberazione della verità dal magma delle apparenze. Il giudice lo compie in solitudine. Ma il buon giudice deve essere libero, onesto, coraggioso e aggiungerei.. professionalmente preparato”. Il Procuratore De Raho, ha evidenziato la necessità di una reazione forte da parte dei cittadini: “Solo la cultura dà il senso del nostro essere. La Calabria è una terra meravigliosa, ma i cittadini devono avere il coraggio di denunciare e ribellarsi ad ogni forma di sopruso. In questo senso stiamo lavorando senza sosta, per estirpare tutto ciò che è negativo. L’attenzione anche a livello nazionale, è altissima su Reggio Calabria. E’ sono convinto che con il tempo, ci saranno altri risultati importanti. Il magistrato, deve seguire nell’esercizio delle sue funzioni, tre valori fondamentali, coraggio, libertà e onestà”. Sui principi che devono accompagnare l’ operato del magistrato, e’ intervenuto Francesco Cananzi:” Il sacrificio compiuto dal giudice Scopelliti, testimonia la volonta’ di seguire sempre i valori della legalita’ , della giustizia e della convivenza umana. E’ necessario operare sempre nel pieno rispetto delle regole e nella consapevolezza che un futuro migliore per la societa’ civile e’ possibile. Sono contento di essere presente, per ricordare l’ impegno del giudice Scopelliti, ma anche dell’ uomo che ha posto davanti a tutto il rispetto delle regole, l’ abnegazione e l’ integrita’ , rispecchiando i piu’ alti valori democratici e perseguendo l’ideale di giustizia umana”.Gli elaborati prodotti dagli studenti, sono stati incentrati sulla tematica dei migranti, prendendo spunto dall’art. 10 della Costituzione italiana. Di seguito l’elenco dei vincitori: Borse di studio esterne erogate dalla Provincia di Reggio Calabria, 1° classificato, Maria Sandrina Leone, Convitto Campanella – liceo classico europeo, 2° classificato, Attilio Naborrini, liceo scientifico “A. Volta”, 3° classificato (ex aequo), Maria Letizia Tulino, Istituto magistrale “Gullì”, Deborah Sanna, Istituto superiore “Righi”. Vincitori Borse di studio interne erogate dalla famiglia Scopelliti: 1° classificato, Damiano Pellicanò, liceo scientifico “L. da Vinci”, 2° classificato Federica Giglietta, liceo scientifico “L.da Vinci”, Alice Pantano, liceo scientifico “L. da Vinci”.

 

 

 

 

 

 

Leopardi era davvero pessimista? Il parere dei docenti di Letteratura

internazionale_logoLeopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr__A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_LeopardiRecentemente, la rivista “Internazionale” ha pubblicato un articolo di una docente universitaria, Clizia Carminati, che parte dall’analisi del pensiero di Leopardi, suddiviso convenzionalmente in tre o quattro fasi di pessimismo, ma che la docente critica, poiché la ritiene errata, per estendere la critica ai metodi di insegnamento, liceali e universitari compresa la strutturazione del Corso di Studi in Lettere.

Abbiamo pensato quindi di sentire il parere di tre esperti di Letteratura Italiana: la docente Luciana Donato, del liceo “Lucrezia della Valle” di Cosenza; la docente Margherita Ganeri dell’Università della Calabria e il Dott. Giovanni Potente, docente a contratto di Laboratorio di Italiano Scritto dal 2001 al 2014 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria.

Link dell’articolo pubblicato giorno 02 febbraio 2015 della rivista Internazionale http://www.internazionale.it/opinione/clizia-carminati/2015/02/02/leopardi-non-era-pessimista-quello-che-sanno-e-non-sanno-i-futuri-insegnanti e a seguire le interviste

-Come si è avvicinato/a alla Letteratura italiana e come ha deciso di farla diventare la “scelta di una vita”? È stata una passione spontanea o è stato un autore in particolare che l’ha affascinato/a tanto da condizionare la sua scelta?

