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Tragedia funivia, la Procura: “freni manomessi”. Tre persone fermate

STRESA (VB) – Svolta nella notte sul caso della tragedia di Stresa-Mottarone, avvenuta domenica scorsa e dove ha perso la vita una 27enne di Diamante insieme al suo ragazzo e ad altre 12 persone. Tre persone sono state sottoposte a fermo disposto dal procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi. Si tratta di Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, del direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini. I tre sono stati condotti nel carcere di Verbania.

Un gesto materialmente consapevole” ha detto il procuratore Bossi, al termine degli interrogatori, spiegando che sulla cabina precipitata è stata messa la ‘forchetta‘, ovvero il dispositivo che consente di disattivare il freno, e non è stata rimossa. Le accuse sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime.

La confessione

Le tre persone fermate nella notte per l’incidente alla funivia del Mottarone hanno ammesso quanto accaduto e a dirlo è il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso“, dice l’ufficiale. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”. “Non è stato facile – ha dichiarato il comandante Cicognani – ma abbiamo cercato di ricostruire nel miglior modo possibile, nel modo più scrupoloso tutto quello che è accaduto e ciò che ha portato alla tragica fine delle vittime”.

Gli accertamenti

Gli inquirenti hanno accertato che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso” ha spiegato il procuratore di Verbania, secondo cui il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso per “evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente”. “Per ovviare a questo problema, gli operatori con il concorso e l’avvallo e l’assoluta consapevolezza del gestore e colui che era il responsabile dell’impianto, non è stato rimosso questo dispositivo. E, nel momento in cui il cavo si è spezzato, il sistema di emergenza non è potuto entrare in funzione”, ha ancora spiegato la Bossi.

I tre fermi sono “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante – ha spiegato il procuratore – agli accertamenti che abbiamo svolto. Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale”.

L’impianto “presentava anomalie”

La funivia del Mottarone era entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, ed “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi” precisa il procuratore di Verbania. Dalla ripresa del servizio l’impianto presentava delle “anomalie“. Problemi presenti “anche prima, quando la funivia veniva attivata solo per manutenzione o servizi che non comportavano il trasporto dei passeggeri”. Poi, quando le misure anti Covid sono state allentate e si è tornati alle attività normali, “questi incidenti si sono verificati con cadenza se non quotidiana comunque molto frequente. Erano stati richiesti ed effettuati interventi tecnici per rimediare ai disservizi, ma non erano stati risolutivi – sottolinea -. Così si è pensato di rimediare”.

La procura di Verbania si riserva “di valutare eventuali posizioni di altre persone“. Il procuratore Olimpia Bossi, che con la pm Laura Carrera coordina le indagini sul crollo della cabina, parla di “un quadro fortemente indiziario in ordine al quadro descritto” nei confronti dei fermati, ovvero le persone che avevano, “dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni”.

“Approfondiremo questa manomissione”

“Ora si tratta di approfondire – spiega ancora il procuratore – quanto accennato sui freni. Abbiamo bisogno dell’intervento dei tecnici”. “Domenica l’altra cabina non aveva il ‘forchettone’, ma verificheremo se l’apposizione era stata fatta anche su quella”, aggiunge a proposito del sistema utilizzato per evitare che la funivia si fermasse di continuo e che, secondo gli accertamenti della procura, ha causato la mancata attivazione dei freni.

Cosenza, omicidio Giuseppe Ruffolo, arrestati autore e mandante. I nomi

COSENZA – La Polizia di Stato, a conclusione di complesse indagini, svolte dalle Squadre Mobili di Cosenza e Catanzaro e dal Servizio Centrale Operativo e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, sotto la guida del Procuratore della Repubblica dott. Nicola Gratteri, nella tarda serata di ieri ha dato esecuzione ad un’ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere a carico di due persone ritenute responsabili di omicidio, aggravato dal metodo e dall’agevolazione dell’associazione mafiosa, e porto illegale di armi. Si tratta di Roberto Porcaro, 35 anni di Cosenza e di Massimiliano D’Elia, 33 anni di Carolei, entrambi con numerosi precedenti di polizia.

