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Quando il teatro fa presa. Ipnotico il “Calderon” di Francesco Saponaro

fine spettacolorosauraRENDE-Basterebbe ascoltare gli applausi e dare voce al senso di spaesamento a fine spettacolo ma sarebbe eccessivamente semplice ed egoistico non descrivere ciò che gli occhi hanno visto e il cuore sentito.Ieri sera, presso il Teatro Auditorium dell’Unical è andato in scena Calderon di Pier Paolo Pasolini con la regia di Francesco Saponaro. Sorto dalla produzione tra Teatri Uniti e l’Università della Calabria, lo spettacolo è frutto di un progetto di residenza creativa al quale ha partecipato un gruppo di studenti dell’Ateneo. Il testo è “Calderon”, primo testo teatrale di Pier Paolo Pasolini iniziato nel 1967 e pubblicato in edizione definitiva nel 1973. Testo teatrale,accademico ed eminentemente politico in cui Pasolini rileva il qualunquismo del popolo italiano, “Calderon” , ispirato a “La vita es sueño “ di Calderon de la Barca,mette in scena la tragedia operata dal potere che neutralizza e manipola tutti gli atti di trasgressione messi in atto dalla classe borghese. È la storia dei sogni e dei risvegli di Rosaura-prima aristocratica, poi prostituta e infine borghese- e del lager in cui vive. E il potere si esercita sul corpo. Rosaura rivuole il suo corpo, lo ripete incessantemente a  mo’ di preghiera «Aaaaaah, aaaaah, ridatemi il mio corpo!È mio, è mio!» mentre Manuel la ammonisce «È proprio perché lei ha un corpo, povera Rosaura, che lei può essere il nostro capro espiatorio»A fare da sfondo è il quadro di Diego Velazquez “Las Meninas” dipinto ambiguo in cui Velazquez ritrae la coppia dei reali spagnoli- una “teologia della pittura” per usare la definizione di Luca Giordano- un quadro cinestesico. Semplice in apparenza, sembra un gioco di reciprocità: un faccia a faccia, un incrociarsi e sovrapporsi di sguardi, una tela in cui vigono la moltiplicazione degli sguardi,il visibile e l’invisibile in un gioco di campo e controcampo .« Accolti sotto questo sguardo- scrive Michel Foucault ne “Le parole e le cose”- siamo da essi respinti,sostituiti da ciò che da sempre si è trovato là prima di noi: dal modello stesso.Ma a sua volta lo sguardo del pittore diretto , fuori del quadro, verso il vuoto che lo fronteggia , accetta altrettanti modelli quanti sono gli spettatori che gli si offrono ; in questo luogo esatto, ma indifferente, il guardante e il guardato si sostituiscono incessantemente l’uno all’altro». La realizzazione scenografica di una parete che renda conto della geometria del quadro, quadro che da un lato è una camera di tortura, dall’altro è una spinta alla fuga e ai sogni di Rosaura, le linee ei vettori del quadro tessono una ragnatela che è al contempo trappola e custodia , una griglia tra la fuga e il sentirsi proteso come l’animale irretito nella tela del ragno in un vortice di cedimento e ansia. rosaura e sigismondoRosaura, interpretata dalla giovane attrice argentina Maria Laila Fernandez, è nel primo episodio la figlia degli aristocratici spagnoli Basilio e Doña Lupe-l’uno fascista autoritario, l’altra entrata nel mondo aristocratico dopo un passato di lotte-una Elettra del diciassettesimo secolo, una ragazza passionale in preda al delirio d’amore per Sigismondo lo straniero,lo sconfitto, il sovversivo alla scena e al contesto, colui che rompe la bidimensionalità della scena arrivando dall’esterno e con un’intuizione geniale lancia lo zaino che lo ha accompagnato in guerra ,gesto che sancisce il suo ingresso nella storia. Un amore affannoso, pericoloso quello di Rosaura per Sigismondo (Sigismondo tra l’altro è anche il nome del protagonista de “La vita es sueño”) non tanto perché i due appartengono a classi sociali differenti ma perché scopriamo attraverso una serie di coincidenze che Sigismondo è il padre di Rosaura e, l’amore tra i due sarebbe un gesto sacrilego. prostIl secondo risveglio di Rosaura cambia i toni e gli scenari di quella che sino ad allora era una società aristocratica.Pasolini opera un taglio netto attraverso il passaggio da una residenza aristocratica ad una baracca, la Fogna in cui vive e lavora una Rosaura carnale e terragna, una prostituta che per caso un giorno riceve Pablo,sedicenne colto, dai bei capelli e begli occhi, un ragazzo gentile di cui Rosaura si innamora.Un amore sfortunato questo, come quello precedente, un amore che non può e non deve consumarsi perché scopriamo attraverso il dialogo tra Rosaura e il prete(interpretato da Francesco Maria Cordella) essere il figlio che lei ha avuto in gioventù con Sigismondo. fine spettacoloL’ultimo episodio- in cui Rosaura interpreta una donna borghese afasica che chiede alla sorella Agostina« un cuscino amaro e un caffè soffice» , lobotomizzata moglie di Basilio un uomo sardonico, nocivo, più pericoloso dei fascisti- è l’unico a dare spazio al mondo esterno( fino ad allora solo nominato e mai propriamente visto) attraverso le scene della  battaglia politica tra  studenti universitari e poliziotti nel ’68 nota come “battaglia di Valle Giulia”, scena che il regista Saponaro ambienta nel centro storico di Rende, un episodio amaro che spazza via l’oniricità che è il filo conduttore del dramma e che fa dire a Basilio«Un bellissimo sogno, Rosaura, davvero un bellissimo sogno. Ma io penso che proprio in questo momento comincia la vera tragedia . Perché di tutti i sogni che hai fatto e che farai si può dire che potrebbero essere anche la realtà, Ma, quanto a questo degli operai, non c’è dubbio: esso è un sogno, niente altro che un sogno». Un lungo applauso ci riporta alla realtà e riscalda gli attori. Scenografia semplice ma sapientemente costruita attraverso un gioco di immagini da Lino Fiorito, coinvolgenti gli attori tutti e in particolare Clio Cipolletta- grottesca,falangista e coercitiva nei panni di Stella,borghese nei panni di Agostina e verace nei panni di Carmen- sorella e “angelo custode” che tenta di riportare ogni volta alla realtà Rosaura, ;Maria Laila Fernandez la ribelle,prorompente e afasica Rosaura;Andrea Renzi elemento ipnotico dello spettacolo. Un intreccio politico,amoroso, psicoanalitico per una prima che verrà replicata questa sera per poi approdare al Piccolo di Milano, un modo per far rivivere l’arte di Pasolini esponente culturale del Novecento strappatoci troppo presto.Nota dolente sono i troppi posti lasciati vuoti per uno spettacolo così pieno.

Rita Pellicori