D: La mia passione per la letteratura italiana è frutto della sapiente stimolazione culturale ricevuta da parte di mia madre, saggia maestra elementare e grande appassionata di tutto ciò che concerneva azioni pedagogiche intensive e mirate. In casa mia i libri di letteratura infantile e poi quelli per giovani e adulti e anche le enciclopedie di ogni tipo, erano sempre disponibili e scelti con attenzione tra i più importanti e più adatti a contribuire alla formazione culturale di noi figli. Quale autore mi ha affascinata? Non so, trovavo affascinante ogni autore non solo italiano ma anche straniero: la Alcott; G.Sand; G.Verne; Dickens. Ma il primo, in assoluto, è stato Collodi e poi De Amicis letti dalla mia mamma.

G: Direi che la mia passione è stata spontanea e precoce. Fin da bambina mi piaceva molto leggere e scrivere, e già alle elementari sognavo di poter continuare a leggere e scrivere per tutta la vita. Dopo il liceo, però, avevo in mente di diventare archeologa. Mi ero iscritta a Lettere classiche con questo scopo. Le lezioni di Letteratura italiana di Romano Luperini all’università di Siena mi fecero cambiare idea. Ricordo che le prime che seguii erano sul Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga.

P: In quanto alla ‘passione spontanea’, sappiamo che la spinta alla conoscenza è un dáimon irrefrenabile e totalizzante, anzi, totalitario: esercita un dominio assoluto sull’esistenza di chi ne è preso. Nel mio caso si è manifestato prestissimo, e la lettura ha rappresentato la risposta più immediata. La mia infanzia e la mia adolescenza sono state segnate dalla letteratura. A cominciare da autori quali Jules Verne, Emilio Salgari, Jack London. Libri come Viaggio al centro della terra, Le tigri di Mompracem o Il richiamo della foresta ampliarono gli orizzonti della mia mente e del mio immaginario, intensificando ulteriormente la mia curiositas (nell’accezione classica: sete di conoscenza). E mi fornirono preziose coordinate storiografiche ed etiche: per esempio, grazie a Salgari iniziai già da allora a guardare con sospetto e col necessario senso critico all’imperialismo britannico e a quello dell’intero Occidente. In quel periodo il percorso formativo di bambini e adolescenti (perlomeno di quelli più attenti e predisposti) includeva una serie cospicua di fonti e opzioni, dai fumetti al teatro ai film. Allora era ancora vivo e vitale il grande cinema d’autore, e si poteva scegliere se andare a vedere Kubrick o Bertolucci, Wenders o Herzog. E la RAI mandava in onda in prima serata, tanto per dire, capolavori come L’asso nella manica, Fronte del porto, Viva Zapata! o Quarto potere, oltre ad importanti rappresentazioni teatrali e memorabili sceneggiati. La letteratura, tuttavia, per me restò a lungo il principale riferimento. Devo precisare però che questo avvenne senza distinzioni tra la tradizione italiana e quelle straniere. Così già i primi anni di università, tra l’impegno personale e quello legato agli studi, avevo completato un percorso di letture onnivoro e variegato, che includeva i più importanti capolavori della letteratura classica, di quella italiana e di quelle straniere. Ovviamente, alcuni autori e alcune opere hanno maggiormente segnato la mia formazione culturale e spirituale. Tra queste posso citare alla rinfusa l’Epopea di Gilgamesh, la Baghavad Gīta, l’Iliade e l’Odissea, le grandi tragedie greche (su tutte L’Edipo re, come grande discorso sul degrado della regalità sacra, e la Medea), Le Metamorfosi di Ovidio, L’Asino d’oro di Apuleio, i Trovatori, il ciclo di romanzi della Tavola Rotonda e quelli di Chretien de Troyes, naturalmente la Divina Commedia, poi il Don Chisciotte, quasi tutto Shakespeare compresi i Sonetti, i simbolisti francesi, Moby Dick, Kafka, l’Ulisse di Joyce, The Waste Land di T. S. Eliot, tutto Borges e poi ancora Conrad (in particolare La linea d’ombra e la memorabile denuncia del “cuore di tenebra” dell’Occidente. E a quel tempo risalgono i primi approcci – maturati in seguito – alla poesia mistica islamica del Medio Evo (Rūmī, Sana’i ecc.). Per quanto riguarda la letteratura italiana, invece, indimenticabile e decisivo è stato l’incontro con Torquato Tasso, in particolare con la Gerusalemme liberata, cui avrei in seguito dedicato la tesi di dottorato.

– In linea generale, è d’accordo su quanto afferma la docente che ha scritto l’articolo?