L’indagine, suffragata dal contributo delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha permesso di ricostruire le dinamiche, maturate in seno al clan mafioso LANZINO-PATITUCCI, che portarono all’omicidio di Ruffolo Giuseppe, deceduto il 22 settembre del 2011 dopo essere stato attinto da diversi colpi di arma da fuoco.

La vittima nella circostanza era stata attinta da diversi colpi di arma da fuoco esplosi, mentre percorreva, in auto, Via Degli Stadi a Cosenza, da un attentatore che viaggiava a bordo di uno scooter. Secondo le indagini, si è potuto documentare come l’azione omicidiaria fosse scaturita dall’attività usuraia di Ruffolo senza il preventivo assenso dei Lanzino-Patitucci, omettendo di far confluire parte dei proventi illeciti nella “bacinella dell’organizzazione criminale di appartenenza”. In tale contesto le indagini hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza a carico di Porcaro e D’Elia, quest’ultimo autore del delitto.

Dopo le formalità di rito i due sono stati tradotti nel carcere di Cosenza.

 

 

 

Marisa Manzini lascia la Procura di Cosenza. Nominata consulente Commissione Antimafia

COSENZA – Marisa Manzini, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Cosenza lascia l’incarico nella città dei Bruzi per andare a lavorare nella Commissione Parlamentare Antimafia.

La proposta le è giunta direttamente dal Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra. Insieme alla Manzini, anche i magistrati Giuseppe Lombard, procuratore aggiunto di Reggio e Camillo Falbo, sostituto procuratore della Dda di Catanzaro lasciano i loro rispettivi incarichi per recarsi a Palazzo San Macuto.

 

 

Appalti all’Annunziata, blitz della Guardia di finanza e dei carabinieri

COSENZA – La Procura della Repubblica di Cosenza ha avviato un’inchiesta sull’appalto del servizio di pulizia dell’ospedale “Annunziata”.

La Guardia di finanza ed i carabinieri di Cosenza, su delega della Procura, si sono recati nell’ospedale ed hanno acquisito una voluminosa documentazione. Nell’inchiesta, secondo quanto si è appreso, ci sarebbero alcuni indagati.

Il reato che viene ipotizzato è quello di truffa.

Guccione sul contenzioso Asp, «Presentati già due esposti alla Procura di Cosenza»

COSENZA – Riceviamo e pubblichiamo nota stampa del Consigliere regionale Carlo Guccione in merito al «Contenzioso Asp di Cosenza, milioni di euro utilizzati per pagare parcelle, spese legali, doppi e/o tripli pagamenti di una stessa fattura. Presentati già due esposti alla Procura di Cosenza»

«Decine di milioni di euro, finalizzati a garantire i Livelli essenziali di assistenza e le prestazioni sanitarie dei cittadini dell’Asp di Cosenza, sono stati invece utilizzati per pagare parcelle, interessi di mora e pagamenti doppi e tripli di una stessa fattura.  Tutto ciò rischia di aggravare la già precaria situazione del debito sanitario calabrese e di allungare ancora di più, dopo nove anni, lo stato di commissariamento della Regione».

È quanto sostiene il consigliere regionale Carlo Guccione che ha presentato un’interrogazione al presidente della Giunta regionale in merito all’enorme contenzioso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza.

«In seguito a una mia richiesta al direttore generale dell’Asp di Cosenza – ha spiegato il consigliere Guccione – di fornire una dettagliata documentazione sul contenzioso, in uno dei documenti consegnatomi il responsabile dell’ufficio legale dell’Asp, Giovanni Lauricella, ha ammesso che “non è in grado di fornire ad oggi un dato non contestabile sullo stato del contenzioso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”.  Contenzioso che potrebbe essere di molto superiore alla stima: se si sommassero le cifre vincolate presso il Tesoriere e i pignoramenti, il contenzioso in essere arriverebbe alla considerevole cifra di euro 783.947.089,32. Cifra che potrebbe superare oltre il miliardo di euro. Infatti è in corso una ulteriore verifica interna – come ha spiegato l’avvocato Lauricella – con l’obiettivo di individuare ogni ulteriore elemento utile al fine di cristallizzare il contenzioso».

