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Armi chimiche Siria, pericolo per il Mediterraneo?

GIOIA TAURO (RC) – Si è conclusa ieri sera l’operazione di trasbordo delle armi chimiche e dei precursori chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray. Gli agenti chimici provenienti dalla Siria saranno distrutti sulla nave in acque internazionali attraverso l’idrolisi. Questa nuova fase della missione OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) – ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite)  durerà almeno due mesi.

Il procedimento presenta dei rischi per il Mediterraneo? Abbiamo sentito Ferruccio Trifirò (comitato scientifico dell’Opac  – Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) e Rosella Cerra (coordinamento Sos Mediterraneo).

 

Intervista a Ferruccio Trifirò: tutto sotto controllo

Intervista a Rosella Cerra: pericolo per  il Mediterraneo

 

Rita Paonessa

Armi chimiche Siria/ Rosella Cerra (sos Mediterraneo): pericolo per il Mediterraneo

Uno scatto del flshmob fatto nei giorni scorsi

Nei mesi scorsi si è costituito il Coordinamento Sos Mediterraneo, contrario al trasbordo delle armi chimiche siriane fatto a Gioia Tauro e alla loro distruzione per idrolisi in mare aperto, in acque internazionali, nel Mediterraneo. Il comitato si è gemellato con i cittadini greci che si oppongono all’operazione. A giugno ha ospitato e incontrato lo scienziato Vaggelis Pissias e il consigliere delle Isole Ioniche Theodoros Boukas, « giunti fin qui con lo scopo di realizzare incontrare ed informare direttamente cittadini, comitati, giornalisti sui reali pericoli dell’operazione». Nei giorni scorsi abbiamo sentito Rosella Cerra, esponente del coordinamento.

 

Come comitato avete sollevato anche un problema di pericolo e inquinamento per tutto il Mediterraneo…

L’idrolisi nel Mediterraneo è una procedura assolutamente mai fatta prima in mare, mai fatta prima su una nave, è una procedura che viene fatta su terraferma ed è stata fatta in tante altre occasioni. Ora, alcuni scienziati dicono che è una procedura tranquilla, altri scienziati greci dicono, invece, che già l’idrolisi di per sé, è pericolosa, già pericolosa anche se fosse fatta su terraferma.

 

Perché è pericolosa?

Per le sostanze che vengono trattate, sono sostanze di per sé pericolose.

 

Farla  in mare quali rischi potrebbe comportare?

Il sistema è mobile. E’ come se si facesse un  esperimento – perché si tratta di un esperimento –  in un ascensore o in macchina o su un treno, invece si dovrebbe stare innanzitutto sulla terraferma, si dovrebbe stare in una situazione di massima tranquillità.

Appena si supera il mare mosso, appena si supera una certa entità – si indica 3-4 beaufort, e in quell’area in genere è di 5-6 beaufort –  bisogna andarsi a spostare nel porto più vicino. Spostarsi nel porto più vicino significa Creta, ma potrebbe succedere anche lungo le coste della Sicilia.

Ora, si tratta di un’operazione che non dura un giorno o una settimana, si parla di mesi, quindi, in tutto questo tempo, come si può sperare che ci sia sempre il mare calmo? E’ un’operazione di per sé stessa, come è stata concepita, già rischiosa per definizione. L’idrolisi in mare aperto, su nave, non è mai stata fatta. E questo lo dice anche l’OPAC

Sicuramente il disarmo, sicuramente la distruzione delle armi chimiche, sicuramente, ma non in questa maniera perché si mette a repentaglio un’intera zona, il Mediterraneo e tutta la zona costiera, perché significa sostanzialmente la distruzione di un intero ecosistema, collegato anche all’economia – si pensi alla pesca, si pensi al turismo.

Già il Mediterraneo… ci sono centinaia di navi (vedi lo studio di Legambiente ed il rapporto della Commissione di Inchiesta Parlamentare sui rifiuti). Mettici pure questa: il Mediterraneo è una fogna.

 

Ma è stato assicurato che i rifiuti dell’idrolisi non saranno scaricati in mare…

Loro dicono di no, ma dicono di no su tantissime cose che sono state inabissate nei mari o sotterrate nei torrenti, le famose scorie, c’è di tutto sotto i nostri piedi e nel nostro mare. Chi ci garantisce? Non abbiamo la sicurezza scientifica che ciò non avverrà, non ce l’abbiamo, perché nessuno la può dare.

Tenga presente che i residui dell’idrolisi sono una quantità molto superiore degli elementi che devono essere smaltiti, per fare un esempio su 700 tonnellate si avranno 6 milioni di litri di residui, dove li mettono?