D: La docente, in linea generale, può essere condivisa; tuttavia, non è detto che la lettura diretta dei testi sia del tutto sparita dall’insegnamento della letteratura, anzi sarebbe privilegiata e ancor più affinata dall’introduzione di una tipologia di scrittura come l’analisi testuale, tra quelle proposte dal Ministero all’Esame di Stato.

G: Sono parzialmente d’accordo, ma credo i complessi problemi chiamati in causa nell’articolo avrebbero bisogno di analisi più approfondite.

P: L’articolo, lucido e pertinente, ‘fotografa’ la situazione. Non è opinabile: è semplicemente – e tristemente – oggettivo.

È d’accordo sul fatto che Leopardi non era pessimista? E se così fosse lei come lo definirebbe?

D: Leopardi sicuramente amava la vita e da essa fu drammaticamente deluso perché costretto a non veder mai realizzate le tante aspettative giovanili. L’ Autrice dell’articolo in questione rifiuta il fatto che si possa ridurre la conoscenza di Leopardi al saper incasellare ben bene i periodi della sua vita e la sua produzione poetica nelle varie fasi del pessimismo. Fino a questo è vero, è vero se si pretende di conoscere un autore tanto complesso e vivo tenendo a mente solo delle “formulette”; tuttavia chi dice che la lettura diretta dell’Autore non si usi più? Che la Scuola la abbia bandita totalmente e che gli insegnanti non la propongano più?

G: Sul fatto che Leopardi sia un pessimista non credo ci possano essere dubbi. Che non usasse il termine e non si autodefinisse tale non sono argomenti validi a smentire la definizione, derivante da un ampio dibattito filosofico e critico.

– Nella sua esperienza di docente liceale/universitario, ha avuto modo di osservare e verificare come gli studenti si rapportano a Leopardi e, in generale, alle Letteratura Italiana. Ritiene che comprendano davvero il pensiero del poeta o si limitano agli schemi che i manuali, e spesso i luoghi comuni, impongono? E per quanto riguarda la Letteratura Italiana in generale? Cosa pensa dell’utilizzo del manuale da parte degli studenti, che semplifica e schematizza i pensieri degli autori, invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana?

D: Nella mia lunga esperienza di docente ho sempre riscontrato molto efficaci le letture dirette degli autori e non mi sono mai fermata alla esposizione, più o meno schematica, di notizie su di loro. Ho sempre proposto la lettura di brani significativi dei diversi autori, variata il più possibile. Gli alunni seguono le letture e, in particolare, la poesia e Leopardi, per loro è sempre, come dire?, una bella sorpresa. Perché basta una attenta ed efficace “visita” nelle pieghe più nascoste dell’anima leopardiana, per far cadere gli stereotipi più radicati e duri a sparire. Se poi si riesce anche a far apprezzare, oltre al contenuto, anche la musicalità della lirica, leopardiana e non, il gioco è fatto. Più volte ho visto classi “chiacchierine” prestare attenzione e anche a lungo, se, come dicono i ragazzi ciò che si dice “è bello”; sarebbe bello poter proporre lo studio dell’opera più significativa degli autori studiati; per alcuni scrittori bisognerebbe renderlo obbligatorio: i narratori del Novecento, per esempio.

G: Non si può dare una risposta unica e valida per tutti i casi a questa domanda, perché gli studenti universitari, essendo adulti in larga parte già formati, sono difficilmente omologabili in un’entità unitaria. In generale posso dire che il rapporto tra l’attuale popolazione studentesca e il linguaggio della tradizione letteraria è diventato difficile. Chi studia oggi ha molte difficoltà persino nella comprensione letterale dei testi. Nella didattica universitaria contemporanea, i manuali sono ridotti al minimo e in molti casi sono addirittura scomparsi. I programmi degli esami di Letteratura italiana e di Letteratura italiana contemporanea contemplano classici e testi critici, solo in rari casi anche manuali storiografici. Il problema, però, è che il numero di classici che può far parte di un programma d’esame è limitato. Per questo molti laureati ignorano molti autori, opere, fenomeni, correnti. Dal mio punto di vista i manuali dovrebbero essere reintrodotti, perché sono gli unici strumenti utili a padroneggiare l’insieme di quello che si chiama il «canone letterario».

– Cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico? Tra l’altro, l’italiano moderno è sempre più brutalmente violentato dalle abbreviazioni e dagli errori grossolani. Cosa pensa di ciò? Nella sua esperienza di docente ha riscontrato, statisticamente, una buona conoscenza della lingua italiana nei suoi studenti?

D: La lettura guidata dall’insegnante può aiutare i ragazzi a superare le difficoltà che sicuramente riscontrano nella lettura dell’Italiano più antico che è faticosa per loro e richiede paziente applicazione per evitare fraintendimenti; le versioni facilitate possono essere utili per mantenere viva l’attenzione; è certo, comunque, che anche la lettura del testo originale è importante. Per quanto riguarda la conoscenza e padronanza della lingua moderna, devo ammettere di riscontrare un progressivo decadimento e un radicamento di usi errati difficili da estirpare.

G: Penso che sia vero, ma anche inevitabile, perché le lingue si evolvono e trasformano. La vera crisi contemporanea, a mio parere, non è tanto di natura linguistica, quanto di natura culturale. Ė la letteratura stessa a essere in declino, e per ragioni che non sono determinate dal sistema scolastico, come si sostiene nell’articolo, ma da un complesso insieme di fattori economici che si intrecciano alla cosiddetta «rivoluzione informatica». Lo scarso grado di padronanza della lingua italiana tra gli attuali studenti universitari è un dato ormai ampiamente certificato. Ciò che riscontro quotidianamente, purtroppo, è che all’impoverimento dell’espressione orale fa seguito un ben più grave impoverimento dell’espressione scritta.

P: In verità, nei 15 anni di didattica di Laboratorio di Italiano Scritto non ho registrato troppi casi di evidenti lacune grammaticali. Invece, ho dovuto verificare un drastico impoverimento tanto del repertorio lessicale degli studenti quanto della cosiddetta ‘cultura generale’. Il fenomeno deriva, in tutta evidenza, da una più articolata e complessa dinamica sociale, che coinvolge pure quella minoranza fortunata di giovani che ancora può iscriversi all’università: la sempre più rara familiarità delle persone con la lettura (con la lettura in senso lato, compresa quella di un semplice quotidiano). Il contesto generale da cui provengono e in cui continuano a muoversi i nostri studenti è quello di un Paese in cui, come riportano i dati e le statistiche, aumenta in modo esponenziale il cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, ed in cui, come attesta l’Istat proprio in questi giorni, il 26% dei giovani tra i 15 e i 30 anni non studia né lavora ( in Calabria questa percentuale già scabrosa sale ad un drammatico 35,6%), mentre solo il 42% delle persone raggiunge il diploma di scuola media. Del resto, di queste dinamiche i nostri giovani sono le vittime, non i protagonisti. Si tratta, a ben vedere, di una autentica e perversa ‘involuzione antropologica’ che ha investito il nostro Paese a partire da almeno gli anni Ottanta del Novecento, col diffondersi dei modelli culturali imposti dalle televisioni commerciali: una involuzione che ha stravolto il nostro sistema di valori, innescando una deriva consumistica ed edonistica che ha spazzato via, tra le altre cose, anche il rilievo e l’importanza che prima (fino a tutti gli anni Settanta) si annetteva all’istruzione e alla cultura, quindi alla lettura, ai saperi e alla loro condivisione. Chi abbia innescato e a chi abbia giovato questa ‘mutazione’ delle ‘strutture profonde’ della mentalità, del comune sentire e dei nostri valori mi sembra chiaro: definirlo genericamente ‘Potere’ può bastare. L’argomento è essenziale, ed ovviamente in questa sede non mi ci posso soffermare (l’ho trattato, però, più diffusamente nelle dispense del mio Laboratorio). Posso solo far notare come non solo il Potere, nella sua essenza, sia fatto esso stesso di linguaggio, ma anche come le Istituzioni del Potere (Governi, Stati, organismi sovranazionali) abusano quotidianamente e sistematicamente del linguaggio che ci circonda, attivando le prassi più bieche ed ingannevoli della peggiore propaganda. In questo senso, è sono prima di tutto le Istituzioni che ‘violentano brutalmente’ l’italiano. Oppure, semplicemente quanto perfidamente, lo rinnegano, adottando termini e formule stranieri. Per esempio, uno squallido anglismo come Jobs Act non rappresenta soltanto un oltraggio alla lingua di Dante e alla nostra identità culturale, ma cercando di evocare una sensazione di moderna efficienza anglosassone, aziendale e tecnocratica, serve a nascondere una ben più cruda verità: l’ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. Un attacco che comincia appunto con un atto supremamente linguistico.