«Ma vediamo nel dettaglio qual è la situazione: l’Asp di Cosenza, a causa dei molteplici pignoramenti notificati all’Ente, ha somme vincolate presso il Tesoriere (BNL) per euro 103.711.876,50, alcuni dei quali azionati con lo stesso titolo esecutivo in quanto il debitore, sino a quando non viene soddisfatto il proprio credito, può azionare il proprio titolo più volte anche presso diversi Tribunali, come previsto e consentito dalle norme di procedura civile in vigore. Nello specifico, l’importo dei pignoramenti che l’Asp di Cosenza ha subito è poco meno di trecento milioni di euro. «Dai dati ricavabili dagli elenchi trasmessi dai Tribunali di Paola, Cosenza e Castrovillari – specifica il consigliere regionale nell’interrogazione – e dai dati risultanti presso UOC Affari legali e Contenzioso risulta un totale di euro 190.802.698,62 di contenzioso in essere per l’Asp di Cosenza. Ma la stima presumibile del contenzioso in essere non tiene conto dei giudizi pendenti presso i Tribunali di Milano, Roma, Tivoli, Bologna e Catanzaro che ammonterebbe a circa 200 milioni». Il direttore Affari legali e Contenzioso Asp di Cosenza, avvocato Giovanni Lauricella, nella documentazione fornita dal direttore generale Raffaele Mauro al consigliere Carlo Guccione, scrive: “Ritenendo di dover fornire un dato non contestabile, nella somma complessiva non è stato conteggiato il valore delle controversie di valore indeterminato e/o indeterminabile, i procedimenti esecutivi (non essendo stato possibile reperire negli elenchi trasmessi dai Tribunali i titoli, gli interventi effettuati e gli importi richiesti), e i procedimenti di lavoro pendenti al 31/12/2016 presso il Tribunale di Cosenza, salvo quelli comunicati dai dipendenti interni”. «Questa vicenda – ha spiegato Carlo Guccione – è stata oggetto di denunce circostanziate alla Procura della Repubblica di Cosenza. Nella seduta del 19 settembre 2018 della Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, l’ex Commissario per l’attuazione del Piano di Rientro, Massimo Scura, ha informato che nel novembre 2016 la struttura commissariale ha presentato un esposto alla Procura sulle vicende del contenzioso dell’Asp di Cosenza su fatti circostanziati. Nel corso dell’audizione il commissario Scura ha riferito che, nonostante i solleciti, nulla al momento è emerso dalle indagini». «Il 21 novembre 2016 anche il direttore generale dell’Asp di Cosenza ha presentato un esposto sempre sul tema del contenzioso Asp, alla Procura di Cosenza – è scritto nell’interrogazione – denunciando atti e comportamenti posti in essere in danno delle casse dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza». «Non è da escludere che in considerazione delle numerose cessioni di credito, della cartolarizzazione dei crediti, della prassi di azionare i medesimi titoli presso vari Tribunali d’Italia, della non obbligatorietà dei terzi assegnatari di somme nell’ambito delle varie procedure esecutive di notificare l’ordinanza al debitore Asp, del comportamento scorretto di alcuni creditori, della carente o distorta informazione tra i vari uffici dell’Asp,  siano stati effettuati pagamenti doppi o addirittura tripli. Sono state già rilevate duplici richieste di pagamento delle stesse fatture – spiega Carlo Guccione – e la conseguente illegittima formazione di decreti ingiuntivi, unitamente all’abusivo e perdurante frazionamento del credito azionato in danno dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza che ha comportato e comporta un notevole aumento delle spese e la conseguente diminuzione delle risorse per le prestazioni sanitarie». «È stato messo in atto un vero e proprio sistema, un circolo vizioso – afferma Guccione – che vede ritardi nei pagamenti, decreti ingiuntivi, pignoramenti e cessioni di credito, nomine di commissari ad acta che aggravano i costi finanziari (interessi, spese legali, etc.) e bruciano risorse che potrebbero essere utilizzate per migliorare la sanità cosentina e calabrese.