E’ già stato vinto un bando di gara per delle aziende che dovrebbero poi riprendersi questo materiale e andarlo a smaltire su terraferma, ma perché non lo fanno già da subito questo procedimento? Perché questa triangolazione e questo passaggio nel Mediterraneo? Questa è una cosa che non si può concepire, non si capisce.

 

Uno dei vostri slogan, però, è ‘distruggere le armi chimiche non il Mediterraneo’, quindi date un valore all’operazione di distruzione? Quale alternativa proponete?

Sicuramente, questo non deve essere messo in discussione, è ovvio che la distruzione delle armi chimiche è una priorità su tutto, nessuna persona con coscienza direbbe: ‘no, le armi chimiche non si distruggono’. Però ci sono le alternative, innanzitutto sono procedimenti che sono già stati usati, ci sono delle zone, altri paesi che sono attrezzati per fare queste cose: perché non li fanno lì da subito? Perché questo rischio nel Mediterraneo? È stata concepita un’operazione che per definizione è rischiosa,perché non si è mai fatta, è un esperimento che fanno, come laboratorio ha il Mediterraneo: questo è inaccettabile

 

Il trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray è stato fatto ieri nel porto di Gioia Tauro. Continuerete le vostre attività, anche in sinergia con il comitato greco?

Sì, certo. Sos Mediterraneo non significa Sos Gioia Tauro, significa continuare questa lotta per tutto il Mediterraneo, per evitare, per impedire l’operazione di idrolisi. La gravità l’hanno concentrata nel Sud Europa, mentre le aziende che devono prendersi i residui e portarseli nella loro terraferma sono state pagate per fare questo. Noi  invece diamo gratis… ma a prescindere da questo – noi non ne facciamo una questione di merce di scambio, non la vogliamo la contropartita –  è una cosa che non regge, per logica, non regge e basta. Il nostro è un no senza se e senza ma.

Siamo in unione con i comitati greci perché questa cosa vogliamo che si estenda su tutto il Mediterraneo. Siamo partiti con questo slogan, ‘il gemellaggio con la Grecia’, e ora anche altre realtà calabresi di associazionismo ecc si stanno rendendo conto, finalmente perché, finora, dall’informazione che è stata fatta passare, non si era presa coscienza. Quello che abbiamo fatto noi -siamo poche persone – è stato quello di raccogliere più informazioni possibili, confrontarci – è venuto qui lo scienziato greco Pissias, accompagnato dal consigliere Boukas, ci hanno illustrato la situazione che per tanti versi già conoscevamo. Quello che stiamo facendo noi è questo, cercare di informare, perché l’informazione ufficiale è qualcosa di veramente viziato, è filtrato, questo allarma ancora di più.

A gennaio c’è stata un’ interrogazione parlamentare nel Parlamento europeo, firmata da 37 parlamentari, in cui si chiedeva di rivedere la zona dove dovrebbe avvenire l’idrolisi, ma a questa interrogazione parlamentare non ha fatto seguito un cambiamento di opinione, tanto è che ora ci troviamo in questa situazione. Ora il nuovo Parlamento, mi auguro che cercherà di incidere maggiormente, perché in quella occasione hanno firmato solo 37 parlamentari.

Noi non abbiamo la pretesa di organizzare manifestazioni di piazza, quello che facciamo è attirare l’attenzione con delle azioni pacifiche, tranquille e non violente, attirare l’attenzione e informare, questo è il nostro scopo.

 

 

Rita Paonessa

Armi chimiche Siria/Ferruccio Trifirò (comitato scientifico OPAC): tutto sotto controllo

Ferruccio Trifirò (comitato scientifico dell’OPAC – Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) è professore emerito di chimica industriale all’Università di Bologna. Lo abbiamo sentito sull’operazione di distruzione delle armi chimiche siriane di OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) e ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).

 

Il trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray è stato fatto ieri nel porto di Gioia Tauro. Questo passaggio era necessario? In molti si sono chiesti perché gli agenti chimici non sono stati caricati direttamente sulla nave americana…

E’ stata la Siria che ha rifiutato. La Siria non ha voluto perché era preoccupata che gli americani avessero contatti con i ribelli.

 

Il cargo è danese, ma c’è anche un’altra nave norvegese che porterà le sostanze meno pericolose direttamente in Finlandia e Stati Uniti e ci sono delle navi da guerra che fanno da controllo, sono cinesi, russe, di diverse nazioni.

 

Perché è stato scelto proprio il porto di Gioia Tauro?