– Uno fra gli scrittori presi a modello di riferimento dai giovani d’oggi è Moccia piuttosto che Leopardi, D’Annunzio, Montale, scrittori della Letteratura italiana che tradizionalmente si studiano a scuola. È d’accordo con questa affermazione? E se sì, pensa che si tratti di un’evoluzione o di un’involuzione? Se così fosse, pensa vi siano soluzioni?

D: Il modello di riferimento non per tutti è solo Moccia, la percentuale di giovani che non hanno letto nemmeno Moccia è abbastanza alta, tuttavia, tra i giovani che leggono c’è anche chi legge Montale e altri Autori. Bisognerebbe riportare i giovani alla lettura. Non so indicare soluzioni che non appaiano banali; forse la Scuola può agire, cercando di far amare agli studenti ciò che viene insegnato.

G: Probabilmente tra i giovani in età scolare o tra quelli che non intraprendono studi universitari quanto Lei afferma è vero. E certamente si tratta di un’involuzione, visto lo scarso livello di scrittori come Moccia. Le soluzioni dovrebbero essere cercate in primo luogo a scuola, ma servirebbe anche l’influenza di una società colta, di una società di lettori, che l’Italia non ha e che rischia di avere sempre meno, in questo momento di grave crisi.

P: Non so se il modello di riferimento dei giovani sia Moccia o Leopardi. Certo, una generazione di adolescenti e di giovani chiusa negli orizzonti svenevoli ed auto-referenziali di un autore come Moccia rappresenta esattamente la realizzazione di uno dei più intensi desideri del Potere: avere a che fare con una generazione il cui senso critico è disinnescato a monte, il cui potenziale ‘impegno’ sociale e politico è inibito in partenza, e la cui attenzione è distratta rispetto ai veri problemi della società, pertanto è facilmente suggestionabile e manovrabile. Esattamente come gli adulti, a loro volta distratti e impauriti dalle stringenti necessità della mancanza di lavoro e della ‘crisi’ (una crisi indotta a tavolino e innescata da politiche monetarie europee, come l’introduzione dell’euro). Insomma, è chiaro che un popolo di ignoranti è più facile da controllare, e che Moccia è parte integrante del rincretinimento generale in atto.

– Ritiene che i criteri per iscriversi al Tfa siano validi e sufficienti?

D: Non conosco bene i criteri in questione, penso, però, che i TFA dovrebbero garantire l’accesso a chi ha già delle conoscenze specifiche.

G: Condivido l’idea che si possa accedere al Tfa solo dopo una laurea superiore. I processi di selezione affidati ai test, invece, non mi sembrano validi, perché non selezionano i candidati migliori.

– Cosa ne pensa dei corsi di laurea in Lettere che prevedono nel piano degli studi un solo esame di Letteratura italiana? Secondo lei come dovrebbe essere strutturato un Corso di Laurea in Lettere?

D: Il mio corso di laurea in Lettere Classiche, allora quadriennale, prevedeva due esami di letteratura italiana, due di letteratura greca, due di letteratura latina, per non parlare delle filologie, della storia ecc. Questi esami imponevano, oltre ai diversi corsi monografici, anche lo studio di una vasta scelta di autori ed opere: non basta un solo esame! È durante gli anni universitari che si approfondisce la conoscenza della disciplina studiata, quando altrimenti? Quindi, bisognerebbe riproporre un piano di studi strutturato in maniera simile a quello vecchio, quadriennale.

G: Ormai esistono moltissimi corsi di laurea, e in molti, secondo me, non serve più di un esame di Letteratura italiana. In generale credo che al centro della formazione universitaria odierna, nei percorsi di laurea in Lettere, dovrebbe essere posta la scrittura. Si dovrebbe scrivere molto, dal primo all’ultimo anno, perché oggi, come ho già detto, solo una minoranza esigua degli studenti mostra di saper scrivere in modo corretto.

