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Vibo, chiude il reparto di ortopedia, carenze strutturali e di personale

VIBO VALENTIA – Gravi carenze strutturali e mancanza di personale medico. Sono queste le ragioni che hanno portato alla chiusura del reparto di Ortopedia dell’Ospedale Jazzolino di Vibo Valentia.

I vertici della struttura, che già da tempo versa in una grave situazione, hanno così deciso che, vista la carenza di personale – pochi medici e altrettanti pochi infermieri – la chiusura del reparto è una soluzione temporanea.

Il direttore generale dell’Asp vibonese, Elisabetta Tripodi ha però tenuto a precisare che è sua ferma intenzione adoperarsi affinché la situazione critica torni quanto prima alla normalità.

Il blocco riguarderà soltanto le attività chirurgiche, «rimane la carenza di specialisti – ha detto la Tripodi – anche in altre strutture da cui abbiamo tentato di averli in prestito».

 

 

 

 

 

“La Spalla Dolorosa”, il convegno medico ideato dal dr. Caforio e Xenia

COSENZA – Si terrà il prossimo 16 marzo 2019 nella sede dell’Ordine dei Medici di Cosenza in Via Suor Elena Aiello, il convegno medico scientifico dal titolo “La spalla dolorosa”, promosso da Xenia.  

Presidente del convegno, rivolto a medici, infermieri, fisioterapisti, tecnici di radiologia, è il dott. Marco Caforio, chirurgo ortopedico, traumatologo,specialista in chirurgia protesica e artroscopica.
Presidenti onorari sono il dott. Luigi Bisogno e il dott.Vincenzo Campagna. 
Il dottor Marco Caforio è originario della Brianza e da qualche anno vive e lavora a Cosenza. Vanta nel suo curriculum significative e qualificate esperienze lavorative, tra cui quella al Gaetano Pini di Milano, centro di eccellenza per la cura e il trattamento di patologie ortopediche e traumatiche. 

Una giornata di formazione assai importante vista l’importanza del tema che sarà affrontato sotto diversi punti di vista. La spalla, infatti, è un distretto anatomico poco trattato, soprattutto in Calabria.

Cinque le sessioni in cui è strutturato l’evento che sarà valevole per l’acquisizione di 6 crediti formativi. Al convegno prenderanno parte specialisti illustri ognuno dei quali darà il proprio contributo relativamente al tema scelto dal presidente, dott.Caforio, riguardante, appunto la Spalla Dolorosa.

Marco Caforio, le recenti scoperte in ortopedia «Una vera rivoluzione»

COSENZA – Dall’ingegneria biomedica e tissutale alla chirurgia rigenerativa, la possibilità cioè di impiegare le cellule staminali nella cura contro l’artrosi e quindi impiegare le cellule derivate dal grasso per rigenerare la cartilagine. Sono queste le più innovative e significative scoperte che hanno caratterizzato l’ortopedia moderna negli ultimi anni.

«Trattare alcune patologie ortopediche, soprattutto in campo muscolo – scheletrico mediante la medicina rigenerativa è oltremodo significativo. E a mio parere rappresenta, insieme all’ingegneria biomedica – quella cioè in grado di sviluppare protesi o mezzi di sintesi con materiali e design più innovativi capaci di adattarsi meglio all’anatomia umana – la scoperta più notevole e innovativa degli ultimi trent’anni»

A parlare è il dott. Marco Caforio, ortopedico specializzato in chirurgia protesica ed artroscopica, trasferitosi da circa due anni dalla Brianza a Cosenza  dove vive e lavora presso la  Casa di Cura Scarnati. E la sua fortuna, come egli stesso confessa è stata quella di  trovare un ambiente accogliente e una città con stili di vita completamente diversi da quelli del nord Italia a cui era abituato, e che ora ama.

 

Entrando nel merito della questione relativa all’utilizzo delle cellule staminali per la rigenerazione della cartilagine, il dott. Caforio ha risposto ad alcune domande

Di quali malattie stiamo parlando?

