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Sold Out e Spettacolo Devastante: il Tau dell’Unical Trema Sotto i Verdena

IMG-20150401-WA0000RENDE (CS) – Le poltrone gremite di gente, l’atmosfera grondante attesa e tanti respiri agitati. Si è presentato così il Tau dell’Unical a pochi minuti dal concerto dei Verdena di ieri sera.

Appena il trio bergamasco ha fatto il suo ingresso sul palco, il pubblico si è liberato in un boato, sfogando tutto il suo impeto in Ho una Fissa ed Un Po’ Esageri.

L’impatto sonoro è devastante ed i presenti, giovanissimi e non, sono pronti ad accoglierlo a braccia aperte, agitando la testa e cantando i pezzi a squarcia gola.

Tra brani vecchi e nuovi, dal nuovo album Endkadenz a Wow fino ad arrivare a Il Suicidio del Samurai, i Verdena IMG-20150401-WA0001non danno pace, riservando ai propri fan una scaletta serrata di circa due ore da bere tutta d’un fiato, senza accorgersi che il tempo scorre velocemente.

Alberto Ferrari, front man della band, mette a proprio agio il suo pubblico, ringraziando e apprezzando la partecipazione dei presenti.

Muori Delay arriva dritta come un pugno ed è qua che le poltrone si rivelano troppo strette. Tutti si alzano ed iniziano a ballare nello spazio limitato dei corridoi. In pochi rimangono seduti, a godersi lo spettacolo nell’estasi della botta sonora.

IMG-20150401-WA0002Si ha il tempo di riprendere il respiro solo per chiedere il bis, nell’intervallo della ritirata della band dal palco, per poi ricominciare a cantare all’unisono Luna.

Un Sold Out  meritato ed uno spettacolo pauroso, i Verdena hanno buttato il loro mondo senza filtri sul palco ed il risultato è stato grandioso!

 

 

Miriam Caruso

Ph. Valentina Cavallo

 

Blonde RedHead: Brividi Ipnotici al Tau dell’Università della Calabria

blonde shadowsRENDE (CS) – Blonde RedHead, un nome storico che molti di voi ricordano dal loro glorioso esordio negli anni ’90, sabato sera hanno portato il loro “indie rock statunitense”, se possiamo definirlo così ma potrei aggiungere anche psichedelico/elettronico e tanto altro, al TAU dell’Università della Calabria.

Uno spettacolo atteso e apprezzato da un pubblico esigente, come quello che ci si aspetta di trovare nel frenetico movimento culturale presente  all’Unical.

Il Trio Pace/Makino, i fratelli di origine italiana uniti dall’eleganza giapponese, hanno regalato uno spettacolo di suoni dilatati e ipnotici, musiche vibranti e tanti occhi incollati al palcoscenico.

Il pubblico, rapito dalle onde fluide che rimbalzavano tra le mura del Tau, è stato appagato dalla voce di Makino che, nonostante il mal di gola, è riuscita a mantenere un timbro caldo, rotondo e sensuale, arioso al punto giusto da far sognare i presenti. I tre sembravano totalmente immersi in un’altra dimensione, in una danza onirica, tanto da meritare applausi devastanti ad ogni pausa tra un pezzo e l’altro. blonde live

Le sensazioni dei presenti erano palpabili: un’esperienza talmente bella da sentirsi male.

Il set usato per il live cambiava a seconda dei pezzi eseguiti: Kazu Makino ha iniziato la serata con le mani sul mellotron per poi alternarsi tra chitarra e basso. Amedeo Pace, chitarra solista, tastiere ed effetti, è la seconda bellissima voce della band, nostalgica e chiara, aumenta la concezione di particolarità del sound. Infine Simone Pace completa con la sezione ritmica alla batteria, con un drumming sempre perfetto e giocato sull’autonomia delle braccia.

Un’esperienza internazionale segnata da unicità e originalità d’oltreoceano.

 

 

Miriam Caruso

Il Ritorno dei Nuju, dal 3° Mondo alla fuga dalle Scatole Urbane

LAMEZIA TERME (CZ) – Dopo quasi tre anni d’attesa ritorna tra le nostre mani il nuovo lavoro dei Nuju: “Uban Box”.  Anticipato dai videoclip dei brani Tempi M0derni e Ora di Punta, il disco è uscito il 27 Gennaio per Mk Records/Audioglobe. Un sound rinnovato, con un gusto rock che richiama l’originalità tanto amata dai fan dei Nuju, e che non ha deluso le nostre aspettative regalandoci il piacere di un disco da mettere a tutto volume nelle nostre scatole urbane per allontanare lo stress dei Tempi Moderni. Chiave dal Basso ha voluto incontrare il signor “Nessuno” (traduzione di Nuju in dialetto calabrese) , concedendosi una piacevole chiacchierata con Fabrizio Cariati (voce, synth e penna) e Marco Ambrosi (chitarra).