P: Naturalmente, un corso di laurea in lettere che preveda un solo esame di letteratura italiana è inconcepibile. Quanto a come dovrebbe essere strutturato un corso di laurea in Lettere, non mi esprimo nel dettaglio. Posso solo dire che il mio ideale percorso formativo umanistico include categoricamente, in una prospettiva il più possibile interdisciplinare, studi di Letteratura italiana, latina e straniera, di Storia, Geografia, Storia dell’arte, Storia della filosofia, Storia del cinema, Antropologia culturale e Storia delle religioni.

– Studiare in modo approfondito tutti gli autori della Letteratura italiana sarebbe, purtroppo, impossibile, per mancanza di tempo. Quali sono gli autori, secondo lei, la cui conoscenza è imprescindibile per poter dire di conoscere la nostra Letteratura? Ritiene davvero che gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la Carminati?

D: La letteratura italiana è vasta e molto articolata, se si tentasse di approfondire anche un solo secolo sarebbe già una bella scommessa! Gli Autori non possono non essere quelli già studiati nei Trienni della Scuole Superiori (Petrarca deve essere letto e in modo approfondito, sono quasi d’accordo con la Carminati ma con la necessaria attenzione a non trascurare i Contemporanei, narratori e poeti. Non è completa la conoscenza della Letteratura Italiana se non si è letto, per esempio, Calvino, Pasolini, Bertolucci, Luzi, Fo, Sciascia, Maraini, Tomasi di Lampedusa, Ginzburg……..non continuo: la lista è lunga!

G: Un canone pur ristrettissimo dei classici fondamentali non può non prevedere: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Verga. Per il Novecento il discorso si complica, perché il canone non è ancora del tutto formato. Tuttavia, autori come Pirandello, Saba, Svevo, Montale, Ungaretti, Gadda, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Morante, Calvino, Pasolini dovrebbero essere noti a tutti gli studenti. E però ci sono parecchi “minori” che non mi sentirei di escludere. Le mie predilezioni di lettura, per esempio, mi fanno credere che se non si conosce l’opera di Federico De Roberto, non si conoscere la letteratura italiana post-unitaria.

P: Ritengo sia necessario seguire, più che i canoni e le mode, un criterio preciso. Che è quello valido in ogni aspetto della vita. Ossia ricercare ciò che ci aiuti nel compito precipuo dell’esistenza (almeno delle esistenze più evolute): “espandere la coscienza”. Ecco: anche nella scelta degli autori cui dedicare il nostro impegno, si vada ad individuare quelli che ci aiutano ad amplificare la nostra consapevolezza spirituale e sociale. In questo senso, Dante e Tasso sono i soli Maestri della nostra civiltà letteraria che considero assolutamente ineludibili.

– È d’accordo con la frase con cui la docente chiude l’articolo “Non si può quantificare la conoscenza, e tanto meno il pessimismo.”?

D: La conoscenza è fatta di tante cose che non si possono, però, confondere con le nozioni; il pessimismo non so se si possa quantificare, non credo si debba fare.

G: Che si tratta di una frase ad effetto, su cui non c’è bisogno di ragionare troppo.

– Ritiene che davvero gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la giornalista?

G: Per un esame o per una tesi su Petrarca, certamente sì. In altri casi credo che una selezione possa bastare.

– Cosa ne pensa del fatto che gli studenti leggano opere in italiano arcaico (come il Machiavelli citato dalla Carminati, ma come tanti altri) esclusivamente nella traduzione in italiano moderno?

G: Che sia come leggere Sofocle o Shakespeare o Tolstoj in italiano moderno. Non vedo quale sia il problema, a meno che non studino per diventare insegnanti di letteratura italiana.

– Cosa pensa del fatto che gli studenti utilizzano il manuale che semplifica e schematizza i pensieri degli autori invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana? E cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico?