«Le malattie degenerative ortopediche trovano la loro massima espressione nell’artrosi (usura della cartilagine) che debilita circa il 15% della popolazione mondiale, inducendo disabilità fino al punto di limitare o bloccare la deambulazione e influenzare moltissimo l’umore e lo status generale della persona. Il tessuto cartilagineo degenera, cambia di costituzione e spessore a seguito di forze meccaniche, ad esempio dopo un trauma contusivo o distorsivo, come nel caso di molti giovani.  Le continue sollecitazioni o microtraumi ripetuti, per sovraccarico funzionale, sono  altre condizioni che portano all’usura della cartilagine, provocate da deviazioni assiali degli arti inferiori, obesità o per l’avanzare dell’età. Secondariamente altre malattie primitive del metabolismo cartilagineo o che inducono un passaggio di mediatori dell’infiammazione dalla membrana sinoviale alla cartilagine (come nel caso dell’artrite reumatoide) portano all’artrosi. Il reumatologo in questo caso fino ad ora ha cercato inibitori di questo processo infiammatorio, a volte anche autoimmunitario». 

Come è avvenuta questa scoperta?

«Negli anni 80 venivano scoperte le cellule staminali, cioè cellule primitive, non specifiche, dotate della capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo attraverso un processo denominato “differenziazione cellulare”. Sono presenti nel cordone ombelicale, nel midollo osseo, nel sacco amniotico, nelle cellule adipose. Il dilemma degli ortopedici del XX secolo è sempre stato quello di cercare di “far consolidare una frattura che non guarisce”, curare cioè le pseudoartrosi. Da lì i vari tentativi di applicare l’ingegneria biomedica al campo muscolo-scheletrico, prima attraverso una teoria meccanica, donare cioè stabilità ad una frattura, senza farle avere micromovimenti; secondariamente con lo studio del microambiente circondante, per dar vita ad esperimenti in vivo ed in vitro, per far avere lo sperato “callo osseo”. Nel 2001 Friedlander scoprì una proteina che iniettata nella pseudoartrosi creava osso. I suoi sviluppi portarono ai concetti di osteoconduzione (impalcatura e trabecolatura ossea), osteoinduzione (proteine che favorissero la differenziazione di una cellula vergine, come le staminali, verso la cellula ossea) ed osteogenesi (processo di formazione della cellula ossea vera e propria). Grazie a ciò l’ortopedico ha potenziato dunque le sue armi per sconfiggere le pseudoartrosi».

Come è stato affrontato fino ad ora il trattamento della cartilagine?

«Prima si tentava, attraverso tecniche artroscopiche, di stimolare la cartilagine, inizialmente con uno shaving (semplice pulizia con uno strumento motorizzato delle fibrille alterate della cartilagine), poi una condroabrasione (stimolazione a radiofrequenze degli strati profondi della cartilagine con elevate temperature), a seguire con le microperforazioni (creando dei buchetti dove mancava la cartilagine, per far sì che sanguini l’osso sottostante e col sanguinamento arrivassero sostanze per far riparare in loco l’erosione cartilaginea) o trapianti di cartilagine (AMIC – Autologous Matrix Implantation Chondrocytes – prelievo di cellule cartilaginee del paziente da una zona non di carico, sviluppo in laboratorio di una membrana di cellule del paziente, impianto nel sito mancante della membrana di cartilagine così costruita). Nell’ultimo decennio è stato scoperto il famoso gel piastrinico (PRP –Platelet-Rich Plasma (plasma estratto dal sangue del paziente arricchito delle sue piastrine): la scoperta che all’interno dei granuli piastrinici fossero presenti delle proteine che iniettate in un ambiente specifico favorissero la differenziazione di determinati ceppi cellulari verso linee specifiche- in questo caso la linea cartilaginea- sfruttava la teoria della “condro-induzione”.  È stato studiato anche questo, sia su cavie animali che sull’uomo: buoni risultati nell’osso, nelle lesioni muscolo-tendinee, risultati altalenanti nell’artrosi. Personalmente, ho un 50% dei pazienti che ho trattato col PRP che è soddisfatto (con riduzione del dolore) e un 50% senza alcun effetto»

Qual è il presente e cosa ci riserva il futuro?