Il consigliere regionale Carlo Guccione chiede dunque al presidente della Giunta regionale quali iniziative urgenti intende intraprendere «per evitare che decine di milioni di euro destinati a curare i cittadini della provincia di Cosenza, siano utilizzati per pagare interessi e spese legali per l’enorme contenzioso che ha portato addirittura, vista la scarsa organizzazione dell’ufficio legale dell’Asp di Cosenza, a doppi e/o tripli pagamenti di una stessa fattura».

Rubò soldi e bancomat a funzionaria della procura, arrestato 47enne

CROTONE – Si sarebbe intrufolato in un ufficio amministrativo, all’interno della Procura della Repubblica di Crotone, rubando il portafoglio dalla borsa di una funzionaria per poi impossessarsi, oltre che del denaro contante, circa 200 euro, anche del bancomat utilizzando il quale avrebbe effettuato un prelievo di altri 250 euro.

Un uomo di 47 anni, N.G., in trasferta dalla provincia di Cosenza, è stato identificato e arrestato dalla Polizia di Stato con l’accusa di furto e uso indebito di carte di credito. L’episodio è avvenuto nello scorso mese di ottobre.

Il ladro, con alle spalle numerosi precedenti di polizia, è stato individuato, nonostante avesse il volto parzialmente coperto da un cappuccio, dagli investigatori della Squadra mobile grazie alle immagini delle telecamere dello sportello bancomat. I successivi accertamenti hanno confermato i sospetti dei poliziotti che hanno proceduto all’arresto del quarantasettenne.

Regali in cambio di favori, nei guai cinque carabinieri

CROTONE – Le accuse vanno dal falso alla truffa, dal peculato alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Questo quanto viene contestato a cinque carabinieri in servizio nella stazione di Cirò in provincia di Crotone.

Secondo l’accusa i militari avrebbero accettato regali, quali cassette di arance, legna da ardere, in cambio di favori ad alcuni abitanti del luogo. In particolare i cinque carabinieri avrebbero sorvolato su alcuni reati nel redigere le informazioni per il rilascio del porto d’armi. Tra le accuse anche la falsa attestazione di prestare servizio quando invece si trovavano a casa o in altri luoghi. L’indagine è stata condotta dal sostituto procuratore della repubblica di Crotone Alfredo Manca.

 

 

 

 

Fentanyl, ecco la nuova droga in voga sul mercato. Blitz dei carabinieri

BISIGNANO (CS) Nelle prime ore della mattinata, in Bisignano (CS), i militari del Comando Provinciale Carabinieri e del NAS di Cosenza, coadiuvati da personale della Compagnia di Intervento Operativo del 14° Battaglione Calabria e da unità antidroga del Nucleo Cinofili dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno dato esecuzione a 6 ordinanze di custodia cautelare (di cui 4 in carcere, 1 agli arresti domiciliari ed 1 obbligo di dimora), emesse dal GIP presso il Tribunale di Cosenza – su richiesta della locale Procura della Repubblica – nei confronti di altrettanti soggetti, indagati in concorso per i reati di “spaccio di sostanze stupefacenti”, “truffa in danno del Servizio Sanitario Nazionale”, “ricettazione” e “falsità materiale commessa dal privato”.

 

Sviluppo dell’attività investigativa.

L’indagine trae origine dalle dichiarazioni rese dalla madre di uno dei destinatari dei provvedimenti restrittivi, la quale, nel mese di maggio 2017, segnalava alla Stazione Carabinieri di Bisignano che il figlio era solito acquistare illegalmente, da alcuni spacciatori del luogo, un medicinale antidolorifico e narcotico, denominato “Durogesic”, in forma di cerotti transdermici contenenti quale principio attivo il “Fentanyl”, un potente analgesico oppioide sintetico avente effetti largamente superiori alla morfina.

