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Il boss della camorra svela: “La ‘ndrangheta acquistava centinaia di chili di cocaina”

NAPOLI – La cosca calabrese dei Mammoliti acquistava centinaia e centinaia di chilogrammi di cocaina dal narcotrafficate Raffaele Imperiale che di recente ha avviato un percorso di collaborazione con la Procura di Napoli. Lo ha rivelato – confermando le ipotesi degli inquirenti – in uno dei quattro verbali depositati nei giorni scorsi dall’ufficio inquirente partenopeo ai giudici del Riesame di Napoli. Gli affari, fa sapere il “boss dei Van Gogh” (così soprannominato per essere entrato in possesso di due preziosissime tele del pittore fiammingo, custodite per lungo tempo e poi fatte ritrovare) subirono un’accelerazione nel 2016, dopo l’arresto di Rocco Mammoliti e il subentro alla guida di suo fratello Giuseppe.
Le relazioni tra Imperiale e la cosca peggiorarono dopo il furto di un importante quantitativo di droga, ben 140 chili. Imperiale spiega ai magistrati partenopei che a mettere a segno il “colpo” erano stati proprio alcuni affiliati calabresi. Lo sgarro non rimase impunito e ci scappò anche un omicidio spacciato per un regolamento di conto per vicende sentimentali. Imperiale e Giuseppe Mammoliti giunsero a un accordo: si sarebbero divise le perdite. Ma comunque dalla Calabria non arrivarono ben 500mila euro. Da quel momento i Mammoliti cominciarono a chiedere quantitativi minori di cocaina, ricevendo però sempre il diniego di Imperiale.

Imprenditori arricchiti con l’appoggio dei clan: sequestro beni da oltre 40 milioni

REGGIO CALABRIA – La misura di prevenzione patrimoniale della confisca di beni, per un valore complessivo stimato in oltre 40 milioni di euro, ha colpito tre imprenditori reggini, operanti nei settori edile, immobiliare, alberghiero, dei servizi e ludico. Si tratta di Michele Surace, di 65 anni, e Andrea Francesco Giordano (71) e di  Giuseppe Surace (42).

Il decreto di confisca fa seguito ad analogo provvedimento eseguito, nello scorso mese di agosto, nei confronti di un altro imprenditore edile reggino, che ha consentito la definitiva ablazione da parte dello Stato di un patrimonio complessivamente stimato in oltre 160 milioni di euro.

Secondo quanto emerso dalle indagini, due dei tre imprenditori, dalla fine degli anni ’80 al 2017, avrebbero avviato e consolidato la propria posizione imprenditoriale facendo leva sul sostegno di storiche locali di ‘Ndrangheta, in particolare quella dei Tegano di Archi.

Tali evidenze erano emerse, anche nell’ambito dell’operazione “Monopoli”, che ha fatto luce su un sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio di cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali. Le indagini sono culminate, nel 2018, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti, tra gli altri, dei tre imprenditori, due dei quali, condannati in primo grado per i reati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori, mentre il terzo proposto è stato condannato in primo grado per il reato di trasferimento fraudolento di valori.

Alla luce delle richiamate evidenze, la Dda ha delegato alla guardia di finanza e ai carabinieri a svolgere un’apposita indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Sono state pertanto ricostruite le acquisizioni patrimoniali effettuate dall’anno 1985 all’anno 2017  ed è stato rilevato il patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità degli imprenditori, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Il sequestro a giugno 2019

Nel mese di giugno 2019 la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio riconducibile ai 3 imprenditori e, successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento in esecuzione ha decretato l’applicazione della misura della confisca dell’intero compendio aziendale di 10 imprese attive nei settori edile, immobiliare, del commercio al dettaglio di generi di monopolio e ludico, comprensivo, altresì, di 49 immobili, quote di partecipazione al capitale di ulteriori 10 società, 38 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché disponibilità finanziarie per un valore complessivamente stimato in oltre 40 milioni di euro.  

Da Roma a Cosenza, maxi blitz anti ‘ndrangheta per il controllo di attività commerciali

ROMA – E’ scattata alle prime ore di oggi una vasta operazione della Dia – Direzione investigativa antimafia – a Roma e provincia, nel Lazio e nelle province di Cosenza e Agrigento. Sono in corso d’esecuzione 26 misure cautelari nei confronti di altrettante persone indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso costituente una ‘locale‘ di ‘ndrangheta che sarebbe molto radicata sul territorio della Capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche in diversi settori facendo ricorso poi a intestazioni fittizie per schermare la reale titolarità delle attività.