«Il presente sfrutta la teoria condrogenica, cioè cercare di avere la cellula totipotente in articolazione, e il microambiente articolare la può far differenziare in cellula cartilaginea. Le cellule staminali che hanno la capacità di differenziarsi in cellule della cartilagine sono quelle mesenchimali (ADSCs- Adipose-derived mesenchymal stem cells) che creano impalcature solide ma flessibili (concetto di condrogenesi e condroconduzione). Grazie allo studio ADIPOA (Adipose derived stromal cells for osteoarthritis), finanziato dall’Unione Europea durato 54 mesi che ha visto partecipi 12 centri, tra cui anche l’Italia, coordinato dal Centro dell’Università francese di Montpellier, oltre a confermare l’efficacia e la sicurezza dell’uso delle ADSCs, nel trattamento dell’artrosi del ginocchio, ha anche definito la dose ideale per una singola iniezione intra-articolare.Il protocollo prevede un prelievo di grasso da circa 20 ml per avere circa 100 milioni di ADSCs. Queste sono divise in provette poi reinoculate nell’articolazione stessa. Sebbene ad oggi possiamo contare su di un limitato follow-up, comunque con grandi e solide premesse, questa nuova tecnica risulta essere di notevole interesse  che avrà riscontri sempre maggiori negli anni futuri; comunque farà aumentare la competitività dell’UE nel mondo nell’enorme mercato mondiale della medicina rigenerativa». 

R.A

 

Marco Caforio, «Ingegneria tissutale, nuova frontiera dell’ortopedia moderna»

COSENZA – E’ uno dei settori terapeutici più all’avanguardia in campo medico particolarmente legato a tessuti e organi. L’ingegneria tissutale – nuova frontiera anche in ambito ortopedico – è oggi uno degli strumenti più utilizzati dalla medicina rigenerativa, consistente nel rimpiazzamento di cellule, tessuti e organi riutilizzati per ripristinare le normali funzioni dell’organismo.

«In ortopedia – spiega il dott. Marco Caforio –brillante chirurgo ortopedico originario della Brianza trasferitosi da poco più di un anno a Cosenza dove presta servizio alla Clinica Scarnati- l’utilizzo di questo particolare e innovativo strumento di rigenerazione è assai diffuso». E nell’ambito dell’ingegneria tissutale rilevanza assume l’utilizzo dei biomateriali, argomento sul quale il dottore Caforio ha tenuto, nei giorni scorsi, un seminario al Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione dell’Università della Calabria dal titolo “Biomateriali in Ortopedia e Traumatologia”.

«I biomateriali – dice il dott. Caforio – sono ideati per relazionarsi con i principali sistemi biologici al fine di valutare e dare supporto o anche sostituire in alcuni casi, un qualsiasi tessuto, organo o funzione vitale. E’ necessario però distinguerli in base alla loro destinazione, alla loro conformazione, al loro uso temporale, ai loro effetti sull’organismo, alla loro evoluzione storica e, in ultimo – ma non meno rilevante- al tipo di materiale utilizzato. E Sebbene rappresentino oggi un importante e moderno traguardo in campo biomedico i biomateriali hanno una loro storia che si è evoluta nel corso degli anni. Oggi il biomateriale che viene utilizzato in chirurgia deve fungere da stimolo per avere determinate risposte da parte dell’organismo».

LA CLASSIFICAZIONE DEI BIOMATERIALI: I METALLI

«Tra i materiali più utilizzati in chirurgia ortopedica– come ha chirtito il dott. Caforio agli studenti dell’Unical durante il seminario – ci sono i metalli: i più diffusi sono rappresentati dalle Leghe di Titanio, largamente usate per lo sviluppo di placche o chiodi per la sintesi di fratture, o altre Leghe metalliche sfruttate per l’impianto di protesi alle articolazioni, dove giocano un ruolo significativo oltre che la resistenza a corrosione e fatica, anche e soprattutto il modulo elastico»

I POLIMERI

Assai adoperati sono poi i biomateriali polimerici, grazie alla loro biocompatibilità. «Il nylon ad esempio – spiega il dottore– è utilizzato per le suture non riassorbibili, il polietilene come “ingranaggio” articolare interposto tra due componenti protesiche. Altri materiali sono poi le piccole vitine polimeriche usate nella traumatologia sportiva, come fissazione di legamenti o nella ricostruzione dei tendini della cuffia dei rotatori. L’unico problema di questi ultimi, ancora presente, è rappresentato dal controllo della loro velocità di degradazione in ambiente biologico».