Perché è un porto sul Mediterraneo, è un porto capace, attrezzato per fare trasbordo di cassoni, container, è un porto dove si fanno moltissimi trasbordi di sostanze anche chimiche. C’è una certa esperienza e poi ci sono anche delle competenze.

 

Dopo il trasbordo, gli agenti chimici saranno distrutti per idrolisi sulla nave, in acque internazionali, nel Mediterraneo. In che cosa consiste questo procedimento?

L’idrolisi è un trattamento che avviene sui 90 gradi con idrossido di sodio in un reattore particolare, dove avviene la rottura – diciamo –  di queste sostanze altamente tossiche. Ne hanno due di questi reattori, hanno già fatto delle prove. Si ottengono dei sottoprodotti, si ottiene una gran quantità di soluzione tossica. La soluzione ottenuta, questi rifiuti, diciamo, li mettono in contenitori che saranno tenuti nella nave e andranno un po’ in Germania un po’ in Inghilterra per essere trattati, la distruzione totale avverrà sul terreno. Viene fatta questa reazione perché le sostanze che si ottengono, sono sostanze convenzionali che si utilizzano nell’industria chimica, sono sostanze che queste industrie  già trattano, per questo motivo queste nazioni hanno accettato di riceverle e di distruggerle.

 

Alcuni comitati, però, hanno avanzato dei dubbi sul procedimento, sul fatto di farlo in mare…

Viene fatto in mare perché nessuna nazione avrebbe accettato di ricevere armi chimiche da distruggere, per questo lo fanno in mare, la distruzione è sempre una reazione pericolosa. Hanno accettato di distruggere rifiuti o sostanze di priorità seconda e terza che non sono proprio armi chimiche. Quindi l’alternativa era di farlo in alto mare, non avevano alternativa. Inoltre il fatto di farlo in alto mare dà il grosso vantaggio di essere più sicuri, nel senso che, se c’è un incidente, non c’è popolazione civile. Ma dove è il problema di farlo in mare aperto? Il problema di farlo in mare aperto è se il mare è mosso, questo è il vero problema: la speranza è che il mare sia calmo perché queste operazioni possono farle solo se il mare è tranquillo.

 

Nel caso in cui ci fosse mare mosso, la nave si dovrebbe spostare nel porto più vicino, quindi ci sarebbero dei rischi per la popolazione?

Se c’è il mare  mosso e la nave deve andare in un porto, la Croazia ha offerto il porto, la nave dovrebbe andare in Croazia perché la Croazia ha offerto il porto.

 

L’unico rischio è rappresentato dal mare mosso?

Le reazioni chimiche sì sono rischiose, ma lì ci 60 specialisti, 60 chimici ( e 32-33 marinai), i primi a rischiare sono loro, quelli che sono sulla nave: faranno le cose con cura. Sono degli specialisti, persone che conoscono il problema, hanno fatto delle prove, sono i primi a rischiare. L’unica cosa è avere il mare tranquillo, dei ritardi potrebbero esserci per questo

 

Per quanto riguarda l’idrolisi, da che cosa deriva il rischio? Che cosa potrebbe succedere?

E’ tutto sotto controllo, sono preparati, c’è un’apparecchiatura automatica, non dovrebbe succedere niente però, quando si fa una reazione chimica, può succedere che aumenti la temperatura, scoppia il reattore, quindi le persone che sono lì vicine possono essere soggette alle emissioni di questi gas tossici, questo è il pericolo.

 

Questo è il pericolo per chi è sulla nave, ma può essere un pericolo anche per l’ecosistema?

Il pericolo è per le persone che sono sulla nave perché le quantità sono piccole, lì fanno reazioni in piccole quantità, per questo ci metteranno due mesi, anche questo diminuisce il rischio: per aumentare la sicurezza, mettono pochissima sostanza. Anche se ci sono emissioni, non sono grosse quantità.

 

Alcuni comitati hanno sollevato un problema di inquinamento…

I rifiuti non andranno in mare, sulla nave ci sono dei membri dell’organizzazione che distrugge le armi chimiche, presenti lì proprio per controllare che tutto vada in questi recipienti che andranno in Inghilterra e in Germania. Non c’è il problema che li buttano in mare come qualcuno ha ipotizzato, hanno scelto una nave che ha lo spazio per fare questo. A controllare ci sono i dipendenti dell’Opac, sono i garanti per noi. Hanno delle strumentazioni analitiche per fare delle misure, per sapere che cosa entra e che cosa viene fuori, controlleranno tutto. Alla fine della reazione controlleranno che prodotti ci sono.

 

Rita Paonessa