I settori commerciali coinvolti vanno da quello ittico, alla panificazione, ma anche le pasticcerie ed il ritiro delle pelli e degli olii esausti. L’organizzazione di matrice ‘ndranghetista si riproporrebbe, alla stregua di quanto ricostruito dalle indagini, in termini di gravità indiziaria, anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio e l’incolumità individuale, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio.

Una sola persona è finita in carcere, delle 26 raggiunte dalle misure cautelari eseguite fra le province di Roma e Cosenza. La Dia di Agrigento ha rintracciato e bloccato un 22enne di Canicattì. Si tratta, secondo quanto emerge, di un giovane che non è collegato agli ambienti mafiosi dell’Agrigentino.

‘Ndrangheta e droga, maxi blitz della Finanza anche in Calabria: 36 arresti e sequestri

REGGIO CALABRIA – Una maxi operazione della Guardia di finanza è scattata questa mattina nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Bari, Napoli, Roma, Terni, Vicenza, Milano e Novara. Sono 36 le persone raggiunte da una misura cautelare, 34 in carcere e 2 ai domiciliari, accusate di traffico internazionale di stupefacenti aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta. La base logistica sarebbe stata il porto di Gioia Tauro.

Sono in corso anche perquisizioni e sequestri per un valore che supera i 7 milioni di euro. Nell’ambito delle indagini che hanno portato al blitz di oggi sono sequestrate oltre 4 tonnellate di cocaina per un valore al dettaglio di circa 800 milioni di euro.

Circa 300 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria da questa mattina stanno eseguendo le misure cautelari. Sequestrato anche l’intero patrimonio aziendale di 2 imprese, attive nel settore dei trasporti ed utilizzate per il compimento degli illeciti.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti nell’ambito di una conferenza stampa che si terrà alle 10.30 presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria.

Dia: “‘Ndrangheta è silente ma inquina l’economia legale ed è leader del narcotraffico”

ROMA – Le inchieste concluse nel secondo semestre del 2021 restituiscono ancora una volta l’immagine di una ‘ndrangheta “silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché costantemente leader nel narcotraffico”. La definisce così la Dia nella sua Relazione al Parlamento per il secondo semestre 2021, segnalando “la preoccupazione legata ad un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidità”, con l’obiettivo “di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance”. La Dia torna a segnalare come l’impermeabilità al fenomeno del pentitismo, dovuta dalla “forte connotazione familiare”, si stia cominciando a incrinare per il “numero sempre crescente” di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia”. I maggiori proventi restano legati narcotraffico: i sodalizi calabresi si confermano “interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni sudamericane garantendo una sempre più solida affidabilità” e il settore non ha fatto registrare flessioni significative, neanche nell’ultimo periodo e nonostante le limitazioni alla mobilità per la pandemia. Non solo traffici, ma anche interessi nella produzione, con “il rinvenimento di numerose piantagioni di cannabis coltivate in varie aree della regione“: si tratta – secondo la Dia – di una circostanza che allo stato non permette di escludere “il coinvolgimento della criminalità organizzata nel fenomeno della produzione e lavorazione in loco di sostanza illecita destinata alla commercializzazione”.

Dia: “In sei mesi sequestrati beni per 165 milioni; 373 interdittive”

Le indagini confermano ancora una volta che il modello ispiratore delle mafie è “sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria“: una ulteriore conferma della “strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale”. Lo segnala la Dia nella relazione al Parlamento per il II semestre 2021. Le attività sono quindi orientate a proteggere il tessuto economico del Paese, nel semestre sono stati effettuati sequestrati per 165 milioni, confische per 108 milioni; 373 interdittive antimafia, 69mile segnalazioni per operazioni sospette.

“Le risultanze di analisi sui fenomeni criminali di tipo mafioso – sottolinea la Direzione investigativa Antimafia nella sua Relazione – continuano a presentare il rischio che i sodalizi di varia matrice, senza peraltro a rinunciare a porre in atto tutte le azioni necessarie a consolidare il controllo del territorio, possano perfezionare quella strategia di infiltrazione del tessuto economico in vista dei possibili finanziamenti pubblici connessi al Pnrr”. L’inquinamento dell’economia sana è aspetto fondamentale per la sopravvivenza delle consorterie, che aumentano la propria ricchezza “invadendo il campo dell’imprenditoria legale, specie quella maggiormente colpita dalle conseguenze dell’attuale crisi economica”.