I BIOMATERIALI CERAMICI

Tra le caratteristiche che contraddistinguono i biomateriali ceramici vi è certamente la fragilità, la poca duttilità, la resistenza all’usura, la buona trasmissione dei carichi e l’essere bioinerti. Tra i biomateriali ceramici assume importanza l’idrossiapatite, un materiale che ripropone la fase minerale dell’osso e induce uno stresso legame chimico tra impianto e osso ospite.

I BIOMATERIALI BIOLOGICI, LA NUOVA FRONTIERA DELL’ORTOPEDIA MODERNA

La vera frontiera anche in campo ortopedico è però rappresentata dai biomateriali biologici, utilizzati per la rigenerazione dei tessuti. Tre i principi cardine di questa tipologia di materiali sul tessuto osseo: l’osteoconduzione ( di cui fa parte l’idrossiapatite),  l’osteoinduzione e l’osteogenesi. Rientrano nella seconda sfera le BMPs (Bone Morphogenic Proteins), proteine che inducono un processo biologico a cascata atto a formare nuovo tessuto, in questo caso osseo.

GLI SCAFFOLDS, ALTRO PASSO IN AVANTI

Altro importante passo dell’ingegneria tissutale è basato poi sull’impianto di scaffolds, supporti porosi realizzati con materiali biocompatibili capaci di favorire l’adesione e la proliferazione cellulare fino alla formazione del nuovo tessuto. «Esistono diverse tipologie di scaffolds – dice il dott. Caforio- naturali, sintetici e artificiali e sono particolarmente utilizzati per colmare i difetti cartilaginei. Grazie a questa tipologia di biomateriali – che sono tra l’altro biodegradabili e permeabili- siamo in grado di trattare diverse patologie».

L’IMPORTANZA DEI Growth Gactors

Negli ultimi anni, poi, si sono sviluppati diversi studi sui fattori di crescita, meglio noti come growth factors, vale a dire delle proteine in grado di stimolare la proliferazione e la diffusione delle cellule, contenute nel gel piastrinico. «Le infiltrazioni di PRP– conclude il dottore- sono una promettente alternativa a diverse terapie oggi presenti in campo medico e sono destinate a divenire un importante traguardo non solo in ambito ortopedico, ma medico in generale».

 

 

Castrovillari, nominata la commissione esaminatrice per il concorso di primario di ortopedia

CASTROVILLARI (CS) – «Il direttore generale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, Raffaele Mauro, come da impegni assunti formalmente e comunicati al Sindaco della città, ha nominato la commissione esaminatrice del concorso da primario di ortopedia nell’ospedale di Castrovillari». Lo rende noto il primo cittadino del capoluogo del Pollino, Domenico Lo Polito, ricordando che «con delibera n. 515 del 30 marzo scorso è stata determinata tale procedura che vede nominati componenti effettivi della Commissione i dottori Vigane, Camos e Viola. Tale atto- aggiunge il sindaco di Castrovillari-  è importante perché porterà alla riapertura del reparto di ortopedia a pieno regime, soprattutto operatorio, e non solo ambulatoriale come è attualmente».

Ricoveri sospesi a Ortopedia, il sindaco Mario Occhiuto sollecita “una soluzione rapida”

COSENZA – “La precarietà occupazionale che riguarda i tre medici del reparto di Ortopedia del nosocomio dell’Annunziata che, per esigenze di servizio, ha portato la direzione dell’Azienda ospedaliera di Cosenza alla drammatica decisione di sospendere i ricoveri, è un fatto grave oltre che un’emergenza alla quale occorre porre una doverosa e immediata soluzione”. Il sindaco Mario Occhiuto interviene in maniera decisa nella spiacevole vicenda che interessa la sanità locale e che va a penalizzare i cittadini. “Non è concepibile eliminare i servizi essenziali sulla salute – aggiunge Occhiuto – e per questo motivo solleciterò gli organi competenti a raggiungere in tempi rapidi una determinazione positiva che possa far tornare le attività di ricovero a regime. Certamente – conclude il Sindaco – chiederò delucidazioni al direttore generale dell’Azienda ospedaliera Paolo Gangemi e mi rivolgerò al Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti affinché anche per il futuro si possano scongiurare situazioni analoghe”.