I complessi approfondimenti investigativi consentivano di:

  • accertare un articolato e ben organizzato sistema di procacciamento dei menzionati cerotti da parte degli indagati, i quali, utilizzando ricettari provento di furto perpetrato in Ospedali ed Ambulatori della provincia di Cosenza e diversi timbri contraffatti, recanti i dati identificativi di un medico ormai in pensione o medici inesistenti, falsificavano le prescrizioni mediche ed acquisivano fraudolentemente, presso farmacie della Provincia di Cosenza (site nei comuni di Cosenza, Calopezzati, Castrovillari, Corigliano-Rossano, Mirto Crosia, Montalto Uffugo e San Marco Argentano) numerosissime confezioni di “Durogesic”;
  • comprovare l’esistenza di una ramificata rete di commercio illegale dei citati farmaci, rivenduti ai clienti con un prezzo variabile a seconda del taglio (cerotto intero 50€, mezzo cerotto 25€, striscia singola 10€), per un giro di affari di circa 000 , cristallizzando le condotte delittuose degli indagati in ordine a circa 50 episodi di cessione a innumerevoli assuntori;
  • documentare una truffa, ammontante a circa 000 €, conseguente all’erogazione di medicinali interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte di alcuni farmacisti della provincia, indotti in errore circa la genuinità delle ricette mediche.

Nell’ambito dell’indagine i militari operanti avevano già sequestrato 20 cerotti transdermici, nonché 2 ricettari non compilati riportanti il timbro dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza.

 

Ulteriori riscontri durante l’esecuzione delle misure.

Contestualmente alla notifica delle misure cautelari sono stati eseguiti 15 decreti di perquisizione domiciliare (9 dei quali a carico di altri soggetti indagati in stato di libertà per i medesimi reati), a seguito delle quali sono state denunciate in stato di libertà 2 persone, una per “detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti” ed una per “ricettazione”, nonché segnalati alla Prefettura di Cosenza quali assuntori di sostanze stupefacenti ulteriori 4 soggetti, procedendo complessivamente al sequestro di 5 cerotti transdermiciDurogesic”, 4 prescrizioni mediche già compilate e recanti il timbro della locale azienda ospedaliera, 32 confezioni di metadone, 2 grammi di eroina ed 1 grammo di hascisc.

 

Fentanyl”, la nuova droga che ha invaso il mercato.

Il Fentanyl è un analgesico oppioide sintetico, più potente della morfina, utilizzato da ormai 20 anni soprattutto per le cure palliative oncologiche. La principale caratteristica di tale prodotto è certamente quella del rapido assorbimento e quindi della capacità di produrre effetti narcotici in pochissimi minuti. Assunto in assenza di dolore fisico e di adeguato controllo medico potrebbe determinare anche gravi effetti collaterali, generando conseguentemente uno stato di forte dipendenza, da intendersi come una sorta di necessità compulsiva di procurarsi la sostanza con ogni mezzo. Purtroppo, si stima che la sempre più diffusa vendita illegale di farmaci oppioidi abbia prodotto un netto incremento delle morti per overdose: basti pensare che solo nel 2016, sono stati accertati oltre 42.000 casi di decessi negli Stati Uniti e circa 8.000 in Europa.

Anche in provincia di Cosenza, non è una novità assoluta la diffusione di tale oppioide, già riscontrata proprio a Bisignano nel 2016 dai Carabinieri della Compagnia di Rende, nell’ambito di un’attività investigativa che aveva consentito di scoprire un vero e proprio traffico di farmaci a base di Fentanyl, illegittimamente prescritti da medici compiacenti.

Ex Hotel Jolly, Movimento NOI presenta esposto in procura

COSENZA – In merito alla vicenda «a dire poco torbida»- legge in una nota diffusa dal Movimento NOI e che avvolge l’iter istituzionale in relazione all’Ex Jolly Hotel, la Comunità politica del Movimento NOI ha presentato esposto – denuncia presso la Procura della Repubblica di Cosenza. La decisione è maturata con la sentenza del TAR Calabria del 18 Settembre 2018 con la quale la Giustizia Amministrativa ha stabilito che il bene è di proprietà dell’ATERP (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica Regionale).

