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Lettera della Coordinatrice regionale di Scelta Civica a Mario Monti

Katia Stancato, Coordinatrice Regionale per Scelta Civica

Katia Stancato, coordinatrice regionale di Scelta Civica in Calabria, in una lettera aperta, scrive a Mario Monti dopo le sue dimissioni. Un messaggio importante quello che la Coordinatrice vuol far arrivare al professore che noi vi riproponiamo integralmente:

Mario Monti

Caro Senatore Monti,

come lei ha ripetuto molte volte in questi giorni Scelta Civica non è un partito personale, è una comunità di uomini e di donne animati dall’idea di sottrarre l’Italia alla morsa di una così detta Seconda Repubblica inconcludente e litigiosa. Bene, da coordinatrice regionale del partito voglio dirle con molta chiarezza che il gesto delle sue dimissioni rischia di gettare alle ortiche tutto quello che fin qui abbiamo costruito.

Le dimissioni, infatti, non sono mai un gesto individuale, a maggior ragione se a rassegnarle è il fondatore di un movimento politico, perché le conseguenze riguardano tutta la comunità di appartenenza. E invece le sue dimissioni sono state date come se fossero un atto esclusivamente personale senza ragionare sulle conseguenze che avrebbero scatenato. Se avesse voluto denunciare una operazione contraria ai princìpi su cui abbiamo scelto di costituire SC e contrastare quanti la stavano portando avanti ci sarebbero stati altri modi e altre forme, proprie di un partito democratico. Il congresso prima tra tutte. E invece no, sbattere la porta promettendo che “il suo impegno personale non verrà meno” significa chiudere tutta la vicenda attorno al proprio destino individuale, giocare per se più che per la squadra. E questo da persona impegnata nel Terzo Settore che ha scelto di fare politica per servire una causa comune non posso accettarlo.

Quella generosità che l’ha caratterizzata quando ha acconsentito, e non so quanti lo avrebbero fatto, a guidare un’Italia sull’orlo del baratro non può lasciare il posto a un sentimento che non capisco e che però, dato il peso che le scelte dei leader hanno ormai nella politica odierna, rischia di oscurare anche le buone intenzioni, la passione e la convinzione di chi lavora sui territori.

Per essere chiara: il problema non è cosa rispondere a Casini nei corridoi del Senato, il problema è cosa dire al nonno che ho convinto a farsi la tessera e a regalarla a suo nipote perché fosse protagonista di una stagione nuova del nostro paese; il problema è cosa dire alla signora che nonostante il lavoro precario di suo marito e 3 figli piccoli ha deciso di spendere 15 euro perché, e sono parole sue, “sperare è meglio che disperare”; il problema è cosa dire a quello studente che si è convinto a sostenere Scelta Civica decidendo di rinunciare per un paio di giorni al vizio del fumo pur di contribuire a “togliere i vizi alla politica italiana”.

Insomma, è a queste domande che devo rispondere ora, è con la mia coscienza, le mie e le altrui speranze, l’impegno di una vita spesa nel sociale che devo confrontarmi ogni giorno.  Ho deciso di scriverle questa lettera proprio perché penso sia giusto che ci si confronti anche lei assieme a me. Perché siamo nati insieme per la politica della strada, non per la politica dei corridoi, che non si addice alla sua storia.

Vorrei, davvero, che dopo averle scritto, confidando nel suo spirito generoso verso l’Italia, lei ripensasse alla sua decisione e, con un gesto di rinnovato altruismo, decidesse di aiutarci ad arrivare al congresso e lì sciogliere nodi e questioni aperte. SC ha bisogno di lei, del suo impegno, di un suo ruolo attivo e pienamente politico.

In queste ore si sono sommate reazioni di ogni genere alla notizia delle sue dimissioni: c’è chi l’ha attaccata aspramente e chi l’ha difesa acriticamente. Spero vorrà invece apprezzare chi ha deciso di parlarle con sincerità e schiettezza che sono poi i valori che proprio lei ci ha esortato a ricercare e a praticare nella nostra comune salita in politica.

 

Con stima

Katia Stancato

 

L’Immacolata di chi lavora

COSENZA –  «Tempo di demolire, tempo di costruire», «tempo di guadagnare, tempo di perdere» è scritto in Qohèlet: un tempo per ogni cosa. Ma di questi tempi si aggira lo spettro – piuttosto consistente – della crisi, si allunga l’ombra della recessione, dilaga la sfiducia: è tempo di «crescere», ripetono come un mantra tecnici e politici. Non c’è tempo da perdere: bisogna rimboccarsi le maniche. Chi non ci sta è un fannullone, chi si lamenta denigra la buona fortuna di avere un lavoro. Eppure c’è una festa segnata in rosso: l’Immacolata. Sarebbe un tempo di rito, perdersi per ritrovarsi. Magari in famiglia. Parlarsi tanto per parlarsi, senza dirsi niente di importante. Fermarsi, fare il punto, stare al mondo. Ma sono lontani i tempi delle «otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire» (conquiste d’altri tempi perduti). Anche all’Immacolata si lavora. Più degli altri giorni. E non solo negli ospedali, nelle caserme dei vigili del fuoco o nelle stazioni dei carabinieri. Si lavora pure nei call center e nei negozi.

 

Sette dicembre

In fila al supermercato. La signora del banco dei salumi: «Lavoriamo anche domani». Un angolo della bocca si piega all’ingiù, lo sguardo si abbassa. La cliente risponde: «Non me ne parlare… quando arriva Natale, non vedo l’ora che questo mese passi». La signora ha un negozio di scarpe. Ricorda i tempi in cui «il lavoro era lavoro e la festa era festa». «Ma sì, erano gli anni ’90…» le fa eco l’altro addetto ai salumi.

 

Otto dicembre

In un centro commerciale. «Ma io dico: nessuno deve andare a cucinare?». La domanda la pone una signora in un bar. Davanti a lei sfilano donne, uomini, bambini, anziani. Chi vuole l’acqua, chi un caffè. Chi va di fretta, chi si siede. Nella sua voce un accenno di stizza. Come a dire: non se ne possono stare a casa? No, non se ne stanno a casa. Le commesse, intanto, sorridono. Anche se uno degli angoli della bocca tenta di opporre resistenza. Due uomini trasportano i carrelli della spesa lungo la scala mobile. Si parlano. Il corpo proteso in avanti tradisce la fretta. Di andarsene.

 

Rita Paonessa

 

 


Beppe Grillo attraversa a nuoto lo Stretto

VILLA SAN GIOVANNI (RC) – ”Dopo quelli di Garibaldi con i Savoia e degli americani con la mafia, oggi in Sicilia ci sarà lo sbarco del Movimento Cinque Stelle”. L’ha detto Beppe Grillo a Villa San Giovanni da dove ha cominciato la traversata a nuoto per la Sicilia, rimandata di un’ora per il maltempo. Grillo indossava una muta da sub con il simbolo del M5s. ”Monti – ha detto – è un curatore fallimentare. Ha fatto il suo lavoro sporco e adesso se ne andrà”. Tuffatosi nello Stretto di Messina, da Cannitello, una frazione di Villa San Giovanni ha nuotato verso la Sicilia approdando dopo un’ora circa a Torre Faro. Il comico, con muta, cuffia, pinne e occhialini, ha compiuto la traversata per dare così ufficialmente avvio alla campagna elettorale del Movimento 5 Stelle nell’isola, dove inizierà il suo tour elettorale che durerà 17 giorni in vista delle elezioni regionali del 28 ottobre.