P: Posso iniziare a rispondere a queste due domande – strettamente interconnesse – citando proprio l’articolo della Carminati, che giustamente rileva come sia un problema il fatto che tanto nelle scuole quanto nelle università i docenti insistono troppo sulla “critica” e sui manuali (la “bibliografia secondaria”) rispetto alla lettura diretta dei testi (la “bibliografia primaria”). Questo scompenso è assolutamente pernicioso. Messi troppo poco a confronto con i testi, gli studenti non sono adeguatamente allenati ad operare in senso filologico, quindi a praticare la comprensione letterale dei testi e la loro parafrasi (la ‘traduzione’ dal loro italiano in quello corrente). E in effetti, fu anche per ovviare a queste mancanze che, come sanno i miei ex studenti, proprio la comprensione e la parafrasi di testi in prosa e in versi erano parte del programma del Primo Livello del mio Laboratorio di Italiano Scritto. In effetti, ritengo che nell’insegnamento della letteratura italiana si dovrebbe seguire sempre il metodo di cui ho potuto usufruire come studente della Facoltà di Lettere dell’Unical. La parte monografica dei due corsi di Letteratura italiana da me seguiti, tenuti dal prof. Roberto Mercuri, era dedicata alla Divina Commedia. Le lezioni consistevano principalmente in una puntuale e mirata disamina filologica dei canti sui quali era maggiormente concentrata l’attenzione. Il testo era analizzato parola per parola, verso per verso. Quindi si procedeva alla sua corretta comprensione letterale e alla sua parafrasi. Solo a questo punto si passava al disvelamento dei livelli semantici del testo, inclusi i suoi più profondi significati simbolici e allegorici, ricollegandoli al complesso della cultura filosofica e teologica dell’autore e al contesto generale della civiltà medioevale. Ebbene, penso che un corso di Letteratura italiana vada sempre tenuto in questo modo. E ciò vale prima di tutto per il metodo: qualunque sia l’autore trattato, gli studenti vanno messi a diretto rapporto con i testi, prima che con la critica, e vanno guidati nell’analisi filologica, quindi nella comprensione letterale e nella parafrasi. Ma il discorso riguarda anche il merito del testo su cui operare: sono convinto che almeno uno dei due corsi di Letteratura italiana essenziali per una laurea in Lettere debba essere categoricamente destinato alla Divina Commedia, opera fondamentale della moderna civiltà letteraria occidentale, unico capolavoro della letteratura italiana che il più grande critico vivente, Harold Bloom, ha inserito nel suo The Western Canon. E vale giusto la pena ricordare come il capolavoro di Dante sia al tempo stesso eterno e attualissimo. Eterno come solo un classico universale può esserlo, nella misura in cui conferisce al lettore saperi e significati di ordine metafisico (in questo senso la Divina Commedia è un testo che rientra pienamente nella Tradizione, nell’accezione che alla Tradizione assegnava René Guénon). Attualissimo per come resta pertinente e all’ordine del giorno la sua critica di fondo alle degenerazioni della ‘civiltà borghese’. Per esempio, a fronte del degrado sociale e morale indotto nel contesto globale dal dominio plutocratico esercitato dall’élite finanziaria, i versi che nell’Inferno Dante dedica al peccato di usura, di cui denuncia la dimensione oltremodo oscena e contro-natura, restano illuminanti e, appunto, di pregnante attualità. Infine, relativamente alla parte della domanda in cui Lei fa riferimento al fatto che i nostri studenti dovrebbero leggere almeno una delle opere maggiori dei nostri più importanti autori, ricordo che solitamente, a prescindere dallo studio delle parti monografiche, il resto dei due esami di letteratura italiana consisteva appunto nella lettura di buona parte dei capolavori della nostra tradizione. Laddove oggi così non fosse, si tratterebbe di un clamoroso errore di impostazione.     

– Ha mai riscontrato questi “equilibri di potere” di cui parla la giornalista all’interno delle Università?