 

Le organizzazioni per altro non si limitano più al “saccheggio parassitario” della rete produttiva “ma si fanno impresa sfruttando rapporti di collaborazione con professionisti collusi la cui opera viene finalizzata a massimizzare la capacità di reinvestimento dei proventi illeciti con transazioni economiche a volte concluse anche oltre confine”. Le operazioni, spiega la Dia, sono tese quindi ad aggredire le organizzazioni sotto il profilo patrimoniale per “arginare il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati per evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico”. Una conferma di quanto oltre 30 anni fa avevano previsto i giudici Falcone e Borsellino “che avevano fortemente voluto ed avviato quell”architettura antimafia’ di cui la Dia è parte integrante finalizzata a colpire i sodalizi anche sotto il profilo patrimoniale arginandone il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati nell’ambito dei mercati economici per evitarne l’inquinamento”

‘Ndrangheta, tentato omicidio ed estorsione. Arrestati in 5 a Cetraro – VIDEO

COSENZA – Nella mattinata odierna, 15 settembre 2022, i Carabinieri delle Compagnie di Scalea e Paola hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare della custodia in carcere e degli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nei confronti di 5 indagati residenti a Cetraro, sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai reati, a vario titolo loro rispettivamente ascritti, di tentato omicidio, lesioni personali ed estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo mafioso, nonché di detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo e violenza o minaccia a Pubblico Ufficiale.

La misura cautelare è intervenuta a seguito delle attività investigative, coordinate dalla D.D.A., e delegate alla Compagnia Carabinieri di Scalea e alla Compagnia Carabinieri di Paola.

   In particolare si tratta degli approfondimenti investigativi, relativi al tentato omicidio, ipotizzato nei confronti di uno degli indagati, verificatosi nel giugno del 2021, ai danni dell’addetto al servizio di sicurezza di un locale notturno dell’alto tirreno cosentino, il quale si sarebbe opposto alla presunta condotta estorsiva ipotizzata nei confronti di quattro indagati, consistente nella pretesa di consumare bevande senza corrispondere il relativo prezzo.        

Per tali presunte condotte illecite, è stata ritenuta, altresì, la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso in quanto sarebbero state poste in essere avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo propria delle organizzazioni mafiose.

        L’ulteriore vicenda oggetto della misura cautelare è quella relativa al reato di violenza o minaccia a Pubblico Ufficiale commesso nel marzo 2021, ipotizzato nei confronti di uno degli indagati con riferimento alle presunte minacce rivolte a due Carabinieri, nel corso di un ordinario controllo di polizia, per costringerli ad omettere il suo deferimento all’Autorità Giudiziaria in ordine alle violazioni che erano state rilevate nei suoi confronti.

       Con il provvedimento restrittivo è stata disposta la misura cautelare in carcere nei confronti di n. 4 indagati e la misura degli arresti domiciliari nei confronti di n. 1 indagato.

Il procedimento per le ipotesi di reato è attualmente nella fase delle indagini preliminari.

 

 

Scambiato per un boss e ucciso a Fuscaldo, 4 arresti tra Paola e la Svizzera

COSENZA – Stamattina i carabinieri hanno eseguito a Paola, Cagliari, Roma ed in Svizzera, quattro misure cautelari in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Catanzaro nei confronti di altrettanti soggetti. Sono indagati rispettivamente per l’omicidio di Luciano Martello, commesso a Fuscaldo il 12 luglio 2003 e di Antonio Maiorano, commesso a Paola il 21 luglio 2004. Quest’ultimo, operaio forestale incensurato, fu ucciso per errore perché scambiato per un boss del posto, reale obiettivo dell’agguato, a causa della sua somiglianza fisica. Il reale obiettivo lavorava nello stesso cantiere in cui si trovava Maiorano.

La misura cautelare è stata eseguita dopo mirati approfondimenti investigativi condotti nel solco di precedenti procedimenti penali aventi ad oggetto, fra l’altro, gli stessi fatti omicidiari, maturati nel contesto degli equilibri tra cosche di ‘ndrangheta, all’epoca operanti nel territorio Paolano, e contestati nei confronti di altri imputati, per i quali sono intervenute, a suo tempo, sentenze definitive, rispettivamente, di condanna e di assoluzione.