A Distanza di circa tre anni dall’uscita dell’ultimo disco, i Nuju ritornano con un nuovo progetto, Urban Box. Ma che cos’è questa Scatola Urbana?

Urban Box vuole essere una metafora dell’individuo moderno, chiuso nel suo guscio. La Urban Box può essere l’utilitaria con cui ti rechi a lavoro, l’appartamento in cui vivi, un’attitudine. Noi viviamo a Bologna da tanto tempo, una città che dovrebbe essere sinonimo di divertimento ed apertura. In realtà ciò che proviamo è un senso di solitudine. Ci si sente soli nel divertimento. Cerchiamo, attraverso le emozioni, di scardinare le finestre di queste Scatole Urbane.

Il percorso dei Nuju, dal 2009 fino ad oggi, ha visto un’evoluzione dello stile. Il nuovo disco, Urban Box, rivela una vena squisitamente rock, sempre rimanendo fedele ad un gusto che è un misto di generi, una crescita “mista”.

Abbiamo sempre fatto attenzione a non barricarci in un unico genere, evitando al contempo di unire generi troppo sconnessi fra di loro. Per quanto riguarda il nuovo lavoro, abbiamo intrapreso un avvicinamento graduale alle sonorità attuali. Già durante la trilogia precedente abbiamo dei brani molto elettronici, come Movement o Il Furgone. I sintetizzatori li abbiamo sempre utilizzati. Un membro del gruppo, il fisarmonicista, è uscito dalla band quindi, per forza di cose, qualcosa in termini di sound doveva pur cambiare.

Il nuovo spettacolo, che stiamo portando in giro in questi giorni, rappresenta ciò che siamo noi oggi. C’è una matrice Folk di base, un folk internazionale, cantautorale, come esempio possiamo citare Bob Dylan. A questo sovrapponiamo i nostri tre generi principali che sono il Pop, il Rock e la musica Dance, quest’ultima per far divertire le persone.

Con quale pezzo ha inizio il cambiamento del signor “Nessuno”?

Non c’è stato un pezzo preciso con cui abbiamo iniziato il lavoro per il nuovo disco, anzi è successo il contrario. Ognuno di noi ha messo a disposizione i propri assi nella manica, presentando idee personali: chi un riff, chi un pezzo, chi un ritmo. Su alcune cose ci siamo soffermati, altre invece abbiamo pensato di conservarle. Per questo progetto si è pensato di non fare le cose in un determinato modo, con un’idea precisa di fondo. Dopo aver sentito 20/25 idee di brani, abbiamo scelto le migliori su cui lavorare, seguendo una linea che possa essere coerente col progetto. Non c’è stato alcun cambiamento nel nostro modo di fare musica, siamo sempre uguali. Abbiamo iniziato il nostro percorso nel 2009 in cinque, la fisarmonica si è aggiunta dopo, quindi è stato un ritorno alle origini in un certo senso, però sempre guardando avanti con un nuovo bagaglio di esperienze sulle spalle.

Tempi moderni, uno dei brani che ha anticipato l’uscita del disco. Un brano fresco e ricco di ironia, com’è nato?

Il brano è nato quasi 5 anni fa, ai tempi della scrittura del secondo disco. Fabrizio ne ha scritto il testo in un momento particolarmente delicato, raccontando una pena d’amore.

Ogni volta che mi si spezza il cuore – ci rivela Fabrizio Cariati – riesco a scrivere delle belle canzoni. Mi sento fortunato quando incontro delle donne che mi spezzano il cuore e che poi mi fanno scrivere, perché significa che mi hanno lasciato qualcosa di bello. Poi gli altri membri del gruppo ci creano attorno un immaginario. Le emozioni che vengono fuori da ognuno di noi sono diverse nel momento in cui arrangiamo i pezzi. Abbiamo deciso di chiamarla Tempi Moderni per creare un’analogia con la scena finale del celebre film di Chaplin, dove c’è quest’uomo, il protagonista, che dice “non ti preoccupare di come stanno andando le cose, basta che sorridi e andiamo verso il futuro”. L’immagine raccontata nel pezzo “amore vedrai che prima o poi qualcosa cambierà” a noi ha ricordato fortemente questa scena della pellicola.

In cerca di pace e tranquillità. Ora di punta. I Nuju raccontano lo stress di questi tempi moderni. I vostri brani possono essere interpretati come una personale forma di fuga dal mondo reale?

Le canzoni sono spesso una via di fuga. Per citare La rapina diremmo “per dare forma ai miei desideri ho le mie canzoni”. Altre volte diventano le nostre armi. Non siamo delle persone violente, ma una nostra canzone può diventare come un pugno in faccia, può essere la voce di chi non ha voce. Una valvola di sfogo.