 

«Con ciò, evidenziando che il Comune di Cosenza non è il legittimo proprietario del bene sul quale, invece, come se lo fosse, ha provveduto – evidentemente contro la Legge – a indire una gara d’appalto consentendo all’impresa vincitrice, di iniziare la demolizione. A dare data certa delle circostanze è lo stesso Sindaco di Cosenza Arch. Mario Occhiuto che molti mesi prima della sentenza della Giustizia Amministrativa, pubblicava notizie ufficiali inerenti data di inizio lavori e smantellamento dell’ex Hotel Jolly. L’incontrovertibile situazione, ha posto il Movimento NOI a esporre i fatti alla Procura della Repubblica di Cosenza perché la Giustizia ristabilisca la legalità. Ci chiediamo come sia possibile che, il Sindaco di Cosenza possa in qualche modo autorizzare la demolizione di un bene di cui non è il legittimo proprietario. Ci chiediamo, altresì, in quale realtà democratica un Ente Pubblico provvede a indire una gara d’appalto, assegnare i lavori ad una impresa, allestire un cantiere con tanto di recinzione, e autorizzare la stessa ditta a demolire un edificio senza averne la proprietà, così come il TAR ha sentenziato lo scorso 18 settembre, quindi, violando norme e regolamenti. Eppure, Sindaco e Dirigenti sono pubblici ufficiali che, in questo caso, nello svolgimento delle loro funzioni, hanno intenzionalmente procurato un vantaggio patrimoniale al Comune, impadronendosi di un immobile senza averne titolo e, ancor più grave, recando all’ATERP un ingiusto danno poiché gli infissi di ben cinque piani sono stati letteralmente eliminati».

«E’ davvero incredibile – afferma il portavoce del Movimento Fabio Gallo – che si possa immaginare di demolire un bene di cui non si dispone legittimamente della proprietà, ma il Comune di Cosenza lo ha fatto e tutti lo hanno consentito: dirigenti, funzionari, assessori, consiglieri. “Altrettanto incredibile il dover prendere atto – conclude la nota – come la ditta vincitrice della gara per la demolizione indetta dal Comune o le ditte locali subappaltatrici, abbiano iniziato lavori illegittimi e nessuno sia intervenuto in tempo per impedirne lo svolgimento, nonostante i media digitali e gli organi della stampa abbiano abbondantemente riportato i comunicati inequivocabili e in grande stile del Sindaco Mario Occhiuto”. Confidiamo nella Magistratura – aggiunge Fabio Gallo – perché accerti eventuali responsabilità che a noi appaiono evidenti».

Gole del Raganello, primo sopralluogo dei consulenti nominati da Facciolla

CIVITA (CS) Primo sopralluogo oggi dei consulenti nominati dal procuratore della Repubblica di Castrovillari Eugenio Facciolla sulle gole del Raganello, dove il 20 agosto scorso sono morte 10 persone per un’onda di piena.

I tecnici hanno ispezionato sia il tratto a valle che quello a monte del torrente, prima dall’alto a bordo di un elicottero dell’Elinucleo dei carabinieri di Vibo Valenzia e poi dal basso a bordo di fuoristrada dei carabinieri forestali delle stazioni di Castrovillari e Civita. I tecnici, secondo indiscrezioni, avrebbero ispezionato anche alcuni punti ritenuti critici delle gole a monte del luogo della tragedia nell’ipotesi che si sia verificato un accumulo di detriti che avrebbe poi dato vita all’onda di piena. Le verifiche, tuttavia, avrebbero escluso frane o crolli di grande significatività. «E’ stata – ha detto dal canto suo Facciolla – una giornata dura e impegnativa, ma proficua. Ssono stati raccolti importanti elementi anche a prescindere dalle indagini su quanto accaduto».