Le misure sono state eseguite dal Ros Sezione Anticrimine di Catanzaro, Nucleo Investigativo Carabinieri di Cosenza, dalla Compagnia Carabinieri di Paola con il supporto della Divisione Sirene Interpol progetto ICAN e della Polizia Federale e Cantonale Elvetica.

‘Ndrangheta, maxi blitz. Arrestato il sindaco di Cosoleto

COSOLETO (RC) – Il sindaco di Cosoleto, Comune del Reggino, Antonino Gioffré è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Propaggine” condotta dalla Direzione investigativa antimafia. Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa dal gip su richiesta della Dda reggina contro la cosca Alvaro-Penna di Sinopoli. L’indagine è collegata a quella della Dda di Roma. Nel filone calabrese, 29 persone sono finite in carcere e 5 ai domiciliari. Gioffré è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato.

Gli altri reati contestati dai pm sono l’associazione mafiosa, il favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso e la detenzione e vendita di armi comuni da sparo ed armi da guerra
aggravate.

Le indagini sviluppate dal Centro Operativo Dia di Roma hanno fornito gravi indizi sull’esistenza dell’associazione di ‘ndrangheta denominata cosca Alvaro-Penna, i cui sodali, secondo l’accusa, risultano detentori di un radicato controllo del territorio e delle attività economiche, nonché infiltrate nella gestione di alcune amministrazioni locali. Il possesso di armi, anche da guerra, da parte dei componenti dell’associazione criminosa determina la pericolosità dell’associazione stessa.

“Le cosche vogliono far saltare in aria Gratteri”. L’allarme degli 007 stranieri

CATANZARO – I clan calabresi vogliono far saltare in aria il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. L’allarme questa volta arriva dal Sudamerica: la segnalazione sarebbe rimasta coperta per settimane, circolata nel ristretto circuito degli ambienti investigativi e istituzionali. A darne notizia il Fatto Quotidiano: i servizi segreti di un Paese straniero avrebbero intercettato una comunicazione sospetta che ha attivato la catena di allarme. Il dialogo farebbe riferimento al progetto di un attentato pianificato contro il magistrato calabrese, già finito, in passato, più volte nel mirino delle cosche per il suo impegno antimafia. Da un servizio segreto all’altro: gli 007 stranieri hanno avvertito i colleghi italiani. La comunicazione, ovviamente secretata, farebbe riferimento all’utilizzo di un ordigno collegato a un controllo remoto e l’idea omicida, secondo i dati raccolti, potrebbe essere in fase avanzata. Non è un caso che a scoprire il piano si sia arrivati attraverso una triangolazione con l’estero: le famiglie che l’hanno organizzato vedrebbero i propri affari messi in pericolo dalle inchieste della Procura di Catanzaro sulle propaggini ‘ndranghetistiche in Sudamerica e negli Stati Uniti.

“Alibante”, ‘Ndrangheta e politica. A processo anche l’ ex sindaco di Falerna

CATANZARO – Sono stati rinviati a giudizio, dal gup del Tribunale di Catanzaro Alfredo Ferraro, tutti gli imputati del procedimento “Alibante” incentrato sulle presunte infiltrazioni mafiose nell’area del medio Tirreno catanzarese. Nel mirino affari e interessi del presunto clan facente riferimento al boss Carmelo Bagalà, che avrebbe legami con organizzazioni criminali in provincia di Cosenza, nella Piana di Gioia Tauro e nelle province di Vibo Valentia e Caserta.

Il clan, secondo l’accusa, avrebbe controllato, tra i comuni di Nocera Terinese e Falerna, attività commerciali e turistiche, con interessi in appalti e servizi pubblici e la politica. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, abuso d’ufficio, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio, turbata libertà degli incanti e turbativa d’asta.

Tra gli imputati figura anche l’ex sindaco di Falerna Giovanni Costanzo, che avrebbe promesso il cambio di destinazione d’uso di un terreno per ottenere il sostegno elettorale di Bagalà. A chiedere il rinvio a giudizio sono stati i pubblici ministeri Chiara Bonfadini e Romano Gallo. Il gup ha fissato l’inizio del processo per il prossimo 8 luglio davanti al Tribunale collegiale di Lamezia Terme. Sono 29 le persone rinviate a giudizio su 31 imputati: per Alessandro e Mario Gallo, infatti, l’avvocato Leopoldo Marchese aveva avanzato richiesta di giudizio immediato. Richiesta ammessa e udienza fissata per il prossimo 7 giugno.