I Nuju sono:

Fabrizio “Skywalker” Cariati: voce e synth
Marco “Goran” Ambrosi: chitarre
Giuseppe “Licius” Licciardi: basso
Roberto “Bob” Simina: percussioni, synth, armonica
Stefano “Mr. Pamps” Stalteri: batteria

Per Informazioni:
www.nuju.it   –   www.mkrecords.it

Per leggere la nostra precedente recensione sui Nuju, visitate il seguente link Il Viaggio dei Nuju Fino al 3° Mondo

 

Miriam Caruso

VioladiMarte: Rock & Psichedelia

VioladiMarte

Il cd che ho fra le mani profuma di lavoro ben fatto e lo stereo lo reclama con la spia accesa in play.
Ma facciamo un passo indietro. Il viaggio ha inizio nel 2010 quando nasce il progetto VioladiMarte formato da: Joe Santelli, Stefano Amato, Marco Verteramo, Paolo Chiaia e Maurizio Mirabelli.

La ricerca del sound di questi talentuosi musicisti diventa il collante perfetto per la nuova band. Le influenze provenienti direttamente dall’inghilterra e la psichedelia tipica degli anni 70 ne costituiscono l’anima calda. Il tutto è valorizzato dai testi in italiano, criptici al primo ascolto, che si rivelano incisivi e allo stesso tempo carichi di introspezione.
Dopo due anni di lunga gestazione nasce il primo disco dei VioladiMarte, La Sindrome Dei Panda (MkRecords/Self), un concept album che esprime la filosofia del gruppo: “L’uomo vive realmente se stesso solo nella sua mente, creando nella realtà un mondo parallelo. Inscena i suoi ruoli e le sue parti al punto da dimenticare di avere qualcosa nel suo intimo da nascondere.
violadimarteIl percorso della Sindrome parte con la ballata rock Lacrime Di Vetro Blu, brano ricco di arrangiamenti e armonie tipicamente psichedeliche: “Nel mio sangue scorre piombo infetto dalle tue banali strategie, senza più regole.
Ancora, Alberi D’Amianto, un pezzo che rimane in testa per le sonorità pop, in cui viene descritto come le persone non siano coinvolte realmente nei sentimenti che provano, preferiscono urlare anzichè ascoltare, usare le proprie maschere per non scoprire di vivere sogni altrui.
Paragioia sembra la canzone che esprime al meglio il concetto che i cinque musicisti cosentini vogliono raccontare: una falsa gioia, quasi asettica e priva di elementi reali. Come afferma il leader dei VioladiMarte Joe Santelli: “La Paragioia è malattia e nello stesso tempo medicina: illumina e nasconde le paure. E’ il bene e il male in un unico universo.”

Il cd è ancora in play nelle casse e la ballata Medeleine, dolce e malinconica, mi fa soffermare su questo sound appena nato eppure così forte e carico di idee salde.
I VioladiMarte sembrano spettatori di una sindrome che li ha colpiti in prima persona. Raccontano dell’analogia uomo/panda, della perdita di desideri individuali e della conseguente condizione di stasi. Il panda fa estinguere la propria specie per la difficoltà di riprodursi.
Il cd sta esaurendo le sue tracce, è il momento adatto per una dolce ninna nanna, Trollmors, intonata in norvegese dal sussurro della mamma Troll, interpretato insieme a Monica Munkvold Døsen, che rassicura i suoi piccoli prima di chiudere gli occhi ai sogni; un finale quasi inaspettato, forse un pò azzardato ma significativo: abbiamo scoperto di essere infetti da questa strana malattia, siamo stati svegliati dalle sonorità rock, ora ci culliamo con una chitarra acustica suonata sulle fredde nevi del nord.

“Baciami gli occhi che il tempo non sente.”

Il Tempo Non Sente – VioladiMarte

www.violadimarte.it

www.mkrecords.it

 Miriam Caruso

SoundCheck!

saxNote sconosciute, artisti, musicisti che afferrano una chitarra, un basso o delle bacchette di legno, alzano il volume degli amplificatori e raccontano la loro anima al mondo, scoprendo la loro intimità all’orecchio di un passante, dell’amico fidato, del pubblico del pub affollato in fondo alla strada, in un tardo sabato sera.

Il Mainstream ha monopolizzato gusti e casse stereo, oscurandoci il piacere di ascoltare band che vivono di musica e non di soldi facili.
Siamo il pubblico pagante e non dobbiamo accontentarci di acquistare prodotti preconfezionati, ma “cibo” sano per le nostre orecchie.
Siamo gli attori senza grande pubblico a cui basta un palcoscenico per sentirci vivi.

Se vuoi assaporare chi ha da raccontarti uno scorcio di musica nuova, sei nel posto giusto. Raccogliamo storie e sogni di band e musicisti che hanno voglia di parlare con i loro dischi.

 

Miriam Caruso