P: Già da studente mi resi conto che l’Università non è il “tempio del sapere”, il luogo d’elezione di una nobile congrega di sapienti che ritenevo fosse. Comunque, vorrei rispondere in parte riprendendo un articolo che dedicai tempo fa all’argomento. L’Università è un luogo “del” Potere per il fatto stesso di essere una Istituzione: come la Scuola, le caserme, le banche e le carceri. Ora, noi abbiamo imparato dal Foucault di Sorvegliare e punire che il Potere svolge un doppio ruolo: “reprimere” e “produrre”. Ed il Potere “produce” innanzi tutto se stesso, determinando, mettendo in atto e dispiegando l’immateriale “impalcatura culturale” che lo sorregge. In altri termini, il Potere “produce” il sistema di valori che lo legittima, la visione del mondo condivisa dalle persone, il linguaggio che lo rappresenta (propaganda, slogan). In ultima analisi, ancora ha ragione Foucault: il Potere “produce” le persone, attraverso, si intende, la trama di condizionamenti (culturali, linguistici, mediatici ed etici) che mette in campo. Per questo la sua funzione repressiva è perfino secondaria: quando il Potere reprime, lo fa nei confronti di persone che sono già, in buona parte, sue emanazioni. Così, laddove la “caserma” (il comparto poliziesco-militare) reprime e il carcere punisce (la punizione senza redenzione della galera), l’Università è luogo “del” Potere in quanto è lì che il Potere “produce” e ribadisce se stesso attraverso la propria “rappresentazione” in termini di idee e concezioni del mondo. Più precisamente, l’Università è luogo “del” Potere perché in definitiva ne è un logo . Proprio come un logo o un brand “raccontano” e manifestano una azienda o un prodotto, così l’Università “narra” il Potere, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, nella misura in cui procede alla “grande narrazione” o “meta-narrazione” (la definirebbe Lyotard) della Kultur occidentale, raccontando e letteralmente “pubblicizzando” (nel senso di presentare – ed imporre – ad un pubblico: gli studenti) il prodotto di se stesso: l’impalcatura ideologica che lo riafferma e giustifica, legittimando la “realtà” così com’è. Insomma: alle persone che sono in larga misura già un suo “prodotto”, il Potere offre la “struttura” (inverto volutamente la terminologia marxiana) dei valori e delle credenze che esso stesso “produce” e che simultaneamente lo identifica, nel senso che gli conferisce la sua identità, attraverso la quale si fa riconoscere e si impone al mondo. In ogni caso, la “grande narrazione” della “cultura ufficiale” accademica si offre e ci offre l’immagine di un “mondo così com’è” conciliato con se stesso, congruo, auto-fondato, coerente. Quindi giustificato e legittimato culturalmente in ciò che è: la versione moderna dell’inesausto Imperialismo dell’Occidente. Ma l’Università non è solo una Istituzione “del” Potere. Essa stessa è intimamente costituita “di” Potere. Come tutto ciò che è fatto da e di relazioni umane. Perché il Potere non consiste solo nelle Istituzioni che lo incarnano e rappresentano. Piuttosto, come ancora vuole Foucault, esso è (anche) una sorta di aura immateriale: è ovunque, impersonale e anonimo; si «esercita a partire da innumerevoli punti e nel gioco di relazioni diseguali e mobili» (La volontà di sapere). Questa dimensione del Potere, la più sottile e subdola, nell’Università si respira assieme all’aria, appunto perché vibra nelle relazioni interpersonali: trionfa nel sussiego superbo di uno sguardo; dilaga nell’autocompiacimento intellettuale mal dissimulato di certi discorsi; si distende in un sorriso di superiore accondiscendenza; giace nella deferenza subalterna di qualcuno; si scuote nelle gratuite impennate autoritarie di altri; insiste nelle prassi nepotistiche; si palesa nel mobbing e nel bossing quotidiano; si dispiega nelle stanze, negli uffici e negli studi. Insomma, vive nella struttura gerarchica stessa che costituisce l’accademia. E che poi questo Potere si manifesti in forma di torbidi giochi ed “equilibri di potere” (per i quali a volte persino qualche corso o qualche Laboratorio viene fatto scomparire), ciò è purtroppo inscritto nella natura stessa dell’Università, che riflette problemi e contraddizioni di ogni ambito di una società in crisi: in crisi etica, prima che economica.

Angela Francesca Mandarino

Cassaintegrati in piazza

CATANZARO – Nuovamente in piazza i lavoratori cassintegrati che da stamattina stanno manifestando  a Catanzaro per la mancate erogazione delle spettanze. Oltre duecento persone, infatti, malgrado la giornata di pioggia, si sono riversate davanti l’assessorato al lavoro, bloccando a lungo la viabilità in via Lucrezia della Valle.

I lavoratori stanno protestando perché da molti mesi ormai non percepiscono quanto loro dovuto, per cui, senza sussistenza, sono ormai ridotti alla fame. Le vaghe promesse e gli impegni assunti nei mesi scorsi, sono stati tutti disattesi ed i lavoratori abbandonati a loro stessi.

La USB, ancora una volta in prima fila al fianco dei lavoratori, ritiene scandalosa l’assenza della politica in questa vicenda: infatti questa mattina neanche l’assessore Salerno è presente in sede, benché a conoscenza dell’iniziativa.

La protesta sta continuando ed i lavoratori, esasperati, non intendono mollare.